ANELLO (fr. anneau, sp. anillo; ted. Ring; ingl. ring)
È un cerchietto di metallo, di solito prezioso, o anche di altra sostanza, che si porta nelle dita delle mani per motivo di ornamento od altro. È conosciuto ed usato dalla più lontana antichità; sembra però che sia posteriore all'anello bracciale.
Antichità orientale e classica. - Esso appare col periodo del bronzo, perché naturalmente presuppone la fusione del metallo, ed è da principio in bronzo mentre altri ornamenti in argento, spilloni e vaghi di collana, erano già apparsi in periodo neolitico. La prima forma dell'anello è assai semplice; è un cerchietto di filo o di verghetta o di lamina; qualche volta è attorto a spirale. Ma già nel periodo del bronzo cominciano ad usarsi per l'anello i metalli preziosi, l'argento, l'elettro e l'oro. Anche in questi casi, per altro, la loro forma semplice a cerchio o a spirale fa dell'anello ancora soltanto un oggetto d'ornamento.
L'anello a castone con decorazione incisa, cioè l'anello col sigillo, compare anch'esso nel periodo del bronzo, ma nell'ambito di una civiltà che fu particolarmente lussuosa negli oggetti d'ornamento e raffinata nelle condizioni della vita, cioè nella civiltà cretese-micenea. Questa forma è certo sorta dall'uso della pietra sigillare, portata come anello (v. glittica).
L'uso del sigillo è certamente di origine orientale, ma, anche se non si può escludere che talvolta esso fosse montato come anello, ad esempio nel caso dei cilindri babilonesi-assiri, che erano infilati in un cerchio di bronzo, per lo più il sigillo era foggiato e portato a pendaglio. questo il caso dei più antichi sigilli egiziani. Del resto l'Egitto aveva ricevuto l'uso del sigillo dalla Babilonia, come lo prova il fatto che il sigillo del primo re egiziano Menes era un cilindro. Solo dalla IV dinastia comincia presso l'egiziano l'uso dello scarabeo come sigillo ed esso viene montato ad anello (1, fig. 2): era infatti infilato in un cerchio di metallo ed era mobile intorno ad esso in modo da poter presentare verso l'alto ora il dorso foggiato a forma di scarabeo, cioè del simbolo del dio del sole, ora la faccia sigillare inferiore in cui erano incise iscrizioni e simboli. Solo con la XVIII dinastia sorge nell'Egitto la forma dell'anello di metallo, con castone sigillare piatto (2, fig. 2).
La civiltà cretese-micenea, dopo aver conosciuto anch'essa come forma più antica il sigillo a pendaglio (vedi sigilli della tholos di Haghia Triada in Creta), lo adoperò più tardi come pietra di anello, mobile intorno ad un cerchio di metallo. E creò nello stesso tempo l'anello interamente di metallo con castone fisso ed inciso. Il metallo preferito fu l'oro, in qualche caso si adoperò anche il ferro (anelli della tholos di Mideia nell'Argolide), il che sta a provare in quale conto era tenuto allora questo metallo per la sua rarità e preziosità. Il castone dell'anello cretese-miceneo è di solito ellissoidale, più di rado rettangolare e nel suo piccolo spazio l'artista ha spesso inciso scene di una straordinaria finezza e ricchezza di particolari (cacce, combattimenti, riti religiosi (1-3, fig. 1), animali in disposizione araldica (4, fig. 2), ecc.). Il maggiore finora comparso è uno trovato a Tirinto nel quale tre dèmoni con testa equina compiono una libazione dinanzi a una dea seduta. Non è sicuro che la fabbricazione di questi anelli fosse esclusiva di Creta. La loro età è da porsi tra il 1600 e il 1300 a. C.; più a lungo, sino verso il 1000 a. C., sembra che sia durato l'anello con pietra incisa, ma l'arte è là in continua decadenza e il soggetto predominante diviene la figura dell'animale (leone, toro, ecc.).
Che l'anello nella civiltà cretese-micenea sia stato adoperato realmente come sigillo lo prova la grandissima quantità di cretule, cioè di impronte di anelli sigillari che si sono trovate nei palazzi di Creta, particolarmente a Haghia Triada e a Zakro. Tale sigillatura, più che per autenticare documenti scritti in materiale andato perduto, doveva servire forse per controllare la quantità delle derrate che venivano deposte nei magazzini dei palazzi.
La decadenza della civiltà cretese-micenea ridusse di molto l'uso dell'oro e fece sparire l'anello con castone ornato. L'anello torna di nuovo ad essere un cerchio o una spirale in filo o in lamina di bronzo, più di rado in oro (Lemno).
