FEDERZONI, Andrea
Figlio del capomastro Bartolorneo di Giovanni, detto il Rizzo, nacque a Carpi (Modena) versoil 1470- Secondo l'erudito carpigiano Cabassi (1784), frequentò Marco e Niccolò Zuccoli, architetti e matematici al servizio di Marco Pio, signore di quella città; è invece certa la sua formazione presso il padre insieme con i fratelli Tommaso e Ludovico, anch'essi capimastri.
Tra le prime opere del F. il Cabassi cita, seguito dal Tiraboschi, l'intervento in S. Maria della Rosa, cappella di patronato dei Pio, officiata dai minori conventuali, detta la Rotonda per il suo impianto ottagonale tendente alla circolarità, demolita nel 1689 per erigere in suo luogo il campanile della contigua chiesa di S. Francesco.
Più che un rifacimento dell'edificio, come sostenne il Cabassi (p. 65), si trattò di una ristrutturazione del precedente tempio, dei primi del Quattrocento, secondo un progetto inviato da Roma che il Campori (1855) e H. Semper (Carpi ein Fürstensitz der Renaissance, Dresden 1882, passim) ipotizzarono fornito da Baldassarre Peruzzi. Il ruolo del F. anche solo a livello esecutivo è dubbio poiché se da un lato è confennato dal rogito del 23 genn. 1511 (Carpi, Museo civico, Archivio Guaitoli, filza 9, fasc. 3 c. 1) è d'altro canto inficiato da un documento di poco successivo, del 25 giugno, con il quale si affidavano i lavori al capomastro carpigiano Cesare Saccacci (Garuti in Cabassi, pp. 200 s., n. 143).
L'episodio più importante nell'attività professionale del F. fu la direzione del cantiere della nuova collegiata, sotto il titolo dell'Assunta (odierna cattedrale), che il signore Alberto (III) Pio volle eretta al termine della lunga prospettiva della piazza di Borgonuovo.
Con rogito del 23 genn. 1515 il F., insieme coi fratelli Tommaso e Ludovico, s'impegnava a realizzare il tempio "secondo la forma et modello ... mandato da Roma"; un progetto che a detta del Vasari, concorde la recente storiografia, risalirebbe a Baldassarre Peruzzi (Garuti, 1986, pp. 16 ss.). Pertanto, risuona improponibile l'ascrizione al F., avanzata dal Cabassi (p. 67), del disegno dei due "tempietti" d'impianto ottagonale ai lati del corpo absidale ad uso di sagrestie, che rivela la sigla stilistica del Peruzzi, ovvero della cultura architettonica romana di temperie postbramantesca (Garuti in Cabassi, p. 201 n. 147). Giunto il modello nel mese di giugno (Cabassi, p. 72), i lavori ebbero immediato inizio, sotto la guida del F., affiancato dai fratelli, cui era stata concessa un'abitazione prossima alla fabbrica, al fine di agevolarli nell'impresa. L'eccezionale profusione di mezzi economici e d'energie, congiuntamente alla indubbia perizia ingegneristica del F., fece sì che già nel 1516, e dunque appena un anno dopo l'apertura del cantiere, si fosse impostata la crociera con l'abside e l'innesto dei transetti e delle navate - una centrale e due minori -, definendo pure l'imposta della grande cupola (costruita nel sec. XVIII). Fedelmente si attenne il F. ai progetti peruzziani, informati a un'elettissima idea di classicismo, desunta in primis dalla basilica vaticana di S. Pietro, nutrita quindi sugli esempi raffaelleschi e dei Serlio e infine nobilitata tramite citazioni da architetture della Roma antica. A evidente che i tre fratelli dovettero costituire un'impresa familiare, nella quale doveva emergere il più valente F., come attesta un passo della lettera che Alberto Pio indirizzò da Roma al governatore di Carpi Bonifacio Bellentani il 9 maggio 1515, in cui, preannunciando l'arrivo del modello della collegiata, osserva che così "quelli Fedrezoni [sic!] potranno comenzare a lavorare" (cfr. Cabassi, p. 71).
Asserisce il Cabassi che al F. sia pertinente anche un altro intervento edilizio promosso da Alberto Pio: il parziale abbattimento dell'antica collegiata di S. Maria detta "la Sagra" - le cui funzioni erano state delegate all'erigendo tempio dell'Assunta -, nonché la sua risistemazione che comportò un nuovo prospetto, del quale, secondo il Cabassi, l'architetto avrebbe fornito il disegno. Consta invece, come da contratto del 9 febbr. 1515 (trascr. in Rocca, 1863, pp. 41 ss.), che tale riassetto fosse affidato a Cesare Saccacci, supervisore il pittore di corte Bernardino Loschi; mentre la facciata, definita da una griglia di paraste e comici con inscritte tre arcate a tutto sesto, reca invece chiaramente l'impronta dell'aulico classicismo peruzziano, in una fase di meditazione su prototipi bramanteschi. Andrà al contrario mantenuto nel corpus delle opere del F. il completamento della chiesa di S. Nicolò, dei minori osservanti, voluto da Alberto Pio per ospitarvi il capitolo generale di quell'Ordine nel 1521.
Per volere del signore, sospesa o quanto meno ridotta l'attività presso la collegiata, fra il 1517 e il 1522 il F. si dedicò al completamento del tempio con l'addizione della navata mediana e delle due laterali, poiché era già stato definito, fra il 1507 e il 1508, il nodo della crociera, conclusa dalla cupola, con fl presbiterio e i transetti. E se tale pristino blocco appare connotato da forme ancora bramantesche, lo sviluppo delle navate erette dal F. risulta stilisticamente inscrivibile nella cultura orinai pienamente cinquecentesca del Peruzzi, al quale pare risalire il concetto Progettuale (Garuti in Cabassi, p. 202, n. 157).
