ANDREA da Salerno, pittore
Di cognome Sabatini, A. è meglio conosciuto con il nomignolo che gli venne da Salerno, sua città nativa. Il De Dominici lo disse nato nel 1480 e morto nel 1545; ma i caratteri della sua pittura inducono a supporre posteriore di un decennio circa la data della sua nascita, e documenti pubblicati dal Caravita accertano che la morte di lui avvenne a Gaeta nel 1530. Le sole notizie conosciute della vita non lunga di A. derivano da altri documenti del 1518 e del 1529 (pubblicati dallo stesso Caravita) che si riferiscono ad opere fornite alla Badia di Montecassino. Le principali opere sue sono da cercare in Napoli (Museo Nazionale, Palazzo reale, chiesa di S. Giorgio dei Genovesi, chiesa dei Ss. Severino e Sosio), in Salerno (chiesa di S. Giorgio, chiesa di S. Agostino), nelle badie di Montecassino e di Cava dei Tirreni, nella chiesa di S. Eligio a Montalbino (prov. di Salerno) ecc. Sugli schemi umbri pervenuti in Campania, o già tradotti in linguaggio campano dialettale, A. andò formando la propria educazione artistica. Ma non fu di quei pittori che durarono molto in istudio di modelli. Fu pago di orientamenti persuasivi e compiaciuto di quella sua sveltezza d'improvvisatore schietto, che ce lo fa apparire singolarmente candido di spirito, e tutto paesano e agreste nella sua pittura, là dove meglio la sua libertà si manifesta. Con tale animo, e senza prender troppo sul serio i suoi modelli, il pittore accolse l'indiretta azione dei modi raffaelleschi, l'influsso di Cesare da Sesto ch'ebbe dimora in Napoli nel 1520, e qualche vago apporto di colorismo veneto. La deficienza di consuetudini scolastiche e un certo sbrigativo confidar del pittore nelle sue proprie forze si palesano, ad es., in una pala del 1518 passata da Montecassino al Museo di Napoli (I Ss. Benedetto, Mauro e Placido coi Dottori, vedi fig.) ove le grandi figure appaiono manchevoli di costruzione, e per ciò di quel che in arte è senso della vita. Ma nei piccoli dipinti (a Montecassino e nel Museo di Napoli) che formarono cornice a quella tavola, e in altri, ove le figure non giungono a proporzioni di natura, il pittore manifesta compiutamente la grazia ch'era in lui nativa, la snellezza del suo linguaggio popolano. E v'è, nelle soluzioni illustrative delle scene, nei raggruppamenti e nei moti e nei gesti, come nella schiettezza aspretta dei colori, un gusto di spontanea arcaicità, così proprio al sentimento dell'artista, che i sopraggiunti influssi lombardi e raffaelleschi varranno appena per poco ad alterare. Giacché, quando A. riesce a condurre e ridurre al tono modesto del suo limpido discorso i motivi derivati da un linguaggio di tono più elevato, aulico talvolta, allora appunto noi lo conosciamo nelle più compiute, mature e significative opere sue.
Bibl.: B. De Dominici, Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani, 2ª ed., Trani 1840-46, II; A. Caravita, I codici e le arti a Montecassino, Montecassino 1869; G. Frizzoni, Napoli nei suoi rapporti con l'arte del Rinascimento, in Arte it. del Rinascimento, Milano 1891; L. Accardi, S. M. delle Grazie in Vallo della Lucania ed un polittico di A. da Salerno, in Napoli nobilissima, n. s., III, (1922), pp. 12-14; A. de Rinaldis, La Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli, 2ª ed., Napoli 1928.