COMINELLI, Andrea
Nato probabilmente a Venezia nella prima metà del sec. XVII, il C. apparteneva a famiglia bergamasca già saldamente stabilita nella città lagunare nel secondo decennio del Seicento; non si conosce il nome del padre del Cominelli.
Un Simone fu Andrea, in un codicillo testamentario del 27 maggio 1617, cita tra i familiari un Andrea di Marcantonio e Giacomo. Se l'Andrea padre di Simone solo con incertezza può identificarsi con un omonimo "murer bergamasco" attivo nei primissimi anni dei secolo, più chiara è la figura di Marcantonio. Maestro muratore, è documentato, nel 1636, in rapporto alla sistemazione di uno stabile a S. Giovanni Novo e nel 1643 nel rifacimento della facciata d'un edificio sulla fondamenta degli Schiavoni, entrambi di proprietà del monastero di S. Zaccaria. Di lui non si hanno notizie, dopo che, nel gennaio 1644, avvia alcuni lavori per la casa di Moisè Lucato.
Un Cominelli è, forse, quel Francesco di Giacomo bergamasco, capomastro ancora di S. Zaccaria attorno al 1660; un altro Andrea Cominelli è documentato nel 1740.
Ambito di prima formazione del più noto C. dovette essere quello, modesto, sommariamente descritto; la sua attività rimarrà legata prevalentemente alle vicende della nuova fondazione conventuale veneziana delle carmelitane di S. Teresa. Già il 4 apr. 1653, qualificandosi "talgiapietra" firma una polizza di acconto per la messa in opera dell'altare destro della chiesa, lavoro in cui è impegnato fino al successivo 1654. L'intera prima sistemazione della chiesa, - scarno edificio, privo esteriormente di intenti di qualificazione architettonica - deve essergli confermata, anche sulla base dell'autorevole testimonianza di G. M. Sardi, teologo dell'Ordine.
Assai più complessa è la vicenda della fabbrica del convento.
Agli inizi del secolo i riformati di S. Francesco avevano eretto nel luogo una piccola sede, con chiesa, dedicata a S. Bonaventura. Tra 1643 e 1645 vi si insediavano le carmelitane, apportandovi modifiche minime, con lo intervento di Piero fu Francesco "marangon". Ma una nuova sistemazione, del convento detto "delle Terese" veniva attuata tra il 1646 e il marzo 1660. Altro ampliamento, condotto nei termini di una complessiva sistemazione diretta dal C., era deciso già nel 1672. Solo il 28 apr. 1677, però, il Senato ratificava l'acquisto di case e terreno "per fabricar celle"; i lavori erano avviati verso la conclusione il 3 maggio 1686, quando Francesco Alberti, "proto alla laguna", rilevava le fondazioni di parte del braccio settentrionale della fabbrica.
Il C. - che, nell'opera progettata e personalmente diretta, si adeguò ad una tipologia del tutto convenzionale - aveva assunto nel frattempo l'incarico di "proto" alle fabbriche e "fator" delle carmelitane in rapporto anche ad interventi condotti fuori Venezia.
Certamente soprintese al riassetto della sede della filiazione padovana dell'Ordine tra 1682 e 1683: si tratta del convento e chiesa già di S. Polo, di cui il Brandolese (1795) attesta la "qualche eleganza, che maggiore apparirebbe se non fosse infrascata di stucchi".
Nella chiesa veneziana delle Terese altri interventi, però, venivano disposti, indubbiamente sotto la direzione del "proto": dopo il dicembre 1679 avvenne la sistemazione dell'organo - opera documentata del maestro tedesco Eugenio Gasparini-, mentre il 7 apr. 1682 si stilava una convenzione per la rifabbrica parziale e l'abbellimento dell'altare della Beata Vergine del Carmelo.
