Anemia
Per anemia, dal gr. ἀναιμία, composto di ἀν- privativo e αἷμα, "sangue", si intende lo stato morboso causato dalla riduzione al disotto della norma dell'emoglobina, la proteina, contenuta nei globuli rossi, che ha la funzione di trasportare l'ossigeno ai tessuti e agli organi. La riduzione dell'emoglobina può essere accompagnata o meno da diminuzione del numero dei globuli rossi. Le anemie si classificano in base al meccanismo fisiopatologico che ne è all'origine: la diversa tipologia comporta differenze, anche notevoli, nella sintomatologia, nella diagnosi e nella terapia.
L'emoglobina è una proteina complessa contenuta nei globuli rossi, che ha la funzione di trasporto dell'ossigeno ai vari tessuti e organi. Un costituente fondamentale dell'emoglobina è il ferro. I globuli rossi vengono prodotti nel midollo osseo, ove subiscono un processo di maturazione alla fine del quale vengono immessi nel torrente sanguigno (Loken et al. 1987). Il globulo rosso maturo è una cellula priva di nucleo, di forma biconcava, con una vita media di circa 120 giorni. Alla fine del suo ciclo vitale il globulo rosso, ormai invecchiato, viene fagocitato da cellule, dette macrofagi, nella milza, nel midollo osseo e nel fegato. La gran parte del ferro contenuto nell'emoglobina del globulo rosso viene riutilizzata per la sintesi di nuova emoglobina. Le perdite di ferro sono minime nel soggetto normale e conseguono a perdite di cellule della mucosa intestinale e della cute, e a eliminazione attraverso la bile, il sudore, le feci e le urine, che possono contenere piccolissime quantità di sangue. Esse sono maggiori nelle donne in età fertile, in quanto legate al flusso mestruale, alla gravidanza e all'allattamento (Rybo 1985). Un'altra parte dell'emoglobina, detta eme, viene trasformata in bilirubina. La bilirubina è trasportata al fegato, ove viene opportunamente modificata ed eliminata con la bile.
È possibile classificare le anemie in 4 gruppi principali, in base al meccanismo fisiopatologico che le ha determinate: a) anemie da insufficiente o alterata produzione midollare; b) anemie da alterata sintesi di emoglobina; c) anemie da ridotta sopravvivenza eritrocitaria; d) anemie da perdita acuta di sangue.
a) Anemie da insufficiente o alterata produzione midollare. In questi casi, l'anemia è dovuta a una ridotta produzione di globuli rossi, che può essere causata da una riduzione dei progenitori dei globuli rossi, detti eritroblasti, o da una loro aumentata distruzione intramidollare.Nella prima evenienza si può avere diminuzione o quasi totale scomparsa dei progenitori di tutte le cellule del sangue (aplasia midollare globale; Comitta-Storb-Thomas 1982) o, selettivamente, dei soli eritroblasti (aplasia midollare parziale). L'aplasia midollare può essere dovuta a varie cause, come l'esposizione ad agenti tossici, sia chimici sia fisici, a numerosi farmaci o ad alcune infezioni, per lo più virali. In alcuni casi non è possibile riconoscere una causa e l'aplasia viene detta allora primitiva o idiopatica. Un'altra situazione in cui può determinarsi un'insufficiente produzione di globuli rossi è rappresentata dall'invasione del midollo da parte di cellule neoplastiche, come nelle leucemie o nei tumori solidi con metastasi midollari (Laszlo 1982).
