Sarris, Andrew
Teorico del cinema e critico statunitense, nato a New York il 31 ottobre 1928. Tra i maggiori studiosi di cinema del suo Paese, a partire dagli anni Sessanta ha elaborato un approccio critico alla produzione hollywoodiana fondato sull'eredità teorica delle scuole cinematografiche europee, in particolare di quella francese. Nel corso della sua carriera ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra i quali il Premio speciale della Los Angeles Film Critics Association nel 1984 e il Prix Maurice Bessy al Festival di Montréal nel 1995.
Durante gli studi universitari alla Columbia University conobbe Jonas Mekas e sin dal 1955 iniziò a scrivere sulla rivista fondata da quest'ultimo, "Film culture", sviluppando un linguaggio e uno stile intellettualmente raffinati, orientati all'analisi del film come oggetto artistico e non come prodotto di puro intrattenimento. Nel 1961 visse per alcuni mesi a Parigi, entrando in contatto con le avanguardie cinematografiche e critiche della Nouvelle vague. Influenzato dagli scritti di André Bazin e del gruppo dei "Cahiers du cinéma", in un articolo del 1962 pubblicato su "Film culture" S. coniò il termine auteur theory, personale interpretazione della politique des auteurs sostenuta da François Truffaut. L'obiettivo di questa teoria è l'indagine della visione autoriale, che realizza nell'oggetto concreto (il film) un "interior meaning", vale a dire un significato interiore attribuibile all'intenzione del regista stesso. Rispetto alla concezione espressa dai critici dei "Cahiers du cinéma", la teoria di S. insiste sulla dimensione materiale della produzione filmica (il contesto economico-industriale) e sui rapporti tra il singolo film e la storia del cinema nel suo complesso.
La sua attività di critico è rimasta costante nel corso degli anni: dopo l'esperienza di "Film culture", dal 1960 al 1989 è stato redattore della rivista newyorkese di area radical "Village voice" e, in seguito, critico cinematografico del quotidiano "New York observer"; dal 1969 ha assunto l'incarico di insegnare cinema presso la School of the Arts della Columbia University.
L'interesse per le categorie interpretative di matrice europea ha spinto S. a rileggere in profondità la storia del cinema hollywoodiano. In The American cinema: directors and directions 1929-1968 (1968), testo che ebbe un impatto dirompente nel panorama statunitense, nel tentativo di costruire un 'pantheon' (aperto a continue ridefinizioni) dei registi fondatori del cinema americano, S. mette in evidenza come lo sviluppo della forma cinematografica hollywoodiana classica si debba all'incontro tra molteplici esperienze geograficamente distanti tra loro. In Politics and cinema (1978) l'attenzione si sposta sui meccanismi attraverso cui la 'forma cinema' mette in scena le dinamiche politiche dell'esistenza, mostrando come i film americani abbiano costantemente riflettuto le inquietudini politiche del Paese dalle origini sino alla contemporaneità. S. ha poi ripreso le problematiche di The American cinema in "You ain't heard nothin' yet": the American talking film, history & memory, 1927-1949 (1998), che rilegge la storia del cinema americano alla luce dei cambiamenti politico-economici avvenuti nel Paese durante la prima metà del Novecento; il pantheon registico alla base dello sviluppo della produzione statunitense appare inoltre ulteriormente arricchito, in quanto l'analisi risulta ampliata a film e autori in precedenza ignorati o scarsamente considerati (come King Vidor, Preston Sturges, Leo McCarey, George Cukor, Frank Capra, George Stevens, Frank Borzage e, soprattutto, Billy Wilder).
F. Casetti, Teorie del cinema 1945-1990, Milano 1993, pp. 87-88; Citizen Sarris, American film critic. Essays in Honor of Andrew Sarris, ed. by E. Levy, Lanham (MD) 2001.