anestesia - Anestesia subaracnoidea
L’anestesia subaracnoidea è un tipo di anestesia loco-regionale. Si effettua iniettando l’anestetico locale sul fascio di nervi afferenti alla colonna vertebrale che servono il distretto degli arti inferiori e della pelvi.
La colonna vertebrale è costituita dalla sequenza dei corpi vertebrali. All’interno di questa struttura scheletrica si sviluppa il midollo spinale che costituisce il punto di arrivo e partenza dei nervi sensitivi e motori di tutto l’organismo. I corpi vertebrali si distinguono, a seconda del distretto anatomico che percorrono, in vertebre cervicali, dorsali o toraciche, lombari e sacrococcigee. La complessa struttura del midollo spinale termina a livello di L2, ossia della seconda vertebra lombare. Da quel punto in poi la struttura prosegue con un sottile fascio di nervi che assume il nome di cauda equina. Il fascio di nervi è costituito da nervi sensitivi, motori e dai fasci del sistema simpatico-lombare, che ricevono gli impulsi provenienti dal distretto degli arti inferiori, della pelvi e del distretto addominale inferiore (innervazione sensitiva), inviano gli impulsi per la contrazione muscolare e l’attività motoria degli arti inferiori (innervazione motoria), regolano il calibro delle arterie dello stesso distretto attraverso i meccanismi di vasocostrizione e vasodilatazione tramite il sistema simpatico lombare (innervazione simpatica).Tutta la struttura è avvolta dalla dura madre, una spessa membrana che circonda l’encefalo e prosegue fino al midollo spinale, alla cauda equina e al coccige. Lo spazio tra la dura madre e le strutture nervose è riempito dal liquido cefalorachidiano, o liquor, nel quale è immerso l’encefalo e, senza soluzione di continuità, l’intero midollo spinale.
L’anestesia subaracnoidea si effettua iniettando perforando la dura madre ed è chiaro che lo spazio intervertebrale scelto è quello che si trova al di sotto della seconda vertebra lombare per evitare di danneggiare il midollo spinale. Tecnicamente si procede ponendo il paziente seduto sul lettino operatorio flesso in avanti oppure coricato sul lettino operatorio sul fianco in atteggiamento fetale, con le ginocchia sollevate verso il tronco. Viene quindi individuato lo spazio tra la IV e la V vertebra lombare che corrisponde al passaggio di una linea virtuale che congiunge le due creste iliache e si procede, dopo opportuna sterilizzazione e una piccola infiltrazione cutanea di anestetico per evitare il dolore da infissione, con l’introduzione di lungo ago di calibro sottile che punge la dura madre. A questo punto si verifica la fuoriuscita di alcune gocce di liquor e si inocula una piccola quantità di anestetico locale (normalmente marcaina iperbarica). L’ago viene rimosso e, applicata una medicazione sterile, il paziente viene adagiato supino sul lettino leggermente inclinato, con le gambe più in alto del tronco (posizione di Trendelemburg) e il capo lievemente sollevato in modo da mantenere stabile la fissazione dell’anestetico locale sulla cauda equina. Il primo effetto che il paziente avverte è una sensazione di calore agli arti inferiori, seguita da una perdita di sensibilità e, da ultimo, da un blocco motorio che impedisce di muovere le gambe. Questa sequenza di effetti è dovuta al fatto che i nervi prima interessati dal blocco sono quelli più sottili (quelli del simpatico lombare), i quali inducono la vasodilatazione all’origine della sensazione di calore rilevata dal paziente. In un secondo momento sono interessati i nervi sensitivi e, quindi, quelli motori, di calibro decisamente superiore. Verificata l’avvenuta efficienza del blocco sensitivo motorio, il paziente può essere spostato nella posizione richiesta per le necessità chirurgiche, in quanto l’anestetico, una volta fissato sui recettori, non si muove più.
Con questo tipo di anestesia può essere effettuato qualunque tipo di intervento che riguardi il distretto degli arti inferiori, della regione inguinale, della pelvi fino alla linea ombelicale traversa, della durata massima di due ore. È quindi indicato per interventi di chirurgia ortopedica, vascolare, urologica e ginecologica, compreso il parto cesareo. Il limite principale è costituito dalla durata temporale che, alcune rare volte e a causa di complicanze operatorie, deve essere prolungata ricorrendo all’anestesia generale. Un altro limite è che non sono mantenuti gli effetti analgesici postoperatori: quando termina l’effetto del blocco, il paziente recupera una piena sensibilità e pertanto è necessario predisporre un trattamento analgesico postoperatorio. Un effetto collaterale sgradevole (piuttosto raro e prevalente nei pazienti di giovane età) è quello di una importante cefalea postoperatoria, che può essere determinata da un’eccessiva perdita liquorale, con ipotensione del liquor stesso che, in una cavità chiusa come quella cranica, può dar luogo a un edema cerebrale generalmente modesto quanto fastidioso. Il fenomeno regredisce spontaneamente nell’arco di 24÷36 ore e si accentua se il paziente solleva il capo o si pone in posizione seduta. Per essere effettuata, questo tipo di anestesia necessita di una piena collaborazione da parte del paziente e della completa sospensione della somministrazione, per un adeguato periodo prima di eseguire la manovra, di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti, per scongiurare emorragie nel punto di inoculazione che potrebbero determinare patologie compressive. Se il mantenimento di una condizione di veglia durante l’operazione è paventato dal paziente, all’anestesia subaracnoidea può essere associata la somministrazione di benzodiazepine o di altri farmaci ipnoinduttori. La tecnica presenta numerosi vantaggi in quanto, oltre a consentire un più rapido recupero postoperatorio, minimizza gli effetti che l’anestesia generale potrebbe indurre nei pazienti anziani (effetti obnubilativi), nei pazienti con patologie respiratorie croniche, nei pazienti diabetici che, con questa anestesia, possono evitare la fase di digiuno postoperatorio scompensante.