TREVISAN, Andrea
– Nacque a Venezia verosimilmente nel 1458 (Venezia, Civico Museo Correr, G. Priuli, Pretiosi frutti..., III, c. 182r) da Tommaso di Stefano di Michele, del ramo detto Scagion, e da Caterina Pisani di Almorò da Santo Stefano o dal Banco, per la titolarità di uno dei più rinomati banchi di cambio allora attivi.
Di rilievo il cursus honorum del padre: fu podestà di Vicenza e Padova, uno dei cinque correttori della promissione del doge Marco Barbarigo, ‘ballotato’ doge egli stesso e, il 10 gennaio 1485, procuratore di S. Marco de ultra per merito. Ebbe almeno cinque tra fratelli e sorelle: Michele, Nicolò, l’unico ad avere discendenza legittima da Cecilia Vendramin di Bortolomio, nipote del doge Andrea, Gabriele, Elisabetta moglie di Nicolò Balbi di Pietro, e Paola, accasatasi con Alvise Soranzo di Marco.
Nonostante Trevisan fosse ‘provato’ per partecipare all’estrazione della balla d’oro il 1° ottobre 1480 (Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, reg. 164, c. 324r), entrò in politica tardi, con la nomina ad ambasciatore ordinario presso Enrico VII Tudor, re d’Inghilterra, il 29 novembre 1496 (Senato. Secreta, reg. 36, c. 85v). Più della formazione culturale, di probabili viaggi o delle esperienze politiche, peraltro non documentate, nella designazione pesarono molto le ricchezze del ramo materno, utili per garantire il necessario sfarzo nei cerimoniali di corte. Partito il 4 giugno 1497 (Sanuto, 1879-1903, I, col. 643), la commissione del Senato, decretata il 12 giugno 1497 (Senato. Secreta, reg. 36, cc. 135v-136r), lo raggiunse sulla via della Germania dove, a Spira, fu ricevuto dall’arciduca Filippo d’Asburgo e dalla moglie di questi, Giovanna di Castiglia (Sanuto, 1879-1903, I, coll. 687-688). Fece il suo ingresso a Londra il 26 agosto 1497 accompagnato da «cavalli duecento» con «molto honor», e presentò le credenziali a Enrico VII, a Ipswich, il 3 settembre, in udienza segreta (coll. 804-807). Alle prese con le conseguenze della guerra delle Due rose – in quei giorni fu soppressa la rivolta di un epigono della casa di York, Perkin Warbeck –, Enrico VII, poco propenso a schierarsi apertamente nella lega guidata da Repubblica di Venezia, imperatore e papa Alessandro VI, concesse una neutralità nei fatti già in atto, preferendo tentare di ottenere dai veneziani vantaggi daziari nel commercio mediterraneo (col. 934).
Il Senato lo congedò dall’ambasciata il 12 gennaio 1498 (Archivio di Stato di Venezia, Senato. Secreta, reg. 36, c. 180r) e, creato cavaliere da Enrico VII il 15 marzo (Sanuto, 1879-1903, I, col. 935), intraprese il viaggio di ritorno, non senza prima aver cercato «tutte le dieci deche di Tito Livio» e alcuni libri di astrologia «incogniti a’ italiani» che voleva avere «ad ogni modo» (col. 806). Riferì in Collegio il 18 maggio 1498 e lesse poi la relazione ai Pregadi il 1° giugno, ben accolta per le «molte particularità» contenute (col. 978). La contemporanea morte della madre, il 2 novembre 1497, e del padre, otto giorni dopo, ma soprattutto la liquidazione del banco Pisani il 23 marzo 1500, alla quale fu presente tra i garanti, e per la quale furono pagati in tre giorni ben 75.000 ducati (Sanuto, 1879-1903, III, coll. 158-159), indirizzarono la sua carriera sulla strada meno dispendiosa delle «podestarie». Poté così essere in Senato con frequenza, risultando, tra il 18 agosto 1499 e il 30 settembre 1532, per diciotto volte tra gli eletti. Nominato capitano a Zara il 7 maggio 1500, vi rinunciò, accettando, il 12 dicembre 1501, l’incarico di podestà di Vicenza. Qui ricevette Anna di Foix-Candale, in viaggio per raggiungere il marito, Ladislao II Jaghellone, re di Boemia e Ungheria (Sanuto, 1879-1903, IV, col. 288).