Nel secondo caso, vengono prodotti eritroblasti alterati, che non riescono a trasformarsi in globuli rossi maturi e sono perciò distrutti precocemente nel midollo. La causa più frequente di questo secondo tipo di anemia è il deficit di vitamina B₁₂ o di acido folico, fattori indispensabili nei processi di sintesi e nel metabolismo cellulare, la cui carenza provoca un difetto nella maturazione degli eritroblasti e, di conseguenza, la diminuzione del numero dei globuli rossi.
b) Anemie da alterata sintesi di emoglobina. L'alterazione della sintesi di emoglobina è dovuta, nella maggior parte dei casi, a carenza di ferro (anemie sideropeniche) o a difetti congeniti che portano alla produzione di emoglobine patologiche.Le anemie da carenza di ferro rappresentano le anemie di più frequente riscontro. Una carenza di ferro può instaurarsi per vari motivi: insufficiente apporto con la dieta (evenienza rara), difetto di assorbimento del ferro contenuto negli alimenti, aumentate perdite. In condizioni normali, il fabbisogno giornaliero di ferro è di circa 1 mg nell'uomo adulto, 1,5-2 mg nella donna in età fertile, 2,5 mg in quella gravida e 1,5 mg nell'adolescente.
Elevate quantità di ferro sono presenti in alcuni alimenti, come la carne, il fegato, il pesce, le uova, i formaggi; ricchi di ferro sono anche frutta e verdure secche, pasta, pane e vino. Nei nostri paesi, con un normale ed equilibrato regime alimentare sono abitualmente introdotti 20-30 mg di ferro al giorno, il 5-10% dei quali viene assorbito; la percentuale di assorbimento aumenta peraltro in condizioni di accresciuto fabbisogno. Un'anemia da carenza di ferro dovuta unicamente a insufficiente apporto alimentare rappresenta quindi, al giorno d'oggi, un'evenienza rara; essa può invece verificarsi nei paesi sottosviluppati o nel corso di diete dimagranti incongrue, specie se effettuate nel periodo dell'accrescimento. È questo infatti, con la gravidanza e l'allattamento, il momento della vita in cui le richieste di ferro aumentano e un insufficiente apporto può determinarne la carenza.
Anche un difettoso assorbimento del ferro può comportare un'anemia sideropenica. Il ferro alimentare viene assorbito in larga parte a livello del duodeno e, in misura minore, nell'intestino tenue. Il succo gastrico ne favorisce l'assorbimento, liberandolo dagli alimenti. È quindi facile comprendere come in certe condizioni morbose, le più frequenti delle quali sono le diarree croniche, i tumori del tratto gastroenterico, il morbo celiaco e le resezioni chirurgiche dello stomaco e del duodeno, possa instaurarsi un difetto di assorbimento del ferro.
Le perdite di sangue costituiscono la causa più comune delle anemie da carenza di ferro. Di queste, senz'altro la grande maggioranza si verifica in donne con flussi mestruali abbondanti o vere e proprie emorragie uterine; flussi mestruali abbondanti o molto ravvicinati possono aversi in presenza di fibromi dell'utero o in talune disfunzioni ormonali. Nel 90% delle donne adulte con anemia sideropenica, la causa è di natura ginecologica. Perdite ematiche assai frequenti sono anche quelle che si verificano, a carico dell'apparato digerente, nei portatori di ulcere, emorroidi, polipi, diverticoli o tumori. La perdita può essere minima ma costante nel tempo, oppure può assumere la forma di una vera e propria emorragia acuta. Tutti gli altri sanguinamenti, come, per es., le emorragie nasali (epistassi), gengivali, urinarie (ematuria), gli ematomi ecc., se importanti o ripetuti, determinano una carenza di ferro (Rybo 1985).Le anemie causate da alterazioni dell'emoglobina o emoglobinopatie verranno descritte nel gruppo delle anemie da ridotta sopravvivenza eritrocitaria, tenuto conto della complessa patogenesi dell'anemia in questo tipo di malattie.
