CELESTINO, Andrea
Scarse sono le notizie su questo pittore napoletano, nato nel 1773 e morto verso la metà del sec. XIX, all'età di circa sessanta anni come attesta una fonte del 1862. Di lui si sa che, prima del 1817, era iscritto alla corporazione dei pittori napoletani; nel 1819, coi pittori P. Girgenti e C. Angelini, fece parte di una commissione deputata a classificare i quadri della Regia Pinacoteca; e già nel 1822 era socio ordinario, con l'Angelini, A. Nicolini e altri, della Società reale borbonica, sezione belle arti; nel 1823 partecipò ad un concorso per il posto di professore di pittura presso la Reale Accademia del disegno.
La scarsezza di notizie biografiche non è compensata da un'abbondanza di opere. La più antica, ricordata dalle fonti, è un Paesaggio, firmato e datato 1810, appartenuto alla raccolta Harrach di Vienna, ma ora non più presente in quella sede. Durante il regno di Gioacchino Murat gli venne affidata l'esecuzione di una Battaglia al ponte di Jacob in Egitto; ma il ritorno dei Borboni nel 1815 provoco un cambiamento di soggetto, per cui il C. dovette rimaneggiare la tela ed adattarla come Battaglia di Lipsia, in omaggio ai vincitori di Napoleone. Quest'opera, eseguita per qualche residenza reale, è ora irreperibile, come anche i due dipinti eseguiti per la chiesa di S. Vitale a Fuorigrotta e ricordati da una nota conservata nell'archivio della stessa chiesa. Né si trovano la tela con La beata Margherita, che nel 1862 era esposta in S. Maria di Donnalbina, la Carità e la Figura d'orientale, esposte nel 1826 al Real Museo Borbonico, un'Innocenza e un Cristo fra i dottori, menzionati dal Grossi, nonché i suoi ritratti che l'anonimo testo del 1862 dice accuratamente eseguiti.
Di certo il C. fu un buon disegnatore: in una vendita parigina del 1929, alcuni suoi fogli raffiguranti Il riposo durante la fuga in Egitto, Due ragazze ed un pastore che custodiscono dei montoni, Amore disteso e Una donna seminuda distesa sul letto raggiunsero prezzi notevoli (Bénézit). Di queste opere non esistono nemmeno riproduzioni, mentre si conservano due altri disegni dell'artista nell'Archivio di Stato di Napoli: due bozzetti per pale d'altare, raffiguranti la Madonna con le anime purganti e la Madonna che protegge i fedeli col suo manto.
I due fogli, eseguiti a matita, ci mostrano la perizia disegnativa del C. e la sua sensibilità per la luce e il colore: la trama della grafite è finemente graduata e sfumata, per creare effetti di tenui trapassi tonali e di atmosfera. Si tratta di caratteri che non è dato trovare facilmente nei disegni coevi di un Angelini, di un Camuccini e di altri minori operanti in ambito napoletano, i quali ricercavano piuttosto nettezza di piani e contorni, in ossequio ai dettami neoclassici, che pur non erano osservati con fedeltà nell'ambiente locale, ancora condizionato, fra Sette e Ottocento, da una tradizione coloristica che appare anche nelle prime opere dell'Angelini e che è di origine batoniana. Infatti i primi neoclassici napoletani, nei loro soggiorni di studio a Roma, guardarono con interesse ai tardi seguaci del Batoni e del Mengs, più che all'opera vigorosa del David e dei suoi allievi romani. Particolarmente interessante dovette essere per i napoletani la pittura di D. Corvi o di G. Landi, esponenti a Roma di un'arte in cui il colore chiaro e dolce dei due maestri si intrideva di una superficiale cultura archeologica. A una tale cultura, più neoraffaellesca che antichizzante, rimandano i due disegni del C., in cui i moduli del gusto neoclassico sono labili, visibili in qualche profilo e nella correttezza disegnativa, sopraffatta, però, dalla tenera atmosfera e dal dolce sfumato che fanno presumere non solo una conoscenza del raffaellismo ma anche del Poussin, evidente nei giochi degli angioletti.
Il C. portava probabilmente nella pittura le caratteristiche presenti nei disegni, tanto che il Grossi lo definì "coloritore vago e tizianesco". A dimostrazione delle sue tendenze coloristiche si ha una sua petizione del 1801, in cui chiede la nomina nella Regia Accademia, di un maestro del colorire, per evitare che "un povero giovane, dopo aver consumato molti e più anni nel disegno, quando deve apprendere l'arte del pennello si trova addirittura spogliato d'ogni mezzo" (Borzelli, 1901, p. 4). Tuttavia, prima di formulare un giudizio sull'opera del C., bisognerà attendere qualche fortunata scoperta da effettuarsi nell'insondato campo della pittura neoclassica napoletana.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone, fascio 305: Schizzi di quadri da eseguirsi per chiese; G. B. Grossi, Ricerche su l'origine, su i progressi e sul decadimento delle arti dipendenti dal disegno, Napoli 1821, p. XXX; Catal. delle opere di Belle Arti esposte nel Palagio del Real Museo Borbonico il dì 4 ott. 1826, Napoli 1826, pp. 23, 24; Relazione sullo svolgimento delle tre arti nelle province merid. d'Italia dal 1777 al 1862, Napoli 1862, pp. 31 s.; V. Spinazzola, Note e docc. sulla fondazione, i riordinamenti e gl'inventari della Real Pinacoteca del Museo nazionale, in Napoli nobilissima, VIII(1899), p. 76; A. Borzelli, L'Accad. del disegno durante la prima restaurazione borbonica, ibid., X (1901), p. 4; Id., L'Accad. del disegno dal 1815 al 1860, ibid., pp. 105, 107; C. Lorenzetti, L'Accad. di Belle Arti di Napoli, Firenze 1952, p. 86; A. Venditti, Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961, p. 45 n. 57; F. Strazzullo, La corporaz. dei pittori napol., Napoli 1962, pp. 31, 40-48; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 266; E. Bénézit, Dictionnaire des peintres..., II,Saint-Ouen 1976, p. 616.