Sempre al servizio di Alberto Pio, il F. sovrintese ai lavori della cinta delle mura (abbattute nei primi decenni del XX secolo), che venne ampliata, pur utilizzando lunghi settori della cerchia quattrocentesca, e fortificata mediante la creazione di bastioni angolari. Tra il 1518 e il 199 l'architetto gettò le fondamenta dei bastioni detti della Gabarda, provvedendo a innalzare pure i tratti intermedi di cortina muraria; inoltre rafforzò la porta di S. Francesco e in parte quella di S. Antonio, nonché le difese del castello (Cabassi, p. 78).
Va ascritta al F., come da contratto del 22 maggio 1523 (in Cabassi, p. 79), la realizzazione su proprio disegno della chiesa di S. Maria delle Grazie, ora S. Rocco, con annesso monastero già dei serviti, sotto il patrocinio di Alberto Pio.
Se l'interno del tempio subì profonde modifiche nel 1750, rimane vasta traccia dell'originale struttura della facciata, con il settore mediano compartito in più ordini di lesene sovrapposte; reinterpretando poi le notizie deducibili dai Partiti del convento (Garuti in Cabassi, nn. 203 s., 206 ss.), si desume che una coppia di volute doveva raccordare l'ordine superiore con plinti, posti alle estremità laterali del settore inferiore e sormontati da piramidi, mentre le aperture erano costituite da serliane. Dati morfologici, questi, che dichiarano l'ascendenza dai modelli peruzziani della collegiata, di S. Nicolò e della Sagra, ascendenze pressoché inevitabili per il F., data la sua consuetudine con i progetti del senese di cui fu esecutore fedele. Piuttosto, va riconosciuto al F. un procedimento di semplificazione, nel sobrio telaio di paraste e modanature in cotto, non tanto per una più dimessa e depauperata trascrizione di quei modelli quanto, si crede, per una loro rielaborazione nel lessico autoctono, tradizionalmente improntato da una scelta essenzialità sintattica. Tale episodio, ove finalmente si recupera la fisionomia dei progettista, si configura come saggio della realtà culturale a cui l'architetto appartenne; una realtà indubbiamente informata, tramite le prestigiose presenze peruzziane, sulle correnti figurative irradiate dai cantieri romani, assunti che s'innestavano sul gusto lombardo e bramantesco penetrato in loco a cavallo tra Quattro e Cinquecento (cosi l'organismo della crociera di S. Nicolò), e tuttavia con radici sempre salde in quella prassi costruttiva tramandata in Carpi da vere e proprie dinastie di capimastri.
Come il convento, di pianta quadrata, di cui le fonti lodano il vasto chiostro d'impianto rettangolare, d'ordine tuscanico (Cabassi, p. 79), la chiesa di S. Maria delle Grazie rimase incompiuta a causa della perdita di Carpi da parte di Alberto Pio nel 1526; furono anche sospesi i lavori della collegiata, che sarebbero ripresi soltanto agli inizi del secolo successivo.
Quale premio per la sua attività, Alberto Pio aveva concesso al F. con chirografo del 22 ag. 1516 un "onorato privilegio di cittadinanza" e di "immunità", esteso ai suoi eredi e successori (ibid., pp. 74 s.). Subentrati ai Pio gli Estensi di Ferrara, dal 1526 si perdono le tracce del F., il quale, secondo il Cabassi, morì presumibilmente verso la metà del sec. XVI.
Fonti e Bibl.: E. Cabassi, Notizie degli artisti carpigiani [1784], a cura di A. Garuti, Modena1986, pp. 65-80, 200-204, nn. 142-168; Carpi, Museo civico, Arch. Guaitoli: L. Tornini, Storia di Carpi [ms. sec. XVIII, in copia del sec. XIX], cap. VIII, ser. XI, pp. 328 s.; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, p. 413; G. Campori, Artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 359 s., 364 s. (360 per Tommaso e Ludovico); N. Rocca, Lettere e docum. interessanti la storia del duomo e della collegiata di Carpi, Modena 1863, pp. 29 s., 47 ss. (pp. 41 ss. per Tommaso e Ludovico); P. Guaitoli, Carteggio tra l'ab. G. Tiraboschi e l'avv. E. Cabassi, in Mem. stor. e documenti sulla città e antico principato di Carpi, VI, Carpi 1894-1895, pp. 485 ss.; A. Galli, Presenza religiosa, in Materiali per la storia urbana di Carpi (catal.), Carpi 1977, pp. 84, 86; A. Garuti, Presenza dei Pio in Carpi. 1327-1525 (catal.), Carpi 1978, p. 44; Id., La cattedrale di Carpi, inA. Garuti-D. Colli-R. Pelloni, Un tempio degno di Roma. La cattedrale di Carpi, Modena 1986, pp. 14, 16, 33 n. 23 (anche per Tommaso e Ludovico); A. Garuti, in A. Garuti-G. Gnoli, S. Rocco. La storia, il restauro, Carpi 1989, pp. 8 s., 12, 22, n. 12; Id., in A. Garuti-D. Colli, Carpi. Guida storico-artistica, Carpi 1990, p. 19 (Tommaso e Ludovico); Id., Il palazzo di Carpi e gli artisti della corte, in Quadri rinomatissimi. Il collezionismo dei Pio di Savoia, a cura di J. Bentini, Modena 1994, p. 37; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 335 s.