ANESTESIA (III, p. 251)
In questi ultimi anni si sono aperte alla chirurgia nuove vie che hanno consentito progressi realmente significativi ed altri ancora più notevoli ne promettono; è stata di importanza fondamentale l'evoluzione del pensiero medico nella valutazione dei fattori essenziali della chirurgia e in modo particolare le applicazioni pratiche delle nuove cognizioni sulla fisiopatologia dell'operato e sull'anestesia. I criterî che hanno improntato i nuovi orientamenti dell'anestesia sono emersi principalmente dallo studio dello shock operatorio.
È opportuno richiamare alcune nozioni elementari sullo shock sui suoi rapporti con l'anestesia. Di questa sindrome, di cui Blalock ha fatto un'accurata analisi, si distinguono attualmente tre tipi variamente interferentisi:
1) Shock vasogeno: appare fondamentalmente legato ad una vasodilatazione primitiva dovuta all'azione di sostanze istamino-simili, liberate da organi e specialmente muscoli traumatizzati. Questo shock, di cui la recente esperienza bellica ha permesso di precisare molte caratteristiche, pur essendo raramente responsabile diretto dell'insufficienza circolatoria periferica che può seguire l'intervento, contribuisce ad essa. Nella sua genesi resta ad ogni modo al di fuori del controllo dell'anestesista che è, però, ugualmente obbligato a tenerne conto, potendo esso preesistere alla operazione, ad es. nei grandi traumatizzati, e venir aggravato dall'intervento e specialmente dall'anestesia. In questi pazienti, come è logico, va usata una grande prudenza e particolari avvertenze.
2) Shock neurogeno: sotto questo nome si definiscono quegli stati di insufficienza circolatoria periferica, secondarî a stimoli agenti direttamente o indirettamente sul sistema nervoso; è un gruppo molto comprensivo al quale sono state ricondotte sindromi a etiologie diverse. Già più di trenta anni fa Crile aveva insistito sull'importanza delle offese inferte dalle manovre operatorie alle terminazioni sensitive ed aveva potuto dimostrare nella sostanza grigia cerebrale le alterazioni secondarie a tale meccanismo. Questi stimoli centripeti possono venir solo parzialmente bloccati da anestetici generali somministrati in dosi non tossiche (Sherrington, Forbes), mentre molto più efficienti in tal senso sono l'anestesia locale, la tronculare, l'epidurale e la subaracnoidea, verso le quali si era orientata, specie in Europa, la maggior parte dei chirurghi.
L'ulteriore esperienza ha confermato quanto sopra, ma ha anche dimostrato come relativamente poco importante fosse il meccanismo invocato da Crile e come, in genere, fosse più temibile il trauma psichico, che queste tecniche certamente non evitano. Il maggior rispetto per esso ha notevolmente ridotto l'impiego di questi tipi di anestesia che si erano largamente diffusi, limitandone l'impiego a casi ben selezionati anche psichicamente. A queste considerazioni va aggiunto pure il fatto che non eccezionalmente tipici shock neurogeni fanno seguito ad anestesie epidurali e specialmente subaracnoidali: ora non mancano anestesisti che le condannano recisamente ed in genere si sente da parte di tutti il bisogno di ricorrere ad accorgimenti che circoscrivano il più possibile l'azione della droga e consentano l'uso di quantità modestissime di essa.
Altri stimoli, oltre quelli dolorosi e psichici, sono capaci di agire sul sistema nervoso provocando attraverso esso un'insufficienza circolatoria periferica, e tra questi è considerata ora di importanza fondamentale l'anossia. Non è ancora del tutto chiarito attraverso quale meccanismo essa agisca - l'ipotesi più attendibile sembra quella che riporta la vasodilatazione periferica ad un patimento anossiemico dei centri cerebrali di controllo sul tono muscolare - ma è certo che una deficiente ossigenazione costituisce uno dei fattori più importanti nella genesi dello shock postoperatorio. Ed è chiaro quanto grande risulti in tal senso la responsabilità dell'anestesista.
3) Shock ematogeno secondario: è il più importante in chirurgia e si verifica in seguito a perdita di sangue o di liquidi locali, a vasti traumatismi tessutali, ecc.; si ha una marcata diminuzione dei liquidi circolanti e, conseguentemente, caduta della gittata cardiaca. In un primo tempo l'organismo reagisce con una vasocostrizione che mantiene la pressione nei limiti normali; nuove perdite finiscono, però, per far cadere la pressione arteriosa ed alla vasocostrizione fa seguito una vasodilatazione. Si stabilisce a questo punto una anossia dei tessuti con dilatazione del letto capillare, aumento della permeabilità parietale ed ulteriore perdita di liquidi.
Questo meccanismo esorbiterebbe dal campo dell'anestesia, se oggi non si esigesse da questa non solo una buona narcosi, ma anche la conoscenza, il controllo e il dominio del patimento generale che comporta immediatamente il trauma locale dell'operazione. Campo, quindi, molto vasto e di grande responsabilità nel quale la specializzazione è ormai una necessità largamente sentita.
I compiti di una perfetta anestesia sono rimasti gli stessi. L'introduzione nella pratica corrente di nuovi preparati ed il loro impiego spesso combinato han permesso un notevole progresso nel raggiungimento di un ottimo risultato.
