CONTARINI, Andrea
Primo dei quattro figli maschi del futuro doge Carlo di Andrea dei ramo contariniano di S. Felice e di Paolina di Lorenzo Loredan, nacque a Venezia il 1° dic. 1601.
Morti prematuramente i fratelli - e di questi solo Lorenzo (1612-1643) varca la adolescenza -, il C. può usufruire tranquillamente dei cospicuo patrimonio familiare, che gli garantisce, stando alla sua dichiarazione per la redecima del 1661, una rendita d'oltre 6.750 ducati, a vantaggio della propria carriera politica. Sì che, il 17 dic. 1645, acquista - con 745 voti a favore e 40 contrari -, versando 25.000 ducati, la procuratia di S. Marco; ed altri 3.000 ducati donerà alla Repubblica nel corso della guerra di Candia. Cifra, questa seconda, assai modesta se raffrontata alla prima; ma le troppo prodighe "magnificenze" del padre durante il rapido dogado dovettero intaccare fortemente le sostanze della famiglia e ridimensionare le stesse ambizioni del C., il quale rinuncia a puntare anch'egli al vertice dogale, eludendo varie pressioni in tal senso. E se esagera - in fin dei conti può permettersi un lascito di 10.000 ducati per la facciata della chiesa di S. Vitale recante su due urne laterali i busti dei genitori scolpiti da Giuseppe Gnoccola - nel lamentare le "piaghe ancor non ristagnate della sua non ricca borsa", manomessa, appunto, dal dispendiosissimo "paterno breve principato", resta il fatto che nelle sue ultime disposizioni testamentarie raccomanda la vendita di mobilio gioie argenteria "per pagar li debiti fatti per il dogado".
Di famiglia, comunque, influente e ricca, con proprietà nel Padovano - l'attestano le "pille delli risi alla Battaglia" dal C. affittate a più d'un "condutor" dietro corresponsione d'un canone annuo (tal Medoro Borin di Bovolenta s'impegna ad esempio, il 15 dic. 1672, a "esse pille far, ben tener et governar" per 125 ducati all'anno) - il C. certo ebbe, al contrario dei coevi Andrea Contarini di Nicolò (rettore a Este nel 1624-25) e Andrea Contarmi di Fantin (consigliere a Capodistria nel 1632-33) con cui non va confusoi rilievo politico. Ma di questo è arduo cogliere i termini precisi data l'assenza, nella sua esistenza, delle occasioni di emergenza individuale offerte da prestigiosi reggimenti in Terraferma e da ambasciate ordinarie di spicco. "Sagge risolutioni prese in materia di stato - così in una biografia del padre (1622) - sono in gran parte dovute a' suoi sensati consigli". Fatta la tara dell'esagerazione elogiativa, vuol dire che la sua attività si espresse in suggerimenti più nascosti nelle pieghe dell'andamento quotidiano delle sedute senatorie che espliciti, più celati nella penombra del lavorio preparatorio che formulati apertamente in prima persona. Donde l'impossibilità di misurare il ruolo del C., la sua dimensione sfuggente, da stanare dietro le quinte. Ad ogni modo da lettere da lui inviate ad Alvise Contarini, il mediatore di Münster, pressoché occupate dall'agognato suo "ritorno" a Venezia, dal Senato sempre differito nonostante le sue pessime condizioni di salute, balza evidente che il C., se non altro perché sovente "dirige la settimana", è uomo che conta in seno al Pregadi; conoscendone a fondo tendenze ed umori può non solo prevederne le mosse, ma anche, su problemi spiccioli, pilotarlo. "L'assicuro, circa il suo ritorno, farò l'impossibile" può scrivere, infatti, ad Alvise Contarini.
La missione straordinaria del C. in Polonia dell'estate del 1649 è altresì indicativa, pur nella sua brevità, della capacità ch'egli possiede di muoversi anche su sfondi meno ristretti. Ufficialmente l'"oggetto" del suo arrivo a Varsavia sta nelle felicitazioni al nuovo re Giovanni Casimiro; ma, al di là di questo, la "sostanza" consiste nel porre le premesse d'una grande mossa antiturca - che avrebbe notevolmente, alleggerito la Repubblica aggredita a Candia e minacciata in Dalmazia - da parte dei Tartari e dei Cosacchi che erano stati all'uopo incoraggiati con congrui finanziamenti.
