ANDREA di Bonaiuto (A. Bonaiuti, A. da Firenze)
Nato a Firenze, immatricolato all'Arte dei medici e speziali dopo il 1343. Altri documenti attestano che dal 1351 al 1376 abitò nel quartiere di Santa Maria Novella, nel 1366-67 fu chiamato con altri pittori, e architetti a dar consigli e disegni per Santa Maria del Fiore, dal settembre al dicembre 1374 ebbe la carica di console dell'Arte dei medici e speziali, nel 1374 era iscritto alla Compagnia di San Luca. Fece testamento il 2 dic. 1377, e probabilmente nello stesso anno morì. Ma la tradizione ne aveva perduto il nome, dato che le opere sue più famose, la decorazione del Capitolo di Santa Maria Novella, detto Cappellone degli Spagnoli, e alcune delle Storie di san Ranieri nel Camposanto di Pisa erano state attribuite dal Vasari a Simone Martini con la collaborazione di Lippo Memmi e di Taddeo Gaddi. Solo nel 1846 un documento pubblicato da F. Bonaini rivelò che un "maestro Andrea di Firenze" il 3 ottobre 1377 aveva ricevuto 1.529 e s. 10 per resto "della pittura della storia di San Ranieri". Al medesimo, con uno o due aiuti, il Cavalcaselle assegnò gli affreschi del Cappefione, mantenendo quindi la tradizione per l'identità di mano nel ciclo fiorentino e nel pisano, e il riconoscimeiìto di forti caratteri senesi nel loro stile, giustificanti la confusione vasariana. Il Milanesi suppose che Andrea da Firenze fosse Andrea di Bonaiuto, come fu confermato da un nuovo documento, trovato da I. Taurisano, dal quale risultava che il 3 dic. 1365 frate Zanobi de' Guasconi, priore di S. Maria Novefla, dava a Andrea Bonaiuti una casa del valore di 65 fiorini d'oro per pagamento della pittura nel Capitolo, da compiersi in due anni, a partire dal 10 genn. 1366. Il Capitolo era stato costruito nel 1348-50 per iniziativa di Buonamico di Lapo Guidalotti, il quale il 2 agosto 1355 aveva lasciato ai frati 325 fiorini d'oro per farlo dipingere. Si suole attribuire l'idea degli affreschi a fra' Iacopo Passavanti, ed è verosimile che questi prima della morte (1357) avesse disposto un piano di decorazione: molte parti della pittura del Capitolo illustrano concetti dello Specchio della vera penitenza del Passavanti. Certamente un dotto domenicano guidò il pittore, soprattutto negli affreschi con il Trionfo di san Tommaso e con la Chiesa militante e trionfante: entrambi, specialmente il secondo, esaltazione dello stesso Ordine domenicano. Tutto il ciclo del Capitolo è uno dei più importanti esempi di pittura dottrinalepopolare, per la quale sempre gli Ordini religiosi avevano dimostrato una spiccata tendenza, ma a Firenze particolarmente nella seconda metà del Trecento, forse per lo sviluppo più democratico della situazione sociale e politica della città.
Data la vastità dell'impresa, A. ebbe collaboratori. Due sono abbastanza riconoscibili, entrambi di educazione orcagnesca: uno, molto vicino alla Pentecoste dell'Accademia, (probabilmente dei giovane Spinello Aretino), si distingue bene nella Navicella e in parte nella Pentecoste della volta. Un altro, che ricorda Iacopo di Cione, si confonde di più con l'opera dello stesso A. e appare saltuariamente in varie parti, specialmente nelle Storie di san Pietro Martire. Dove risaltano, invece, le tipiche caratteristiche di A., avvalorate oggi nalla rimozione della ridipintura settecentesca, è nei due citati Trionfi e nella Crocifissione tra la Salita al Calvario e la Discesa al Limbo. Notevole è la disinvoltura con la quale A. segue e rende comprensibile un testo letterario e dottrinale per la divulgazione popolare. R disinteresse a qualsiasi resa di spazio m profondità, ponendo su piani sovrapposti le scene, contribuisce alla chiarezza di visione. Tale sistema compositivo bidimensionale si collega alla concezione dello spazio propria della scuola senese, secondo una tradizione tipicamente gotica. Scarso senso plastico anche nelle figure, tendenti ad appiattirsi entro contorni secchi, ma goticamente movimentati in un decorativo andamento da arabesco, spesso squisitamente condotto in certi particolari di pieghe. Convenzionali le espressioni, nonostante un'insistente ricerca di varietà di tipi e di attitudini; l'artista sfoga la sua aspirazione alla varietà, soprattutto nelle fogge, con gusto quasi carnevalesco: costumi ricercati e accessori divertenti della moda, dai tagli delle barbe e dei capelli alla complicazione dei copricapi. I personaggi di A. sono, in sostanza, comparse molto decorative, e talvolta presentate davvero spiritosamente. Il suo tipo fisico, specialmente quello feniminile, e certe cadenze lineari rivelano l'impressione ricevuta dall'arte di Simone Martini, ma forse meglio attraverso l'originale volgarizzazione che ne aveva dato il senese "Barna", dal quale A. sembra derivare certi accenti di rappresentazione popolare e l'amore per il movimentato affollamento delle scene (Crocifissione). Invece il gusto per la moda contemporanea e qualche insistenza sul particolare realistico sembrano in lui un effetto dell'influenza di Giovanni da Milano, negli stessi anni attivo in Firenze. Ma è curioso notare come l'affettuosa attenzione di Giovanni alla varietà della vita reale diventi in A. abile messa in scena di ben vestiti manichini (vedi nel Trionfo di san Tommaso le Virtù e, soprattutto, i vari personaggi che le rappresentano). L'influenza senese, occasionata forse dagli stessi temi allegorici e didascalici, in cui quella scuola aveva dato esempi illustri, e l'influenza nordica in realtà confluiscono in un'educazione sostanzialmente orcagnesca.