c) Anemie da ridotta sopravvivenza eritrocitaria. Un aumento della distruzione dei globuli rossi (emolisi) può avvenire fondamentalmente per due motivi: in conseguenza di un difetto intrinseco del globulo rosso o per una causa esterna al globulo rosso stesso.Al primo gruppo sono riconducibili tutte quelle malattie ereditarie in cui un difetto della membrana cellulare, la carenza di un enzima o la presenza di un'emoglobina strutturalmente modificata determinano una ridotta sopravvivenza dei globuli rossi. Quali modelli paradigmatici di queste affezioni si accennerà alle tre forme più comuni nel nostro paese: la sferocitosi, il favismo e la talassemia o anemia mediterranea.La sferocitosi è una malattia ereditaria a carattere dominante, che può colpire indifferentemente maschi e femmine. Alla base del difetto sembra essere l'alterazione strutturale di una proteina, la spectrina, che prende parte alla costituzione dello scheletro eritrocitario. Il globulo rosso, reso più fragile, assume una forma sferica (da cui il nome sferocitosi) e viene distrutto più rapidamente, soprattutto a livello dei piccoli vasi della milza (Agre-Oninger-Bennet 1982).
Il favismo, malattia ereditaria dovuta al difetto dell'enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi, è diffuso soprattutto nelle aree mediterranee e, in Italia, specialmente in Sardegna e in Sicilia. Questo enzima fa parte di un'importante via metabolica da cui il globulo rosso trae 'energia' per proteggere le sue strutture interne, in particolare l'emoglobina. Il difetto determina crisi emolitiche, in genere in concomitanza con l'assunzione di farmaci o, tipicamente, dopo ingestione di fave fresche (per tale motivo si parla di favismo). Non ancora chiarito è il meccanismo con cui alcuni farmaci, ma soprattutto le fave, provocano la crisi emolitica.
Nel gruppo delle emoglobinopatie sono comprese sia quelle malattie in cui è presente un difetto qualitativo dell'emoglobina, sia quei disordini in cui vi è ridotta o assente sintesi di una o più catene globiniche dell'emoglobina. In alcuni casi la distinzione tra difetti qualitativi e quantitativi è arbitraria, in quanto le due alterazioni possono coesistere.La talassemia o anemia mediterranea o morbo di Cooley è senz'altro la forma più nota di emoglobinopatia. In questo caso, la sintesi di una catena dell'emoglobina è ridotta o assente (Fairbanks 1980). In Italia sono numerosi i portatori sani di talassemia, diffusi soprattutto in Sardegna, nel delta padano e nelle regioni meridionali. L'anemia grave del paziente con morbo di Cooley è dovuta sia a un deficit quantitativo di emoglobina, sia a una distruzione precoce degli eritroblasti nel midollo osseo, sia a un'emolisi periferica. La malattia colpisce i figli di portatori di anemia mediterranea che abbiano ereditato entrambi i geni alterati. Lo stato di portatore è spesso asintomatico, e si comprende quindi quanto sia importante lo screening della popolazione, per individuare appunto i portatori della malattia. Nonostante i grandi progressi realizzati nelle terapie di supporto, che hanno reso possibile una più lunga sopravvivenza dei soggetti che ne sono affetti, il morbo di Cooley rimane infatti una malattia a prognosi infausta (Weatherall et al. 1989).
In altri casi, l'aumentata distruzione dei globuli rossi è determinata da fattori esterni a essi. Le forme più comuni appartenenti a questo gruppo sono le anemie emolitiche di natura immunologica. Si tratta di malattie non ereditarie, nelle quali la distruzione dei globuli rossi è legata alla comparsa di anticorpi diretti contro costituenti della membrana cellulare. Tali anticorpi possono essere autoanticorpi, prodotti cioè dall'individuo e diretti contro costituenti propri, oppure anticorpi acquisiti passivamente, come nell'incompatibilità materno-fetale. Gli anticorpi diretti verso costituenti della membrana cellulare rendono i globuli rossi più 'fragili', con conseguente aumento della distruzione degli stessi. Nel caso delle anemie emolitiche autoimmuni, causa scatenante della produzione di anticorpi, ove riconoscibile, può essere un farmaco o una malattia infettiva. L'emolisi può essere acuta, con anemia anche molto grave, o avere un andamento più subdolo. Un altro esempio di anemia emolitica è la malattia emolitica del neonato da incompatibilità materno-fetale (incompatibilità di gruppo sanguigno tra madre e figlio). In genere quest'evento, che può comportare problemi anche gravi per il neonato, si verifica alla seconda gravidanza. Per la prevenzione del fenomeno è quindi di fondamentale importanza il riconoscimento, nell'ambito dello screening eseguito in gravidanza, dei gruppi sanguigni dei genitori.