Si tratta di un progetto già caldeggiato col re Ladislao che il C. s'adopera a riproporre, nella forma più persuasiva, a Giovanni Casimiro e alla grande nobiltà. In effetti, laddove sul paese - ancora stremato dalle "desolazioni" provocate nel 1646-48 dalla ribellione di Bogdan Chmel'nickij, che, restio a lasciarsi coinvolgere in crociate antiottomane, aveva scatenato le furie distruttive dei "tartari uniti ai cosacchi" - gravano, in seguito alle "ultime capitolazioni di accomodamento", l'incubo e l'onere di "ricever in armi" quarantamila di loro "sotto il general Chilmineischi", l'"impiego" antiturco continua ad essere lo unico mezzo per stornare una così massiccia e truce presenza. Sia Giovanni Casimiro che gli esponenti dell'alta nobiltà sanno come Chmel'nickij sia "uomo intraprendente ed affatto incapace di viver lungamente tranquillo". Dopo cauti sondaggi s'affacciano alla "mente" del C. "due differenti strade" per conseguire lo scopo. La prima, che Venezia usi tutti i "mezzi" di pressione possibili per "disporre favorevolmente gli animi di questi principali signori" sì che alla Dieta il "progetto" venga approvato senza difficoltà e riserve. La seconda che essa tratti, invece, direttamente con Chmel'nickij - il quale, paventa il C., se gli accordi non verranno confermati dalla Dieta, riprenderà sicuramente le ostilità a danno della Polonia - convincendolo, col più generoso esborso di denaro, a "molestare" la Porta. In questo caso il "progetto" va decisamente svestito dei suoi nobilitanti indumenti da revival di fede combattiva e ridotto ad allettante "affare" per il venale "general".
All'inizio del 1659, anno in cui risulta riformatore allo Studio di Padova, discutendosi se continuare la guerra ad oltranza o se addivenire ad una divisione di Candia, il C. si pronuncia propenso, semmai, alla pur dolorosa cessione dell'isola: questa, avrebbe detto, secondo Sagredo, il C., "termina la guerra", laddove una qualsiasi forma di ripartizione è "una rocchetta per riaccenderla di nuovo". Il 2 sett. 1660, il Senato, in occasione del "viaggio" di Leopoldo I in "vicinanza" delle terre venete, gli annuncia l'invio di Nicolò Comer e del C. perché esprimano a "viva voce... il contento publico" per il suo arrivo in "coteste parti" nonché la "perfetta volontà" d'amicizia con lui della Serenissima.
Un'ambasciata di cortesia, dunque, e, anche, d'esibizione, ché i due salpano, il 25 settembre, dal Lido su due galee superbamente guarnite, con numeroso corteggio di patrizi, con una piccola folla di paggi e staffieri, con una profusione lussuosa di vesti e addobbi. A Pirano, però, la bora blocca momentaneamente le galee e il C. e Corner - nel rischio l'imperatore se ne vada - preferiscono recarsi, in tutta fretta, a Trieste a cavallo, quivi poi raggiunti dalle due navi. Un po' impettito l'incontro: il C. e il collega s'inchinano proclamandosi lieti di poter confermare al doge tanto la buona "dispositione" dell'imperatore per Venezia quanto l'"ottimo stato suo di salute". C'è, tuttavia, un neo: "sopra le galere - scrivono il C. e Comer il 1° ottobre - ... non ha montato" Leopoldo, il quale pure aveva mostrato "sommo desiderio" di salirvi. "Sua Maestà", giustificano i funzionari, s'è "rissolta di astenersene" a causa del "vento" eccessivo. Una spiegazione un po' stentata. Da un contemporaneo, Andrea Valier, s'apprende una versione più credibile: indubbiamente grande il desiderio del giovane sovrano di "vedere il mare e di provare anche il moto di que' legni", ma ne viene dissuaso "da' triestini", i quali gli fanno presente che, salendo a bordo, finiva, implicitamente, col riconoscere la giurisdizione adriatica veneziana. Anche se Valier s'astiene dei precisarlo, regge, allora, l'ipotesi sia stato proprio questo lo scopo sottinteso della spedizione delle due navi suntuosamente adorne: attirarvi a bordo - contando sulla sua giovanile curiosità - Leopoldo per poi addurre l'episodio ad ulteriore documento probatotio dell'ormai indebolito dominio del Golfo.Di nuovo a Venezia, il C., cui il Senato concede dì trattenere, a "testimonio" del "lodevolissimo servitio prestato", il "diamante" donatogli da Leopoldo, non ha più occasione d'allontanarsene; incluso, il 23 giugno 1667 e il 7 maggio 1670, nelle delegazioni di quattro "honorevoli nobili nostri" destinate, in seguito alla "gloriosa assuntione" tanto di Clemente IX che di Clemente X, ad attestare al neopontefice i "segni di contento e di rispetto" della Serenissima, in entrambi i casi non parte. "Siano obligati... partire... quando e con quelle commissioni che pareranno", stabilisce il Senato tutte e due le volte, senza poi disporre l'attuazione dell'ambasceria. Si tratta, tuttavia, per il C. d'un inserimento prestigioso avendo per colleghi di delegazione sia nel 1667 sia nel 1670 Nicolò Sagredo, Battista Nani, Silvestro Valier (subentrato questi, già nel 1667, a Pietro Basadonna). Il che corrobora il rilievo riconosciutogli in un'anonima e tutt'altro, che benevola rassegna dei principali patrizi politicamente attivi a Venezia attomo al 1664: il C. ha comperato la "dignità procuratoria", vi si annota, ma avrebbe potuto conseguirla per meriti, "essendo... persona di grave talento, abile ad ogni arduo maneggio, di petto virile, tenace ne' suoi propositi, schietto nelle sue espressioni e mordace senza rispetto, quando il publico zelo lo costringe". Gode d'una stima diffusa d'uomo "rigoroso", d'"amante della conservazione delle leggi patrie e della severa giustizia". Ha ormai assunto, con gli anni, un profilo autorevole; l'abilità manovrieta si riscatta nella dedizione patriottica. Si distingue, così Magalotti in una lettera del 23 luglio 1667, "per la pietà... la soavità de' costumi e... la splendidezza dell'animo riconosciuta nel principato del padre, che in realtà fu amministrato" dal Contarini.
