ANDROKYDES (᾿Ανδροκύδης, Androcçdes)
1°. - Pittore greco da Cizico, della fine V - inizio IV sec. a. C. Plinio (Nat. hist., xxxv, 64), lo pone come coevo e sullo stesso piano di Zeusi, Timanthes, Parrasio ed Eupompos. Plutarco (Pelop., 25, 7) ricorda il suo dipinto rappresentante una battaglia di cavalieri, commessogli dai Tebani, nel 379 circa, durante l'assedio di Tebe; rimasto interrotto, fu completato solo più tardi, dopo la liberazione della città e dedicato nel 371. La scena di battaglia - forse quella contro gli Arcadi ricordata da Plutarco (Pelop., 4) - raffigurava, come personaggi principali, Pelopida ed Epaminonda. Un'altra opera famosa di A. era una rappresentazione di Scilla, dove erano stati resi con speciale accuratezza i pesci; è probabile che da A. sia nato, o almeno sia stato rafforzato, quel gusto di rappresentare naturalisticamente nature morte e fondi marini che ricorre nella pittura posteriore e nel mosaico ellenistico-romano. Ateneo (viii, 341 A) chiama A. ζωγράϕος; Plutarco (Symp., iv, 2, 3, 8 e iv, 4, 2, 11) dice che nella pittura di lui pare che il sentimento predomini sulla tecnica; Vitruvio (De arch., iii, praef. 2, corr. Krohn) lo nomina insieme ad Aristomenes di Taso.
Bibl: H. Brunn, Geschichte d. griech. Künstl., II, Stoccarda 1889, 124; O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, I, c. 2150, s. v., n. 3; B. Sauer, in Thieme-Becker, I, p. 488, s. v.; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, II, pp. 695 e 698; A. De Capitani, La grande pittura greca, Milano 1945, p. 54; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 151.