Andrea III
. Re d'Ungheria, la cui menzione si vuol vedere nei versi 142-143 di Pd XIX; tale identificazione tuttavia ha valore puramente storico in quanto A. regnò nel tempo della visione dantesca (1290-1301), mentre il riferimento, fin dai più antichi commentatori, è stato inteso in senso molto generico. I più infatti (Lana, Pietro, Chiose Vernon, Serravalle, Venturi) vedono nel se non si lascia più malmenare una generica accusa di malvagità verso i re della dinastia Arpadiana con un'implicita speranza di miglioramento; l'Ottimo e Benvenuto, in particolare, escludono dalla serie dei malvagi re Andrea, attribuendogli quasi il ruolo di risanatore della situazione. L'interpretazione della maggior parte dei moderni non si distacca da quella tradizionale; solo il Porena vede implicita una forma di augurio con la previsione dell'avvento di Carlo Roberto d'Angiò. Il Mattalia, concordando con questa interpretazione ottimistica, giunge a sostenere il valore causale di se e suppone che qui D. si riferisca alla situazione felice dell'Ungheria sotto l'Angioino; tale tesi era già stata sostenuta dal dantista ungherese I. Kaposi. Il Sapegno infine si distacca da costoro, anzi mette come condizione di O beata Ungheria il distacco dalla casa di Francia. Come si è visto, la figura di A. è stata considerata in via molto marginale, e si può senz'altro pensare che lo stesso D. non avesse in mente particolarmente questo re quanto invece la situazione generica dell'Ungheria che, a suo avviso, dovette raggiungere l'optimum durante il regno di Carlo Roberto; e che il poeta guardasse con tanta benevolenza a questi re angioini si vede nel canto da lui dedicato a Carlo Martello (Pd VIII 48-148).
A., figlio del principe Stefano e della veneziana Tommasina Morosini, fu chiamato al trono di Ungheria dai maggiorenti del regno alla morte di Ladislao IV (1290), quale ultimo esponente della dinastia Arpàd. La sua ascesa al trono fu contrastata: Carlo Martello d'Angiò prima, poi suo figlio Carlo Roberto, sostenuti dai papi Niccolò IV e Bonifacio VIII, avanzavano delle pretese come discendenti di Maria figlia del re Stefano V, sostenendo l'illegittimità del padre di A., il principe Stefano, figlio di Beatrice d'Este, terza moglie del re Andrea II. Gl'imperatori dal canto loro consideravano l'Ungheria proprio feudo, tanto che Rodolfo d'Asburgo ne aveva fatto dono al duca Alberto d'Austria. In questa situazione confusa, in cui all'interno i magnati laici e i nobili ecclesiastici minavano continuamente il potere del re, A. si destreggiò con alterne vicende, coadiuvato dalla madre, cui dette l'amministrazione di vasti territori (1292). Alla sua morte (14 gennaio 1301), si estinse la linea maschile degli Arpàd, e dopo varie lotte con altri pretendenti, salì sul trono l'esponente del ramo femminile della casata, Carlo Roberto d'Angiò (1308).
Bibl. - I. Kaposi, D. és Magyarorszàg, Budapest 1909 (rec. in " Bull. " XVIII [1911] 76-77).