Checchi, Andrea
Attore cinematografico, nato a Firenze il 21 ottobre 1916 e morto a Roma il 29 marzo 1974. Dagli esordi negli anni Trenta ai numerosi sceneggiati televisivi dei primi anni Settanta, si distinse per una recitazione incisiva e antiretorica, animata da una tesa emotività. La sua lunga e significativa carriera fu onorata da due Nastri d'argento, come attore protagonista di Due lettere anonime (1945) di Mario Camerini e come attore non protagonista di Parola di ladro (1957) di Gianni Puccini e Nanni Loy.
Studente all'Accademia delle Belle Arti di Firenze, si trasferì ancora giovanissimo a Roma, dove frequentò un corso di recitazione di Alessandro Blasetti. Proprio sotto la direzione di Blasetti debuttò a soli sedici anni, con una piccola parte in 1860 (1934). Nel 1937 s'iscrisse al Centro sperimentale di cinematografia; dopo il diploma in recitazione ebbe il primo ruolo importante in L'assedio dell'Alcazar (1940) di Augusto Genina. Negli anni del regime fascista impersonò spesso il giovanotto schietto e affidabile (come il professore di Ore 9: lezione di chimica, 1941, di Mario Mattoli, o il conducente di filobus di Avanti c'è posto…, 1942, di Mario Bonnard) e vestì non di rado abiti militari, come in Luciano Serra pilota (1938) e nel successivo Lettere al sottotenente (1945), entrambi diretti da Goffredo Alessandrini, ma anche in M.A.S. (1942) di Romolo Marcellini. La sua versatilità e il volto un po' spigoloso lo resero adatto anche a ruoli negativi, come il giovane sbandato di Catene invisibili (1942) di Mattoli, o il fidanzato senza scrupoli di Via delle Cinque Lune (1942) di Luigi Chiarini. Notevoli le sue interpretazioni in tre film esemplari del calligrafismo tipico di una certa produzione italiana di quegli anni: Malombra (1942) di Mario Soldati, Giacomo l'idealista (1943) di Alberto Lattuada e il già ricordato Via delle Cinque Lune. Con una recitazione essenziale, spoglia di ogni ridondanza, C. indicò per il melodramma un'alternativa ricca di sottigliezze psicologiche a confronto degli eccessi interpretativi tipici del genere.
Nel dopoguerra fornì le sue prove più mature; seppe infatti valorizzare le sue qualità di garbato commediante in Altri tempi ‒ Zibaldone n. 1 (1952) di Blasetti e Parola di ladro, anche se preferì misurarsi soprattutto con personaggi di forte spessore realistico, più umani e complessi di quelli interpretati durante la guerra. In Caccia tragica (1947) di Giuseppe De Santis offrì una delle sue migliori interpretazioni nel ruolo tormentato di Alberto, prigioniero di guerra diventato bandito per disperazione; mentre in La signora senza camelie (1953) di Michelangelo Antonioni disegnò il contraddittorio marito della protagonista (un produttore cinematografico in crisi), riuscendo a far emergere tutta l'asciutta modernità della sua recitazione. Impegnato politicamente, partecipò a numerosi film sulla guerra e la Resistenza (La lunga notte del '43, 1960, di Florestano Vancini; L'oro di Roma, 1961, di Carlo Lizzani; Dieci italiani per un tedesco ‒ Via Rasella, 1962, di Filippo Walter Ratti; Italiani brava gente, 1964, di De Santis; I sette fratelli Cervi, 1968, di Puccini), accettando ruoli spesso problematici, come l'ingegnere che si schiera con gli operai partigiani in Achtung! Banditi! (1951) di Lizzani, o figure scomode, come il fascista di La ciociara (1960) di Vittorio De Sica. Negli ultimi anni fu molto attivo, oltre che con ruoli secondari in numerosi film di genere, anche con ruoli di spicco in sceneggiati per la televisione.
T. Chiaretti, Andrea Checchi, in "Eco del cinema", 1954, 76, pp. 11-14; M. Mida, Compagni di viaggio, Torino 1988, pp. 119-22.