GHINUCCI (Cinuzius, Cinuzzi, Ghinucius, de Schinuccis, Schinuccius), Andreoccio (Andrea)
Nacque intorno alla seconda decade del secolo XV - se nella stessa persona vanno identificati, come pare, il funzionario, podestà in diverse città dell'Umbria alla fine della prima metà del secolo e accorato corrispondente di Pio II, e il vescovo di Sovana e Grosseto verso la fine del Quattrocento - da Gherardo, della nobile famiglia senese (ma forse di origine fiorentina, imparentata con quella dei Pazzi) dei Ghinucci o Cinuzzi del Monte dei gentiluomini, residente nel terzo di S. Martino. Nulla si conosce della sua infanzia e dei suoi studi.
Le prime citazioni che abbiamo di lui sono in due epistole inviategli il 3 gennaio e il 3 febbr. 1446 da Girolamo Aliotti, abate umanista del monastero di S. Flora d'Arezzo, per ringraziarlo, oltre che di alcune sue lettere, anche del dono di un anello, uno zaffiro recante un'incisione di raro pregio, una corniola opera d'artista insigne e altre gemme. Il 19 ag. 1448 - come ci informa il cronista senese T. Fecini (p. 860) - il G. lasciò Siena per una serie di podesterie che esercitò successivamente a Foligno, Tarquinia e Città di Castello "e da ogni luogo ebbe il pennone, e così tornò con tre pennoni e targie". È certo degli anni immediatamente successivi una missiva priva di datazione che Agostino Dati, segretario della Repubblica senese, scrisse agli abitanti di Norcia, dalla quale il "clarus eques et dilectus civis noster Andreoccius Cinuzius" risultava al momento pretore nella cittadina umbra. È presumibile inoltre che, dopo questi incarichi che lo tennero impegnato forse fino ai primi anni della seconda metà del Quattrocento e tra i quali sembra si debba annoverare anche quello di podestà a Terni non menzionato dal Fecini e dal Dati, il G. si trovasse nuovamente a Siena e vi fosse ancora quando Pio II salì al soglio pontificio (1458). Al Piccolomini egli scrisse una lettera (anch'essa purtroppo priva di elementi cronologici, ma evidentemente dell'inizio del pontificato) in cui lamentava con profonda amarezza l'esclusione dei nobili dal governo della sua città (Savignano sul Rubicone, Accademia dei Filopatridi, ms. 75, cc. 71r-72r). Il G. giunse a Roma e approdò in Curia, insieme con quella moltitudine di suoi concittadini che, dopo l'elezione di Pio II, fu chiamata a ricoprire cariche di rilievo nell'amministrazione pontificia; forse con lui giunsero alcuni familiari, tra i quali va certamente annoverato quel Francesco Ghinucci che, per conto del banco senese di Ambrogio Spannocchi, presentò nel 1462 i conti della Camera capitolina per la revisione nella Camera apostolica (Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Camera Urbis, reg. 337).
Il G. intraprese allora la propria carriera curiale ed ecclesiastica, all'inizio in qualità di semplice scrittore delle lettere apostoliche. Tenne quest'ufficio durante tutto il pontificato del papa senese e lo rassegnò solo quando, il 12 nov. 1470, Paolo II lo nominò vescovo di Sovana in luogo di Tommaso Piccolomini trasferito alla diocesi di Pienza.
Il G. continuò comunque a mantenere nel territorio senese alcuni benefici che gli erano stati concessi probabilmente durante il pontificato precedente. Tra essi quello della parrocchiale di S. Maria di Pava nella diocesi pientina (oggi Pieve a Pitti in Val d'Era), per il quale regolarmente egli pagò l'annata il 31 maggio. A questo si aggiunse alcuni anni dopo quello della parrocchiale di S. Bartolomeo a Siena, che Sisto IV, insieme con la conferma del precedente, gli concesse il 20 dic. 1476, dopo che esso era rimasto vacante per la morte di Geremia de' Contugi. Il 23 luglio 1478, poi, il card. Francesco Todeschini Piccolomini in qualità di vescovo di Siena gli affidò la rettoria della chiesa senese di S. Egidio e in particolare la cura delle strutture e degli edifici a essa annessi.
