GABRIELI, Andrea (Andrea da Cannaregio)
Nacque a Venezia intorno al 1533 (e non nel 1510 o nel 1520 come viene indicato nella maggior parte dei repertori biografici): l'anno di nascita, infatti, può essere stabilito con buona approssimazione in base al necrologio dei provveditori alla Sanità che attesta il decesso del G. nel 1585 all'età "d'anni 52 incirca" (documento pubblicato da Bryant - Morell, pp. 69 s.).
Più conosciuto come Andrea da Cannaregio, è probabile fosse nato nell'omonimo sestiere di Venezia. Non molto si conosce sulla famiglia del G.: che fosse figlio di un certo Domenico lo si apprende da un atto notarile conservato nell'Archivio di Stato di Venezia, ove egli stesso si qualifica "Andreas de Gabrielibus quondam Domini Dominici" (ibid.); quanto alle presunte origini aristocratiche, queste non troverebbero alcun riscontro nei documenti del tempo; è più probabile del resto che il suo nome fosse legato a quei Gabrieli, residenti nel sestiere di Cannaregio e che alcuni riferimenti coevi collocherebbero tutt'al più negli ambienti degli artigiani.
Incerte le notizie sugli anni giovanili e sulla sua formazione musicale: la prima opera a stampa di cui si ha notizia è il madrigale a 5 voci dal titolo Piangete occhi miei, lassi, contenuto nella raccolta di V. Ruffo - allora maestro di cappella nel duomo di Verona - Il terzo libro di madrigali a 5 voci, edita da G. Scotto a Venezia nel 1554. È improbabile fosse anch'egli attivo in quella cappella; caso mai si può ipotizzare una breve visita a Verona.
Il 6 giugno 1555 il G. risulta impegnato come organista presso la chiesa di S. Geremia a Venezia, incarico che gli fu assegnato dai sei membri del capitolo dopo averne accertate l'"integritas" e la "sufficentia", e per il quale avrebbe percepito lo stipendio di 24 ducati annui (Bryant - Morell). Ricopriva ancora il medesimo ruolo nel 1557 come si desume da un atto dei procuratori di S. Marco del 2 luglio, ove un "ser Andrea organista a S. Hieremia" compare nell'elenco dei concorrenti al posto di organista presso la Cappella ducale, carica che, rimasta vacante alla morte di G. Parabosco, sarebbe stata tuttavia assegnata a Claudio Merulo (Benvenuti).
Nell'autunno del 1562 il G. si allontanò dalla città natale per recarsi in Baviera al seguito del duca Alberto V: insieme con Orlando di Lasso fu a Monaco, Norimberga, Praga, Bamberga, Würzburg e a Francoforte.
Che in quest'ultimo centro i due musicisti avessero assistito all'incoronazione di Massimiliano II appare del tutto improbabile, giacché il 1° novembre dello stesso anno il Lasso inviava dalla città lagunare al duca bavarese la terza edizione delle sue Sacrae cantiones.
È comunque durante il viaggio in Germania che il G. ebbe l'opportunità di stabilire utili contatti con sovrani e membri di case regnanti e personalità illustri della nobiltà tedesca, relazioni che nel corso degli anni avrebbe ulteriormente intensificato, come si desume dalle dediche ad Alberto V (Sacrae cantiones, Venezia 1565), all'arciduca Ferdinando d'Austria (Il secondo libro di madrigali a 5 voci, insieme doi a 6 et uno dialogo a 8, ibid. 1570), all'arciduca Carlo d'Austria (Primus liber missarum, ibid. 1572) e a Guglielmo, futuro duca di Baviera (Ecclesiasticarum cantionum, ibid. 1576). Quanto al profondo legame di amicizia del G. con i Fugger di Augusta - presenti a Vienna con un'importante casa bancaria e commerciale - giovi ricordare che proprio ad alcuni membri di questa famiglia il nipote Giovanni avrebbe destinato nel 1597 la dedica delle sue Sacrae symphoniae (Venezia).