d) Anemie da perdita acuta di sangue. Tra le cause dell'anemia da perdita acuta di sangue vanno ricordati in primo luogo i traumi, che possono provocare rottura di vasi. Tali emorragie possono essere immediatamente visibili all'esterno, come, per es., quelle che interessano gli apparati gastroenterico e respiratorio, oppure raccogliersi in uno spazio chiuso, come spesso avviene nei traumi dell'addome. La rottura di un vaso può anche essere spontanea, per lesioni preesistenti, come, per es., in presenza di ulcera gastrica. Nei soggetti con difetti della coagulazione, emorragie si verificano molto spesso per traumi minimi o anche spontaneamente.
I sintomi legati all'anemia possono essere molto variabili, in rapporto all'agente causale, come pure alla velocità con cui essa si è prodotta. Infatti, l'anemia può essere eclatante in caso di emorragia acuta, mentre, se si è instaurata lentamente, può presentare sintomi molto sfumati o essere addirittura asintomatica. Solitamente l'individuo anemico si presenta di colorito pallido, con mucose (labbra e congiuntive) altrettanto pallide. In genere lamenta astenia, più o meno marcata, che può verificarsi sia dopo sforzi che a riposo, vertigini, ronzii auricolari, cefalea. Il battito cardiaco è per lo più frequente. Le anemie da carenza di ferro sono anche caratterizzate da assottigliamento e perdita dei capelli, mentre le unghie sono più deboli.
Come già detto, nelle anemie da emorragia acuta il quadro può essere a volte così grave da giungere allo shock, con perdita di coscienza. Nelle anemie emolitiche, caratteristica è la comparsa di un colorito giallo (ittero) delle sclere e della cute. L'ittero è dovuto agli elevati livelli ematici di bilirubina che conseguono all'aumentata distruzione dei globuli rossi. La crisi emolitica è caratterizzata anche dall'emissione di urine scure, per l'eliminazione dei metaboliti della bilirubina formatasi in eccesso.
Nell'anemia mediterranea o morbo di Cooley, oltre ai sintomi legati all'anemia vera e propria è caratteristico l'aspetto dei pazienti, che generalmente hanno una statura più bassa della media e presentano alterazioni a carico dello scheletro. L'accumulo di ferro negli organi può inoltre essere all'origine di problemi di natura cardiaca, epatica ecc.
Fondamentale per la diagnosi è, naturalmente, l'esame emocromocitometrico. Il valore dell'emoglobina (inferiore a 12 g/dl per le donne e a 12,5 g/dl per gli uomini) ci fornisce indicazioni precise sull'entità dell'anemia. Non sempre il numero dei globuli rossi è un parametro significativo: esso può essere, per le diverse anemie, di valore basso, normale o addirittura alto, come nel caso dei portatori di anemia mediterranea. Attualmente l'esame emocromocitometrico viene eseguito per lo più con i moderni contaglobuli automatici, che valutano contemporaneamente anche altri parametri importanti per la definizione del tipo di anemia. Uno di questi è il cosiddetto 'volume globulare medio', che indica le dimensioni dei globuli rossi. Infatti, l'anemia può essere anche definita, in base alle dimensioni dei globuli rossi, come microcitica (eritrociti più piccoli), normocitica (normali) o macrocitica (più grandi). Per es., le anemie sideropeniche sono microcitiche, mentre quelle da carenza di vitamina B₁₂ o di acido folico sono macrocitiche.Altri esami fondamentali per la diagnosi di anemia e diretti a determinarne le cause sono la sideremia (dosaggio del ferro) e la ferritinemia, e la determinazione quantitativa dell'acido folico e della vitamina B₁₂. Se si sospetta una causa midollare, si deve procedere all'esame del midollo osseo mediante agoaspirato midollare o biopsia ossea. Per la diagnosi di talassemia, o dello stato di portatore di questa malattia, si esegue lo studio delle emoglobine patologiche (questa diagnosi è oggi possibile anche nel feto, nei primi mesi della gravidanza).
