ZANZOTTO, Andrea
Poeta, nato a Pieve di Soligo (Treviso) il 10 ottobre 1921. Sempre attento alle espressioni più vive della cultura letteraria europea, Z. tende ad arricchire la sua poesia di riferimenti metafisici, di simboli della sua originale meditazione intellettuale. Dietro il paesaggio (1951), la sua prima raccolta, più che riflettere i debiti del poeta con l'ermetismo (per riprendere un giudizio più volte ripetuto), per la tensione, l'inquietudine e la polivalenza dei richiami, rivela un linguaggio più articolato rispetto alla forma rigorosamente unitaria del dettato ermetico. Se da una parte Z. rivisita in profondità il linguaggio poetico novecentesco, dall'altra - in coincidenza dell'assunzione della natura, delle stagioni, della toponomastica silvestre della sua Pieve a emblemi ideali di un'arcadia dello spirito, senza storia, ma quasi religiosamente avvertita e amata come rigenerante ritorno alle proprie origini - egli non rinuncia al tentativo di rivitalizzare un lessico classicheggiante o manieristico; operazione non di rado artificiosa, di difficile e precario equilibrio stilistico, che pure Z. avverte come una necessità, una risorsa estrema per salvare l'identità del poeta nel mondo contemporaneo. E una risorsa estrema può anche essere considerata in Vocativo (1957) - raccolta preceduta da Elegia e altri versi (1954) - il recupero di una metrica tradizionale (in particolare quella dell'ode) quasi a voler indicare, non senza risonanze leopardiane, nella normativa e nell'ordine di una poiesi, l'unica possibile salvezza contro le ingiurie del tempo. Sempre allo stesso fine, in IX Ecloghe, il genere lirico tradizionale prevalente è quello del sonetto (ma "ecloga" di per sé richiama un ordine antichissimo); contemporaneamente Z. da una parte accentua gli arcaismi e gl'inserti in latino, dall'altra, per contrasto, rinnova il lessico con termini dì derivazione scientifica: una ricerca poetica di estrema complessità che l'autore sviluppa ancor più radicalmente in La Beltà (1968; anno in cui appare il poemetto Gli sguardi i fatti e senhal). La tecnologia, del resto, interessa al poeta, per sua stessa ammissione, per l'attesa di una realtà nuova, anche linguistica, che essa implica (piuttosto che per quel che viene concretamente realizzato in seguito alle varie scoperte). Nel 1973, con la raccolta Pasque, in cui la ricerca del simbolo, sempre viva in Z., viene condotta alle estreme conseguenze (la lettera "O", per es., significa "zéro, mais aussi le cercle total de la réalité") e in cui egli mostra più drammaticamente e scopertamente l'angoscia per l'inautentico che circonda l'uomo contemporaneo, prende forma la vocazione zanzottiana a trasformare la poesia in pedagogia o, meglio, in autopedagogia (Z. usa "autodidàscalo", che spiega con "maestro di se stesso"). Di tale vocazione risente un po' tutta la raccolta e in particolare la sezione iniziale, Misteri della pedagogia (ma già un precedente in tal senso può essere considerata Scolastica, l'ultima delle IX Ecloghe). Collaboratore di vari periodici, soprattutto culturali e letterari, e più recentemente anche del Corriere della sera, Z. ha pubblicato nel 1970, col titolo A che valse? (ed. fuori commercio), una scelta di suoi versi giovanili inediti e Sull'altopiano, un volume di racconti e prose. Nel 1973, negli "Oscar" dell'editore Mondadori è apparsa un'ampia raccolta di Poesie (1938-1972), a cura (e con introd.) di S. Agosti. Nel 1977, presso le edizioni veneziane del Ruzante, Z. ha pubblicato, concepito per il film Casanova di Fellini, il poemetto Filò, in cui sperimenta il dialetto come un momento di reinvenzione, più che di scoperta, di un linguaggio mitico e originario. Nell'ultima sua fatica, Il galateo in bosco (1979), il poeta ribadisce lo struggente, emblematico dissidio tra una "misura" umanistica lontanissima e irrecuperabile (il riferimento, anche stilistico, agli eleganti sonetti del Galateo dellacasiano è del tutto consapevole) e il sentimento disperato, lacerante del presente.
Bibl.: G. Ungaretti, in L'approdo letterario, luglio-sett. 1954; E. Montale, in Corriere della sera, 21 maggio 1955; G. Caproni, in La fiera letteraria, 10 ott. 1957; F. Fortini, in Il menabò, n. 2, 1960; E. Montale, in Corriere della sera, i° giugno 1968; M. Corti, in Strumenti critici, ott. 1968; A. Borlenghi, in L'approdo letterario, apr.-giugno 1968; S. Agosti, in Sigma, marzo 1969; F. Bandini, in Comunità, giugno 1969; M. Forti, in Le proposte della poesia e nuove proposte, Milano 1971; P. V. Mengaldo, in Strumenti critici, febbr. 1971; S. Agosti, in Il testo poetico: teoria e pratiche d'analisi, Milano 1972; R. Damiani, in Forum italicum, VI, sett. 1972; F. Bandini, in Dizionario critico della letteratura italiana, Torino 1973, vol. III; S. Ramat, in Letteratura italiana. I contemporanei, 1974, vol. V; E. Golino, in L'Espresso, 25 genn. 1975; S. Perosa, in Corriere della sera, 17 ag. 1976; M. Forti, in Tuttolibri, 12 marzo 1977. Interamente dedicato a Z. è il n. 8-9 di Studi novecenteschi, IV (1974).