Andropausa
Viene definito andropausa (o climaterio maschile) quell'insieme di modificazioni, soprattutto a carico della sfera genito-sessuale, che si manifesta nell'uomo nella sesta decade di vita, per accentuarsi con il crescere dell'età. È ancora dibattuto se l'andropausa sia una semplice espressione andrologica della senescenza o se rappresenti un'entità clinica ben precisa da diagnosticare con accuratezza e da trattare con farmaci idonei. Il problema si pone perché è oggi chiaramente dimostrato un parallelismo tra avanzare dell'età e declino delle funzioni ghiandolari con patologie associate.
La menopausa e il climaterio femminile (cioè il complesso dei fenomeni endocrini e metabolici che si associano alla menopausa) possono considerarsi propri dell'invecchiamento e si manifestano in tutte le donne, anche se con quadri clinici diversi. Essi sono caratterizzati sempre dalla cessazione dei flussi mestruali, dalla rapida e drastica diminuzione del tipico ormone femminile, l'estradiolo (E₂), e infine dalla scomparsa della capacità riproduttiva. Ciò non si verifica nell'uomo, dato che è possibile riscontrare (anche se in casi sporadici) una capacità fecondante anche in età molto avanzata. Sono invece relativamente manifesti segni di diminuzione della virilizzazione, quali diminuzione della barba e dei peli pubici, ingrandimento della ghiandola mammaria (ginecomastia) e disturbi della funzione erettile.
Anche se alcuni uomini anziani, senza malattie associate, possono avere un livello di testosterone (T) - tipico ormone maschile - non significativamente diverso da quello di uomini giovani, è oggi chiaramente dimostrata, pur con una ampia variabilità, una diminuzione progressiva del T a partire dai 50 anni. Con l'invecchiamento viene anche perso il ritmo giornaliero (circadiano) del T, con riduzione del picco mattutino. Il T circola nel sangue in gran parte in forma inattiva, essendo legato a una specifica proteina di trasporto (SHBG, Sex hormone binding globulin); con il crescere dell'età aumenta la SHBG e quindi diminuisce specificamente la quota di T libero bioattivo. Dati contrastanti riguardano invece le modificazioni del diidrotestosterone (DHT, Dihydrotestosterone, il potente metabolita attivo periferico del T), le quali sembrano legate più a patologie croniche concomitanti che non all'età. Il T viene prodotto nel testicolo da parte delle cellule di Leydig sotto lo stimolo di uno specifico ormone ipofisario (LH, Luteinizing hormone).
I valori ematici dell'ormone LH aumentano lentamente e progressivamente dai 40 ai 70 anni, con un successivo ulteriore drastico incremento, al fine di compensare (purtroppo inutilmente) il difetto della secrezione testicolare di T che si verifica con l'aumento dell'età. I livelli di E₂ permangono invece costanti, verificandosi quindi un aumento del rapporto E₂/T. Inoltre, siccome il T è legato alla SHBG in quantità maggiore che non l'E₂, il rapporto tra E₂ libero e T biodisponibile è ulteriormente aumentato, il che giustifica i segni di diminuita virilizzazione e l'eventuale comparsa di ginecomastia. A ciò contribuisce anche l'aumento della aromatizzazione del T, cioè della trasformazione del T in E₂, a livello del tessuto adiposo.L'ormone della crescita (GH, Growth hormone), fondamentale per il fisiologico sviluppo staturale, è anche molto importante nell'adulto, per i significativi effetti sul metabolismo degli zuccheri, delle proteine e dei grassi e per il ruolo attivo sulla massa muscolare, sulla percentuale di grasso corporeo e sulla densità minerale ossea.
Sulla base di casistiche ormai sufficientemente ampie è stata anche ipotizzata un'azione del GH sull'atteggiamento psicologico, sulla funzione renale e sulla funzione cardiaca. Anche per il GH è oggi ampiamente dimostrata una diminuzione dipendente dall'età. Infine, con l'aumento dell'età si riduce anche la produzione dell'androgeno di origine surrenalica, il deidroepiandrosterone (DHEA, Dehydroepiandrosterone). Questo dato è di notevole importanza clinica dato che il DHEA sembra essere inversamente correlato con la mortalità dovuta a malattie coronariche, con l'ipercolesterolemia e con l'ipertensione arteriosa, nonché con il diabete mellito non insulino dipendente, l'artrite reumatoide e alcuni tumori. Il DHEA sarebbe anche implicato nella distribuzione del tessuto adiposo.
