NACCARI, Andrea
– Nacque a Padova il 12 agosto 1841 da Giuseppe, possidente, e da Luigia Saggini.
Studiò a Padova, dove frequentò i corsi di matematica dal 1858 al 1861 e si laureò in matematica pura il 3 giugno 1862. Quando nell’aprile 1866 Francesco Rossetti fu nominato professore straordinario di fisica sperimentale presso la facoltà filosofico-matematica di Padova, Naccari ne divenne subito assistente. Dal 1870 fu anche professore incaricato di fisica tecnica. Alla scuola di Rossetti, del quale condivise la passione per l’elettrologia, apprese l’importanza dell’esattezza nelle misurazioni e coltivò le qualità di sperimentatore scrupoloso ed elegante che costituirono poi il principale merito riconosciuto dai contemporanei al suo lavoro scientifico. Nel 1874 fu nominato professore straordinario di fisica tecnica nella neoistituita scuola d’applicazione per gli ingegneri.
Tra il 1872 e il 1874 pubblicò le sue prime ricerche, dedicate allo studio degli elementi voltaici: fra esse è particolarmente notevole la monografia Delle coppie elettriche e delle principali loro applicazioni (in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, s. 4, II [1872-73], pp. 76 ss., 193 ss., 537 ss.) per la quale ottenne un premio dal R. Istituto v eneto. Tra il 1873 e il 1878 pubblicò diversi lavori con un altro assistente di Rossetti, Manfredo Bellati: sulle proprietà elettriche delle leghe metalliche e dei gas rarefatti (argomento che lo appassionò per molti anni), sulle proprietà elastiche del caucciù e sulle costanti termoelettriche del sodio e del potassio. Naccari e Bellati curarono insieme anche un Manuale di fisica pratica, o guida alle ricerche fisiche sperimentali (Torino 1874), che ebbe un buon successo e dal quale furono estratti tre fascicoli di tabelle a lungo usate per la didattica di laboratorio. Inoltre Naccari diede alle stampe la monografia Delle misure e delle unità elettriche assolute (Firenze 1877), apprezzata per la chiarezza e l’esaustività della trattazione.
Nel 1878 divenne ordinario di fisica sperimentale all’Università di Torino, dove fu pure incaricato dell’insegnamento della fisica per la facoltà di medicina, per la scuola di farmacia e per la scuola di veterinaria. L'intensa attività didattica e scientifica si tradusse presto in autorevolezza accademica. Dal 1879 al 1881 fu direttore della scuola di farmacia. Nel 1881 fu incaricato di tenere il discorso inaugurale dell’anno accademico, in cui volle illustrare, con spirito positivista, le nuove potenzialità della scienza (Delle opinioni popolari intorno alla scienza, in Annuario dell’Università di Torino, a.a. 1881-82, pp. 9-33). Fu rettore dell’università di Torino dal 1889 al 1892. Nel 1886 promosse – col sostegno del consorzio universitario torinese – la costruzione dell’istituto di fisica in corso D’Azeglio, terminato nel 1893 e inaugurato nel 1898. Fu collocato a riposo nel 1916, ma essendo stato eletto preside della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali rimase in carica (secondo le norme dell’epoca) fino al 1919.
Anche a Torino svolse un’intensa attività sperimentale. In un primo tempo continuò a coltivare le linee di ricerca già intraprese a Padova, sulle coppie elettriche e sulla resistenza elettrica; a questi argomenti si aggiunsero negli anni una varietà di ulteriori interessi, nell’ambito dell’elettrologia, della fisica classica e delle proprietà dei materiali: in particolare sull’assorbimento dei gas nei liquidi, sugli effetti termici delle scintille elettriche, sulla conduzione dell’elettricità attraverso i gas, sui calori specifici di alcuni metalli e specialmente del mercurio, sulla misura diretta della pressione osmotica, sulla determinazione del coefficiente di dilatazione dell’acqua fra 0° e 4°, sulla tensione massima dei vapori, sulla velocità di evaporazione.
