FERRUCCI, Andrea (Andrea da Fiesole)
Figlio di Piero di Marco, nacque a Fiesole (Firenze) intorno al 1465 e giovanissimo fu iniziato allo studio delle arti plastiche. Sotto la guida di Francesco di Simone Ferrucci apprese i principi della scultura, specializzandosi inizialmente nell'intaglio e nelle decorazioni ornamentali. Dopo aver acquistato "a poco a poco tanta pratica ... non passò molto che si diede a far figure: di maniera che avendo la mano resoluta e veloce, condusse le sue cose di marmo più con un certo giudizio e pratica naturale, che per disegno che egli avesse" (Vasari [1568], 1879, pp. 475 s.). All'alunnato presso Francesco di Simone seguì un periodo nella bottega di M. Maini, artista fiesolano oggi pressoché sconosciuto e autore di una statua raffigurante S. Sebastiano in S. Maria sopra Minerva a Roma (ibid.).
Tra il 1483 e il 1485 (Fabriczy, 1908) ottenne la prima commissione pubblica: una cappella di macigno nella chiesa degli Innocenti a Imola. Dopo la sua realizzazione, "che riscosse universalmente approvazione, e lode non ordinaria" (Elogio..., 1771), il F. fu chiamato a Napoli dall'architetto fiorentino Antonio Marchesi da Settignano per eseguire alcune opere per la corte di Ferdinando I d'Aragona. In questo centro il F. era documentato sicuramente nel 1487, anno in cui il padre, Piero, dichiarava nella portata al Catasto di Firenze di avere un figlio ventiduenne di nome Andrea, attivo a Napoli come scultore (Milanesi, in Vasari [1568], 1879). Nella città partenopea il F. "lavorò molte cose nel castello di San Martino et in altri luoghi" (Vasari [1568], 1881, p. 477). Successivamente "conoscendo che quel paese non faceva per lui" si recò a Roma "dove stette, per qualche tempo attendendo agli studi dell'arte et a lavorare" (ibid.). Durante la parentesi campana il F. sposò una delle figlie del Marchesi, Zeffira. La notizia è tratta da un testamento dell'architetto redatto nel 1493 (Milanesi, in Vasari [1568], 1879, pp. 476 s. n. 4). Dall'unione nacquero Caterina, Lisabetta e Nanna.
Rientrato in Toscana, il F. ottenne, con lo scalpellino Iacopo di Andrea di Matteo (Iacopo del Maza) e con altri collaboratori, l'incarico di "fare in cima all'ambulatorio e precisamente all'altare del Corpo di Cristo nella Canonica di Fiesole un altare con suo gradino tutto di marmo, e per detto altare un dossale parimente di marmo, con due statue, una rappresentante S. Romolo, l'altra S. Matteo, con di più varie figure e storie, e nel centro un ciborio con suo piedistallo" (Bargilli, 1883).
L'allogazione, datata 13 sett. 1488, seguiva dettagliatamente le disposizioni testamentarie di M. Gondi che, morto il 25 luglio 1484, aveva lasciato erede dei suoi beni l'ospedale degli Innocenti a Firenze con l'obbligo di fare erigere una cappella dedicata a S. Matteo. Le liti incorse tra i parenti del testatore e l'ospedale ritardarono sensibilmente la commissione dell'altare o dossale e l'esecuzione della cappella. Quest'ultima, assegnata agli stessi scultori con un contratto rogato il 29 maggio 1492, doveva essere "di marmi di Carrara bianchi e in alcun luogo rossi ... alta sette braccia in circa e larga cinque" (Giglioli, 1914). Il F. e Iacopo del Maza avrebbero dovuto ultimare l'opera entro un anno dall'inizio dei lavori con un compenso finale di 1.800 lire. Alcune notizie archivistiche ricordano che il 31 dic. 1493 la cappella era già stata uffiziata e che nello stesso giorno i due scultori furono saldati (ibid.).