Nell'intervallo tra le quasi continue presenze al monastero, il C. è ricordato per l'esecuzione ed il completamento dell'altare longheniano di S. Maria delle Vergini (1674-1677) e per la partecipazione - a fianco del Longhena, dei Sardi e del Benoni - al concorso per la nuova dogana "da Mar" (1676-1677). L'esame del suo progetto fu fatto oltre i termini di tempo stabiliti dal Senato (Gallo, 1959). Circostanza, questa, forse spiegabile mediante gli stretti rapporti che il C. aveva potuto stringere con i patrizi "protettori" e procuratori del monastero: Andrea Memo e Andrea Minotto, dapprima, quindi Zuane Basadonna.
Nessuna attività dell'architetto è direttamente documentata dopo il 1688. Il suo nome, tuttavia, è legato ad un unico intervento noto per committenza privata: i Labia.
La vicenda di palazzo Labia a S. Geremia presenta senz'altro punti oscuri. La facciata sul rio di Cannaregio gli è attribuita senza incertezza da una veduta di Luca Carlevariis, in Le fabriche et vedute di Venetia. Edite queste a Venezia nel 1703, la progettazione potrebbe collocarsi all'incirca nell'ultimo decennio del Seicento.
Le reminiscenze longheniane del prospetto si possono collegare alla esperienza maturata nell'ambiente stesso del Longhena. Può essere escluso, tuttavia, ogni rapporto del C. con il prospetto di terra della residenza, assai prossimo ai modi di A. Tremignon in palazzo Flangini Fini. Rispetto alle più recenti ipotesi di E. Bassi sull'argomento (1976), che ora escludono un intervento del Tremignon. in quanto inattivo dall'anno 1700, va sottolineato come questi assolvesse regolarmente alle incombenze di "proto" alle fabbriche dello Arsenale almeno sino al gennaio 1709.
Il secondo ampliamento della facciata di terra - attribuito un tempo al C. - è assai più tardo, avviato dopo il 27 marzo 1732, come attesta una licenza del magistrato del Piovego (Arch. di Stato di Venezia, Piovego, busta n. 23, f. 16).
Quanto ad ulteriori incerte attribuzioni al C. come scultore, va sottolineato come un Giovan Battista Cominelli, la cui produzione ci è del tutto ignota, dal maggio 1708 tenesse una bottega di "tajapiera", di proprietà dei doge, in contrada di San Maurizio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Notarile - Testamenti, Atti G. Clario, busta n. 230. 190; Ibid., Piovego, buste nn. 22, f. 12 (1643), nn. 23, ff. 13 (1636), 16 (1732); Ibid., Materie eccles. S. Teresa, buste nn. 1, 2, 9, 12, 16, 18; Ibid., Savi ed Esecutori alle Acque, registro n. 399 e busta n. 135; Ibid., Provveditori Arsenal, busta n. 145; Ibid., Dieci Savi alle Decime, buste nn. 420, 421, 429, 435, 436; F. Sansovino-G. Martinioni, Venetia città nobilissima..., Venetia 1663, p. 277; V. Coronelli, Descriz. di Venezia, Venezia 1724, pp. 377-380; G. M. Sardi, Storia della vita, e fondazione... dell'insigne Monistero delle Carmelitane dette le Terese di Venezia, Venezia 1748, passim; F. Corner, Notizie stor. delle chiese e monasteri di Venezia, Padova 1758, pp. 511 s.; P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture ed altre cose notabili di Padova, Padova 1795, p. 183; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Venez., V, Venezia, 1842, p. 14; C.Bullo, I Labia in Venezia, Venezia 1879, passim; R.Gallo, La loggia e la facciata della chiesa di S. Basso e B. Longhena, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXVII(1959), p. 188; E. Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, Napoli 1962, pp. 238 s., 264-266; L. Gonella, Il restauro di Pal. Labia a Venezia, in Antichità viva, 1972, n. 3, pp. 43 s.; E. Bassi, Palazzi di Venezia, Venezia 1976, p. 204; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 275.