La civiltà orientalizzante del sec. VIII-VII a. C. diffuse di nuovo nel mondo antico l'uso dell'anello con castone inciso, e siccome esso si ritrova a Cipro, a Rodi, nell'Etruria, si pensa che sia dovuto all'arte e al commercio fenicio. È un tipo di anello che va sotto il nome di anello ionico-etrusco (4, fig. 1). È d'oro o d'argento. La sua forma ellissoidale con estremità molto arrotondate ricorda assai il cartello egiziano dentro il quale si inscrivevano il nome e i titoli del Faraone. La decorazione incisa, spesso divisa in fasce, riproduce per lo più quegli animali ed esseri fantastici alati che sono prediletti dall'arte orientalizzante anche negli altri suoi prodotti e che rivelano in qualche caso una persistente tradizione dell'arte cretese-micenea.
La civiltà greca classica riconduce l'anello a più modeste proporzioni, a una più limitata decorazione. Si fanno anelli d'oro, elettro, argento, ma ve ne sono anche abbondantemente di bronzo. La fascetta o la verghetta cilindrica schiacciata dell'anello si allarga in un piccolo castone ellissoidale che porta per lo più una sola figura incisa, figura umana o d'animale. È questo l'anello tipico del secolo VI a. C. Nel sec. V e nel IV a. C., il castone dell'anello si ingrandisce, talvolta rimane ellissoidale, ma per lo più assume forma ovoidale: il suo campo è occupato da una sola figura eretta, seduta o distesa, più di rado da una sola testa. Predilette sono la figure di divinità, particolarmente della Vittoria; più rare sono le scene con più figure, talvolta è associato un Amorino alla dea Afrodite o a una donna mortale. L'incisione è spesso di una straordinaria finezza, e naturalmente rispecchia nei tipi delle figure la grande arte della pittura e della scultura (5-7, fig. 1).
Coi secoli dell'ellenismo sempre più il castone dell'anello tende a divenire circolare e ad ingrandirsi: tuttavia il suo campo rimane per lo più occupato da una sola figura o anche da teste di divinità (8, fig. 1) o da un oggetto, attributo od emblema.
Nel periodo ellenistico comincia anche ad essere lavorato con maggiore arte il cerchio dell'anello (inciso, striato, attorto a fune), e il castone, anziché portare un'incisione, è lavorato a rilievo con una figura di animale o con un busto di divinità. Naturalmente in tutta l'età greca accanto all'anello interamente in metallo è stato in uso l'anello con pietra incisa, ma la forma di essa (ellissoidale, ovoidale, circolare) è la medesima di quella del castone, e analoga ne è la decorazione. Che l'anello con pietra incassata dovesse in qualche caso essere una meravigliosa opera di oreficeria lo possiamo dedurre dal ricordo del famoso anello con smeraldo del tiranno Policrate di Samo, che era opera di Teodoro di Samo (Herod., III, 41).
L'Etruria, spariti gli anelli di tipo ionico, conserva come forma prediletta lo scarabeo per lo più di corniola, mobile nel cerchio di metallo (9-10, fig. 1). Ma l'esistenza di altri tipi interamente di metallo o con castone formato da una gemma liscia si deve dedurre dalle forme di quelli che ornano, spesso in notevole numero, le mani delle figure dei defunti scolpiti sul coperchio dei sarcofagi e delle urne cinerarie. Il gusto degli Etruschi per il lusso si manifestò talvolta non solo nella finezza della decorazione incisa sulla faccia piatta dello scarabeo, per quanto sempre più col tempo, nel corso del sec. IV a. C., il lavoro sia diventato rozzo e sommario, ma anche nella ricchezza della montatura in oro, sia per la lavorazione della lamina in cui era incassata la gemma (10-11, fig. 2), sia per la decorazione del cerchio dell'anello le cui due estremità talvolta erano foggiate a testa animalesca (leone, serpente, ecc.). Una decorazione analoga e anche più ricca ornava a rilievo la cupoletta ovale di uno dei tipi degli anelli etruschi a pietra incassata, che sembrano appartenere al secolo V a. C.: tale è ad esempio quella di un anello con delfini guizzanti al disopra di onde marine a forma di cirri (11, fig. 1).
