PICCOLOMINI, Andrea di Nanni
PICCOLOMINI (Piccolomini Todeschini), Andrea di Nanni. – Figlio di Laudomia Piccolomini, sorella del futuro papa Enea Silvio, e di Nanni Todeschini da Sarteano, giurista, nacque, non sappiamo se a Sarteano o a Siena, nel 1445.
Come per i fratelli Antonio, Francesco e Giacomo, la vita di Andrea Piccolomini fu fortemente condizionata dall’ascesa al soglio pontificio dello zio che poco dopo la sua elezione (19 ag. 1458) decise di aggregare al casato Piccolomini il marito di Laudomia e i quattro figli della coppia. Costoro trassero ampi benefici dal pontificato di Pio II (1458-64) e dalla conseguente piena reintegrazione, in Siena, dei diritti politici grazie all’ammissione al Monte del Popolo (i Monti erano specifiche forme di aggregazioni politiche e di accesso alla vita pubblica). Il pontefice provvide inoltre a che i ‘diletti nipoti’ potessero giocare un ruolo di primo piano nella vita pubblica, anche grazie a importanti matrimoni: una figlia di Ferdinando d’Aragona per Antonio (che fu nominato duca di Amalfi), e Cristofora Colonna per Giacomo. Quanto ad Andrea, si unì (genn. 1475) ad Agnese Farnese, figlia di Gabriele Francesco di Ranuccio e di Isabella Orsini, dalla quale ebbe sette figli: Giovanni (9 ott. 1475), Montanina (ott. 1476), Pierfrancesco, omonimo di un precedente figlio morto (si presume) in tenera età, Alessandro (1° giugno 1484), Caterina (20 giugno 1491) e Vittoria (9 ott. 1494). Francesco – il futuro Pio III – nel 1460 successe, grazie allo zio, ad Antonio Piccolomini arcivescovo di Siena compiendo il primo grande passo della sua carriera ecclesiastica.
Ai «dilecti filii et secundum carnem nepotes nostri nobiles viri Antonius dux amalphitanus, Jacobus et Andrea de Piccolominibus», Enea Silvio donò, con bolla del 18 luglio 1463, la proprietà del palazzo fatto costruire a Pienza (ASS, Consorteria Piccolomini, 47 n. 38), che si aggiunse al diritto di giuspatronato sulla cattedrale di quella comunità. Ad Andrea e al fratello Giacomo, in regime indiviso, Pio II concesse inoltre (9 sett. 1462) il vicariato di Camporsevoli, in diocesi di Chiusi, di cui essi presero possesso nel corso del 1464. In quello stesso anno Andrea Piccolomini ricevette in donazione da Antonio i castelli di Castiglion della Pescaia, isola del Giglio e Rocchette e subentrò, pro indiviso con Giacomo, grazie a un’ulteriore donazione, nella proprietà di tutti i beni che Antonio possedeva nel Senese.
Testimoniano questa elevazione socioeconomica, avviata durante il pontificato di Pio II, sia le scritture fiscali del Comune di Siena (che registrano un imponibile al 1465 di quasi 30.000 lire senesi) sia il ‘libro di contratti’ iniziato da Piccolomini il 31 dicembre 1476: ivi si registra l’imponente movimento di compravendite e permute che nel tempo rinsaldarono i suoi diritti patrimoniali e signorili nel contado e in città. In Siena la sua dotazione si arricchì di un palazzo magnifico, originariamente voluto dal papa. I due corpi che lo costituiscono (indicati come «casamento vecio» di Andrea Piccolomini e «casamento nuovo murato»: ASS, Consorteria Picc. 17, c. 53v), corrispondono a due distinti progetti edilizi, che i fratelli Piccolomini perseguirono dal 1480 (quando divisero edificio e patrimonio comune); tali progetti sarebbero rivelatori, secondo A. Lawrence Jenkens, del differente ruolo che i nipoti del papa giocarono nella vita pubblica della loro città, distinguendosi Andrea Piccolomini per una presenza più attiva e autorevole.
