DUODO, Andrea
Primogenito di Pietro di Francesco, del ramo che dalla originaria parrocchia della Madonna dell'Orto si era trasferito in quella di S. Maria Zobenigo, nel sestiere di S. Marco, e di Pisana Pisani di Vettore di Marino, nacque a Venezia il 2 marzo 1508.
Cospicue per prestigio e ricchezza erano entrambe le famiglie, tradizionalmente dedite alla mercatura col Levante, ed al mare il D. avrebbe dedicato gran parte della propria esistenza, sia pure nell'ambito della flotta militare: abbandonate per tempo le piacevolezze della società veneziana (ci informa il Sanuto che nel maggio del '29 egli apparteneva alla Compagnia della calza denominata dei Floridi), agli inizi del 1530 si imbarcò come sopracomito di galera nella squadra comandata da Girolamo Canal, e per tre anni effettuò servizio di pattugliamento e di scorta alle navi veneziane minacciate dai pirati, tra il basso Adriatico e Candia.
Rimpatriato nel febbraio del '33, per quasi un decennio non risulta aver ricoperto alcuna carica pubblica: è tuttavia probabile che il D. si fosse nuovamente imbarcato, forse alternandosi tra il naviglio mercantile e quello militare, dal momento che, quando il suo nome ricompare nel Segretario alle Voci, il 24 sett. '42, lo troviamo quale titolare dell'importante carica di capitano in Golfo, elezione accompagnata dalla chiosa "fò vice capitano de galion".
In sostanza al D. era affidata la custodia di un Adriatico reso infido dalla presenza degli Uscocchi, le cui scorrerie rischiavano di far scoppiare un conflitto con i Turchi: nell'agosto del '44 il Senato gli ordinava di procedere contro i pirati con la massima risolutezza, "commettendovi che posposto ogni altro rispetto, attendiate a questa cosa, col mandar galie et bregantini dove che cognoscerete ricercar il bisogno …. Et siate certo, che non havemo hora cosa, che ne prema piuj di questa". Furono tre anni non particolarmente difficili, ché il D. non si trovò mai obbligato a cimentare gli uomini ed i mezzi dei quali disponeva in combattimenti veri e propri; soprattutto, l'incarico si risolse in una defatigante opera di prevenzione e controllo, in un logorante continuo spostamento da un porto all'altro, tra l'Istria e Corfù, badando di volta in volta alla tutela degli equipaggi e al mantenimento della disciplina, come pure a fronteggiare le mosse degli Uscocchi, dei Turchi, degli Spagnoli.
Terminato il servizio, al D. fu concessa una breve permanenza nella sua città, fra il 1546 ed il '47, ma anche allora continuò ad occuparsi di questioni attinenti la flotta, giacché fu chiamato a far parte del collegio della Milizia da mar; quindi, l'8 genn. 1548, venne eletto provveditore dell'Armata: identico il compito affidatogli, consistente pur sempre nella lotta alla pirateria che infestava i mari, ma diverso il teatro delle operazioni, che ora si allargava a comprendere l'Egeo e ancora oltre, fino a Cipro.
Più di sei anni durò l'incarico, cui il D. venne confermato il 13 marzo 1552, nel corso dei quali la sua azione venne resa maggiormente difficile dall'ambiguità degli ordini che gli impartiva il Senato, costantemente preoccupato di salvare i buoni rapporti con il Turco: cosi, quando nel '50 il D. riusci a bloccare in un porto il corsaro Dragut, che agiva agli ordini del sultano, fu costretto a lasciarlo salpare senza combattere, e ancora quattro anni più tardi, allorché lo stesso Dragut devastava le coste pugliesi, il D. dovette limitarsi a concentrare a Zara le proprie navi, senza tentare il minimo intervento a favore dei cristiani.
Pur nell'ambito dell'obbedienza impostagli dalla disciplina militare, il D. non mancò tuttavia in diverse circostanze di far pervenire al governo opinioni non sempre consenzienti ed acritiche: cosi, all'espressione dell'insofferenza per le cautele senatorie egli accompagnò la denuncia del degrado dell'arsenale di Candia e dell'abbandono in cui venivano lasciati i sudditi greci e illirici; ed in tal senso, un segno della sua sensibilità può essere fornito dalla costruzione, da lui voluta, della chiesa di S. Rocco a Corfù, di cui riusci poi ad ottenere dal pontefice il giuspatronato, nell'ottobre 1554.