L'arte romana è per altro quella che più ha variato la forma dell'anello e la sua decorazione (12-23, fig. 1). Naturalmente il più frequente fra tutti è l'anello con gemma o pasta vitrea incassata nel castone. Talvolta la gemma è liscia, il più spesso è incisa: incisa con uno stampo di metallo era sempre la pasta vitrea. Tra le gemme oltre alla corniola sono frequenti l'onice e la sardonice. La forma della gemma o della pasta vitrea poteva essere ellissoidale, circolare, rettangolare. Si considerò grande pregio la piccolezza massima dell'incisione. Nell'incisione della gemma talvolta erano riprodotti tipi statuarî più antichi, ma in generale si tratta di divinità o personificazioni romane (Fortuna), di buon augurio per il proprietario dell'anello. Non si dimentichi che all'anello o alla sua incisione veniva attribuita una capacità protettiva. Tanta passione per l'anello a pietra incisa si spiega in età romana quando appunto si cominciò a fare collezioni di gemme, e l'arte della glittica ebbe famosi incisori. Particolarmente romano fu l'uso di incastonare, anziché una gemma, una moneta (19, fig. 1), ma continuò anche l'uso dell'anello interamente in metallo. Tra i metalli fu prediletto l'oro, per quanto gente di povera condizione continuasse ad adoperare l'anello di bronzo e anche di ferro e di piombo. Talvolta l'anello fu fatto a nodo o a forma di serpente (16, fig. 1) o fu ornato alle due estremità con teste serpentine, o con busti di divinità (20, fig. 1). Più frequentemente il cerchio dell'anello si allargò a castone circolare, ovoidale, romboidale, e nel castone furono incise figure, teste, iscrizioni (21, fig. 1).
Fu anche in uso il castone con figura a rilievo (maschera; 23 fig. 1). Peraltro il più della sua arte l'orefice romano la spiegò nel dare foggia e sezione diversa al cerchio dell'anello che fu fatto sempre più massiccio, e nell'ornare con torniture o con trafori il cerchio medesimo (14 e 15, fig. 1).
Tra i più caratteristici anelli del periodo romano vi sono quelli, per lo più in bronzo ma anche in oro (22, fig. 1), al cui castone era aggiunta una piccola chiave: si era così evidentemente voluto riunire nel medesimo oggetto la chiave dello scrigno e il sigillo per i documenti. Tale tipo di anello sembra che fosse gia noto alla civiltà etrusca.
In periodo romano si diffuse anche l'uso di fare anelli d'altro materiale che non fosse il metallo, cioè di vetro, di pietre dure, d'avorio, d'osso (23, fig. 1), di terracotta, per quanto si abbia anche per le civiltà anteriori l'uso sporadico di tali anelli (9, fig. 2).
Secondo Floro l'anello passò a Roma dall'Etruria. Comune è a Roma l'anello di ferro, semplice, senza pietre preziose. Le classi ricche presto adottarono l'anello d'oro con la gemma nel castone, la cui moda fu introdotta, si disse, da Scipione Africano.
L'anello si portava dapprima in qualsiasi dito della destra o della sinistra, poi si preferì la mano sinistra e il quarto dito (anulare), in base a una credenza largamente diffusa nel folklore. Alla metà del sec. II a. C. già si usano da qualche personaggio, o potente, o ricco, o bizzarro, due anelli. Crasso si giustificava dei suoi due anelli con le sue grandi ricchezze. Nell'età augustea si arrivò a tre anelli, in dita diverse della sinistra, poi la moda fu di portare anelli in tutte le dita e non solo si portavano all'attaccatura del dito, ma anche uno per falange e persino sopra le articolazioni, così che ne era inceppato il movimento delle dita. Soltanto il dito di mezzo rimase privo di anelli.
Non vi fu nell'uso dell'anello distinzione fra uomini e dame; tutti lo usavano; a Roma si creò un'industria degli anelli che aveva per centro le Scalae anulariae dell'VIII regione. I Romani usarono per il δακτύλιος greco i termini anulus, condalium, ungulus; il castone dai Greci era detto σϕενδόνη (lett. "fionda") e dai Romani funda; la gemma incastonata, σϕραγίς ("suggello") e symbolum o semplicemente gemma. I Romani come i Greci usarono per gli anelli l'oro, l'argento, il ferro, il piombo, il vetro, l'avorio, l'elettro (lega d'oro e argento); incastonarono onici, cornaline, diaspri, ametiste, agate. Nell'età imperiale la moda si sbizzarrì attorno agli anelli: si ebbero anelli massicci, vistosi; leggieri per l'estate, pesanti per l'inverno; di solito quando si andava a letto, o al bagno, o a banchetto, si deponevano gli anelli in apposite cassettine d'avorio dette dactilioteche. Nei banchetti poi si portavano spesso anelli con un diamante nel castone per poter fare incisioni sulle coppe.
Si distinsero in Roma varî tipi di anello, e ciascuno ebbe suoi caratteri speciali. L'anello più illustre era quello di fidanzamento (anulus pronubus) e poi quello nuziale (cingulum, vinculum), portato di solito all'anulare sinistro: i fidanzati usarono per molti secoli scambiarsi un anello semplice, di ferro.
