ROSSOTTO, Andrea
– Nacque a Mondovì il 29 novembre 1609 da Giuseppe e da Margherita Rossotto.
Entrato nella Congregazione di S. Bernardo dei cistercensi riformati (il ramo italiano dell’ordine dei foglianti), il 30 settembre 1627 divenne professo, con il nome di Andrea da San Giuseppe, nell’abbazia di S. Maria di Pinerolo. Ordinato sacerdote, si stabilì nel monastero fogliante di Mondovì, sorto a fine Cinquecento per gestire il santuario mariano di Vico, assunto da Carlo Emanuele I di Savoia a tempio della sacralità dinastica. A metà degli anni Quaranta, coltivati gli studi di filosofia e di teologia, e affinata la naturale attitudine alla predicazione, si trasferì a Roma (forse per iniziativa del cardinale monregalese Francesco Adriano Ceva, di cui fu teologo) divenendo priore della chiesa di S. Giovanni Mercatello e visitatore generale della provincia romana della sua congregazione.
Rimase per un decennio nell’Urbe, dove pubblicò le sue prime opere. Ai lavori di carattere agiografico e devozionale affiancò una produzione aperta alle tematiche morali e civili, rivendicando il suo diritto a scrivere – come precisava nell’introduzione al Giacobbe ripatriante (1646) – «da monaco, cioè con semplicità e senza arte», anche di questioni politiche, giacché «la più raffinata politica nelle sacre carte ritrovasi». Nelle Peripetie della corte (1652-1655) evidenziava così, sulla scorta di «historie cavate da autori classici e da manoscritti sicuri», i pericoli e le difficoltà «che portano le grandezze, il modo di vivere tra quelle, i scogli che s’incontrano nell’esercitio de’ negotii rilevanti».
Se lo scopo di questo lavoro era «addotrinare altri nel bene per mezzo de’ successi o buoni o rei», la corte appariva il luogo ideale per riscontrare, disseminati nel tempo e nello spazio, molteplici esempi delle cangianti fortune degli uomini di potere. L’ambiente aulico, non giudicato a priori negativamente da Rossotto («so che la corte in sé non è cattiva, e tutti non pericolano»), veniva tuttavia assunto a emblema dei «secoli troppo addottrinati nelle scuole de’ Machiavelli e de’ Bodini». Nelle corti (che tentava di guardare con un’ottica amplissima, spaziando dall’Inghilterra alla Spagna, dalla Francia all’Impero bizantino) individuava figure paradigmatiche della caducità dei destini umani: come quelle del cardinale inglese Thomas Wolsey (1471-1530), protagonista di una carriera tanto brillante (fu lord cancelliere di Enrico VIII) quanto fugace (venne accusato dallo stesso re di tradimento), o di Thomas Cromwell (1485-1540), conte di Essex, nominato gran ciambellano da Enrico VIII pochi mesi prima che lo stesso sovrano lo facesse decapitare, o ancora del cesare d’Oriente Barda, fatto assassinare dal nipote (l’imperatore Michele III) alla fine del IX secolo.
Tornato a Mondovì, Rossotto coltivò intense relazioni con altri eruditi ecclesiastici, com’è attestato dal carteggio tenuto con l’agostiniano ligure Angelico Aprosio (1607-1681) fra il 1662 e il 1666, e mise mano al suo più importante e celebre lavoro, il Syllabus scriptorum Pedemontii (1667). Di questo ampio repertorio in ordine alfabetico delle opere composte dagli scrittori piemontesi, savoiardi, nizzardi e monferrini (dove il termine Pedemontium viene usato come sinonimo di Stati sabaudi, anticipando un uso tipico del secolo seguente), riuscì a vedere la pubblicazione appena prima della morte. In realtà dovrebbe avere dato alle stampe una prima versione del suo lavoro – oggi tuttavia irreperibile – nella fase finale del suo soggiorno romano, e comunque prima del 1660. In quell’anno, infatti, il vescovo di Saluzzo Francesco Agostino Della Chiesa, ripubblicando il suo Catalogo di tutti li scrittori piemontesi et altri dei Stati dell’Altezza Serenissima di Savoia (edito per la prima volta nel 1614), ricordava Rossotto come autore di una Bibliotheca Pedemontana uscita a Roma nel 1658, giudicata come una semplice traduzione in latino della sua opera. L’accusa di plagio venne fermamente respinta da Rossotto: nel Syllabus denunciò a sua volta il vescovo saluzzese di essere «a veritate alienissimum», imputandogli inoltre errori e inesattezze. Ad alimentare il forte astio fra i due eruditi (che sarebbe stato ricordato dalla storiografia piemontese sette-ottocentesca, la quale, accreditando la tesi di Della Chiesa, non risparmiò critiche a Rossotto per i toni eccessivamente polemici usati contro di lui) vi erano anche ragioni di carattere localistico. Entrambi gli autori, impegnati a esaltare il prestigio delle loro città natie (significativo, a tal proposito, ricordare che Rossotto dedicò il Syllabus alla Vergine, patrona di Mondovì, e alle autorità comunali monregalesi), finivano infatti per teorizzare – in modo reciprocamente conflittuale – antichità e nobiltà d’origine delle proprie patrie.