Tra questi lavori furono particolarmente apprezzate le ricerche sulla validità della legge di Henry compiute con Stefano Pagliani (Sull’assorbimento dei gas nei liquidi, e in particolare sulla legge di Henry, in Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, XV [1879], pp. 271-290), l’ultimo lavoro pubblicato insieme a Bellati (Sul riscaldamento dei corpi isolanti solidi e liquidi in causa di successive polarizzazioni elettrostatiche, ibid., XVII [1882], pp. 451-461), e i lavori sul fenomeno Peltier pubblicati assieme ad Angelo Battelli (Sul fenomeno Peltier nei liquidi, tre note, ibid., XX [1885], pp. 1039-1057 e XXI [1886], pp. 821-837). Le ricerche sulla conduzione dell’elettricità nei gas «stupiscono per la intuizione pressoché esatta ch’egli ebbe in questo campo di fenomeni, allora quasi del tutto inesplorato; basta leggere gli argomenti con i quali, dallo studio della conducibilità assunta dall’aria per effetto di scariche elettriche o della lenta ossidazione del fosforo, il Naccari sostiene l’ipotesi, allora appena abbozzata, che la conducibilità dell’aria sia di natura ionica» (Pochettino, 1927-28, p. 28). Al volgere del secolo effettuò alcune esperienze sulle cariche residue dei dielettrici liquidi «da ritenersi fondamentali [...] in quanto dimostrano la insufficienza della teoria maxwelliana sui dielettrici» (ibid., p. 29). Eseguì anche la determinazione delle costanti magnetiche per Padova, e varie rilevazioni di dati meteorologici e climatici su Torino, Milano e Venezia. Realizzò inoltre una serie di esperimenti alla ricerca di effetti di schermaggio della gravità, eseguiti con bilancia di torsione, non in grado naturalmente di trovare alcun effetto, e tentativi di provare l’esistenza dell’etere in contrasto alla relatività einsteiniana, ispirati dai colleghi Quirino Majorana e Tommaso Boggio. Nel suo ultimo lavoro sperimentale scoprì e descrisse il fenomeno dell’aumento di conducibilità del toluene sotto l’azione della luce (Di un fenomeno fotoelettrico osservato su lamine metalliche immerse nel toluene, in Il Nuovo Cimento, s. 6, IV [1912], pp. 233-242).
Del suo lavoro, come si è detto, si apprezzarono soprattutto «la bontà e il rigore del metodo, la discussione spassionata e severa dei risultati, talché questi sono ancora oggi riportati nelle più importanti raccolte di dati numerici. E invero egli fu un misuratore per eccellenza» (Pochettino, 1927-28, p. 27). Alessandro Amerio (1927, p. 55) lo descrive come «un fisico di cultura vasta in modo da poter fare cosa utile in più campi, che tutto pospone alla misura [...]. Perciò quanto egli ha fatto rimane e rimarrà, fino a che la perfezione dei mezzi non abbia permesso progressi tali da poter considerare il suo periodo come sorpassato». Si tenne invece lontano dalle grandi questioni teoriche che agitavano la parte più innovativa della fisica del suo tempo.
Tutti i contemporanei gli riconobbero talento didattico e apertura verso gli interessi degli allievi: «è certamente degno di nota il fatto che dal suo istituto siano usciti molti professori universitari, più che da ogni altro» (Amerio, ibid.). Tra questi vanno ricordati: Stefano Pagliani, già assistente del chimico Ugo Schiff, che dopo l’incontro con Naccari nel 1879 orientò le sue ricerche verso la chimica-fisica e fu poi ordinario di fisica tecnica e incaricato di chimica applicata a Palermo dal 1889 al 1918; Giovanni Guglielmo, suo assistente dal 1881, poi ordinario di fisica sperimentale a Cagliari dal 1891 al 1928; Antonio Garbasso, ordinario di fisica sperimentale a Genova dal 1903, poi a Firenze dal 1913, dove presso l'istituto da lui diretto si formò il più attivo gruppo di ricerca italiano in fisica dei raggi cosmici; lo stesso Amerio, ordinario di fisica sperimentale a Messina dal 1920, quindi al Politecnico di Milano dal 1928 al 1951; Eligio Perucca, suo assistente dal 1911 al 1922, poi ordinario di fisica sperimentale al Politecnico di Torino, del quale fu anche rettore dal 1947 al 1955. Ma il suo allievo prediletto fu Angelo Battelli, suo assistente dal 1884 al 1889, poi ordinario di fisica sperimentale a Cagliari fino al 1891, quindi a Padova, e dal 1893 a Pisa, condirettore del Nuovo Cimento e cofondatore della Società italiana di fisica nel 1897; la sua morte prematura, nel 1916, addolorò profondamente Naccari, che ne tenne le commemorazioni all’Accademia delle scienze di Torino e all’Accademia dei Lincei. Si può dire che Naccari fu il vero erede della scuola avviata a Padova da Rossetti; è anche da notare come l’importanza da lui attribuita alla creazione e dotazione dei laboratori, che lo portò a promuovere la costruzione del nuovo istituto fisico di Torino, in corso D’Azeglio, abbia ispirato Battelli e Garbasso, a loro volta promotori della costruzione di nuovi istituti a Pisa e a Firenze.