Importanza speciale ebbe l'anello senatorio, d'oro, di cui si ignora però l'esatta origine. Probabilmente era dato dapprima ai personaggi che andavano in ambasceria, in segno d'autorità e di riconoscimento; poi fu portato da tutti i senatori, come ricompensa di servizî resi e indizio di nobiltà; più tardi fu accordato a tutti i cavalieri. Da Settimio Severo (193-211 a. C.) in poi, il diritto di portare l'anello divenne il segno che serviva a distinguere il cittadino libero dallo schiavo. La tradizione storica voleva però che i generali trionfatori portassero l'anello di ferro nel trionfo.
Comunemente l'anello era portato come sigillo (v.) e detto signatorio; sull'uso ci istruisce Ovidio (Am., II, xv, 15-17) facendo così parlare il sigillo stesso:
Idem ego, ut arcanas possim signare tabellas
Neve tenax ceram siccave gemma trahat,
Humida formosae tangam prius ora puellae.
Sul castone o sulla gemma incastonata era l'emblema assunto dal proprietario: Giulio Cesare aveva sul sigillo la progenitrice Venere armata; Augusto usò a lungo un sigillo materno, con l'effigie della sfinge, poi la sostituì col ritratto di Alessandro e in fine col proprio, secondando un uso oramai comune. Quest'ultimo anello era opera di Dioscoride; mentre si è voluto riconoscere il suo primo sigillo in un anello d'oro del Museo archeologico di Firenze. Talvolta vi era semplicemente il nome del proprietario. Il fatto che l'anello-sigillo conferiva carattere di autenticità e di validità a documenti patrimoniali e legali, spiega come più tardi la consegna dell'anello-sigillo volesse dire, da parte di principi o no, il riconoscimento dell'erede o successore.
Se l'anello era destinato in dono portava di solito dediche e frasi augurali. Gl'imperatori usarono spesso donare agli ufficiali degli anelli con espressioni di invito ad essere fedeli, ad esempio: Constantino fidem. Molti anelli di bronzo dell'età imperiale hanno semplicemente inciso un numero - quello della legione cui ufficiali o soldati appartenevano -, e si usava probabilmente per riconoscimento. Si portarono pure anelli con un serbatoio nel castone per tenervi il veleno: tale uso venne alla civiltà romana dalla civiltà orientale o ellenistica e così fecero Demostene e Annibale. Molto usato fu in Roma l'anello-amuleto; qualcuno ha incisioni falliche, altri recano nel castone una gemma a foggia di occhio, contro il malocchio; altri hanno scarabei, serpenti, leoni, secondo l'uso etrusco. Certi grossi anelli romani erano evidentemente doni offerti ai templi.
L'anello cristiano. - L'avvento del cristianesimo non portò modificazioni di sorta nell'uso dell'anello. Tertulliano ricorda i tempi in cui tutte le donne portavano solo l'anello nuziale e deride l'uso di aver le dita cariche d'oro; Clemente d'Alessandria raccomanda di mettere l'anello all'attaccatura delle dita per non averne impedita l'articolazione; S. Gerolamo lamenta l'uso degli ecclesiastici eleganti che portavano molti anelli. I canoni ecclesiastici del resto non vietavano neppure che gli artefici cristiani attendessero a fabbricare oggetti aventi simboli pagani, purché non fossero per il culto. Così avvenne per gli anelli. Si preferirono però dai cristiani anelli con incisioni riferentisi alla simbolica cristiana. Clemente d'Alessandria consiglia d'incidere sulle gemme i simboli eucaristici: la colomba, il pesce, l'ancora, la nave, il pescatore, il pastore; con significato cristiano fu utilizzato il simbolo di Orfeo. Così si ebbe l'anello cristiano che domina per alcuni secoli ed è caratterizzato da una grande semplicità di esecuzione. Quando si sia introdotto l'uso dell'anello episcopale è incerto. Probabilmente i vescovi usarono portare l'anello-signatorio per necessità pratiche. Un anello pare fosse trovato nel dito di Caio vescovo di Roma (283-296) quando la sua tomba fu aperta nel 1622. Il flamen dialis aveva avuto il diritto di portar l'anello d'oro come i senatori; così anche i vescovi lo portarono d'oro. Sant'Agostino ricorda l'anello signatorio, e tale era anche l'anello che S. Avito vescovo di Vienna alla fine del sec. V si fece fare su suo disegno. Solo nel sec. VII in decreti conciliari (III concilio romano del 610; concilio toletano del 633) si ricorda l'anello come simbolo dell'autorità religiosa. Ma Isidoro di Siviglia mostra l'incertezza dell'uso, dicendo che al nuovo vescovo si dà oltre il bastone anche l'anello propter signum pontificalis honoris vel signaculum secretorum. Nel sec. IX Nicolò I parla già dell'anello come simbolo delle mistiche nozze fra il vescovo e la Chiesa e posteriormente si formò un complesso di credenze sul valore e sul simbolo dell'anello episcopale. Questo fu di solito d'oro, con una gemma nel castone; Innocenzo III stabilì che la pietra non avesse incisioni, ma spesso i vescovi, dopo come prima, usarono anelli con gemme antiche e con simboli non cristiani, qualche volta persino eretici. L'anello episcopale fu portato nell'anulare della mano destra usata per benedire, e come tale ritenuta più degna: così anche l'Ordo romanus (sec. IX). Ugo da S. Vittore (sec. XI) dice che il pastore deve segnare con l'anello le pecorelle, di cui renderà conto al Signore. Nel consegnarlo al vescovo, all'atto della sua consacrazione, gli si dice: "Prendi questo anello, simbolo della fede e della fedeltà, perché con fede e fedeltà inviolabili devi custodire e difendere la Sposa di Dio, la santa Chiesa e la tua che ne fa parte".