Nel frattempo, il 14 maggio 1474, Sisto IV lo aveva nominato governatore di Città di Castello, in sostituzione del vescovo di Teramo Giovanni Antonio Campano. A costui egli subentrò forse soltanto alcuni mesi dopo, perché il Campano si trovava certamente nella città umbra durante le prime fasi della campagna tifernate condotta dalle truppe pontificie all'inizio dell'estate di quell'anno contro Niccolò Vitelli (era certamente ancora a Città di Castello in giugno, quando di lì scrisse al pontefice).
Durante questi anni il G. ebbe un breve scambio epistolare con il card. Iacopo Ammannati, con cui quella familiarità che lo legava in generale al gruppo dei pieschi in Curia era divenuta più stretta almeno a partire dall'estate del 1474. Al mese di luglio di quell'anno, infatti, risalgono una lettera dell'Ammannati al proprio segretario Iacopo Gherardi da Volterra - dalla quale il G., qui indicato come "Soanensis noster", risulta tra gli amici senesi più intimi del cardinale insieme con Guidantonio Piccolomini e il poeta e medico Bernardo Lapini da Montalcino - e una diretta proprio al G. (Ammannati Piccolomini, p. 1827, n. 727 del 16 luglio; pp. 1829-1831, n. 729 del 19 luglio). Non è chiaro poi se vada riferito ad ambiente e avvenimenti senesi il contenuto di un'altra lettera dell'Ammannati al G., dove si tratta di una biblioteca, di cui il proprietario sembra si volesse disfare, e di una casa al cui acquisto uno dei due corrispondenti era forse interessato (ibid., pp. 1896 s., n. 712 del 26 nov. 1474). Da due lettere successive sappiamo che il G. fu ospite del cardinale in più di un'occasione nella villa che quello aveva di recente restaurato in Monsindoli, nella campagna senese; dalla prima si ricava anche che il G. aveva composto alcuni versi in onore del suo ospite e della dimora nella quale era stato accolto (ibid., pp. 1913 s., n. 776 del 29 nov. 1474; pp. 1952 s., n. 806 del 9 giugno 1475). Da un'ultima epistola, infine, emerge una questione non chiara in cui il G. era coinvolto e che ricordava molto all'Ammannati un'analoga vicenda che egli stesso aveva vissuto tempo addietro, quando c'era stato chi aveva insinuato che il cardinale avesse occultato i cadaveri di alcuni familiari morti di peste, ed egli aveva reagito proprio come ora l'amico, mostrandosi fermo e sereno di fronte alle accuse e ai sospetti (ibid., pp. 2046 s., n. 865, dopo il giugno 1476).
All'inizio della primavera del 1480 è possibile che il G. fosse nuovamente a Roma, perché al 31 marzo di quell'anno è datata la sua adesione alla confraternita romana collegata all'ospedale di S. Spirito in Sassia, tanto più che già in questo periodo (e in maniera sempre più pressante negli anni immediatamente successivi) egli dovette far fronte in Sovana alle molestie e alle angherie del conte di Pitigliano Niccolò (III) Orsini, il quale voleva a tutti i costi collocare un proprio fratello a capo del locale vescovato. In questa vicenda intervennero nel 1483 a sua difesa i Senesi con una lettera al pontefice con cui si chiedeva il suo trasferimento alla sede più tranquilla di Massa Marittima, resasi di recente vacante per la morte del loro concittadino Giovanni Gianderoni. Ma a essi rispose Sisto IV il 17 settembre, scrivendo che volentieri avrebbe acconsentito alla loro richiesta, ma, poco prima che essa gli fosse pervenuta, egli aveva già provveduto (il 10 settembre) alla nomina a quella sede del protonotario apostolico Girolamo Conti (Arch. segr. Vaticano, Arm. XXXIX, t. 16, cc. 25v-26r; alla c. 26r è un'analoga esortazione del pontefice al cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, affinché si adoperi per far accettare di buon grado alla Repubblica la nuova nomina al posto di quella del G.).