Per quanto riguarda specificamente la gonade maschile, la valutazione istologica del testicolo mostra una enorme variabilità individuale. Anche se è stato possibile osservare in alcuni soggetti con più di 90 anni una morfologia sovrapponibile a quella di soggetti giovani, mediamente le cellule di Leydig diminuiscono in funzione dell'età e presentano fenomeni degenerativi; questo dato rappresenta l'aspetto morfologico della situazione clinica, già segnalata, della diminuzione del T e dell'aumento dell'LH. Inoltre i tubuli seminiferi appaiono di volume ridotto, vi è un arresto nella maturazione delle cellule che danno origine agli spermatozoi e si osserva un ispessimento fibroso della parete tubulare e una fibrosi del tessuto interstiziale, con conseguente deficit di ossigenazione, nonché con alterazioni metaboliche. Si riduce anche la produzione giornaliera di spermatozoi, cui si associa un aumento dell'ormone ipofisario che stimola la spermatogenesi (FSH, Follicle stimulating hormone).
L'andropausa, intesa come l'insieme delle modificazioni endocrino-metaboliche maschili legate all'invecchiamento, comporta anche il declino della capacità potenziale fecondante. Anche in questo caso la variabilità è enorme, e la possibilità di paternità in età molto avanzata (basti ricordare, per es., i casi notissimi di Picasso e di Chaplin) è un dato eclatante che sottolinea la differenza tra menopausa e andropausa. L'esame del liquido seminale di uomini fertili in età avanzata può variare da valori quasi sovrapponibili a quelli di soggetti giovani a una significativa diminuzione del numero degli spermatozoi e della loro motilità. Studi epidemiologici in soggetti sani volontari hanno potuto evidenziare, dopo i 40 anni, un progressivo peggioramento delle caratteristiche seminali, con diminuzione del volume dell'eiaculato, del numero degli spermatozoi, della percentuale di forme mobili, e aumento del numero degli spermatozoi con atipie morfologiche; il quadro diventa drasticamente più evidente dopo i 60 anni.
Peraltro la valutazione dei test di funzione nemaspermica ha dimostrato che, a parità di caratteristiche dello spermiogramma standard, uomini pre e post andropausa hanno spermatozoi funzionalmente simili. Questo dato sembra indicare che le alterazioni seminali sono condizionate, piuttosto che dall'età, da processi patologici correlati con l'età, siano essi di natura internistica oppure più propriamente andrologici. Conseguenza pratica è che l'uomo infertile, anche dopo l'andropausa, deve essere seguito, e se possibile curato, con la stessa attenzione dedicata agli infertili più giovani.
Per quanto riguarda la sessualità, così come la donna dopo la menopausa, anche l'uomo dopo l'andropausa può mantenere una soddisfacente attività sessuale. In effetti, gli uomini con partner convivente conservano un'attività sessuale nell'80-90% dei casi nella fascia d'età compresa tra i 60 e i 69 anni, nel 50-59% tra i 70 e i 79 anni, e nel 28% negli ultra ottantenni. È comunque necessario sottolineare che con l'andropausa, anche in presenza di una soddisfacente attività sessuale, si iniziano, e con l'aumentare dell'età si accentuano sempre più, alcune modificazioni delle fasi del rapporto sessuale. La fase dell'eccitamento è prolungata, con un ritardo nell'ottenimento della erezione. La successiva fase, o plateau, che dura dal momento della erezione all'eiaculazione, è prolungata; l'intensità dell'erezione è diminuita e vi è necessità, per mantenerla, di una stimolazione più prolungata e intensa. La fase orgasmica è ridotta, con una diminuzione della propulsione del gettito eiaculatorio; vi è una diminuzione del piacere orgasmico e una più rapida detumescenza. Il periodo refrattario, cioè la fase posteiaculatoria in cui la stimolazione sessuale non è in grado di determinare una nuova erezione, è prolungato. Anche la frequenza e l'intensità delle erezioni notturne sono progressivamente ridotte. L'importanza psicologica di una partner convivente è fondamentale, dato che negli anziani rimasti soli la capacità di compiere un atto sessuale si mantiene solo nel 30% dei casi.
Le modificazioni sessuali che iniziano con l'andropausa e che procedono con l'aumento dell'età hanno quasi sempre una patogenesi multifattoriale. L'importanza del T è fondamentale nei casi di franco ipogonadismo, con valori ematici drasticamente ridotti; molto più sfumato risulta invece l'impatto sulla sessualità del lento e progressivo ridursi del T che inizia con l'andropausa. Il vero ruolo attivo sembra essere svolto dal T libero bioattivo, il cui livello è significativamente correlato con il desiderio sessuale, la potenza sessuale e le erezioni notturne. Contemporaneamente possono associarsi altri stati patologici, che trovano nell'andropausa un elemento che facilita la loro comparsa e che, comunque, si manifestano in maniera più evidente con l'invecchiamento. I disturbi vascolari arteriosi del pene, con diminuzione del flusso ematico, rappresentano circa la metà di tutte le cause di impotenza nei soggetti con più di 50 anni. I disturbi vascolari venosi determinano un difetto nel controllo dello scarico ematico e trovano la causa principale in alterazioni della tunica albuginea del pene o in disfunzioni della muscolatura liscia dei corpi cavernosi.