Nel sec. XI si concesse l'uso dell'anello anche agli abati e per qualche tempo e in qualche regione anche alle abadesse. I grossi anelli dal diametro gigantesco a noi conservati dal Medioevo, erano dai vescovi portati sopra i guanti nelle funzioni sacre e tenuti fermi da un anellino. L'anello dei cardinali fu dal basso Medioevo caratterizzato dall'apposizione dello stemma del pontefice che aveva conferito la dignità. Alle monache si dà l'anello per ricordare il mistico sposalizio con il Signore, ed esse lo portano nell'anulare sinistro: tale uso è testimoniato forse fino dal tempo di S. Ambrogio (Serm. XLVIII). Ricordiamo ancora, per la particolare importanza dei simboli che recano, gli anelli gnostici.
Medioevo. - Una tecnica nuova si afferma nel bacino del Mediterraneo con le invasioni dei popoli barbari. Questi avevano conosciuto la semplice forma dell'anello a castone attraverso anelli etruschi e romani. Spesso copiarono i modelli classici, oppure acquisirono, più semplicemente, la produzione industriale greco-romana. In una tomba celtica di Montefortino (sec. IV-III a. C.) troviamo un anello d'oro con la figura di Minerva. In tombe celtiche, d'Italia e d'oltralpe, abbiamo piccoli anelli a spirale, ma forse sono resti di collane; celtici sono alcuni anelli lavorati in filigrana, a meandri ondulati; celtico è un anello d'oro ornato di maschere umane. Plinio diceva che in Gallia e in Britannia gli anelli si portavano anticamente al dito di mezzo, e che ai suoi tempi si portava negli altri. La prova archeologica conferma le sue affermazioni. Nell'età barbarica l'uso dell'anello continua, portato indifferentemente alla mano destra e alla sinistra; più spesso che le pietre preziose si usarono nel castone vetri, imitazioni di pietre, smalti, paste vitree strette in alveoli; alla plastica si sostituì l'ornamentazione coloristica con incrostature di gemme combinate per avere un effetto di colori, di luci abbaglianti, mentre il lavoro in sé è grossolano. Così si usarono lavori di incastro e nielli. Un pregio notevole hanno gli anelli bizantini: quelli nuziali sono d'oro, lavorati al cesello; nel castone di solito vi è l'effige del Cristo o della Vergine o di qualche santo che benedice gli sposi; di solito l'anello reca invocazioni religiose, preghiere augurali, monogrammi, oppure una fascia istoriata con medaglioncini rappresentanti ognuno qualche santo protettore, eseguita in niello o smalto. Il valore storico è tuttavia anche per questi anelli di gran lunga superiore al valore artistico.