Ammalatosi nella primavera del 1667, nonostante le cure del medico monregalese Paolo Doglio (che dovette poi difendersi dall’accusa di imperizia e negligenza nella terapia) Rossotto morì a Mondovì, nella casa di un nipote, il 17 aprile dello stesso anno.
Opere. Giacobbe ripatriante con aplicationi historiche, morali, e politiche, Roma 1646; Constellationi festeggianti all’apparire della nova stella de’ magi, Roma 1648; Peregrinatione de magi, Roma 1649; Epinicio alle sacre reliquie de’ santi martiri Sebastiano, et altri, che riposano nel cemeterio di Calisto, Roma 1651; Le peripetie della corte rappresentate nelle vite de’ favoriti, di d. Andrea Rossotto di Mondovì monaco di San Bernardo, libro primo. All’eminentissimo principe il sig. cardinale Gio - Girolamo Lomellino, Roma 1652; Il Filisteo abbatuto con aplicationi historiche morali e politiche, Roma 1653; Delle peripetie della corte rappresentate nelle vite de’ favoriti di d. Andrea Rossotto di Mondovì visitatore generale de’ monaci di S. Bernardo, libro secondo. All’emin. e rever. signore il sig. cardinale Carlo Gualtieri arcivescovo e principe di Fermo, Roma 1655; Axiomata sacrae et verae philosophiae diuinae scripturæ sanctorum patrum sententiis, et doctorum dictis illustrata, Genuae 1660; La virtù trionfante ed il vizio depresso. Dialoghi morali, Genova 1661; Syllabus scriptorum Pedemontii, seu de scriptoribus Pedemontanis in quo brevis librorum, patriae, generis, et nonnumquam vitae notitia traditur. Additi sunt scriptores Sabaudi, Monferratenses, et comitatus Niciensis [...] Accessit quadruplex index. Materiarum, cognominum, patriae, et religionum. Cum appendice, Monteregali 1667.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per rapporto all’Interno, Lettere di particolari, R, mz. 60: Lettere da Torino, Roma, Mondovì a S.A.R. da d. A. R. monaco di San Bernardo; Mondovì, Archivio della parrocchia della cattedrale di S. Donato, Liber baptizatorum, II (1591-1622), c. 199r.
F. Della Chiesa, Catalogo de’ scrittori piemontesi, savoiardi e nizzardi [...] hora dal medesimo fatto ristampare con l’aggiunta d’altri tanti autori e libri, Carmagnola 1660, p. 9; P. Doglio, Brevis expositio morborum, admodum reverendi patris d. Andreae Rossoti monaci Cistersciensis et Thomae Piincheti, Carmagnoliae 1667; C.G. Morozzo, Cistercii reflorescentis seu Congr. Cistercio-monasticarum B. Mariae Fuliensis in Gallia et Reformatorum S. Bernardi in Italia chronologica historia, Augustae Taurinorum 1690, pp. 98 s.; Piemontesi illustri, IV, Torino 1784, pp. 118 s.; O. Derossi, Scrittori piemontesi savoiardi nizzardi registrati nei catalogi del vescovo Francesco Agostino della Chiesa e del monaco A. R., Torino 1790, pp. III s., 8, 204; G. Claretta Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della R. Casa di Savoia: memorie storiche, letterarie e biografiche, Torino 1878, pp. 102, 114 s.; G.L. Bruzzone, Ventidue lettere di A. R. monaco e studioso monregalese, Mondovì 2003, pp. 5-39; A. Merlotti, Le nobiltà piemontesi come problema storico-politico: Francesco Agostino Della Chiesa tra storiografia dinastica e patrizia, in Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero d’Ormea, a cura di A. Merlotti, Torino 2003, p. 39.