Un aumento della bilirubinemia orienterà verso una forma emolitica; in questo caso, il ferro sarà normale o elevato. Un esame importante nella diagnostica delle anemie è anche il conteggio dei reticolociti, cioè dei globuli rossi più giovani che presentano ancora residui del nucleo. Un aumento dei reticolociti è generalmente indicativo di una situazione in cui il midollo osseo produce più globuli rossi della norma (per es. anemie emolitiche); una loro diminuzione, invece, è tipica di quelle condizioni in cui il midollo osseo ne produce un numero minore (per es. aplasia midollare).
La terapia delle anemie varia in rapporto alle cause che l'hanno determinata. Per es., tutte le anemie acquisite, dovute alla carenza di un determinato fattore (ferro, vitamina B₁₂, acido folico), si risolveranno somministrando il fattore carente e null'altro, e così, per l'anemia sideropenica, somministrando preparati a base di ferro. La terapia dovrà concludersi non solo dopo che il valore dell'emoglobina si sarà normalizzato, ma anche quando si saranno ristabiliti i normali depositi di ferro dell'organismo. Naturalmente, è di fondamentale importanza risalire alla causa prima che ha determinato la carenza di ferro (perdite di sangue, difetto di assorbimento ecc.) e, ove possibile, correggerla.Le anemie da insufficiente produzione midollare (aplasie) richiedono una terapia anche molto complessa; qualora il solo trattamento farmacologico si dimostri insufficiente, si dovrà ricorrere alla trasfusione di globuli rossi. Se l'insufficiente produzione midollare è secondaria a un processo neoplastico, la terapia dovrà essere quella del tumore primitivo.
Nelle anemie da difetto congenito la terapia sarà sintomatica, volta cioè a eliminare o minimizzare i sintomi. Per es., nelle sferocitosi caratterizzate da anemia importante e da frequenti crisi emolitiche, spesso l'asportazione della milza (splenectomia) permette al paziente di condurre una vita normale. Nel favismo sono importanti alcune precauzioni, come evitare l'ingestione di fave e l'assunzione di farmaci suscettibili di scatenare una crisi emolitica. Nel morbo di Cooley, la tendenza attuale è quella di eseguire una terapia trasfusionale ottimale, associata alla somministrazione di composti che impediscono l'accumulo di ferro nei tessuti (Propper 1983). Data la prognosi di questa malattia, si stanno oggi tentando approcci diversi, in grado di portare alla guarigione. Uno di questi è il trapianto di midollo osseo, procedura non scevra da pericoli, ma risolutiva (Lucarelli et al. 1991).
Le anemie emolitiche di natura autoimmune richiedono come terapia di scelta quella cortisonica: il cortisone è un potente immunosoppressore, impiegato spesso con successo in questi casi.
Nelle anemie da perdita ematica acuta, non di rado la sintomatologia può essere grave, come nel caso di emorragie imponenti. In questi casi è d'obbligo la terapia sostitutiva con emotrasfusioni. La trasfusione di sangue è comunque un presidio terapeutico da usare con molta cautela e in maniera opportuna, dati l'alto costo, la scarsa disponibilità e la potenziale pericolosità. Infatti, il sangue trasfuso proviene da donazioni volontarie e può essere quindi veicolo di agenti infettivi, anche se in Italia tutti i campioni prelevati vengono controllati accuratamente. In linea generale, la scelta di trasfondere un paziente anemico non dovrebbe essera basata unicamente sul valore dell'emoglobina, ma dovrebbe tener conto anche di altri fattori, quali la sintomatologia, la modalità di insorgenza, le cause e la possibilità di attuare terapie diverse.
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