L'anello nel Medioevo accompagna tutti i momenti della vita. Abbiamo l'anello talismano (virtuoso) con proprietà diverse secondo la qualità della pietra incastonata. Enrico III d'Inghilterra aveva nel suo tesoro un anello che rendeva invincibile chi lo portasse in battaglia. Da tali credenze si sviluppa tutta la gamma dei motivi folkloristici e novellistici. È comune oggetto di dono, per capo d'anno, per calendimaggio o altro giorno augurale, in occasione di tornei, di matrimonî, ecc. Si orna l'anello destinato a tale uso d'iscrizioni d'augurio (per buon anno, ecc.). Si dà per fidanzamento: nelle leggi barbariche la consegna dell'anello pronubo simboleggia l'impegno del matrimonio; dazione ed accettazione dell'anello non rappresentano il contratto, ma sono la ratifica dell'impegno. Si dà l'anello per le nozze e prende il nome di fede; si orna in questo caso di leggende allusive al legame coniugale. Nei secoli XIII e XIV la Morgengabe è sostituita in qualche regione dall'anello che si disse anulus pretii e perciò si lucrava solo dalle donne di prime nozze. Le proibizioni giuridiche riguardanti le donazioni fecero sì che per finzione giuridica si dicesse dato a prestito anche l'anello nuziale; in qualche stato si permise il dono di un anello, alle volte di un anello senza gemme, a Firenze l'anello non si dava il giorno delle nozze, ma in un altro giorno, alla presenza del parentado. Si usò l'anello ancora durante tutto il Medioevo come sigillo ed autenticazione di atti pubblici e privati; spesso l'anello-sigillo fu dai monarchi medievali considerato come il simbolo della sovranità: così Alessio I imperatore di Costantinopoli, giunto a morte, consegna l'anello al figlio Giovanni II. Così, del resto, aveva consegnato il proprio anello Alessandro Magno a Perdicca; e papa Adriano IV mandò un anello ad Enrico II in segno di approvazione della sua ascesa sul trono d'Irlanda. In Germania, in Francia e in Inghilterra il nuovo monarca riceve all'atto dell'incoronazione un anello, che, in Inghilterra, è considerato quale catholicae fidei signaculum, ma, più generalmente, simbolo delle nozze del monarca con il suo popolo ed emblema della potestà regia. Chi è in grado di esibirlo, ottiene ubbidienza da magistrati ed ufficiali regi. Così in qualche episodio storico e, assai più, nella leggenda e nel folklore. Venezia sposava l'Adriatico, mercé l'anello gettato in mare dal doge, il dì dell'Ascensione. L'anello serve ancora in tutta l'età feudale per l'investitura. Nelle università si consegna al nuovo dottore un anello. Si usa l'anello anche come reliquario: spesso da Roma i papi inviano in dono a principi anelli contenenti un po' di limatura delle catene di San Pietro ed altre reliquie preziosissime. Nell'alto Medioevo si hanno pure anelli di penitenza (che erano per lo più legati al petto o sul collo del penitente), anelli funerarî, anelli religiosi con leggende ed incisioni di scene della vita del Cristo.
Rinascimento ed età moderna. - Con l'aumento della ricchezza e del lusso, l'anello ritorna ad essere comunissimo oggetto di ornamento. I gioiellieri si specializzano nell'industria degli anelli; in Venezia abbiamo a Rialto una ruga annulorum; altri centri di produzione sono Firenze e Parigi. Nel castone abbiamo di solito rubini, perle, diamanti, oppure semplicemente vetri e paste. Molto usati sono gli anelli ad iscrizioni d'augurio, a divise, a motti amorosi che gl'Inglesi chiamarono posy (poesy-ring). Lo sfoggio degli anelli è colpito già nel sec. XIV dalle leggi suntuarie; secondo il Villani, a Firenze nel 1330 era permesso di portare due soli anelli, più tardi tre; poi la moda impose l'uso di più anelli e la legge ne permise quattro ed anche cinque. Nel Quattrocento si portano di nuovo a tutte le dita, non solo all'attaccatura, ma anche sopra le articolazioni. All'anulare sinistro si continua a portare l'anello nuziale; la moda era di portare un anello al pollice, all'indice o al mignolo. Il Rinascimento raffinò i costumi e fu moda portare uno o due anelli al più, specie in Italia, mentre in paesi settentrionali continuò l'uso di molti anelli (Enrico VIII d'Inghilterra ne aveva 234). In Italia l'anello si fece sottile e grazioso; grossi castoni si usarono pur sempre oltralpe. La forma dell'anello è al solito o rotonda od ovale, alle volte anche angolata, da portare alle giunture. Tipico l'anello di Cosimo de' Medici con castone con diamante a forma piramidale, con la divisa di tre anelli intrecciati; così è curioso un anello con castone a cuore, formato da una pietra verde sostenuta da due mani che emergono da ornamenti smaltati. Nel sec. XVI l'anello artistico si fece non solo d'oro, ma anche di bronzo e di ferro, lavorando il metallo al cesello, con maschere, facce, putti, svolazzi di fiori e foglie. Molto usato fu il sistema delle incrostazioni: così il Cellini incrostò d'oro alcuni anelli gemmati. Paolo III destinò un diamante di 12.000 scudi per un anello lavorato dal Cellini. Pierre Wœiriot pubblicando nel 1561 il suo Libro d'anello d'orefici inizia la serie delle raccolte di disegni artistici ad uso di orafi. Gli anelli si tenevano in astucci o infilati in un'asticciola. Nel sec. XVII continua per molto tempo il tipo diffuso nel Rinascimento. Tipici del sec. XVII sono i bouquets d'orfèvrerie o giardinetti, a fiori e foglie finemente lavorati, di produzione in gran parte italiana. Parigi dà presto la sua moda. Anelli ornati di fiori, di solito rose e margherite, di cuori; anelli con grossi castoni à drageoir, ("a bomboniera") con dolci da offrirsi alle dame; anelli con grosso diamante incastonato; anelli commemorativi di fatti storici, di persone care; poi il sec. XVIII ha il suo anello tipico à la marquise col castone ovale o poligonale, lungo quanto la falange del dito; anelli a smalti bianchi e blu; anelli fiammeggianti di perline, di smeraldi, di lapislazzuli, di rubini, disposti in modo da formare scritte, spesso a logogrifo; così amore è rappresentato da cinque pietre, ametista, malachite, opale, rubino, ematite; salute da smeraldo, ametista, lapislazzuli, venturina, euclase; anelli con ritratti, segnali amorosi, cammei antichi, ecc. L'anello è nel Settecento il gioiello favorito: è sottile, fine, secondo i precetti dell'arte del tempo.
