ANDREA dell'Aquila
Originario dell'Aquila, le esili e scarse notizie biografiche ne tacciono l'anno di nascita. là incertamente riferita a lui la notizia del Vasari, nel commentario alla vita di Giuliano da Maiano, di un Andrea dell'Aquila, figliolo di Iacopo, che nel 1446 si appellava al Tribunale della Mercanzia di Firenze perèsser pagato dal Comune di Modigliano in Romagna di 20 fiorini d'oro per pitture di marzocchi e armi fatte su sua commissione. Senza fondamento l'ipotesi che A. fosse figlio di quel Giacomo dell'Aquila che gettò in bronzo (1447-1453), con Giacchetto Finari, l'Angelo di Castel Sant'Angelo a Roma.
Una lettera dell'8 giugno 1458 dell'umanista Nicolò Severini, ambasciatore senese presso la corte di Alfonso I di Napoli, diretta a Cristoforo Felici, architetto dell'opera del duomo di Siena, accerta che in quell'anno A. godeva a Napoli di un notevole prestigio. Lo si dice uscito dalla scuola di Donatello quando questi teneva bottega in casa di Cosimo de' .Medici, "singulare pictore ed anco maestro di scoltura", in procinto di lasciare Napoli dopo avervi atteso con grande perizia alle sculture dell'Arco di Alfonso I di Aragona. E che fosse anche pittore il Severini lo conferma, proponendo al Felici di affidargli il completamento dell'affresco di Porta Nuova a Siena, cui avevano lavorato Taddeo di Bartola e il Sassetta. L'educazione presso Donatello, ritenuta degli anni tra il 1435 e il '43, rimane uno dei pochi fatti certi nella vita dell'artista. Nel 1455 A. era ormai a Napoli, come attestano alcune note di pagamenti, una del gennaio del 1456, un'altra del 21 agosto dello stesso anno, entrambe "per lo lavor que ha fet en les pedres marbres del Trihumfo del Portall del Castel Nou" (cfr. in C. Minieri-Riccio).
Sulla base di queste notizie e per averlo il Severini definito "optimo maestro di fare ogni singulare et excellente lavoro", "da ciascuno laudato oltre a tutti gli altrì", la critica ha tentato di dare una certa consistenza alla figura dell'artista. Nell'Arco di Alfonso I a Napoli, complesso artistico dove è comunque sicura la collaborazione di A., si ècercato di distinguere dalle altre la sua opera, rimasta, tuttavia, molto discussa. Il Venturi, il Muñoz, il Valentiner, il Filangieri formularono varie ipotesi, alcune delle quali convincenti, attribuendo ad A. le parti dove è più esplicita l'ascendenza donatelliana. Ma poiché, a partire dal 1452, si avvicendò attorno all'Arco un nutrito stuolo di artisti, da Pietro da Milano a Paolo Romano e Francesco Laurana, raggiunti nell'autunno del 1455 da Isaia da Pisa e dal nostro A., e nel '57 da Antonio di Chelino e Domenico Gagini, arduo è stabilire con precisione le singole pertinenze. Sui rapporti indubbi tra il fregio coi putti donatelliani dell'Arco di Napoli, che tutti gli studiosi concordemente sono propensi a riferire ad A., e i putti reggenti lo stemma nel tabernacolo della Madonna del Soccorso all'Aquila, il Venturi propose di identificare A. con l'autore del tabernacolo aquilano, opera che poi il Valentiner, accettando l'attribuzione (sostenuta dal De Nicola e dal Serra), datò, non convíncentemente, al 1445. Anche l'assegnazione di quest'opera ad A. rimane, tuttavia, controversa: per L. Mack Bongiomo, l'autore del tabernacolo è, piuttosto, da identificarsi con Silvestro dell'Aquila o con un maestro della sua stretta cerchia, e la data si deve spostare all'ultimo quarto del '400; cosi per M. V. Brugnoli, che nega decisamente ogni riferimento ad Andrea. Interessante la proposta del Chini che autore del tabernacolo sia l'abruzzese Giovanni di Biasuccio.