Se della cappella, eretta "nel mezzo fra le due scale che sagliono al coro di sopra" (Vasari [1568], 1879, p. 478), non restano adesso che alcune memorie e scarse documentazioni bibliografiche, ancora conservato all'interno della cattedrale di Fiesole risulta il bel dossale marmoreo. Ubicato attualmente nella sagrestia, oggi coro privato dei canonici, l'altare (costituito da quattro colonne con capitelli corinzi, da fregi ornamentali, da un ciborio, da due medaglioni a bassorilievo, da predelle istoriate con stemmi e dalle statue con S. Romolo e S. Matteo), rappresenta uno dei risultati artistici più alti della prima attività dei F. nonché una delle prove più rappresentative della scultura fiorentina del tempo. Mantenendo uno schema armonioso e equilibrato, proposto dall'artista anche in altre opere, il dossale trova analogie, nell'assetto architettonico e plastico, con il celebre altare Corbinelli in S. Spirito a Firenze (Venturi, 1935), eseguito da A. Sansovino all'inizio degli anni Novanta del Quattrocento.
All'altare Gondi fece seguito, intorno alla metà dell'ultimo decennio, un dossale in marmi bianchi e rossi, condotto probabilmente con la collaborazione del menzionato Iacopo del Maza. Commissionata da Cornelia Salviati, vedova di Giovanni Martini, l'opera fu collocata all'interno della chiesa di S. Girolamo a Fiesole, dove è ricordata per la prima volta da G. Vasari, 1568. In seguito alla secolarizzazione dell'edificio ecclesiastico, l'altare divenne proprietà delle famiglie Bardi di Vernio e poi Ricasoli, finché nel 1859 entrò nelle raccolte del Victoria and Albert Museum a Londra (Pope-Hennessy, 1964). Proveniente dalla stessa chiesa fiesolana e oggi conservato nello stesso museo londinese è anche un bel tabernacolo, attribuito al F. da A. M. Bandini (1776). L'opera, eseguita in marmo bianco, fu scolpita poco prima del 1497, anno in cui morì il suo committente, Girolamo Rucellai (Pope-Hennessy, 1964).
Con la collaborazione dello scalpellino Giovanni di Taddeo Ferrucci il F. eseguì nel 1497 un altare nella chiesa di S. Ambrogio a Firenze (Lorenzani, 1921) e nello stesso anno ottenne per la cattedrale di Pistoia l'allogazione del fonte battesimale che fu oggetto d'intervento di vari artisti.
Dalla documentazione archivistica relativa alla sua esecuzione apprendiamo che il 4 maggio 1497 erano giunti a Pistoia Benedetto da Maiano e L. Del Tasso per eseguire i disegni del fonte battesimale (Bacci, 1904, p. 273) e che nel giugno dello stesso anno vennero registrati i primi versamenti a Benedetto e al F. per la realizzazione scultorea. In seguito alla morte del Maiano, avvenuta nel 1497, il F. collaborò nuovamente con Iacopo del Maza, registrato puntualmente nei conti dal 1498. Dal settembre del 1498 al luglio dell'anno successivo furono effettuati vari pagamenti ai due scultori e ai "vetturali per il trasporto de' marmi lavorati, da Firenze a Pistoia" (ibid., pp. 277 s.). Le ultime spese, documentate nell'estate del 1499, furono corrisposte per la collocazione e il montaggio dell'opera.
Esigue risultano, allo stato attuale degli studi, le notizie sull'attività del F. nel primo decennio del Cinquecento. Nel 1507 l'artista era sicuramente a Napoli, dove eseguì alcune commissioni ecclesiastiche (Fabriczy, 1908). Nel 1508 rientrò in Toscana e in questo tempo iniziò a lavorare al ciclo degli Apostoli nel ballatoio della cupola della cattedrale fiorentina (Venturi, 1935; vedi anche Vasari, 1568).
L'intero ciclo di Apostoli era stato assegnato in un primo momento a Michelangelo Buonarroti, che tra il 1505 e il 1506 abbozzò un S. Matteo (Firenze, Galleria dell'Accademia), rinunciando in seguito alla commissione a causa delle pressanti richieste pontificie. A inaugurare il primo gruppo di statue fu il S. GiacomoMaggiore, eseguito nel 1511 dal Sansovino. Allo stesso scultore fu affidato anche il S. Giovanni Evangelista, realizzato invece da Benedetto Grazzini da Rovezzano nel 1512; contemporaneamente il F. scolpì il S. Andrea. Nel 1514 fu invitato a eseguire il S. Pietro, ma dopo un suo rifiuto l'opera fu allogata a Baccio Bandinelli (Pope-Hennessy, 1966). Le statue rimanenti furono eseguite intorno alla metà del Cinquecento.