La Rivoluzione francese porta la moda degli anelli aventi nel castone schegge di pietra della Bastiglia, degli anelli aventi emblemi costituzionali (bijou à la constitution, alliances civiques), non più d'oro e pietre preziose, ma di rame rosso (à la Marat), acciaio, ferro. L'età napoleonica porta di moda l'anello con cammeo antico; l'imperatrice Giuseppina poté scegliere per i suoi gioielli i cammei della più bella arte classica del Cabinet des antiques. Anelli storici troviamo nei secoli XVIII e XIX; in Inghilterra nel '700 i partigiani dello Stuart portano come riconoscimento anelli con il ritratto di Carlo I o di Carlo II; in Polonia si fanno alla fine del sec. XVIII anelli per ricordo della distruzione dell'indipendenza; in Germania si fanno dopo Jena anelli con leggende patriottiche, come in Francia nel 1870-71 si avranno anelli con la scritta: France, Foi. E anche da noi, durante la guerra mondiale, si portò l'anello di ferro, venduto a beneficio d'istituzioni patriottiche o di assistenza, recante la leggenda "Tutto per la patria". Nel sec. XIX si tentarono varî tipi di anelli, si ripresero i vecchi modelli, si ebbero anelli all'egiziana, alla greca, anelli a mosaico veneziano, anelli a smalto. Si cercò di uscire dai modelli classici ricorrendo al metallo brunito, a tinte opache, all'asimmetria, alla stilizzazione di fiori o di figure femminili. Un'importante modificazione della tecnica e del gusto introdusse nella gioielleria modernissima, e per conseguenza anche nell'anello, il generalizzarsi dell'uso del platino. Per maggiori particolari, del resto, v. oreficeria.
Non bisogna dimenticare alcune serie di anelli che stanno a sé: gli anelli ebraici con leggende e simboli biblici del sec. XVI e seguenti, gli anelli indiani, cinesi ed anche gli anelli della civiltà messicana precolombiana.
L'anello nel folklore. - L'anello delle nozze è diverso da quello della promessa o del fidanzamento; ma chi volesse, oggi, rilevarne la differenza (un cerchietto d'oro, un tempo anche di argento, il primo; un anello con gemma, l'altro), si troverebbe di fronte ad una grande confusione di costumanze e di nomi; perché spesso l'anello nuziale è chiamato con quegli stessi termini che nelle passate età erano riservati all'anello della promessa. Così, quando si dice fede o manafede si designa comunemente l'anello che l'uomo dà alla donna nella celebrazione del matrimonio; mentre dovrebbe intendersi quello con cui si solennizza la promessa (fidem dare), la quale, spesso, è avvalorata dal rito dell'unione delle destre fra i fidanzati (toccamano in Toscana, mani in fede, altrove; v. palmata). Tant'è che il simbolo delle mani congiunte - sostituito talvolta dall'effigie di due cuori, di cui è menzione in un canto popolare toscano:
L'avevo un anellino con due cuori
E mi dovevi amar quando mi avevi -,
vi è inciso o impresso a indelebile ricordo della data e della cerimonia. La fede si porta nell'anulare della mano sinistra, detto perciò anche "dito d'oro" o "del cuore", perché, secondo la vecchia credenza, si ritiene abbia una vena in corrispondenza col cuore. In alcuni paesi della Germania, in tale dito si porta l'anello del fidanzamento; mentre l'altro delle nozze s'infila nell'anulare della mano destra. L'uso persiste nella Prussia, ma un tempo dovette essere praticato in varî luoghi, e segnatamente in Italia, se lo vediamo condannato dal concilio provinciale di Milano del 1576: non dextrae, sed sinistrae manus sponsae digitus induatur anulo nuptiali. In Francia, ebbe vigore il rito che il sacerdote provasse l'anello nelle tre prime dita, recitando per ciascun dito una formula, che il fidanzato ripeteva: Par cet anel l'Èglise enjoint - Que nos deux cœurs en un soient joints - Par vrai amour et loyale foy; per fermarsi, poi, al quarto dito con le parole sacramentali: Pour tant je te mets en ce doy.