Ancora riformatore allo Studio di Padova nel 1671 e nel 1674, il C. muore a Venezia, il 6 maggio 1675.
Nel testamento, steso di "proprio pugno" essendo "sano della mente et del corpo" e consegnato di persona, il 17 dic. 1674, al cancelliere ducale Alessandro Contarini, aveva disposto d'essere sepolto in abito da cappuccino e col conforto di quattrocento messe da celebrarsi al più presto. Unitosi, il 22 sett. 1625, a Chiara di Pietro Foscari, s'era poi - una volta vedovo - riaccasato con Contarina di Ermolao Dolfin. Da quest'ultima gli erano nati Paolina sposa nel 1653 a Giovan Francesco Pisani di Ermolao e Alba maritata nel 1661 a Giovanni Soranzo di Francesco e Carlo (1637-1721), che si sposa nel 1654 con Chiara di Federico Corner e nel 1676 con Ruzzina di Marco Ruzzini. Membro col nome accademico de "Il furibondo dei Discordanti" di Venezia, Carlo fu uomo politico: savio agli Ordini è incaricato di "riveder il stato" dell'Arsenale (e la Relazione... sulle condizioni di questo è edita, a cura di E. Verona - G. Zajotti, a Venezia nel 1882); sopraprovveditore alla Giustizia Vecchia, provveditore sopra la stessa, aggiunto ai revisori in Zecca, provveditore alla stessa, savio di Mercanzia, provveditore alle Beccarie, dei Dieci savi, luogotenente a Udine nel 1671-72, podestà a Brescia nel 1677-78, il 12 apr. 1685, diventa, come il padre, procuratore di S. Marco versando 25 mila ducati. I debiti che angosciano il C. nel testamento - ai vecchi per il dogado del padre s'erano sommati i nuovi "per maritar Alba et per il reggimento" udinese di Carlo - sono stati evidentemente estinti, se Carlo dispone di tale ingente somma.
