Andrea de' Bartoli
Pittore bolognese di cui si hanno notizie dal 1359 al 1368. Il 18 agosto 1359 a Cesena venne pagato dal cardinale Egidio Albornoz per aver miniato alcuni libri scritti dal fratello, il poeta e calligrafo Bartolomeo de' Bartoli (Bologna, Arch. di Stato, Libro di spese di Alfonso Martini tesoriere del card. Albornoz, II, nr. 40; Filippini, 1911, p. 58). Il 14 dicembre 1365 ricevette un pagamento dal cardinale Androino per gli affreschi condotti tra il luglio e il settembre dello stesso anno nel castello di Galeazzo Visconti a Pavia insieme a Jacopino de' Papazzoni e al figlio di quest'ultimo, Pietro (Bologna, Arch. di Stato, Tesoreria, Introiti vari, 1365, c. 241r; Filippini, 1911, p. 57). Nel 1368 era ad Assisi, dove ricevette da Federico Alvarez, nipote di Egidio Albornoz, un pagamento di 460 fiorini "causa pingendi cappellam [...] pro pictura tombe sita supra sepolturam" nella stessa cappella dedicata a s. Caterina e adibita a provvisoria sepoltura dell'Albornoz, morto nel 1367, nella basilica inferiore di S. Francesco (Filippini, 1911, pp. 50-51).
Su questa documentazione, dalla quale si evince la posizione di rilievo dell'artista, pittore di fiducia dell'Albornoz, si basa la ricostruzione della sua personalità, che Longhi (1934-1935, in Longhi, 1973) ha provveduto a scindere da quella dell'omonimo Andrea che firma il polittico di Fermo e la Madonna dell'Umiltà di Corridonia, da identificare forse con un Andrea di Deolao de' Bruni abitante ad Ancona nel 1377.
Caduti i tentativi operati da Arcangeli (1970) di ravvisarne la più antica operosità all'interno della bottega di Vitale nell'oratorio di Mezzaratta a Bologna (Strage degli innocenti, ora a Bologna, Pinacoteca Naz.) e nell'abbazia di Pomposa (Battaglia, ora nel Mus. Pomposiano), l'opera più antica fra quelle plausibilmente riferitegli è costituita dalle illustrazioni del Canzoniere delle Virtù e delle Scienze, composto e scritto dal fratello Bartolomeo per le nozze di Bruzio Visconti (Chantilly, Mus. Condé, 1426) e sicuramente anteriore al 1349, poiché Luchino Visconti, morto in quell'anno, vi è menzionato come ancora vivente. Esse gli vennero riferite da Filippini (1911) e l'attribuzione è stata in seguito accettata da Volpe (1979; 1981), propenso a leggervi i riflessi di una cultura arcaica e severa che si ricollega ai modi aspri ed espressivi dello pseudoJacopino di Francesco.
Al 1351 data poi la Cronica redatta da Pietro e Floriano da Villola (Bologna, Bibl. Univ., 1456), sulla quale compare la raffigurazione della bottega di un cartolaio e di un pellegrino, collegabile stilisticamente alle miniature di Chantilly e connotata da un umore parimenti ispido e selvatico. In questa stessa chiave, aliena dalle cifrate eleganze francesizzanti di Vitale e anzi aspramente realistica e icastica, va letta anche la grande e drammatica Crocifissione del palazzo Ducale di Mantova, riferitagli ancora da Arcangeli (1970) e accettata in un secondo momento anche da Volpe (1981), che ne propone una datazione intorno al 1350.
A un momento di poco successivo, visti i forti legami con le figure dei soldati che si disputano le vesti di Cristo, pertiene l'unica opera su tavola a lui riferita con verosimiglianza (Volpe, 1981), raffigurante l'evangelista Marco (Ascoli Piceno, coll. privata), già parte dell'ordine superiore di un polittico distrutto. Qui la calibrata volumetria e la potenza squadrata del leone accovacciato rinviano con evidenza alla nuova razionalità perseguita in senso apertamente antigotico dalla cultura padana a partire dal sesto decennio del secolo. Su questa stessa strada si pongono, con risolutezza ancora maggiore, gli affreschi con Storie di s. Caterina nella basilica inferiore di Assisi (1368), ai quali si accompagnano strettamente quelli della contigua cappella di S. Lorenzo. La nuova evidenza strutturale accordata agli elementi decorativi vi si coniuga con una sperimentazione spaziale entro la quale il racconto si articola con inedita chiarezza. Se tali peculiarità rientrano (Volpe, 1981) nel fenomeno più vasto del 'neogiottismo' padano, da intendere alla luce della nuova razionalità che informa contemporaneamente anche la ripresa degli studi filologici e scientifici, sono da sottolineare inoltre i legami che A. dovette instaurare con il naturalismo avignonese di Matteo Giovannetti.
La complessa formulazione del suo linguaggio, che si evolve in parallelo con quanto di più innovante offre contemporaneamente la scena bolognese, ovvero con il più coerente e consequenziale recupero giottesco di Jacopo Avanzi, si avverte nella purtroppo assai deperita decorazione ad affresco della chiesa bolognese di S. Clemente annessa al collegio di Spagna, edificata a partire dal 1365 (Storie di Cristo), che, in virtù della maturità raggiuntavi, dovrebbe costituire l'ultima sua prova pervenuta (Filippini, 1911; Volpe, 1979).
Tra le opere in passato riferitegli e ora non più accettabili si ricordino le miniature nell'Offiziolo dei Mesi di Forlì (Arcangeli, 1970, pp. 148-159) e nell'Officium Sanctae Mariae Virginis della Stiftsbibl. di Kremsmünster (Schmidt, 1973) e l'affresco con la Madonna in trono e un santo vescovo in S. Anastasia a Verona (Arcangeli, 1970, p. 142); mentre la bella Crocifissione della Coll. Kisters di Kreuzlingen, già riferita da Volpe (1981) alla sua cerchia, è stata ricondotta a Jacopino e Bartolomeo da Reggio da Gibbs (1984, p. 639).
Bibliografia
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