Il Valentiner pensò a un soggiorno urbinate di A., riscontrando qualche affinità di stile tra il fregio dei putti dell'Arco aragonese e i fregi della sala della Jole nel Palazzo ducale di Urbino. Propose inoltre di assegnargli alcune opere, la cui paternità rimane molto incerta: il busto di Elisabetta di Montefeltro (Berlino, Staatlichen Museen), supposto dal Venturi di Francesco di Giorgio Martiruì, il rilievo con la Sibilla dello stesso Museo (già dato all'abruzzese dalla Schottmüller), il rilievo della Madonna col Bambino dell'Ospedale di S. Spirito a Roma, proveniente da quello di S. Giacomo, la rosselliniana terracotta con la Madonna, il Bambino, S. Giovannino e Angeli del Museo Nazionale di Firenze. Non è provata neppure la segnalazione del Perkins e del Fabriczy relativa all'anno 1496, quando A. avrebbe lavorato al monumento di Maria Pereira da Montorio in S. Bernardino all'Aquila; né quella dello Schubring di una partecipazione di A. alla realizzazione delle sculture del portale sud del duomo di Siena.
Ancora più indefinita la figura di A. pittore, che si è voluto talvolta (Valentiner) identificare col Maestro della Natività di Castello, attorno al quale si sono raggruppati alcuni dipinti: la Madonna col Bambino e Angeli del Louvre e l'altra della collez. Griggs di New York, la Madonna col Bambino del museo di Gottinga, ecc. Ma per queste opere, come per i ritratti di gentildonna delle collez. Bache e Lehman di New York e del Gardner Museum di Boston, che il Valentiner propone di assegnare ad A., manca ogni punto di riferimento, essendo noto che l'unico dipinto citato dai documenti, l'affresco di Porta Nuova a Siena, non fu terminato dall'artista aquilano, bensì da Sano di Pietro.
Bibl.: G. Vasari, Le Vite..., con nuove annotazioni e commenti di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 483; G. Milanesi, Docum. per la storia dell'Arte senese, Siena 1854, II, pp. 300 s.; C. Perkins, Italian Sculptors, Londra 1868, pp. 46 s., 65; C. Minieri-Riccio, Gli artisti e gli artefici che lavorarono in Castel Nuovo..., Napoli 1876, p. 5 (cedole di Tesoreria dell'Archivio di Stato di Napoli); V. Leonardi, Paolodi Mariano marmoraro, in L'Arte, III (1900),p. 86; C. von Fabriczy, Der Triumphbogen Alfonsos I im Castel Nuovo zu Neapel, in Jahrb. der Preuss. Kunstsamml., XX(1899), pp. 1-30, 125-58; Id., Neues zum Triumphbogen Alfonsos I, ibid., XXIII(1902), pp. 10 s.; P. Schubring, Urbano da Cortona, Strassburg 1903, p. 33; W. Rolfs, Der Baumeister des Triumphbogens in Neapel, in Jahrb. der Preuss. Kunstamml., XXV (1904), p. 84; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VI, Milano 1908, pp. 407 s., 846 n. 7; G. De Nicola, Silvestro dell'Aquila, in L'Arte, XI(1908), p. 1; V. Balzano, Frate Giacomo Scultore, in Riv. abruzz. di scienze... e arti, XXV (1910), p. 319; L. Serra, Aquila Monumentale, Aquila 1912, pp. 43, 49; A. Muñoz, L'Arco di Alfonso d'Aragona in Napoli e l'opera di A. dell'Aquila, in Rass. d'arte degli Abruzzi e del Molise, I(1912), pp.105-111; F. Schottmüller, Die Italienischen und Spanischen Bildwerke der Renaissance und des Baroks..., Berlin 1913, pp. 8, 58; W. R. Valentiner, A. and Silvestro dell'Aquila, in Art in America, XIII(1925), pp. 166-76; R. Filangieri di Candida, L'Arco di Alfonso di Aragona, in Dedalo, XII (1932), pp. 439-66, 594-626; W. R. Valentiner, A. dell'Aquila painter and sculptor, in Art Bulletin, XXI (1937), pp. 503-536; Id., A. del l'Aquila in Urbino,in The Art Quarterly, I(1938), pp. 275-88; L. Mack Bongiorno, The date of the altar of the Madonna in S. Maria del Soccorso in Aquila, in Art Bulletin, XXVI(1944), p. 188; M. V. Brugnoli, Di un tabernacolo aquilano e dello scultore abruzzese A. dell'Aquila, in Didaskaleion, (numero unico 1944), pp. 67-73; R. Causa, in Sculture lignee della Campania (Catalogo di mostra), Napoli 1950, pp. 106, 116; M. Chini, Silvestro Aquilano, Aquila 1954, pp. 116 ss.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, II, p.49; Encicl. Ital., III, pp.198 s.