Il S. Andrea del F., commissionato il 13 ott. 1512 e ultimato entro il 1514 (Venturi, 1935), rappresenta una delle prove più significative dell'intera attività dell'artista. In linea con il gusto sansoviniano e con lo stile michelangiolesco, evidenti nei motivi ampi e ridondanti delle pieghe dei panneggi e in alcune formulazioni anatomiche, l'opera rivela un modellato armonioso e uno schema compositivo non privo di suggestioni classiciste.
Dal 1512 fino alla morte il F. rivestì la carica di capomastro dell'Opera del duomo di Firenze (Gaye, 1840). Durante questo periodo attese anche ad incarichi importanti, destinati prevalentemente alla corte e a edifici di culto ungheresi.
Una deliberazione degli operai di S. Maria del Fiore del 26 maggio 1517 rende nota l'autorizzazione di scolpire nel capoluogo toscano un "laborerium de marmore conductus ad faciendum a Rege Ungariae" (ibid., p. 494). L'opera, che doveva essere realizzata entro due anni, è da identificarsi con una delle due fontane che un tempo adornavano il castello reale di Visegrad, oggi perdute (Fabriczy, 1909).
Il committente magiaro più importante del F. fu il cardinale Tommaso Bakócz. Per questo il F. ottenne, intorno al 1507, l'allogazione di un altare dedicato alla Vergine da erigersi in una cappella annessa alla chiesa primaziale di Esztergom. Ultimato soltanto nel 1519, il dossale, che costituisce l'opera rinascimentale italiana più importante in Ungheria, presenta adesso una leggibilità stilistica discontinua dovuta a varie manomissioni e integrazioni successive. L'altare fu infatti danneggiato gravemente nel 1543, quando la città cadde sotto il dominio turco. Alcune statue di questo complesso scultoreo, andate distrutte, furono sostituite nell'Ottocento con immagini di santi non pertinenti alla versione originale (ibid.; Balogh, 1956).
Tra le opere del F. ancora conservate in Ungheria può essere annoverato anche il tabernacolo con il Ss. Sacramento nella cattedrale di Pécs. L'opera, esemplata su modelli di derivazione rosselliniana assai diffusi a Firenze e in Toscana, fu eseguita entro il 1524, anno in cui morì il suo committente, il primate ungherese G. Szatmáry (Fabriczy, 1909).
Nell'elencazione delle sculture eseguite dal F., Vasari ([1568], 1879, p. 480) segnalava "un Crocifisso di legno grande quanto il vivo, che è oggi in Fiorenza nella chiesa di Santa Felicita... [e] un altro minore... per la Compagnia dell'Assunta di Fiesole".
Il Crocifisso di S. Felicita, ubicato originariamente nella cappella del Nero e poi trasferito nell'Ottocento nell'altare Guidetti, rappresenta attualmente l'unica opera lignea riferibile con certezza al Ferrucci. Indicata tradizionalmente entro l'ultimo decennio del Quattrocento (Lisner, 1970), la datazione della scultura è stata posticipata al 1520 circa, periodo nel quale fu eretta la cappella del Nero (Fiorelli Malesci, 1986). Del Crocifisso eseguito dal F. per la Compagnia dell'Assunta in S. Maria Primerana a Fiesole e oggi perduto (confuso talvolta con una Pietà: Bargilli, 1890) non si hanno informazioni ulteriori; è da segnalare, tuttavia, nella chiesa di S. Domenico a Fiesole la presenza di un altro Crocifisso ligneo, attribuibile al F. e proveniente dalla Ss. Annunziata in via della Chiesa a Firenze (Idintorni..., 1983).
Per la cattedrale di S. Maria del Fiore, dopo il S. Andrea, il F.eseguì il ritratto di Marsilio Ficino (Venturi, 1935).
L'opera, pagata il 20 maggio 1521 (Poligrafo Gargani, sec. XIX), presenta il filosofo a mezzo busto all'interno di una nicchia, con la testa rivolta a sinistra e con le mani in atto di sostenere un libro. Condotto con notevole perizia esecutiva, il ritratto evidenzia analogie stilistiche con opere sansoviniane e una ripresa tipologica da alcune immagini pittoriche di Domenico del Ghirlandaio (Venturi, 1935).