L'anestesia loco-regionale, che blocca anche gli stimoli centripeti subcoscienti è quella che meglio si presta ad annullare il dolore delle manovre operatorie: i suoi difetti fondamentali solo in parte sono stati superati. Un'accurata selezione dei malati ed una opportuna psicoterapia preoperatoria possono notevolmente diminuire i danni del trauma psichico; resta, però, sempre il fatto che l'azione locale dell'anestetico è poco duratura ed accompagnata da uno scarso rilassamento muscolare. Recentemente è stato provato il bromsalizol (F. C. Lee, D. L. Macht e R. Z. Pierpont, 1942) nel blocco tronculare e simpatico: esso è ben tollerato e dà un'anestesia di molti giorni che consente manovre ripetute e trattamenti prolungati. Negli altri campi non sono da segnalare notevoli progressi ove si eccettui quello importantissimo dell'impiego del curaro (v. in questa App.) e delle sostanze curaro-simili quali adiuvanti dell'anestesia.
L'anestesia epidurale e quella subaracnoidale hanno perduto molti sostenitori, per quanto in alcuni casi siano in grado di dare i migliorì risultati. Una larga e meritata diffusione ha avuto, infatti, in America l'anestesia caudale continua che, proposta nel 1942 da Hington, ha trovato, specie tra gli ostetrici, molti entusiasti: attraverso un ago spinto nel canale sacrale per lo iato si introducono 20-30 cc. di una soluzione al 1,5% di novocaina; terminata l'iniezione, che va praticata molto lentamente, all'ago si sostituisce un catetere ureterale attraverso il quale si ripete la somministrazione di 15-25 cc. della stessa soluzione alla prima comparsa di sensazioni dolorose. Il metodo non ha che limitatissime controindicazioni ed ha dato ottime prove nell'ostetricia e nella chirurgia rettoperineovaginale.
Meno accettata è stata, invece, l'anestesia spinale continua. In questo campo si tende a diminuire la quantità della droga da introdurre negli spazî sottoaracnoidei ed a limitarne il territorio d'azione: tipico esempio di questo orientamento è la cosiddetta anestesia del sellino, un'anestesia lombare bassa in cui l'anestetico, diluito in pochi cc. di una soluzione al 10% di glucosio, scende con questa nel culdisacco caudale. Ne risulta un'anestesia molto limitata, a sellino; ma in tal modo possono esser eliminati quasi tutti i rischi e le controindicazioni della rachianestesia.
Caratteristica fondamentale di queste anestesie cui abbiamo finora accennato è la conservazione completa della coscienza: se ciò offre dei vantaggi non serve certamente a renderle accette a tutti i pazienti, molti dei quali preferiscono senz'altro la narcosi. D'altra parte numerosi anestetici generali, ed in particolar modo l'etere che rimane uno dei più usati, hanno una fase di induzione piuttosto prolungata cui spesso si associano sensazioni penose e talora addirittura angosciose. L'impiego di barbiturici ad azione pronta ha praticamente risolto il problema: all'evipan, per molte ragioni poco soddisfacente, sono stati sostituiti nuovi preparati decisamente superiori tra i quali il più noto ed almeno sinora il migliore è il pentothal sodico che, introdotto tredici anni fa da Lundy, è divenuto di uso sempre più comune. La somministrazione endovenosa di pochi decigrammi della droga porta rapidamente ad uno stato di narcosi completa e di rilassamento muscolare sufficiente. La grande facilità del suo impiego, la scarsissima tossicità anche a dosi di 2-3 gr. e l'assenza di ogni disturbo all'atto del risveglio fanno del pentothal l'anestetico ideale per interventi di breve durata; la possibilità di associarlo a qualsiasi altra anestesia ne ha ulteriormente esteso l'uso rendendolo prezioso quale metodo ideale di induzione. Vi sono poche controindicazioni al suo impiego: stati gravi di insufficienza renale od epatica, soggetti anemici o in stato di collasso. La persistenza del riflesso tossigeno laringeo durante la narcosi pentothalica può ostacolare l'intubazione; anzi l'irritabilità dei laringei può portare in casi non eccezionalissimi a veri laringospasmi. I fenomeni di iperdosaggio, raramente pericolosi, vengono facilmente dominati dalla respirazione artificiale, dalla picrotoxina e dalla coramina endovenose.
Ben accetto ai malati e dotato di ottime qualità anestetiche è il ciclopropano. Per quanto conosciuto sin dal 1929 (Lucas e Henderson), l'uso di questo gas è rimasto fino a poco tempo fa molto limitato per il suo alto costo e per i pericoli legati alla grande infiammabilità ed allo scarso margine di sicurezza che lo caratterizzano. La diffusione e l'uso sistematico degli apparecchi a circuito chiuso - apparecchi cioè che, eliminando il CO2, consentono la riutilizzazione dell'aria espiratoria - ne hanno permesso un più largo impiego: essi, infatti, evitando tutte le perdite, hanno notevolmente ridotto la quantità richiesta (dell'83% secondo Lahey) e quindi la spesa ed hanno praticamente annullato i pericoli di esplosioni. La maggiore esperienza acquisita ne ha resa più sicura la somministrazione: nonostante la sua azione eccitante sulla muscolatura cardiaca, il ciclopropano, in miscela di ossigeno ed elio, è attualmente l'anestetico pteferito in toracochirurgia. Esso resta, però, sempre notevolmente costoso e di impiego delicato, ciò che ne ha finora limitato la diffusione. Il ciclopropano, come l'etere ed in genere tutti gli anestetici ad azione generale, richiede un grado di narcosi profonda per determinare uno stato di rilassamento sufficiente; esso viene oggi frequentemente associato al curaro specialmente nella chirurgia addominale ed in genere dove è richiesto uno stato di rilassamento muscolare accentuato; e ciò specialmente se per particolari ragioni non è consigliabile di approfondire troppo la narcosi.
Per le caratteristiche chimiche degli anestetici citati, v. anestetici, in questa Appendice.