Verso la fine del 1484 il G. fu incaricato dai Senesi, insieme con Salimbene Capacci, Lorenzo Buoninsegni e Achille d'Elci, di portare l'ossequio della città al neoeletto Innocenzo VIII e in questa occasione egli pronunciò l'orazione al pontefice (stampata ben tre volte in quello scorcio del secolo XV, sempre a Roma: Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, nn. 2319, 4293 s.), con cui ricordava a Giovan Battista Cibo le figure dei papi originari di Siena: Alessandro III, Gregorio VIII (nativo di Sovana nel territorio della Repubblica), Pio II naturalmente, ma anche Eugenio IV e Paolo II che, pur essendo veneti, vollero entrambi avere la cittadinanza senese.
Al nuovo pontefice il G. nuovamente chiese di essere rimosso dalla scomoda diocesi maremmana e, nel febbraio del 1489, pregò Lorenzo de' Medici di scrivere una commendatizia in suo favore per fargli ottenere almeno la vicina sede di Grosseto, alla quale fu subito preposto il successivo 9 marzo (il 18 marzo 1488 per l'Ugurgieri Azzolini, I, p. 144; il 4 febbr. 1489 per l'Ughelli, III, col. 690; è certo che il G. pagò la tassa relativa all'assunzione della nuova diocesi, attraverso il banco della propria famiglia, il 26 marzo 1489: Arch. segr. Vaticano, Intr. et Ex., reg. 518, c. 51r).
Morì il 31 dic. 1498 secondo l'Ughelli, per il quale il G. esercitò anche la funzione di collettore delle decime nel 1490, ma di questa notizia non è stato possibile rinvenire finora alcun valido riscontro documentario.
Fonti e Bibl.: Un cospicuo numero di lettere a e dal G. sono in Savignano sul Rubicone, Biblioteca dell'Accademia rubiconia dei Filopatridi, ms. 75, passim; la lettera a Lorenzo de' Medici è in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, filza XL, n. 200; documenti in: Arch. segr. Vaticano, Introitus et Exitus, regg. 485, c. 43v; 486, c. 25r; Reg. Lat., 780, cc. 143r-144v; Reg. Vat., 656, cc. 72v-73r; Bibl. apost. Vaticana, Reginense latino 386, c. 349r; J. Burckardus, Liber notarum…, a cura di E. Celani, I, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXXII, 1, pp. 87-89; T. Fecini, Cronaca senese, a cura di A. Lisini - F. Iacometti, ibid., XV, 6, p. 860; A. Dati, Opera, Senis 1503, c. CCIIv; G. Aliotti, Epistolae et opuscula…, Arretii 1769, I, pp. 203-206; Necrologi e libri affini della provincia romana, a cura di P. Egidi, II, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XLV, Roma 1914, p. 163; I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a cura di P. Cherubini, Roma 1997, ad ind.; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi…, Pistoia 1649, I, pp. 143 s.; II, p. 51; [G.A. Pecci], Lettera sull'antica, e moderna derivazione delle famiglie nobili di Siena scritta, e composta da Lucensio Contraposto da Radicondoli…, Gallipoli 1764, pp. 51, 55; A. Cappelli, Una lettera del vescovo di Sovana A. G. a Lorenzo il Magnifico, in Bullettino senese di storia patria, XIII (1906), pp. 222-226; W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behörden vom Schisma bis zur Reformation, II, Roma 1914, pp. 187, 190; G. Celata, Antologia storica della diocesi di Sovana-Pitigliano, Pitigliano 1968, pp. 63 s.; E. Lee, Sixtus IV and men of letters, Roma 1978, p. 98; G. Fioravanti, Alcuni aspetti della cultura umanistica senese nel '400, in Rinascimento, s. 2, XIX (1979), p. 152; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, III, Venetiis 1718, coll. 690 n. 39, 757 s. n. 38; Archivio Mediceo avanti il principato. Inventario, II, Roma 1955, p. 412; Indice delle edizioni romane a stampa (1467-1500), in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi. Atti del Seminario,… 1979, Città del Vaticano 1980, pp. 119 n. 854, 126 n. 97, 233 n. 1703; C. Eubel, Hierarchia catholica…, II, pp. 161, 243; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 147; IV, p. 455; Repertorium fontium historiae Medii Aevii, V, p. 113.