Non molto si conosce sull'attività del G. dal rientro in patria fino al 1566, anche se alcune frammentarie notizie contenute nei registri dei procuratori di S. Marco lasciano supporre che fino a questa data la sua presenza in città fosse piuttosto discontinua. Con tutta probabilità era a Venezia nell'autunno del 1564, poiché in questo periodo il suo nome compare nella lista degli stipendiati della Cappella ducale, ove è verosimile avesse prestato occasionale servizio di organista per supplire al comportamento negligente di Annibale Padovano (Benvenuti). Che si fosse successivamente allontanato dal centro lagunare lo si desume da una disposizione dei procuratori in favore di Claudio Merulo, datata 12 luglio 1566, ove viene ugualmente disposto che il G. "se contulit Venetias ad inserviendam Ecclesiam". Ed è lecito supporre che soltanto nell'autunno dello stesso anno fosse rientrato definitivamente a Venezia, ove era stato convocato presso la Cappella ducale per sostituire al secondo organo il Merulo (essendo quest'ultimo passato al primo al posto del Padovano). Un decreto del 3 nov. 1566 disponeva il pagamento al G. di 15 ducati "per molte spese fatte in viazo per venir alla servitù della Chiesa di S. Marco" (Caffi).
Alcuni studi condotti sulla sua produzione di questi anni hanno consentito di avanzare ipotesi su una probabile presenza del musicista nella capitale lombarda, o comunque nella diocesi di Milano; secondo l'Einstein (1949, p. 535) la canzone a sei strofe Per monti e poggi, per campagne e piagge contenuta nel suo Primo libro di madrigali a 5 voci (edito a Venezia e dedicato a Domenico Paruta) sarebbe da porre in relazione con la visita a Bergamo d'un alto funzionario della Chiesa, mentre il Morell, con più ricchezza di particolari, la vorrebbe realizzata per il cardinale arcivescovo Carlo Borromeo, in occasione del suo ingresso a Milano il 23 sett. 1565.
Rimangono comunque aperti gli interrogativi sull'effettiva data di nomina del G. a secondo organista della Cappella marciana. Gli atti dei procuratori della basilica si limitano a segnalare che "la Terminatione dell'elettione del sudetto… non si trova annotata", il che significa che non avvenne secondo la pratica consueta, cioè con bando di concorso, bensì per "deligenza". Non sono chiari i motivi che indussero i procuratori a modificare la normale procedura di assunzione, rinunciando altresì alla stesura di un atto di nomina ufficiale: secondo il Morell è probabile la partenza del Padovano avesse costituito per la procuratia motivo di notevole imbarazzo e che la pubblicità, associata a una prova pubblica, avrebbe soltanto aggravato.
Sempre in questi anni, frammentarie notizie contenute in due documenti di recente scoperta (conservati presso l'Archivio di Stato di Venezia), ci consentono di fare nuova luce sulla vita privata del G.: nel 1566 egli figurerebbe contemporaneamente affittuario di due alloggi, così come si desume dai fogli di estimo relativi sia al sestiere di Cannaregio sia a quello di S. Marco (cfr. Bryant - Morell); è verosimile che, delle due dimore, una fosse destinata alla sorella Paola e ai nipoti Giacomo e Giovanni; viene avvalorata pertanto l'ipotesi - già sostenuta dai biografi - che il G. si fosse assunto la responsabilità economica del mantenimento dei familiari. Si ignorano i motivi che lo indussero a questo (forse il cognato Pietro di Fais era andato incontro a gravi dissesti finanziari), sebbene è un fatto che i nipoti finirono con l'assumere il cognome dello zio.
Da questo momento, nonostante i molteplici impegni in ambito ecclesiastico, divenne assai noto anche come autore di musica profana: al citato volume di madrigali del 1566, fece seguito nel 1570 Il secondo libro di madrigali a 5 voci, insieme doi a 6 et uno dialogo a 8 (Venezia) e nel 1571 la raccolta Greghesche et iustiniane… (ibid.).
È in quest'ultimo anno che partecipò inoltre, insieme con G. Zarlino e C. Merulo, ai festeggiamenti organizzati in Venezia dal doge Luigi Mocenigo in occasione della vittoria di Lepanto del 7 ottobre: a testimonianza dell'avvenimento rimane la Battaglia a 8 voci Sento un rumor, data alle stampe dal nipote Giovanni nella raccolta Concerti di Andrea, et di Gio. Gabrieli… (ibid. 1587).