Gli stati patologici che possono essere i principali responsabili di deficit erettivi sono il diabete mellito, le malattie cardiovascolari, le flogosi genitourinarie, l'insufficienza renale, la cirrosi epatica e le malattie neuropsichiatriche. Il quadro appare ancora più chiaro sottolineando l'effetto negativo che molti farmaci possono avere sulla attività sessuale: in particolare, alcuni farmaci antipertensivi, alcuni diuretici, alcuni tranquillanti e antidepressivi, alcuni ormoni, nonché l'abuso di alcolici e tabacco. La situazione psicologica, già di fondamentale importanza nel vissuto di una normale attività sessuale, diventa essenziale al momento dell'andropausa, quando possono manifestarsi o riacutizzarsi sindromi depressive (spesso associate a ridotti livelli di T). Inoltre, le fisiologiche modificazioni delle fasi dell'atto sessuale, se non conosciute o non accettate, scatenano un'ansia da prestazione, con paura di fallire e senso di colpa e di vergogna per l'eventuale fallimento, che innesca un circolo vizioso ingravescente talora sino all'impotenza.
L'approccio terapeutico all'andropausa e ai disturbi correlati è, ancora oggi, del tutto controverso. È comunque convinzione diffusa, tra ricercatori e clinici, che l'uso del T nella terapia dell'andropausa non sia assolutamente comparabile alla terapia sostitutiva con E₂ della menopausa. Ovviamente l'uso del T appare indicato nei casi caratterizzati da una netta diminuzione di questo ormone. Ciò per la sua azione positiva non solo sui caratteri sessuali secondari, sulla libido e sulla potenza sessuale, ma anche sull'umore, sulle capacità cognitive, sul vigore fisico, sul metabolismo proteico e sulle masse muscolari, sulla eritropoiesi e sulla distribuzione del tessuto adiposo. Accanto a questi indubbi effetti positivi è necessario ricordare la presenza di potenziali effetti collaterali, soprattutto in presenza di altre patologie, quali l'insorgenza di una ginecomastia, la ritenzione idrica, lo sviluppo di una policitemia, l'esacerbazione di crisi di apnea notturna, l'aumento del rischio di malattie cardio-vascolari. La preoccupazione principale, comunque, è il possibile effetto del T su un eventuale carcinoma prostatico, tenendo presente l'aumento di tale patologia dall'andropausa in poi, tanto che in circa il 50% degli uomini di 70 anni è presente un microcarcinoma a livello prostatico. Se appare oggi da escludere che una terapia con T possa essere la causa dell'insorgenza di un tumore della prostata, non vi è ancora una chiara risposta all'interrogativo se il T possa far passare questo carcinoma dallo stadio in situ allo stadio invasivo.
La terapia con T deve essere assolutamente proscritta nei casi dubbi e deve comunque essere limitata ai casi con effettiva diminuzione del suo livello plasmatico e associata a periodici controlli clinici, laboratoristici ed ecografici.
Recentemente è stato proposto l'uso del GH nei soggetti che, durante o dopo l'andropausa, presentino un deficit di tale ormone. Gli effetti positivi si esplicano in un aumento della massa magra e in una diminuzione del grasso corporeo, soprattutto a livello dell'addome; è possibile anche osservare un miglioramento dello stato psicologico e della forza fisica, dell'emodinamica renale e della funzione cardiaca. Si possono tuttavia manifestare effetti collaterali, dei quali i principali sono la comparsa di edemi, l'intolleranza glicidica e l'aumento della pressione arteriosa. Ancora a livello iniziale e con risultati contrastanti sono il trattamento con DHEA e quello con melatonina.
In conclusione, è oggi possibile affermare che alla menopausa femminile corrisponde nel maschio l'andropausa - o climaterio maschile -, sia pure in termini clinici molto più sfumati, con tempi di insorgenza e di evoluzione estremamente mutevoli e con un'accentuatissima variabilità nell'espressività sintomatologica. Peraltro proprio per queste caratteristiche tale sindrome è stata riconosciuta e definita solo negli ultimi anni, e sia l'approccio diagnostico sia l'approccio terapeutico sono ancora in fase iniziale.
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