Va senz'altro escluso che il C. - che peraltro nel 1623-24 a Verona, al seguito del padre ivi podestà, ha frequentato le accademie dei Filotimi e dei Filarmonici - sia l'autore dei Discorsi accademici... sopra vari soggetti (Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Correr, 193; l'avvertenza dell'"autore a chi legge" autorizza a supporre il manoscritto destinato alla stampa) declamati, tra il 1650 e il 1654, nella veneziana Accademia Delfica. L'autore, che li definisce frutti acerbi della adolescenza, "primi movimenti della mia penna" deve essere nato, almeno, trent'anni dopo il Contarini. Avanzabile, invece, l'ipotesi che l'Andrea Contarini dei Discorsi sia lo stesso che ne I semi della guerra (tre copie manoscritte sempre al Museo Correr, Cod. Cicogna, 1231, cc. 75r-96r; Mss. P. D., 197b, cc. 25r-49v; Mss. Gradenigo, 200/VI, cc. 150r-160v) esamina due "avvenimenti interni e domestici" (le accuse mosse, e ribattute, a Francesco Morosini per la resa del 1669, la bloccata ascesa, del 1676, al dogado di Giovanni Sagredo), così prolungando una "narrazione" (peraltro non pervenuta) di per sé conclusasi "con la rovina e perdite della piazza e dei regno di Candia". Quanto a quello Andrea Contarini "nobilhuomo", ad uso del quale è stata approntata la copia - si tratta di un todice (Ibid., cod. Cicogna, 964) destinato alla tipografia; ha luogo e data di stampa (Venezia 1729), "annotazioni" e "due indici" - di Le satire di Bartolomeo Dotti, potrebbe essere figlio di Carlo e quindi, in tal caso, nipote di Andrea.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Collegio. Lett. Principi, filza 17, cc. 39-40; Ibid., Senato. Dispacci Germania. filza 95, lettera del C. del 22 febbr. 1649 allegata a dispaccio della stessa data; Ibid., Senato. Lett. rettori Bressa e Bressan, filza 40, lett. del 12 sett. 1638, del podestà di Brescia Giovanni Soranzo; Ibid., Senato. Corti, regg. 24, cc. 127r, 135, 167v-168r, 172v; 37, cc. 223v-224r, 232v-233r, 244v; Ibid., Senato. Deliberazioni Roma, regg. 71, c. 43; 74, c. 15; Ibid., Avogaria di Comun, 57, c. 77; 91, cc. 94, 192; Ibid., Notarile. Notaio Contarini, 1166/47; 116811, cc. 115r-116v; Ibid., Provveditori alla Sanità. Necrologi, 886, alla data di morte; del C. o al C. relativi in Venezia, Bibl. del CivicoMuseo Correr, Mss. Correr, 1099, cc. 29r-31r; Ibid., Mss. P. D., C1052/397; C 1054/547; C 1133/44; Ibid., Mss. Donà dalle Rose, 449/3: G. Sagredo, Politica familiare, c. 196;G. Carusio, Historia... di Venetia ove si legge il simbalo della... arma dell'illustriss. Carlo Contarini, Verona 1624; L'alloro trionfante nella laurea ... del... dott. R. Savardo... consacrato... all'ill. ... A. C., a cura di C. Assonica (lo stesso cui si deve IlGoffredo... di Tasso travestito alla bergamasca, Venetia 1670), Padova 1661; L'orizzonte della fama... Vita dei serenissimo Carlo Contarini..., con dedica al C., Venetia 1662; F. Sansovino, Venetia... nobilissima..., Venetia 1663, pp. 725, 728, 751 s.; M. Trevisan, L'immortalità di G. B. Ballarino... dedicata al merito dell'illustriss. ... A. C., Venetia 1671; con l'approvazione del C. i due tomi di A. Loredan, Riflessioni... sopra... Tacito, Venetia 1672-74; A. Valier, Storia della guerra di Candia, Trieste 1859, I, p. 188; II, pp. 29, 151; B. Nani, Hist. della Rep. ven., in Degli ist. delle cose ven., Venezia 1720, VIII, pp. XI s.; IX, pp. 522, 622; N. Amelot de la Houssaye, Hist. du gouvernement de Venise, Paris 1676, pp. 235 s.;A. M. Vianoli, Hist. ven., II, Venetia 1680, pp. 604, 627, 679, 716; P. Petronio, Memorie... dell'Istria, a cura di G. Borri, Trieste 1968, pp. 159 s.; G. Graziani, Historiarum Veneraruin libri..., Patavii 1728, I, p. 726; II. pp. 75, 131, 224; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, III, Venezia 1830, p. 152; VI, ibid. 1853, p. 431 (e in V, ibid. 1842, p. 165 n. 1 il cenno all'Andrea Contarini autore dei Semi...); Id., Saggio di bibliografia veneta, Venezia 1847, n. 552 (i nn. 4197, 4198 riguardano il figlio Carlo); H. F. Brown, The Venet. Printing Press..., London 1891, p. 233; C. Terlinden, ... Clement IX et... Candie..., Louvain-Paris 1904, p. 65; P. Molmenti, Curiosità di storia ven., Bologna 1919, pp. 390 s., 444 n. 31; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, II, Bologna 1927, p. 155; Repertorium der... Vertrerer..., I, Berlin 1936, pp. 541, 548; La civiltà veneziana nell'età barocca, Firenze 1959, p. 288; Dispaccidegli ambasciatori al Senato. Indice, Roma 1959, pp. 113 (ma il nome del Correr, collega del C., è Nicolò, non Marco), 209 (purtroppo illeggibili perché in pessime condizioni i dispacci qui indicati); A. da Mosto, I dogi di Venezia..., Milano 1960, pp. 382 s., 387; W. E. Knowles Middleton, ...correspondence of L. Magalotti, in Studi secenteschi, XX (1979), p. 144;G. Mazzatinti, Inventario dei mss. delle Bibl. d'Italia, LXXXVII, p. 42; LXXXIX, p. 81; XCI, p. 61.