La sua opera risulta ancora legata a eventi politico-celebrativi della storia veneziana nel 1574, allorché in onore di Enrico III - in visita presso la città lagunare prima di essere incoronato re di Francia - realizzò le cantate Ecco Vinegia bella a 8 voci e Or che nel bel seno a 12 voci (edite nel 1587 nella seconda parte dei Concerti). La sua partecipazione all'avvenimento trova peraltro riscontro nel volume Le attioni d'Arrigo terzo re di Francia… (G. Angelieri, Venezia 1574) del cronista T. Porcacchi, in cui si legge che per l'occasione gli organi di S. Marco erano "suonati da' due più famosi organisti Claudio Merulo da Correggio, et Andrea Gabrielli Vinitiano" (Bryant - Morell, p. 71).
In seguito, da un documento del 28 giugno 1578 della procuratia de Supra, ci vengono offerti ulteriori dettagli sulle vicende private del musicista: veniamo a conoscenza di quanto fossero disagiate in questi anni le sue condizioni economiche (così come quelle del Merulo) poiché risulta che ai due organisti fu concessa, "per il numero della fameglia del'uno et per la infirmità della consorte dell'altro", la somma aggiuntiva di 20 ducati (ibid., p. 69). Molti studiosi hanno attribuito al G. il problema della moglie inferma mentre al Merulo quello della famiglia numerosa; tuttavia, sulla base di notizie documentarie citate dal Morell, si presume che i ruoli fossero invertiti, poiché in quel periodo, oltre alla sorella e ai nipoti Giacomo e Giovanni, la famiglia del G. comprendeva altri quattro nipoti: due maschi, Domenico e Matteo, e due femmine, Marina e Angela (Morell, 1983, pp. 104 s.).
Negli ultimi anni il G. andò ulteriormente incrementando la produzione di musica sacra: al 1583 risale una fra le sue opere più significative, gli Psalmi Davidici, qui Poenitentiales nuncupantur, dedicati a Gregorio XIII e contenenti nella prefazione utili indicazioni sulle modalità di esecuzione.
Nel 1585 per l'inaugurazione del teatro Olimpico di Vicenza eretto in quel periodo dal Palladio gli venne commissionata la musica per i quattro cori della tragedia Edipo tiranno di Sofocle recitata nella versione italiana di Orsatto Giustiniani (edito postumo col titolo Chori in musica… sopra li chori della tragedia di Edipo tiranno, Venezia 1588); è probabile tuttavia che non fosse presente alla rappresentazione dell'opera poiché il 3 marzo 1585, data dell'avvenimento, le sue condizioni di salute - come si desume da alcune informazioni contenute nell'atto di morte - sarebbero state già assai precarie. Aveva ormai raggiunto l'apogeo della sua carriera artistica: alla fine del 1584 gli era stato affidato il posto di primo organista presso la Cappella ducale, in sostituzione del Merulo.
La morte lo colse in Venezia, per "febre et catarro", il 30 ag. 1585.
Non vi sono tracce di un testamento: che Giovanni fosse il principale beneficiario dell'eredità, lo si desume da quanto lui stesso afferma nella dedica dei Concerti del 1587, ove si dichiara "herede de suoi beni esterni, così de' beni interni".
Esponente di rilievo nel panorama musicale italiano della seconda metà del secolo XVI, il G. assorbì con spiccata originalità le caratteristiche più salienti della scuola veneziana, lasciando notevoli testimonianze della sua arte in campo sia sacro sia profano. Musicista assai celebrato nel suo tempo, fu definito dall'Alberici nel suo Catalogo de gl'illustri et famosi scrittori stampato a Bologna nel 1605 "huomo di gran valore e molto stimato" (D'Alessi), giudizio che trova conferma nell'inclusione di molte sue composizioni in antologie a stampa del tempo, un considerevole numero delle quali edite in Germania. Che fosse tenuto in gran pregio presso i contemporanei lo si desume dalla folta schiera di allievi, fra i quali, oltre a L. Zacconi, F. Sponga, H.L. Hassler, G. Aichinger, e forse J.P. Sweelinck, emerge la figura del nipote Giovanni, cui si deve il più noto e affettuoso elogio del G. (nella prefazione ai Concerti, 1587).