Più palesemente affiora l'originaria formazione orcagnesca di A. nelle sette scene della Vita di san Ranieri affrescate nel Camposanto di Pisa (attualmente staccate). Vi è maggiore durezza plastica e maggiore larghezza di struttura nelle figure, e più disordinato è lo svolgimento compositivo, forse perché non ebbe una dotta guida come già a Firenze. Il tono popolare anche cambia: nel Cappellone era più spettacolare e fastoso, qui si fa narrativo, e con tendenza al genere nel risalto di parti marginali del racconto. Il ciclo, lasciato da lui incompiuto certo a causa della morte, fu ben più nobilmente continuato da Antonio Veneziano.
Poche tavole si possono attribuire ad Andrea.
La più sicura è un dittico con le Ss. Agnese e Domitilla nella Galleria dell'Accademia a Firenze: molto rovinato, ma dove le parti intatte rivelano tutta la perizia tecnica esibita dall'artista nel Cappellone. Inoltre sembrano certamente suoi un trittico con lo Sposalizio di santa Caterina nel Museo di Aiaccio, un polittico con Madonna e santi nella chiesa del Carmine a Firenze e un altro nella National Gallery di Londra. Anche la vetrata dell'occhio di Santa Maria Novella, con l'Incoronazione della Vergine, gli è attribuita.
L'arte di A., nel culmine stilistico e tecnico raggiunto nel Cappellone degli Spagnoli, esercitò un'influenza maggiore di quanto finora si sia pensato sulla pittura fiorentina della seconda metà del Trecento: soprattutto molti pittori della cerchia orcagnesca sentirono la sua inclinazione al genere e all'effetto scenografico come al risalto del colore piacevole e del particolare decorativo.
Bibl.: G. Vasari, Le Vite..., con nuove annotazioni e commenti di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 553 s. e nota 5; F. Bonaini, Memorie inedite intorno alla vita e ai dipinti di Francesco Traini e ad altre opere di disegno dei secoli XI, XIV e XV, Pisa 1846, pp. 104-106, 141; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy, I, London 1864, pp. 451 ss.; I. Taurisano, Il Capitolo di Santa Maria Novella in Firenze, in il Rosario, XXXIII(1916), pp. 10-30, 80-93, 217 230; H. von Straelen, Studien zur flor. Glasmalerei des Trecento und Quattrocento, Wattenscheid 1938, pp. 24-26; L. Coletti, I prirnitivi, II, Novara 1946, pp. 54, 57, 68, nota 152; F. Antal, Flor. Painting and its social background, London 1947, pp. 199, 203, 205-208, 210 s. e passim (ediz. ital., Torino 1960); M. Davies, The earlier Ital. Schools (cat. della Nat. Gallery), London 1951, pp. 200 s.; M. Meiss, Painting in Florence and Siena after the black death, Princeton,-N. J., 1951, p. 47; G. Kaftal, Iconogr. of the Saints in Tuscan Painting, Firenze 1952, pp. 7, 322; W.-E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, III, Frankfurt a. M. 1952, pp. 721 s., 814-816; M. Laclotte, De Giotto à Bellini. Les primitifs italiens dans les musées de France (catalogo della mostra), Paris 1956, p. 1; G. Marchini, Vetrate italiane, Milano 1956, pp. 33, 34, 219 (nota 9), 227 (nota 48); U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, pp. 452 s. (sub voce Andrea da Firenze, con bibl. preced.); Encicl. Ital., III, p. 200 (con ulteriore bibliografia).