Nel 1502 si sposò con una delle figlie di Andrea Gussoni di Nicolò, della quale rimase presto vedovo, passando in seconde nozze con Maria Falier di Tommaso, madre dell’unica figlia, Sebastiana. Il 18 maggio 1505 andò podestà e capitano a Crema, quindi fu avogadore di Comun, l’11 aprile 1507, savio di Terraferma il 27 giugno 1509 e, contestualmente, cassiere del Collegio, con la delega di occuparsi dell’allora prigioniero Francesco II, marchese di Mantova (Sanuto, 1879-1903, IX, coll. 70-73). Confermato savio di Terraferma il 23 novembre 1511, nelle prime urgenze della Lega santa, siglata il 1° ottobre, in funzione antifrancese, da Repubblica di Venezia, Giulio II, Ferdinando d’Aragona, cantoni svizzeri ed Enrico VIII Tudor, si portò a Udine come luogotenente. Rovesciate le alleanze con il trattato sottoscritto a Blois, il 23 marzo 1513, dal procuratore di S. Marco di Sopra, Andrea Gritti, e da Luigi XII, re di Francia, Trevisan, nella veste di consigliere di Venezia per il sestiere di S. Polo, sostenne con «gaiarde parole» l’invio di rinforzi a Padova, della quale fu nominato capitano il 6 marzo 1514 (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss., VII.816: Consegi..., c. 154r). Qui mediò tra i capi militari Bartolomeo d’Alviano e Teodoro Trivulzio, curò le fortificazioni, non mancò di segnalare i danni dell’eccessiva tassazione, accumulatasi per le spese di queste, e quelli della circolazione di monete false in città (3 luglio 1514, Archivio di Stato di Venezia, Capi Consiglio dei dieci..., b. 80, 195). Riferì in Pregadi il 17 agosto 1515 (Sanuto, 1879-1903, XX, col. 525) e, il 31 dicembre seguente, venne votato orator a Milano, a Carlo III di Borbone-Montpensier, gran connestabile di Francia (XXI, col. 427).
La commissione, decretata dal Senato il 12 febbraio 1516, gli raccomandava di sostenere la «celere recuperation» di Brescia e Verona e di concertare le sue azioni con il provveditore generale in Terraferma, Andrea Gritti (Archivio di Stato di Venezia, Senato. Secreta, reg. 46, c. 165v). Venne richiamato il 24 maggio 1516, con l’ordine di recarsi nella riconquistata Brescia, come provveditore, per coadiuvare Gritti (ibid., reg. 47, c. 13v). Si occupò di perfezionare la spianata dinanzi alle mura, alla Garzeta, per la quale fece «ruinar cinque monasterii, videlicet San Rocho, San Fioran, Santa Maria di le Gratie, e do altri» (Sanuto, 1879-1903, XXII, col. 368). Tornato a Venezia, lesse in Senato, il 7 novembre 1516, una lunga relazione comprensiva degli incarichi di Milano e Brescia (XXIII, coll. 163-171).
Eletto podestà a Verona e provveditore generale in Terraferma, rifiutò per essere savio del Consiglio: tra il 29 settembre 1519 e il 21 dicembre 1532 lo fu undici volte. Negli stessi anni, ebbe quattro mandati di consigliere di Venezia per il sestiere di Dorsoduro, sei nel Consiglio dei dieci, uno di censore. Con la sua accresciuta influenza, difese la causa dei Trevisan nella lite sullo iuspatronato sull’abbazia di S. Tommaso dei Borgognoni a Murano, contestando le pretese del procuratore di S. Marco di sopra, Alvise Pisani di Giovanni, e del figlio di questi, il cardinale Francesco (XXVII, coll. 327-328, 359-363). L’11 maggio 1522, scelto tra i Correttori della promissione dogale per l’elezione di Andrea Gritti, fu lui stesso tra i ‘ballotati’ nella votazione decisiva (XXXIV, coll. 263-264).
