BEAUMONT (Belmonte), Andrea de
Di origine inglese, non si conoscono né la data né il luogo della sua nascita. La Cronaca della città di Perugia (p.200) lo dice "de stirpe overo de casa regale", la qual cosa potrebbe far pensare a una sua. discendenza da quel barone inglese Henry de Beaumont (m. 1340), bastardo di Carlo I d'Angiò secondo alcuni, del re di Gerusalemme secondo altri, che Edoardo II d'Inghilterra considerava suo cugino; nessuna fonte tuttavia conferma questa supposizione.
Prima di trasferirsi in Italia il B. con tutta probabilità aveva partecipato in Francia alle lotte della guerra dei Cent'anni, unendosi poi alla compagnia di mercenari nota col nome di "Compagnia bianca", che, formatasi dopo la pace di Brétigny (10 maggio 1359), era stata chiamata, in Italia dal marchese Giovanni di Monferrato. Dopo due anni di scorrerie e saccheggi nell'Italia settentrionale, la Compagnia bianca, nell'autunno del 1363, passò al soldo di Pisa che intendeva impiegarla nella guerra contro Firenze. In questo stesso anno le fonti ricordano per la prima volta il B. come uno dei più eminenti capitani della compagnia, della quale poco tempo dopo avrebbe assunto il comando. Quando infatti nel luglio del 1364 la maggioranza dei mercenari inglesi, allettata da cospicue offerte di denaro passò al campo fiorentino, il capitano generale Alberto Sterz, forse per non perdere 160.000 fiorini dovutigli ancora dai Pisani, lasciò al B. il comando della compagnia.
La situazione per il nuovo comandante non era delle più facili: Firenze, che, aveva concluso alla fine di agosto la pace con Pisa, intendeva sbarazzarsi al più presto della pericolosa presenza di tanta soldatesca; aveva perciò iniziato subito ttattative per indurre il B. a ritirarsi dal territorio fiorentino con i suoi mercenari, i quali dal canto loro erano tutt'altro che ben disposti a seguirlo, al punto da dichiararsi pronti a restare al servizio di Firenze "più tosto per fior. 100.000, faciendo... guerra con Pisa..., che per CCC mila sanza guerra" (cfr. Canestrini, p. 61). Di fatto essi contavano sulla protezione della Repubblica contro le rappresaglie minacciate loro dai colleghi tedeschi della Grande compagnia (anch'essa al soldo di Firenze, ma numericamente assai più forte), con i quali si erano trovati in violento contrasto già nel corso della guerra. Tale speranza li indusse a comportarsi cosi bene da suscitare la più grande meraviglia negli stessi ambasciatori fiorentini mandati a trattare con il B., ritiratosi in Val di Cecina (Canestrini, p. 62).
Superata ogni resistenza, il 17 sett. 1364 il B. accettò, dietro pagamento di 14.000 fiorini, di firmare un accordo che lo impegnava a lasciare entro quattro giorni il territorio fiorentino. Nel corso del successivo mese di ottobre attraversò con la sua gente la campagna benese, che saccheggiò e devastò come poté, e si presentò ai primi di novembre davanti alle porte di Perugia, la quale si era affrettata a chiamare in aiuto la Grande compagnia dei Tedeschi. Costretto a venire a patti, insieme a Ugo Mortimer che ora appare con lui alla testa della Compagnia bianca, il B. firmò, il 14 novembre, con il Comune di Perugia, un accordo di neutralità; si diresse quindi verso il Regno di Napoli, dove intendeva svernare.
Si trovava ad Avezzano quando il 14 genn. 1365 concluse con il cardinal legato Egidio Albornoz un contratto di soldo in virtù del quale si impegnava, nell'interesse della Chiesa e della regina Giovanna I di Napoli, a rivolgere le armi contro la Grande compagnia di Anichino Baumgarthen che minacciava dimarciare su Roma. Sotto l'alto comando di Gómez; Albomoz, nipote del cardinale, gli Inglesi nella primavera del 1365 si volsero contro il Baumgarthen che aveva occupato Vetralla, senza mostrare tuttavia alcun desiderio di scontrarsi con gli avversari, tanto che nel luglio l'Albornoz preferì accordarsi con i Tedeschi ed entrare pacificamente in possesso di Vetralla. Fu allora che i mercenari inglesi, che probabilmente non avevano ricevuto il soldo, si decisero a ribellarsi, ma contro l'Albornoz, che fu costretto ad invocare l'aiuto del Baumgarthen. Il 22 luglio 1365 a San Mariano, presso Perugia, scoppiò una sanguinosa battaglia tra le due compagnie, nel corso della quale il B. cadde nelle mani dei Perugini che lo tennero prigioniero per quasi due anni.
Riacquistata la libertà all'inizio del 1367, con la promessa di non mettere piede nel territorio perugino per cinque anni, il B. si unì ai mercenari inglesi di Giovanni Acuto, che scorrazzavano nella Toscana meridionale, e, assetato di vendetta, si ripresentò ancora una volta davanti alle porte di Perugia. Il 29 marzo 1367 i due condottieri sconfissero la milizia perugina a Ponte S. Giovanni.
Dopo questi avvenimenti del B. si perde ogni traccia. Secondo il Pellini, egli sarebbe passato al soldo di Bernabò Visconti che nel 1368, reagendo a un suo tentativo di congiura, lo avrebbe fatto uccidere. Ma tale notizia non trova conferma nelle fonti disponibili.
Fonti e Bibl.: Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in Arch. stor. ital., XV, 1 (1850), pp. 200, 202; Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI, a cura di G. Canestrini, ibid., XVI(1851), pp. XLIII, 57, 61 s., 66-68; F. Villani, Cronica, in Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, II, Trieste 1857, l. XI, cap. 72, p. 396; Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, II, Romae 1862, pp. 419-426; Discorso historico con molti accidenti occorsi in Orvieto et in altre parti; in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XV, s, vol. I, a cura di L. Fumi, p. 88; Cronaca del conte Francesco di Montemarte e Corbara, ibid., p. 231; Cronaca senese di Donato di Neri e di suo figlio Neri, ibid., XV, 6, a cura di A., Lisini, pp. 609, 613; P. Pellini, Dell'historia diPerugia, Venezia 1664, I, pp. 1006, 1011, 1018, 1020, 1024; G. Temple-Leader-G. Marcotti, Giovanni Acuto (Sir John Hawkwood). Storia d'un condottiere, Firenze 1889, pp. 21, 25 s., 30, 31, 38, 40 s., 46 s.; A. Sautier, Papst Urban V. und die Söldnerkompagnien in Italien in den Jahren 1362-1367, Zürich 1912, pp. 46, 50-52, 59, 89 s., 115.