Andrea di Giovanni
Pittore orvietano, la cui attività è documentata tra il 1378 e il 1424. Di A. si hanno notizie che riguardano esclusivamente la sua attività di pittore e di restauratore di mosaici (Fumi, 1891).
Tra il 1370 e il 1380 fu impegnato come aiuto di Ugolino di Prete Ilario, insieme a Francesco d'Antonio e a Cola Petruccioli, nella decorazione ad affresco della tribuna del duomo di Orvieto; il suo intervento è riconoscibile in alcune figure del finto coro.
Nel 1402 una lettera del Comune di Corneto inviata a quello di Orvieto magnificava una tavola raffigurante la Maestà, dipinta da A. per la chiesa cornetana di S. Egidio (opera perduta); nel 1404 gli vennero pagate alcune indulgenze da lui dipinte con l'immagine della Madonna per il Capitolo del duomo di Orvieto. Nella chiesa orvietana di S. Ludovico si conserva tuttora l'unica sua opera firmata e datata, uno stendardo di soggetto raro raffigurante i Ss. Innocenti con la palma del martirio, tela ideata, come attesta l'iscrizione, da Ser Lutio Berardini: "CXLIIII milia sanctorum innocentium [...] / Ser Lutius Ser Berardini hoc opus mente fingsit Andrea Iohannis storiofrus arte pinsit. MCCCCX [...]" (Fratini, 1986). Dell'anno successivo (21 febbraio 1411) è il pagamento per l'opera prestata alla decorazione a fresco della cappella Monaldeschi nel duomo di Orvieto con le Storie dei Magi e l'Incoronazione della Vergine, decorazione andata poi distrutta.
All'aprile 1412 risale il pagamento dell'altra opera documentata ed esistente di A., l'affresco con la Madonna in Maestà, nella lunetta della porta di Canonica del duomo di Orvieto. Tra il 1412 e il 1416 assolse incarichi minori e nel 1417 gli fu affidato il compito di restaurare, con Bartolomeo di Pietro, alcuni mosaici della facciata del duomo di Orvieto e, in questa veste, si recò a Siena per procurarsi l'idoneo materiale: vetro e oro. È ricordato ancora impegnato in questa attività in un documento del 1424.
Sulla base delle due opere documentate ed esistenti, Gnoli (1923) e Van Marle (1925) gli assegnarono, rispettivamente, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino, otto angeli e tre figure di donatori, nella chiesa della Madonna delle Grazie a Magione (Perugia), datato 1371, e una tavola, la Madonna con il Bambino nel Mus. of Art di Providence (R.I.). Queste opere sono state respinte dalla critica recente.
Negli ultimi venti anni, di pari passo con l'approfondirsi degli studi sulla scuola pittorica orvietana, anche il catalogo delle opere di A. si è andato ampliando, non senza controversie, poiché la sua non altissima levatura artistica, l'omogeneità stilistica della scuola e la scarsità di sue opere documentate non consentono ancora di definire con certezza il suo catalogo e in particolare la successione cronologica del suo operare, così da poterne evidenziare uno svolgimento organico. Ciononostante sembra attendibile la datazione agli anni ottanta del sec. 14° degli affreschi attribuibili ad A. negli oratori dell'eremo di S. Maria di Belverde presso Cetona (Siena; l'eremo fu fondato da Nicolò della Corvaia nel 1367); si tratta di un ciclo pittorico di grande interesse condotto da Cola Petruccioli, Piero di Puccio, A. e da un pittore non ancora identificato, detto il 'Quarto Maestro di Belverde'.
In particolare sono ritenuti di mano di A. gli affreschi della fascia inferiore nell'oratorio del Salvatore con scene della Vita e Passione di Cristo e quelli raffiguranti le Storie della Maddalena nell'oratorio omonimo. Essi mostrano elevate qualità di colorito e di composizione, unite a una notevole capacità narrativa. Tuttavia, l'opera di A. rimane nell'ambito della divulgazione di una maniera che aveva più dotati esponenti in Ugolino di Prete Ilario, Cola Petruccioli e Piero di Puccio.
Del decennio successivo (1390 ca.) possono essere considerati alcuni affreschi staccati con figure allegoriche (Fede, Sapienza, Vita contemplativa) del Szépmüvészeti Múz. di Budapest, provenienti da palazzo Isidori nei pressi di piazza Morlacchi a Perugia, demolito nell'Ottocento; affreschi in cui è stato riconosciuto il suo intervento a fianco di Cola Petruccioli. È stato ipotizzato (Boskovits, 1973) che A. tenesse una bottega a cui collaborava anche il più giovane Cola e che, a capo di questa bottega, si sia spostato, dopo il 1380, da Orvieto per lavorare in un ambito territoriale più vasto; prova di ciò potrebbero essere gli affreschi della chiesa di S. Claudio a Spello (1393), in cui, oltre alla mano, già nota, di Cola, è stata riconosciuta anche quella di A., precisamente nella decorazione della parete di fondo.
Come esito di questi itinerari al di fuori di Orvieto possono essere annoverate alcune opere in territorio viterbese. Oltre alla già citata tavola per Corneto, è stata attribuita ad A. la lunetta ad affresco con la Madonna e il Bambino tra due angeli e due cherubini, conservata nel Mus. Civ. di Viterbo, di provenienza ignota (forse dalla distrutta chiesa di S. Domenico), nella quale gli angeli e i cherubini sono inserto posteriore del Pastura. Un'altra tavola con la Madonna in trono con il Bambino (Viterbo, chiesa di S. Angelo in Spatha) è stata assegnata da Zeri (1955) ad A., ma la critica più recente la espunge dal catalogo del pittore (Fratini, 1986). Sempre a questo torno di tempo, tra la fine del sec. 14° e gli inizi del 15°, sono ascrivibili i resti della decorazione a fresco dell'oratorio della Madonna del Carmine di Orvieto (Natività, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio; Orvieto, Mus. dell'Opera del Duomo). A un periodo precedente i lavori di Belverde sono da assegnare, invece, una serie di affreschi presenti in alcune chiese orvietane (S. Giovenale, S. Lorenzo in Arari) e alcuni altri nello stesso museo (raffiguranti S. Benedetto e S. Giovanni Battista). Sempre a Orvieto sono recentemente venuti in luce una Annunciazione nel refettorio del monastero di S. Ludovico e una Madonna, ora staccata, in S. Domenico. Fuori di Orvieto sono stati attribuiti ad A. affreschi nella chiesa di S. Agostino a Bagnoregio e una Madonna (Parigi, già coll. privata).
La statura artistica di A., nonostante il nutrito gruppo di opere oggi conosciute, non risulta sostanzialmente modificata rispetto alle valutazioni precedenti. Egli si conferma esponente di buona levatura della scuola orvietana e mostra capacità descrittive e di felice narratore, limitandosi a svolgere con grazia le istanze formali proposte dai pittori di maggiore personalità. Tuttavia la sua pittura lascia tracce, oltre che in Cola Petruccioli, anche in altri pittori a lui successivi, quali il Maestro dell'Assunta nel duomo di Amelia, il Maestro di Narni del 1409, ed è rintracciabile ancora in autori di pieno Quattrocento (Balletta).
Bibliografia
Fonti:
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