PIGNATELLI, Andrea
PIGNATELLI, Andrea. – Ultimo figlio del principe Michele Pignatelli di Cerchiara e di Giovanna Serra di Cassano, nacque a Campi il 1° agosto 1764. Fratello di Giuseppe, erede del titolo e ascoltato segretario di Stato di Gioacchino Murat e di Nicola Luigi, più volte ministro durante il decennio francese, il giovane fu avviato alla carriera militare.
Il 30 gennaio 1776 è registrato tra i «cadetti di minore età senz’avere» alla rivista passata dal re al battaglione Real Ferdinando, da poco destinato a fungere da accademia militare per i quadri dell’esercito borbonico. Compiuti i quattordici anni, il 1° agosto 1778 fu spostato tra i cadetti di servizio, dove rimase fino a quando, alla fine di dicembre 1783, passò in Calabria con il grado di secondo tenente.
Mentre era di stanza a Capua come aiutante maggiore nel reggimento fanteria del re, il 14 aprile 1791 sposò Irene Vollaro, figlia di un brigadiere dell’esercito. Il matrimonio fu severamente sanzionato non essendo stata chiesta l’autorizzazione ai vertici di comando: allontanato il parroco di S. Giovanni de’ nobiluomini, Pignatelli fu trasferito nella cittadella di Messina per un periodo di punizione. Nei primi quattro anni di matrimonio la coppia ebbe tre figlie, che morirono senza superare l’anno di vita. Il 7 febbraio 1798 nacque Carolina, futura moglie di don Francesco Maria Mirelli principe di Teora e marchese di Calitri; l’11 maggio del 1799 Laura, che avrebbe sposato il generale Charles-Antoine Manhès, e il 15 aprile 1802 Michele, erede dei titoli di principe del Sacro Romano Impero e di patrizio napoletano.
Nei primi giorni del 1799 Pignatelli, aiutante di campo del generale Karl Mack, fu mandato a Roma a negoziare con Jean-Étienne Championnet, mentre a Napoli si provava a costituire un governo cittadino in contrasto con Francesco Pignatelli di Strongoli, vicario del re nella capitale. Non avendo ottenuto che una generica disponibilità a trattare con la nazione e non con il sovrano, l’ufficiale tornò al suo reggimento per affrontare l’offensiva francese che costrinse i napoletani all’armistizio, firmato anche da lui a Sparanise l’11 gennaio. Promosso tenente colonnello del reggimento Real Principe 1° fanteria e poi del reggimento Principessa, dal 1804 rimase tra Auletta e Lagonegro a comandare le truppe di retrovia, partecipando alla battaglia di Campotenese.
Già nel mese di febbraio del 1806 Pignatelli aveva incontrato Giuseppe Bonaparte insieme a numerosi commilitoni che il nuovo re di Napoli cercava di guadagnare alla fedeltà francese senza l’umiliazione di una sconfitta. Mentre il 22 suo fratello Nicola Luigi assumeva la responsabilità del ministero della Marina, il 18 febbraio Andrea veniva promosso colonnello nel 1° reggimento di fanteria leggera. Fiducioso delle sue capacità, Bonaparte lo inviò a Gaeta all’inizio di luglio al comando di 1200 uomini e, il mese successivo, in Cilento a combattere il brigantaggio e a contrastare i tentativi di sbarco della flotta anglo-sicula sulla costa meridionale. Ferito il 22 ottobre, il 4 dicembre fu richiamato a Sapri da Jean-Maximilien Lamarque per la difesa della strada per Maratea. All’arrivo di Murat, mentre Nicola Luigi lasciava il suo incarico e Giuseppe transitava dal ministero delle Finanze alla Segreteria di Stato, Pignatelli fu promosso generale di brigata e ottenne il titolo di commendatore dell’Ordine delle Due Sicilie.
Tra il 1809 e il 1813 fu comandante della provincia di Salerno e poi di Foggia, prese parte alla spedizione francese a Roma guadagnandosi la stima personale del re fino alle convulse vicende della spedizione contro le truppe austriache. Il suo impegno, parallelo a quello di Manhès, consentì a Murat di tenere decorosamente le posizioni napoletane. L’antica consuetudine e la solidarietà militare fecero da tramite per il matrimonio della figlia Laura con il generale francese, che fu celebrato il 31 luglio 1814 nella casa napoletana di Pignatelli alla presenza dei vertici della corte.
Nel mese di dicembre, dopo che il Congresso di Vienna ebbe conferito al granduca il governo della Toscana, Murat inviò Pignatelli a Firenze con le sue congratulazioni, ma la visita si concluse bruscamente a gennaio 1815 perché a Vienna si era deciso di congedare il re di Napoli.
Mentre si chiudeva la parabola del decennio francese, Pignatelli con il genero e la figlia lasciò la capitale su uno sciabecco battente bandiera inglese. Al largo di Procida lo stesso Murat salì a bordo e l’imbarcazione approdò a Cannes il 25 maggio. Durante la quarantena, però, gravi dissapori privati provocarono la brusca partenza per Marsiglia di Manhès con moglie e suocero. Giunti a Genova il 15 luglio, mentre il generale francese si dirigeva a Parigi, Pignatelli rientrò a Napoli con la figlia incinta. Nonostante gli accordi prevedessero il reintegro degli ufficiali nei ranghi dell’esercito borbonico, Pignatelli non rimase nella capitale. Dopo aver cercato di sistemarsi a Roma, il 24 ottobre 1817 accompagnò la figlia a Parigi per ricomporre il dissidio con il marito mentre a Napoli i fratelli discutevano le questioni relative al versamento della dote.
Per sottrarsi alle difficoltà economiche e per trovare nuove occasioni, Pignatelli nel 1821 partì per l’America. Provò a stabilirsi a Filadelphia, ma poi decise di trasferirsi a Città di Messico dove si trovava una nutrita schiera di fuoriusciti meridionali. Approfittando di coperture politiche, si presentò come emissario dei Pignatelli Aragona Cortès ottenendo denaro dall’amministratore messicano e un sequestro interlocutorio dei beni da parte del governo. La pronta reazione di Giuseppe Pignatelli duca di Monteleone, che inviò in Messico Ferdinando Lucchesi e lo denunciò alle autorità statunitensi, gli impedì di realizzare il suo disegno e fece fallire il tentativo di rivendicare una quota del Marchesato della Valle di Oaxaca. Dopo aver sfidato a duello Lucchesi, aver perso la causa con sentenza del 9 dicembre 1823 e aver rifiutato di lasciare il Messico in cambio di denaro come gli chiedeva il rappresentante degli interessi dei duchi di Monteleone, nel 1826 Pignatelli era ancora un influente membro della comunità straniera di Città di Messico.
Non si ha certezza della data della sua morte, probabilmente avvenuta tra il 1832 e il 1833 lontano dal suolo patrio.
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