Si interessò anche di storia dell’elettrologia, e in particolare di Michael Faraday, al quale dedicò una dettagliata biografia (La vita di Michele Faraday, Padova 1908) e che spesso menzionava nelle sue lezioni, fin dalla prolusione del primo corso torinese (Introduzione alle lezioni di fisica sperimentale, Torino 1878). Scrisse una biografia di Alessandro Volta, rimasta inedita per sua espressa disposizione, della quale diede notizia Carlo Somigliana, che aveva avuto occasione di leggerla, giudicandola «il migliore cenno biografico che finora sia stato scritto intorno all’insigne fisico comasco» (Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, LXIII [1927-28], p. 21).
Fu socio dell’Accademia dei Lincei (corrispondente dal 1892, nazionale dal 1903), della Società italiana delle scienze detta dei XL (dal 1899), dell’Accademia delle scienze di Torino (della quale fu pure presidente dal 1918 al 1922), dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, dell’Accademia patavina, dell’Accademia Gioenia (Catania), e dell’Accademia Pontaniana (Napoli).
Dopo il trasferimento a Torino conservò sempre un rapporto di affetto e familiarità col Veneto, e in particolare con Padova; fino all’inizio della prima guerra mondiale mantenne l’abitudine di trascorrere le vacanze nella villa che possedeva ad Arquà Petrarca. Nel 1885 aveva sposato Giulia Gera, cognata di Bellati, che morì nel 1919; la coppia non aveva figli, e Naccari, rimasto solo, visse negli ultimi anni coi nipoti.
Morì a Torino il 2 ottobre 1926.
Opere: Tra pubblicazioni scientifiche in senso proprio e materiali di natura divulgativa o didattica (tra cui gli appunti delle sue lezioni compilati da studenti), Naccari ha lasciato un’ottantina di opere, elencate con qualche lacuna e imprecisione in appendice ad A. Amerio, Commemorazione del prof. A.N., in Il Nuovo Cimento, s. 8, (1927), vol. 4, pp. 57-59; le lacune sono state in parte integrate da L. Sitran Rea - A. Sperotti Giacometti, A.N., in Professori di materie scientifiche all’Università di Padova nell’Ottocento, a cura di S. Casellato - L. Pigatto, Trieste 1996, pp. 192 s.
Fonti e Bibl.: Documentazione relativa alla carriera di studente e docente si trova nell’archivio storico dell’Università di Padova (cfr. L. Sitran Rea - A. Sperotti Giacometti, A.N., cit., p. 193) e nell’Archivio centrale dello Stato (Roma), Ministero della pubblica istruzione, serie Personale 1860-1880, e Fascicoli personale insegnante, II vers., I serie (1900-1930). La data di nascita, diversa da quella riportata nei necrologi, è verificabile nell’archivio anagrafico comunale, depositato per il periodo preunitario presso l’Archivio di Stato di Padova. E. Perucca, Prof. A.N., in Annuario dell’Università di Torino, a.a. 1926-27, pp. 379-383; A. Pochettino, A.N., in Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, LXIII (1927-28), pp. 24-30; A. Amerio, Commemorazione del Prof. A.N., cit., pp. 49-59. Nell’ambito del rinnovato interesse per la storia delle università, Naccari è stato oggetto di ulteriori studi e compilazioni repertoriali: L. Sitran Rea - A. Sperotti Giacometti, A.N., cit., pp. 190-193; L. Briatore, A.N., in La Facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali di Torino, a cura di C.S. Roero, Torino 1999, II, I docenti, pp. 253-255. Notizie sulla sua attività a Torino, ibid., I, Ricerca, insegnamento, collezioni scientifiche, ad ind., e in particolare nelle sezioni Cronologia, di C.S. Roero, alle pp. 32-42, e La fisica, di V. De Alfaro, alle pp. 214 s.