Anche da questo punto di vista va dunque corretta una lettura riduttiva della personalità di Piccolomini, «uomo di non eccezionali qualità», vissuto «in un’epoca nella quale gli avvenimenti si dimostrarono più grandi di lui» secondo Curzio Ugurgieri della Berardenga (1973, p. 542). Lo dimostra la sua attività politica, già nei decenni precedenti. Le prime notizie risalgono alla fine degli anni Sessanta: nel luglio 1468 fu inviato al duca di Milano Galeazzo Sforza in occasione delle sue nozze con Bona di Savoia. Successivamente lo ritroviamo in veste di ambasciatore presso il papa e il re di Napoli (30 marzo 1471); nell’estate del 1477 fu commissario senese in Valdichiana e poi presso il conte Antonio da Montefeltro; nel bimestre novembre-dicembre 1479 rivestì la carica di capitano del Popolo. Ma fu appunto nel corso degli anni Ottanta, in corrispondenza di un affermarsi del predominio popolare, che il ruolo politico di Andrea Piccolomini si intensificò e precisò.
Quando il 22 giugno 1480 il consiglio del Popolo votò l’espulsione del Monte dei Riformatori dal reggimento, stando al racconto di Orlando Malavolti fu in casa di Piccolomini che «alcuni populari con molti dell’ordine de’ Nove» si sarebbero riuniti per discutere la strategia politica da seguire (Shaw, 1996, p. 16). Certo è che all’indomani della cacciata dei Riformatori, votata da un consiglio presieduto da Giacomo Piccolomini in veste di capitano del Popolo, il 1° luglio fu eletta una nuova Balìa di cui facevano parte Andrea Piccolomini e il fratello.
Negli anni seguenti, segnati da un’accentuazione del carattere popolare del regime, Piccolomini fu più volte in Balìa: nel bimestre novembre-dicembre 1482, due volte nel 1483 e ancora due volte nel 1486. Per due mandati ricoprì inoltre la carica di capitano del Popolo (1482 e 1486). Agli incarichi istituzionali si unirono quelli diplomatici: nel 1483, insieme con Bartolomeo di Landuccio, tentò di far recedere il cardinale Cybo, inviato da Sisto IV per pacificare Siena, dalla decisione di abbandonare la città dopo il fallimento del suo mandato. In questi anni dunque Piccolomini non fu solo il «capo della grande consorteria piccolominea» (Isaacs, 1996, p. 1023), ma insieme con il fratello Francesco (cardinale e arcivescovo) fu esponente autorevole del Monte di Popolo, e chiamato spesso ad assumere un ruolo di mediazione.
Appare rivelatore un episodio dell’ottobre 1482, raccolto dal cronista Cristoforo Cantoni, che ci mostra l’intervento risolutivo di Andrea Piccolomini, capace di sedare i disordini conseguenti a un tentativo di congiura da parte di alcuni membri del Popolo, Dodicini e Riformatori che cercavano di imporre l’elezione di una Balìa di soli popolari: sedati i tumulti lo stesso risultò eletto nella nuova Signoria (Frammento di un diario senese, 1939, p. 923).
Tale funzione di garanzia fu confermata quando, il 22 luglio 1487, i Nove rientrarono e ripresero il potere. Sembra infatti accertato che il cardinale Francesco, che entrò in Siena accompagnato proprio da Andrea il 24 luglio 1487, abbia avuto parte nel ‘colpo di Stato’ che esautorò il governo rivelandosi determinante per la realizzazione dei nuovi equilibri all’interno delle istituzioni al cui interno Andrea Piccolomini era attivo (il 25 luglio 1487 risultava eletto, affinché, con il cardinale Francesco, facesse la distribuzione dei ‘Monti’ e delle cariche).
«Active leader and spokesman of the Popolari», «natural arbiter among factions», «man of peace and reason» (Hicks, 1996, p. 1059): la storiografia più recente è dunque concorde nell’attribuire a Piccolomini una riconosciuta autorevolezza politica. Anche i cronisti contemporanei registrano puntualmente la funzione di mediazione e il ruolo di garanzia svolto nei confronti dei popolari e della cittadinanza tutta. «Vir pacificus» (Titius, Historiarum Senensium, p. 400), «padre e protettore di tutto il popolo» (Frammento di diario sanese d’incerto autore, c. 223r), saggio e ascoltato consigliere (Allegretti, Diarj, 1733, col. 831) caratteri che fecero di lui, nell’infuocato agone politico costellato di sedizioni, disordini, sospetti, una presenza utile e necessaria al governo dello Stato (Allegretti, Diarj, 1733, col. 852).
