Wajda, Andrzej
Regista cinematografico polacco, nato a Suwałki il 6 marzo 1927. Ha rappresentato una delle voci più significative del cinema dell'Est europeo nel periodo del 'disgelo' seguito alla morte di Stalin. Nel suo cinema, appassionato e drammatico, estremamente coerente e connotato da un forte impegno politico e civile per la ricostruzione di uno spirito nazionale, primeggiano i temi dell'antisemitismo e del totalitarismo: dapprima nella cronaca eroica di episodi della Resistenza in opere come Kanał (1957; I dannati di Varsavia; Premio della giuria a Cannes) e Popiół i diament (1958; Cenere e diamanti), poi in un frequente uso metaforico di classici letterari e teatrali per kolossal a sfondo bellico, spesso in costume, come Popióły (1965; Ceneri sulla grande armata), Danton (1983) e il tardo Pan Tadeusz (1999, Il signor Tadeusz), trovando il proprio baricentro nell'esplicita denuncia dei soprusi del regime politico polacco, come Człowiek z marmuru (1977; L'uomo di marmo) e Człowiek z żelaza (1981; L'uomo di ferro), vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes). Per il conributo dato al cinema ha ricevuto nel 1996 l'Orso d'argento al Festival di Berlino e nel 2000 l'Oscar onorario.
Figlio di un militare di carriera, durante la guerra si arruolò nelle formazioni partigiane non comuniste. Dopo la guerra si iscrisse nel 1953 alla Scuola di cinematografia di Łódź, dove realizzò i suoi primi cortometraggi. Esordì nel 1955 con il lungometraggio Pokolenie (Generazione), primo di tre film dedicati a episodi della Resistenza antinazista: la cosiddetta 'trilogia della generazione perduta', con cui tracciò un impressionante ritratto dell'impotenza dei giovani cresciuti nel clima di terrore della Polonia occupata. Il discorso proseguì con Kanał, sulla fuga degli insorti della capitale polacca attraverso le fognature, e si concluse con quello che fu considerato uno dei capolavori del cinema europeo del dopoguerra, Popiół i diament, opera sostenuta da un ritmo narrativo incalzante, imperniata sulla lacerante vicenda di un membro della Resistenza nazionalista, Maciek (Zbigniew Cybulski). Apologo contro l'assurdità della guerra a carattere metaforico e con punte di melodramma è il primo film a colori di W., Lotna (1959), mentre di tutt'altro tenore è l'analisi della nuova generazione e del suo orizzonte anticonformista, spia di un concreto 'male di vivere', che il regista svolse con Niewinni czarodzieje (1960; Ingenui perversi), su sceneggiatura di Jerzy Skolimowski che rispecchia in molti tratti la poetica della Nouvelle vague. Con il toccante Samson (1961, Sansone), da un romanzo di K. Brandys, W. descrisse l'odissea psicologica e materiale di un giovane ebreo polacco nel periodo della Shoah, ma presto tornò al clima del nuovo cinema partecipando con l'episodio Warszawa (Varsavia) al film collettivo L'amour à vingt ans (1962; L'amore a vent'anni): uno spunto 'leggero' sul vuoto comunicativo tra la generazione dei ventenni e quella del regista. Meno lucido e più occasionale appare Sibirska ledi Magbet (1964, Una lady Macbeth siberiana), tratto da N. Leskov, primo di una serie di film in costume di grandi mezzi produttivi, cui fecero seguito Popióły, dal romanzo di S. Żeromski, epico affresco della Polonia ai tempi della campagna di Russia di Napoleone, e una produzione inglese, Gates to Paradise (1967), opera suggestiva e visionaria, ambientata nel Duecento, molto lontana dalla schietta energia civile che costituì il maggior punto di forza del regista. Un posto a sé è occupato da Wszystko na sprzedaż (1968; Tutto in vendita), dedicato all'attore Zbigniew Cybulski morto nel 1967, che chiuse un'epoca oscillante e segnò il ritorno all'impegno di W., il quale con Krajobraz po bitwie (1970; Paesaggio dopo la battaglia), ispirato ai racconti di T. Borowski, volle narrare una toccante storia d'amore