Dopo questo prolungato imbarco, all'inizio del '55 il D. poté finalmente tornare a casa, dove alla fine di novembre venne eletto nel collegio dei venti savi sopra i Privilegi; senonché la sua permanenza in patria doveva essere di breve durata: nominato capitano generale di Candia, egli era già nell'isola il 22 ag. 1556, allorché assicurava il Senato che non avrebbe risparmiato "né sudore né fatica di sorte alcuna" per provvedere a mantenerne efficienti le strutture militari e marittime; e cosi avvenne, dal momento che per due anni il D. praticamente non inviò dispaccio a Venezia che non fosse dedicato ai problemi inerenti alle fortificazioni o alle scorrerie dei pirati, in particolare quelle del temutissimo S. Cicala.
Nuovamente a Venezia, dall'ottobre '58 fu per un anno provveditore sopra la fabbrica del ponte di Rialto, quindi, in omaggio ad una prassi che prevedeva per il patriziato l'alternarsi in cariche richiedenti le più diverse competenze, entrò a far parte dei provveditori in Zecca; ben presto tuttavia gli fu concesso di tornare ai suoi più autentici interessi, ossia al settore della marineria, cui del resto non aveva mai cessato del tutto di dedicarsi: e a tale proposito va segnalato - e l'episodio in qualche modo fa onore all'uomo - che nel dicembre del '58, quando era da poco rimpatriato, il D. si interessò efficacemente per la liberazione di quattro prigionieri, vogatori di una galera toscana fuggiti e riparati a Candia, che egli, nella veste di capitano dell'isola, aveva dovuto inviare a Venezia.
Il 6 ott. 1562 fu quindi eletto provveditore dell'Arsenale, ma non portò a termine il mandato, perché il 25 giugno '63 venne nominato rettore a Cattaro, che era stata colpita da un devastante terremoto, nel quale aveva trovato la morte lo stesso predecessore del D., Francesco Priuli; nell'affidargli le commissioni, il Senato si diceva certo che egli avrebbe espletato la missione con l'abituale "valor, diligentia et experientia … dimostrata di tempo in tempo in tutti li carichi", ma qualche settimana dopo il D. chiedeva ed otteneva la dispensa, per ragioni di salute.
Logorato da tanti anni di fatiche e disagi, mori nel suo palazzo di S. Maria Zobenigo, il 15 luglio 1564, "amalà longamente da un cancharo", come riferisce la fede di morte.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii…, III, p. 383; Ibid., Provveditori alla sanità. Necrologi, reg. 800, sub die 15 luglio 1564; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 2, c. 194; reg. 3, c. 163; reg. 4, c. 164; Ibid., Segr. alle Voci. Elez. dei Pregadi, reg. 1, c. 39; reg. 2, cc. 53, 69; reg. 3, c. 38; Ibid., Provveditori da Terra e da Mar, bb. 1194 e 728 (quest'ultima relativa al capitanato a Candia); per alcuni dispacci da Candia, del 1557, Ibid., Lettere dei rettori ai capi del Consiglio dei dieci, b. 285, nn. 88-91; sull'operato nella flotta e all'Arsenale, Ibid., Senato. Mar, reg. 26, c. 142v; reg. 27, cc. 22r, 48r, 53v-54r, 55v, 59v, 60v, 64rv, 73v-74r, 83r, 86r, 114rv, 118r-119r, 129v; reg. 28, cc. 6r, 11r, 17rv, 26r; reg. 29, cc. 137v, 141v, 143r, 168v, 180v, 185rv, 189v-190r, 197rv; reg. 32, cc. 5r-6r, 7r, 9r, 31v, 56r, 76r, 77r, 84v, 101v, 109rv, 122r, 134rv, 158v, 169r, 190r; reg. 34, cc. 5r, 10r, 26v, 53r; reg. 36, cc. 53v-54r; Ibid., Patroni e provveditori all'Arsenal, reg. 136, cc. 52v-56v; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 198 (= 8383): Reggimenti, cc. 276v, 290v; documenti relativi alla costruzione della chiesa di S. Rocco a Corfù, in Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 480 c: Filze e registri di documenti di casa Duodo, c. 107r. Cfr. inoltre: M. Sanuto, I diarii, L, LII-LVII, Venezia 1898-1902, ad Indices; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903, p. 302; A. Morosini, Historiae Venetae, in Degl'istorici delle cose veneziane…, VI, Venezia 1719, pp. 45, 55, 203; V. Padovan, Documenti per la storia della Zecca veneta, in Arch. veneto, XVIII (1879), p. 112; A. Tenenti, Cristoforo da Canal. La marinevénitienne avant Lépante, Paris 1962, pp. 15, 32, 45, 112, 122, 132, 145, 147, 152, 160, 163, 171, 173, 178 s.
G. Gullino