Anche negli anni successivi, che videro maturare la presa di potere del Petrucci (1498-1512), Piccolomini fu un interlocutore indispensabile sia per gli oppositori di Pandolfo (proprio la sua defezione dalla congiura orchestrata da Niccolò Borghesi nel settembre 1498 avrebbe fatto abortire il piano), sia per Petrucci stesso: il cui successo non poté prescindere da un sostanziale (benché informale e tacito?) consenso del Piccolomini. Nonostante una tradizione storiografica risalente al Tizio abbia dipinto Andrea Piccolomini come fiero e rigoroso oppositore al regime di Petrucci, una lettura più attenta del suo operato e l’ininterrotta partecipazione alla vita politica e pubblica fino alla morte sembrano prefigurare una realtà diversa.
Morì nel settembre 1505.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena (ASS), Balia 9, c. 195r; 10, cc. 142v-143r; 35, c. 9v; 48; 51, cc. 60v-61r, 70v; 509; Capitoli 5, cc. 144v-145r; Concistoro 612, cc. 10, 12-14, 20; 618, c. 33v; 679; 773, c. 18r-v; 2125 c. 106r; 2420; 2443; Consiglio Generale 238, cc. 175v-179r; 239, c. 53r; 240, cc. 153r-v; 215v; 241, cc. 16r-v, 33r; Consorteria Piccolomini cc. 17, 19, 38, 39 n. 2, n. 40, 47 n. 38; Lira 160, cc. 105, 130; Statuti Siena 40, c. 143r-v; Siena, Biblioteca Comunale, S. Titius, Historiarum Senensium, VI, B.III.11, passim; Siena, Biblioteca Comunale, Frammento di diario sanese d’incerto autore, B III, 2 cc. 215r-225r, cc. 222r-223r; Roma, Biblioteca Angelica, Ang. Lat., ms. 1077, cc. 53r-54r; O. Malavolti, Dell’ Historia di Siena, Venezia 1599 (rist. anast. Sala Bolognese 1982), II, cc. 76v-77r; A. Allegretti, Diarj scritti delle cose sanesi, in L.A. Muratori, RIS, Milano 1733, XXIII, coll. 795, 826, 831, 852 s.; Frammento di un diario senese di Cristoforo Cantoni (1479-1483), in RIS2, XV/6, a cura di A. Lisini - F. Jacometti, Bologna 1939, coll. 892, 923, 930 s., 938; Una nuova cronaca senese sulla crisi degli anni Ottanta, a cura di V. Nuscis, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico. Politica, Economia, Cultura, Arte, III, Pisa 1996, pp. 1122, 1139.
A. Lisini, Notizie genealogiche della famiglia Piccolomini, in Miscellanea storica senese, V (1898), tav. 6; P. Piccolomini, Diario dell’ambasciata di Gregorio Lolli, Andrea Piccolomini e Lorenzo Buoninsegni oratori senesi a Galeazzo sforza nel 1468, in Bullettino senese di storia patria, VIII (1901), pp. 156-175; C. Ugurgieri della Berardenga, Pio II Piccolomini. Con notizie su Pio III e altri membri della famiglia, Firenze 1973, pp. 542 s.; I. Polverini Fosi, La Comune Dolcissima patria: Pio II e Siena, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Monte Oriolo (Impruneta) 1987, pp. 509-521; C. Zarrilli, Farnese Agnese, in Dizionario biografico degli Italiani, XLV, Roma 1995, pp. 50 s.; G. Chironi, Nascita della Signoria e resistenze oligarchiche a Siena: l’opposizione di Niccolò Borghese a Pandolfo Petrucci (1498-1500), in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico, III, Pisa 1996, pp. 1173-1195; D.L. Hicks, The Sienese oligarchy and the rise of Pandolfo Petrucci, 1487-1497, ibid., pp. 1051-1072; A.K. Isaacs, ‘Cardinali e spalagrembi’. Sulla vita politica a Siena fra il 1480 e il 1487, ibid., pp. 1013-1050; C. Shaw, Politics and Institutional Innovation in Siena 1480-1498, in Bullettino senese di storia patria, CIII (1996), pp. 9-102, CIV (1997), pp. 194-307; A.L. Jenkens, Pius II’s nephews and the politics of architecture at the end of the Fifteenth Century in Siena, in Bullettino senese di storia patria, CVI (1999), pp. 58-114; F. Nevola, Siena. Constructing the renaissance city, New Haven-London 2007, pp. 73, 75 s., 78, 126, 128, 192.