Agli anni 1521 e 1522 risalgono le esecuzioni del ritratto di Marcello Adriani in S. Salvatore al Monte a Firenze (Fabriczy, 1908), ascrivibile però all'artista solo in via dubitativa e due angeli per l'Arca di s. Ottaviano nella cattedrale di Volterra (Vasari, 1568; Leoncini, 1869); nel 1524 il F. sovrintese ai lavori di muratura nella sagrestia nuova in S. Lorenzo contemporaneamente alla realizzazione dei sepolcri michelangioleschi (Milanesi, 1875).
"Andrea finalmente, essendo fatto vecchio, attese solamente alle cose di quadro come quello che essendo persona modesta e da bene, più amava il vivere quietamente che alcun'altra cosa. Gli fu allogata [inoltre] da Madonna Antonia Vespucci la sepoltura di Messer Antonio Strozzi suo marito" (Vasari [1568], 1879, p. 481). Dai ricordi dello stesso Vasari corroborati da più recenti ricerche si sa che il monumento, destinato alla chiesa di S. Maria Novella a Firenze, sebbene commissionato al F. fu realizzato quasi interamente dall'allievo S. Cosini nel 1527, dopo la sua morte (Gamba, 1929-30).
Il F., che "dilettossi anco ... dell'architettura e fu maestro del Magone, scarpellino et architetto" (Vasari [1568], 1879, p. 480), fece redigere il suo testamento il 25 ott. 1526. Dopo poco tempo morì a Firenze; fu sepolto nella chiesa della Ss. Annunziata (Schottmüller, 1915).
Tra le opere riferite all'artista che devono essere riconsiderate attributivamente o che devono essere espunte dal suo catalogo si ricordano il Cupido di Casa Buonarroti e i Ss. Matteo e Pietro (oggi perduti), già nella Compagnia di S. Giovanni Battista dello Scalzo a Firenze, riconducibili su basi documentarie ad Andrea di Michelangelo Ferrucci (Bellesi, 1989), la Madonna con il Bambino in S. Simone a Firenze, assegnata al F. dal Fantozzi (1842) e pubblicata dal Venturi (1935). Inadeguata risulta altresì l'identificazione dello scultore con fra Andrea da Firenze, artista documentato a Pisa negli anni Sessanta del Quattrocento e poi all'inizio del Cinquecento in S. Maria della Spina (Tanfani, 1871).
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Riccardiana, Mss. Moreni, n. 320: S. Rosselli, Sepoltuario fiorentino ovvero Descrizione delle chiese cappelle e sepolture. Loro armi ed iscrizioni che sono nella città di Firenze e suoi Contorni. 1657 (ms.), cc. 1078 s.; Ibid., Bibl. naz., Poligrafo Gargani n. 804 (ms., sec. XIX), cc. n.n.; G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori [1568], a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 475-48 1; VI, ibid. 1881; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno [1681-1728], a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1846, p. 534; Elogio di A. da Fiesole scultore, in Serie degli uomini i più illustri nella pittura, scultura e architettura, III,Firenze 1771, pp. 51-56; A. M. Bandini, Lettere XII ... della città di Fiesole e suoi contorni, Firenze 1776, pp. 84-87; D. Moreni, Notizie istor. dei contorni di Firenze, III,Firenze 1792, pp. 154 s.; L. Cicognara, Storia della scultura, IV,Prato 1823, p. 269; F. Balocchi, Illustraz. dell'i. e r. chiesa parrocchiale di S. Felicita, Firenze 1828, p. 58; G. Gaye, Carteggio ined. d'artisti..., II,Firenze 1840, pp. 491-496; F. Fantozzi, Nuova guida ... della città e contorni di Firenze, Firenze 1842, p. 268; G. Leoncini, Illustraz. sulla cattedrale di Volterra, Siena 1869, p. 70; L. Tanfani, Della chiesa di S. Maria del Pontenovo detta della Spina