Il complesso più rilevante della sua opera è costituito dalla produzione di musica sacra, ambito nel quale, superando i principî tradizionali della tecnica fiamminga, si orientò verso una declamazione naturale, accogliendo con geniale intuizione nuovi elementi di sonorità e di colore timbrico. Fin dai mottetti editi nel 1565 come Sacrae cantiones si possono cogliere i tratti essenziali della sua arte: "il trattamento assai libero della tecnica imitativa, che però non emerge mai in primo piano, si unisce ad uno stile declamatorio, incisivo soprattutto dal lato ritmico, e ad un colorito senso della sonorità, ottenuto mediante combinazioni di voci sempre diverse" (Kunze). Non diversamente l'esame delle quattro messe edite nel 1572 (Quando lieta sperai, Vexilla Regis, Ove ch'io posi e Pater peccavi) ha consentito di individuare una più varia e sciolta versione dei rapporti contrappuntistici, confermando la tendenza del musicista a emanciparsi dalla tecnica strutturale fiamminga. Un discorso a parte meritano gli Psalmi Davidici a 6 voci del 1583, destinati a un'esecuzione sia vocale sia strumentale.
L'importanza storica del G. rimane tuttavia affidata ai lavori inclusi nei Concerti del 1587, mercé il geniale apporto alla pratica dei cori spezzati: l'adozione dello stile concertato e una nuova concezione del suono (inteso come elemento costitutivo del discorso musicale) danno luogo a un sostanziale arricchimento del linguaggio policorale, la cui dimensione fastosa e solenne risulta ampiamente accentuata rispetto ai precedenti esperimenti del Willaert. Molteplici possibilità espressive vengono offerte da una più varia e originale tessitura dei due semicori, assai estesi all'acuto e al grave e definiti - secondo la terminologia di M. Praetorius - "coro superiore" (vocale o strumentale), "coro grave", entrambi solistici, e "cappella" (talvolta in opposizione ai precedenti). Discostandosi nettamente dai modi del maestro fiammingo, il G. abbandona la maniera antifonica per un dialogo più serrato tra i cori, mirando a trarre profitto dai loro improvvisi contrasti, dagli effetti d'eco, dalla sonorità dell'insieme, dalle interruzioni o ripetizioni del testo.
Nuovi e validi contributi recò inoltre alla produzione di musica profana, cui deve la sua maggior fama, alle diverse raccolte di madrigali a 3, 4, 5 e 6 voci e a un considerevole numero di composizioni inserite nelle migliori raccolte a stampa del tempo. La sua arte in questo campo appare chiara ed equilibrata: la scrittura tersa e tranquilla non è turbata da cromatismi e madrigalismi sovrabbondanti e il clima tonale risulta talvolta ampiamente percepibile. Senza offrire esempi di particolare audacia compositiva, soluzioni più originali si possono scorgere nel libero trattamento imitativo delle voci, nell'impiego del recitativo corale e del dialogo, nonché, dal punto di vista armonico, nella capacità di sfruttare tutte le possibilità della progressione sonora (specialmente per quinte, come si nota nel madrigale Quel dolce suono e quel soave canto a 6 voci del 1580). Quanto al rapporto col testo poetico, emerge la sua predilezione per i contenuti pastorali o gioiosi, che seppe peraltro interpretare avvalendosi di una scrittura sapientemente variata nell'elemento ritmico.
Pregevoli risultati conseguì inoltre nei generi popolari delle giustiniane e delle greghesche: all'incedere semplice e accordale della struttura a 3 voci (da lui adottata con successo anche nella produzione madrigalesca) il G. seppe attingere i suoi modi di espressione più realistici, aderendo con efficacia a quell'originale linguaggio gergale ideato da A. Molino quale singolare miscela di veneziano, greco, dalmatico e istriano.
Una considerazione a parte meritano, sempre in ambito profano, le composizioni di soggetto politico-celebrativo; tra queste, la musica per i cori dell'Edipo tiranno di Sofocle risponde sostanzialmente alla volontà rinascimentale di riportare a nuova vita la tragedia antica: l'esigenza di intelligibilità e chiarezza si manifesta nella rigorosa aderenza alla recitazione sillabica e nell'incedere prettamente accordale delle parti, mentre elementi espressivi di notevole efficacia si possono scorgere nella variata distribuzione dell'organico vocale e nella conquista di una maggiore disinvoltura ritmica e armonica.