Conviene che l'uomo abbia cura nell'inanellare la sposa, essendo solita questa trarre buoni o cattivi prognostici dalla maggiore o minore violenza dell'atto o da altre circostanze che l'accompagnano. Se l'anello oltrepassa la seconda falange (il "ginocchiello del dito", dicono nelle Marche), il marito si comporterà da tiranno e bastonerà la moglie; onde in qualche luogo la donna cerca di prevenire lo sposo curvando il dito, o facendo cadere a terra l'anello, per impedire le malie. Questa superstizione fu tanto diffusa nei secoli passati, che varî concilî dovettero intervenire, condannandola. Per otto giorni la nuova coniugata non deve toccare l'acqua, per non guastare la fede, come dicesi nell'Abruzzo. Togliersi dal dito l'anello benedetto, farlo cadere a terra, farlo spezzare o farlo infilare, sia pure per ischerzo, ad un'altra donna, è un fatto grave per le popolane, perché gravi sono i prognostici che se ne ricavano per la salute dei coniugi e per la durata del matrimonio; senza dire che se la donna, la quale si provi l'anello, sia una nubile, non potrà trovar marito prima che siano trascorsi tanti anni, quanti sono stati gli occhi che videro quell'ornamento; e, anche maritata, il suo consorte morrebbe presto. Premorendo la moglie al marito, l'anello non si seppellisce con lei; nel caso contrario, la vedova non se ne spoglia.
Questi ed altri usi e superstizioni sono sopravvivenze di antichissime idee, che fanno del matrimonio un legame o vincolo magico, che stringe in un solo destino la vita dei coniugi; vincolo che è, talvolta, nelle cerimonie nuziali materialmente rappresentato sotto la forma di un nodo (onde la frase "nodo coniugale"), di cui si vuole che l'anello sia l'espressione plastica. Tuttavia le fanciulle che desiderano prender marito comprano dalle vecchie streghe anellini di similoro, detti le calamite, convinte che portandoli, per un fenomeno di magia simpatica, attirino a sé gli uomini. Variamente impiegato nella medicina popolare, l'anello è un mezzo per scongiurare alcune affezioni, passandolo sulla parte ammalata, specialmente nei bambini. Talora non è la fede che fa questo ufficio, ma un altro anello fabbricato con un chiodo da ferro di cavallo, che è ritenuto un potente amuleto contro il malocchio, o con un chiodo tratto dalla bara di un morto o dalla forca di un impiccato, che era ritenuto valido contro i dolori reumatici e nelle epilessie. Nel Medioevo simili anelli virtuosi erano fabbricati e consacrati con speciali formalità. Si consigliava d'impiegare nella costruzione alcuni denari mendicati nel nome del Signore e del suo sangue. Ad essi alludeva S. Bernardino da Siena, biasimando quelli che, contro i crampi, erano soliti adoperare gli anelli fusi; e Benvenuto Cellini quando ricordava l'anello del granchio, che veniva dall'Inghilterra, ove era tenuto a battesimo dai re taumaturghi, specialisti contro le scrofole.
Nodi magici, al pari degli altri, si reputano anche questi anelli, per il potere ad essi attribuito di legare il male, di scongiurarlo e di estirparlo.
Annulus piscatorius (anello del Pescatore"). - È l'anello per suggello, proprio del sommo pontefice, e così detto perché, dal sec. XIV, invece dell'immagine degli evangelisti, reca la figura di S. Pietro nella barca che tira le reti della pesca, e il nome del papa. Non si sa a quale epoca ne rimonti l'uso, né l'origine. La prima menzione si trova in una lettera di Clemente IV del 7 marzo 1265, e da allora i papi l'hanno usato per le lettere private, e concessioni di grazie (il documento è chiamato breve; la formula, che segue la data, è sub annulo Piscatoris). L'anello piscatorio è conservato dal maestro di camera del papa, e si rompe subito dopo la morte del papa. Di solito era di bronzo dorato, con il castone di cristallo di rocca.
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