in un campo di sterminio nazista (interpretata da Daniel Olbrychski, che avrebbe lavorato con W. a lungo). Nel 1972 W. assunse la direzione del gruppo di produzione X, appena fondato, stimolando i giovani ad affermare istanze di libertà artistica e politica (v. Polonia). La trasposizione da opere letterarie fu il punto di partenza dei successivi Brzezina (1970; Il bosco di betulle), tratto da J. Iwaszkiewicz, Pilatus und Andere (1972), per la televisione della Germania Federale, da Il Maestro e Margherita di M.A. Bulgakov e Wesele (1973; Le nozze), versione del poema drammatico di S. Wyspiański. Uno spirito più arguto e illuminista attraversa Ziemia obiecana (1975; La terra della grande promessa), tratto da W. Reymont, spietata analisi del cinismo della rivoluzione industriale nella città di Łódź, quasi un preludio al vigoroso attacco frontale alla repressione politica dell'era staliniana di Człowiek z marmuru, film della svolta che sintetizza tutti i temi del cinema di W. attraversando trent'anni di storia polacca attraverso la figura dell'operaio stakanovista Mateusz Birkut (Jerzy Radziwiłowicz), su cui una studentessa (Krystyna Janda) vorrebbe fare un film. Dopo aver realizzato in coproduzione con la televisione inglese Smuga cienia (1976; La linea d'ombra), dal romanzo di J. Conrad, in Bez znieczulenia (1978, Senza anestesia) ha raccontato la crisi senza apparenti spiegazioni di un giornalista di successo. Un umore più nostalgico e intimista attraversa il lirico Panny z Wilka (1979, Le signorine di Wilko), acceso di una più sottile vena polemica in Dyrygent (1980; Direttore d'orchestra), con John Gielgud. Dopo gli scioperi del 1980 e l'avvento della dittatura militare del generale W.W. Jaruzelski, W., figura istituzionale della cultura polacca, ha scelto l'arma del cinema politico con Człowiek z żelaza, seguito di Człowiek z marmuru, trasformandolo in un j'accuse al regime: il film, al di là della schematicità e del tono volutamente populistico, è diventato un simbolo della lotta per la libertà nell'Est europeo. Successivamente ha lavorato in Francia per realizzare Danton (1982), da un dramma della polacca S. Przybyszewska sui giorni del Terrore, con Gérard Depardieu, che affronta il tema del conflitto tra i movimenti di massa e i loro leader; per il film W. ha vinto il César nel 1983. Ha diretto poi due film sulla Seconda guerra mondiale in chiave romantica, la produzione tedesca Eine Liebe in Deutschland (1983) e Kronika wypawdów miłosnych (1986, Cronaca di fatti d'amore), mentre con Les possédés (1988; I demoni), dal capolavoro di F.M. Dostoevskij, W. ha focalizzato il rapporto problematico tra rivoluzione e totalitarismo. Korczak (1990; Dottor Korczak) è la storia di un santo laico, un medico morto in campo di concentramento con un gruppo di orfani ebrei. Le regie di W. degli anni Novanta, parallele all'impegno politico assunto nel 1989 come senatore per Solidarność, hanno risentito della sua attività teatrale, e non hanno trovato terreno fertile fuori della Polonia: Pierścionek z orłem w koronie (1993, L'anello con l'aquila incoronata), Nastazja (1994) e Wielki tydzień (1996, Settimana santa). Più lucido Panna Nikt (1996, La signorina Nessuno), apologo contemporaneo dalle tinte moraliste sulla 'corruzione' di una ragazza cattolica di campagna da parte di due giovani cittadini. Di diverso tenore è Pan Tadeusz, tratto dal capolavoro del poeta nazionale A. Mickiewicz e ambientato nel periodo in cui la Lituania era ancora parte della Polonia, che, grazie a un cast di grandi attori polacchi (Olbrychski in primis), descrive tra ironia e rimpianto l'ingenua attesa del 'salvatore' Napoleone da parte di un gruppo di nobili lituani.
B. Michalek, The cinema of Andrzej Wajda, London 1973; G. Curi, Cenere e diamanti. Il cinema di Andrzej Wajda, Roma 1980; P. D'Agostini, Andrzej Wajda, Firenze, 1994.