Per quanto riguarda la produzione strumentale, pervenutaci soltanto in edizioni postume, determinante fu l'intensa opera di raccolta e pubblicazione del nipote Giovanni. Anche se quantitativamente esigue, le composizioni per più strumenti, un ricercare a 8 voci e 7 ricercari a 4 voci (pare sia errata l'indicazione del Fétis di una raccolta, oggi perduta, di Sonate a cinque per istromenti) si distinguono per la presenza di pagine altamente significative sul piano sia stilistico sia formale. Definito dal Pannain lavoro di grande spicco "nella consistenza tematica, nel movimento corale risultante dalla coerenza delle parti cantanti", il Ricercare a 8 voci viene presentato dal Benvenuti come "una vera e propria canzone strumentale non più francese ma composta su d'un tema di canzone prima modale poi nostrana"; e sempre lo stesso, rilevandone lo svolgimento sobrio e monotematico, aggiunge che "la differenza tra la canzone profana francese e quella sacra strumentale appare per la prima volta in questa composizione, nella quale fanno capolino alcuni procedimenti accordali e battuti che il ricercare composto sul tema di canzone francese non conosceva prima d'ora…". Quanto al repertorio per organo, numericamente più cospicuo, è opportuna la distinzione tra brani inequivocabilmente destinati alla tastiera (ricercari) e adattamenti di pezzi vocali, questi ultimi differentemente indicati con i termini di ricercare e canzone francese.
Opere: sulla base dei repertori bibliografici redatti dal Benvenuti e dall'Eitner facciamo seguire l'elenco delle opere a stampa del G., salvo indicazione contraria edite a Venezia presso Antonio Gardano e successori.
Musica sacra: Sacrae cantiones (vulgo motecta appellatae) quinque vocum, tum viva voce, tum omnis generis instrumentis cantatu commodissimae, liber primus (1565; rist. 1572, 1584; Milano, Francesco ed eredi di S. Tini, 1590); Primus liber missarum sex vocum (1572); Ecclesiasticarum cantionum quatuor vocum, omnibus sanctorum solemnitatibus deservientium, liber primus (1576; rist. 1589); Psalmi Davidici, qui poenitentiales nuncupantur, tum omnis generis instrumentorum, tum ad vocis modulationem accommodati, sex vocum (1583; rist. 1606); Concerti di Andrea, et di Gio. Gabrieli… continenti musica di chiesa, madrigali, et altro, per voci, et stromenti musicali, a 6, 7, 8, 10, 12 et 16… libro primo et secondo (1587).
Musica profana: Il primo libro di madrigali a 5 voci (1566; rist. 1572, 1587); Il secondo libro di madrigali a 5 voci, insieme doi a 6 et uno dialogo a 8 (1570; rist. 1572, 1588); Greghesche et iustiniane… a 3 voci… libro primo (1571); Il primo libro de madrigali a 6 voci (1574; rist. 1587); Libro primo de madrigali a 3 voci (1575; rist. 1582, 1590; A. Raverii 1607); Il secondo libro de madrigali a 6 voci (1580; rist. 1586; Milano, Francesco ed eredi di S. Tini, 1588); Chori in musica… sopra li chori della tragedia di Edipo tiranno, recitati in Vicenza l'anno 1585, con solennissimo apparato (1588); Il terzo libro de madrigali a 5 voci, con alcuni di Giovanni Gabrieli (1589); Madrigali et ricercari… a 4 voci (1589; rist. 1590); Mascherate di Andrea Gabrieli et altri autori eccellentissimi a 3, 4, 5, 6, et 8 voci, novamente stampate, et date in luce (1601).
Produzione strumentale: Intonationi d'organo di Andrea Gabrieli, et di Gio. suo nepote… composte sopra tutti li dodici toni della musica… libro primo (1593); Ricercari… composti et tabulati per ogni sorte di stromenti da tasti… libro secondo (1595); Il terzo libro de ricercari… insieme uno motetto. Due madrigaletti, et uno capriccio sopra il pass'è mezo antico, in cinque modi variati, et tabulati per ogni sorte di stromenti da tasti (1596); Canzoni alla francese et ricercari ariosi, tabulati per sonar sopra istromenti da tasti… libro quinto (1605); Canzoni alla francese per sonar sopra istromenti da tasti, tabulati… con uno madrigale nel fine et uno capriccio a imitatione… libro sesto et ultimo (1605).
Quanto all'elenco delle composizioni sparse in antologie a stampa del tempo si rimanda alle opere del Benvenuti e del Kunze. È in fase di avanzata pubblicazione l'Edizione nazionale delle opere di Andrea Gabrieli. Edizione critica Ricordi, cui si rimanda anche per tutti i documenti biografici e le edizioni.
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