Il 19 marzo 1534 fece testamento, e poco dopo, da molto malato di «egritudine agli occhi» (LVII, col. 460), morì. Lasciò eredi la figlia Sebastiana e i nipoti, figli del fratello Nicolò, Michele, Gabriele, Stefano e Zaccaria. Fu sepolto in S. Chiara a Murano, alla quale legò 600 ducati per «una cappella cum palla» mai realizzata (Archivio di Stato di Venezia, Notarile. Testamenti, b. 740/9).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Balla d’Oro, reg. 164, c. 322r, 323v, 324r; Cronaca matrimoni, reg. 107, c. 317v; Capi Consiglio dei dieci. Lettere Rettori, bb. 19 (69-73), 66 (14, 15 non reperita, 16), 80 (185-192, 194-197, 205, 206, 208-210, 213, 227, 231), 169 (73-82), 223 (21, 23, 24); Misc. Codd., s. 1, 23, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de patritii veneti, VII, c. 115; Notarile. Testamenti, bb. 196/952, 740/9, 741, c. 55rv; Segretario alle Voci. Misti, reg. 7, cc. 28, 76; Senato. Secreta. Deliberazioni, regg. 36, cc. 85rv, 135v-136r, 180r; 46, cc. 165v-166r, 167rv; 47, cc. 1rv, 2r, 3v-4r, 5rv, 9v-10r, 13v; Venezia, Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, 2503: M. Barbaro, Discendenze patrizie..., VI, c. 40; 2551 (=1003): Annali del Cons. della Rep. di Venezia..., alla data 28 ottobre 1524; 3783 (=229): G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio..., III, cc. 181v-182r; Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., VII.18 (= 8307): G.A. Cappellari-Vivaro, Campidoglio veneto..., IV, c. 130v, 132v; 813 (= 8892): Consegi..., cc. 105r, 165r, 185r; 814 (= 8893), cc. 35r, 67r, 191r, 248r, 295r; 815 (= 8894), cc. 75r, 289r; 816 (= 8895), cc. 29r, 39r, 154r, 241r; 817 (= 8896), cc. 44r, 80r, 108r, 165r, 179r, 237v, 238r, 277r, 288v, 296r, 313v; 818 (= 8897), cc. 31r, 107r, 111v, 143v, 178r, 180v, 188v, 240r, 252r, 321v; 819 (= 8898), cc. 23v, 47r, 56r, 65v, 122r, 162r, 192v, 227r, 290r, 321v. 820 (= 8899), cc. 39r, 61v, 108r, 166r.
P. Bembo, Istorie veneziane..., in Degl’istorici delle cose veneziane..., II, Venezia 1718, pp. 441, 445; P. Paruta, Istorie Veneziane.., ibid., III, 1, Venezia 1718, p. 237; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane..., II, Venezia 1827, p. 82, 148; VI, I, ibid. 1852, p. 326; Calendar of State Papers..., I, a cura di R. Brown, London 1864, pp. 251-259, 262-268; M. Sanuto, I diarii..., I-LVIII, Venezia 1879-1903, ad indices; I libri Commemoriali della Repubblica di Venezia..., in Monumenti storici... R. Deputazione di Storia Patria, s. 1, XI, a cura di R. Pedrelli, Venezia 1903, VI-XIX, pp. 109 s.; XX, pp. 147 s., 156 s., 162 s.; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia..., LXXXV, a cura di P. Zorzanello - G. Zorzanello, Firenze 1963, pp. 105 s., 120, 144; Relazione degli ambasciatori veneti..., I, a cura di L. Firpo, Torino 1965, pp. X, 1-155, passim; Relazioni dei rettori veneti..., a cura di A. Tagliaferri, I, La patria del Friuli, Milano 1973, p. LIX, II, Podestaria e capitanato di Belluno, 1974, p. LIV, IV, Podestaria e capitanato di Padova, 1975, p. LIII.