e di alcuni ufficidella Repubblica pisana, Pisa 1871, pp. 107, 127; G. Milanesi, Le lettere di Michelangelo Buonarroti, Firenze 1875, p. 584; A. v. Reumont, Un'ambasciata ital. in Ungheria, in Arch. stor. ital., s.4, III (1879), pp. 207 s.; F. Bargilli, La cattedrale di Fiesole, Firenze 1883, pp. 72 s.; G. B. D'Addosio, Origine vicende e progressi della S. Casa dell'Annunziata di Napoli, Napoli 1883, p. 52; F. Bargilli, L'oratorio e l'immagine di S. Maria Primerana in Fiesole, Firenze 1890, p. 18; P. Bacci, Su Benedetto da Maiano e A. da Fiesole relativi al "fonte battesimale" del duomo di Pistoia, in Riv. d'arte, II (1904), pp. 271-284; O. H. Giglioli, Pistoia nelle sue opere d'arte, Firenze 1904, pp. 57 s., 79 s.; C. von Fabriczy, Die Bildhatierfamilie Ferrucci aus Fiesole, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, XXIX(1908), pp. 10-15, 27 s.; Id., Due opere di A. F. esistenti in Ungheria, in L'Arte, XII(1909), pp. 302-307; D. Brunori, A. da Fiesole ed un suo lavoro, oggi nel Museo Kensington, in L'Illustratore fiorentino, X (1913), pp. 115-120; O. H.
Giglioli, Il dossale d'altare di A. F. nel duomo di Fiesole, ibid., XI(1914), pp. 52-67; F. Schottmüller, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, Leipzig 1915, pp. 489-491; D. Brunori, L'eremo di S. Girolamo di Fiesole, Firenze 1920, p. 32; A. Lorenzani, Cosimo Rosselli pittor fiorentino, Firenze 1921, pp. 87-88 n. 42; C. Gamba, Silvio Cosini, in Dedalo, 1929-1930, pp. 229-232; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, O. H. Giglioli, Fiesole, Roma 1933, pp. 121, 138-140; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 1,Milano 1935, pp. 179-187; W. Paatz-E. Paatz, Die kirchen von Florenz, I,Frankfurt am Main 1940, p. 31; II, ibid. 1941, p. 584 n. 255; III, ibid. 1952, p. 654 n. 127; V, ibid. 1953, p. 114 n. 21; F. Grossmann, Holbein, Torregiano and some portraits of dean Colet, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XIII (1950), p. 208; W. Vöge, Donatello greift ein reimsisches Motiv auf, in Festschrift für H. Jantzen, Berlin 1951, fig. 6; O. Kurz, A group of Florentine drawings for an altar, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XVIII (1955), p. 53; J. Balogh, La cappella Bakócz di Esztergom, in Acta historiae artium Academiae scientiarum Hungaricae, IV(1956), 3, pp. 2, 4, 70, 79-81, 133, 135; J. Pope-Hennessy, Catalogue of Italian sculpture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, I, pp. 179-192; III, pp. 130 s.; Id., Il Cinquecento e il barocco, Varese 1966, I, pp. 49, 70; II, pp. 349, 358, 363; M. Lisner, Holzkruzifixe in Florenz und der Toskanavon der Zeit um 1300 bis zum frühen Cinquecento, München 1970, pp. 76, 155, 157; Idintorni di Firenze. Arte. Storia. Paesaggio, a cura di A. Conti, Firenze 1983, pp. 62, 109; M. Bucci, Introduzione alla pittura e alla scultura in diocesi di Fiesole, in Fiesole. Una diocesi nella storia, Firenze 1986, p. 353; F. Fiorelli Malesci, La chiesa di S. Felicita a Firenze, Firenze 1986, pp. 175-177, 241 s.; S. Bellesi, Precisazioni sulla vita e sull'attività dello scultore fiorentino Andrea di Michelangelo Ferrucci, in Antichità viva, XXVIII(1989), n. 1, pp. 49 s.; E. Apfelstadt, A. Ferrucci's 'Crucifixion'altarpiece in the Victoria and Albert Museum, in The Burlington Magazine, CXXXV(1993), pp. 807-17; B. Laschke, Fra Giovan Angelo da Montorsoli..., Berlin 1993, pp. 11 s., 23 s.; Ene. Italiana, XV, pp. 159 s.