ANEURISMA (dal gr. ἀνεύρυσμα "dilatazione"; franc. aneūrisme; spagn. aneurisma; ted. Aneurysma; ingl. aneurysm)
Per aneurisma s'intende una dilatazione, per un tratto più o meno circoscritto o diffuso, del calibro di un'arteria, prodotta da processi morbosi che, ledendo innanzi tutto la tunica media (muscolare) dell'arteria, compromettono l'elasticità e la resistenza che il vaso oppone alla pressione cardiovascolare. Le cause nocive, che alterano la struttura della parete del vaso, si combinano, quasi sempre, con quelle che determinano una ipertensione della parete stessa dovuta all'aumento della pressione del sangue circolante: si stabilisce in tal modo una sinergia di fattori morbosi che agevola la formazione dell'aneurisma. L'agente etiologico più frequente è la sifilide, la quale, tra le sue manifestazioni terziarie, può provocare da un lato alterazioni diffuse nel cuore, nei vasi e nel rene, causa di ipertensione, e, dall'altro, un processo infiammatorio e distruttivo di un tratto della tunica media, una vera mesoarterite, condizione indispensabile perché siano menomate l'elasticità e la resistenza dell'arteria. In base a questi concetti gli antichi patologi considerarono l'aneurisma come un'ernia od un'estroflessione della intima del vaso attraverso la media; una siffatta interpretazione può essere accettata anche nelle condizioni attuali delle nostre conoscenze, sebbene le modificazioni ulteriori, cui va soggetta la porzione dilatata, non permettano di riconoscere nello strato più interno della parete, che limita la dilatazione aneurismatica, la continuazione dell'endotelio normale del vaso. Le alterazioni di questo, che necessariamente si accompagnano a quelle della sottostante tunica media e al rallentamento della velocità del sangue nella sacca aneurismatica, sono la causa di una parziale coagulazione del sangue con formazione di strati di fibrina, cui si sostituisce poi un connettivo cicatriziale, quale parete definitiva dell'aneurisma, che per la sua scarsa resistenza andrà facilmente soggetto ad usure e a rotture, provocando quelle gravi emorragie interne che sono quasi l'esito fatale, costante di questa affezione.
Il volume di un aneurisma è di solito quello di un pugno o di una mela, o anche maggiore.
Secondo la forma si descrivono un aneurisma sacciforme, quando la dilatazione ha l'aspetto di una sacca, uno fusiforme o cilindrico o diffuso (tubolare). Possono verificarsi molteplici transizioni e combinazioni di queste forme. È conosciuto anche l'aneurisma dissecante dell'aorta dovuto per lo più a una lacerazione delle tuniche interna e media di essa sotto l'influenza di un trauma. Il sangue allora si infiltra fra la tunica esterna e la media, dando luogo a una raccolta più o meno voluminosa ed estesa che finisce poi per trovare uno sbocco nel pericardio con morte immediata per emorragia interna, o di nuovo nel lume aortico con possibile guarigione.
Le sedi predilette dell'aneurisma sono: l'aorta, specialmente in quei punti, come l'istmo, l'arco con i suoi due angoli d'inflessione destro e sinistro, la porzione discendente toracica, la porzione addominale in corrispondenza del tripode celiaco, che sono più sottoposti agli sforzi della pressione cardio-vascolare; inoltre l'arteria poplitea, la succlavia, la coronaria stomacica, o basilare.
Gli aneurismi più frequenti sono quelli dell'aorta, specialmente della porzione ascendente e dell'arco.
Essi si osservano più spesso nell'uomo, fra il terzo e il quarto decennio della vita, e a preferenza negli individui che, per il loro mestiere (braccianti, manovali, atleti), più facilmente compiono sforzi muscolari, causa di ipertensione.
I sintomi clinici più importanti dell'aneurisma aortico sono: la tumefazione pulsatile, sincrona con l'itto cardiaco, l'asincronismo dei polsi radiali, il ritardo del polso nella provincia arteriale a valle dell'aneurisma, i frequenti rumori di soffio, le usure dello sterno e dei tessuti della regione anteriore del torace, le compressioni sulle radici nervose donde le frequenti nevralgie, la pulsazione ritmica della trachea e del laringe (i classici sintomi di Cardarelli ed Olliver); la tosse caprina dovuta a stimolazione del vago per l'eccitazione che il nervo ricorrente sinistro subisce dalla dilatazione aneurismatica, la disfonia e l'afonia unilaterale delle corde vocali per compressione del nervo suddetto; la difficoltà della deglutizione per compressione dell'aneurisma sull'esofago, o disfagia; le emorragie, esterne o interne, che segnano l'esito funesto e spesso tragicamente fulmineo dell'affezione.
Gli aneurismi spesso sfuggono alla diagnosi per la scarsità dei sintomi; il mezzo più efficace per scoprirli è l'indagine fatta coi raggi X.
Molte cure sono state tentate per arrestare il progresso degli aneurismi ed evitarne la rottura.
La cura medica praticata precocemente può arrestare il processo nelle forme luetiche.
La cura chirurgica degli aneurismi è molto antica e va annoverata tra le più antiche operazioni ricordate nella storia della chirurgia. Oribasio dà già una buona classificazione degli aneurismi e parla di aneurismi in cui l'arteria ha subìto una dilatazione circoscritta e aneurismi in cui l'arteria è stata lacerata e versa il sangue nelle carni vicine. Sarebbe difficile definire meglio l'aneurisma spurio. Accenna alle controindicazioni operatorie, affermando la necessità di decidere caso per caso l'opportunità di intervenire chirurgicamente. Accenna alla difficoltà ed ai pericolí di operare gli aneurismi molto voluminosi e quelli dei vasi molto grossi. Descrive infine l'operazione quale veniva praticata da Antillo (chirurgo greco del II sec. d. C.), il quale incideva gli strati più superficiali e, arrivato sulla sacca aneurismatica, la isolava accuratamente in modo da mettere in evidenza l'arteria normale sopra e sotto la sacca, allontanava la vena o le vene satelliti e praticava la legatura dell'arteria normale sopra e sotto la sacca. Assicurata così l'emostasi, passava all'incisione della sacca aneurismatica, vuotandone accuratamente il contenuto; sconsigliava invece l'estirpazione del sacco per il timore che la violenza della pressione del pneuma potesse far scivolare via le legature.
Ezio, medico di Giustiniano, accenna per la prima volta a un metodo più semplice, che consiste nella legatura dell'arteria a monte del sacco aneurismatico, metodo che non può naturalmente sostituire quello di Antillo più radicale e sicuro, ma che in alcuni casi trova ancor oggi le sue indicazioni. Fu attribuito per errore molto più tardi a Guillemeau allievo di Ambrogio Paré (1504) e persino ad Anel (1710).
Finalmente molto più tardi è stato praticato da Brasdor un metodo che serve per gli aneurismi, che, essendo troppo centrali, non consentono l'applicazione di un laccio a monte di una sacca aneurismatica, e che consiste nell'applicazione del laccio a valle dell'aneurisma, allo scopo di rallentare nella sacca l'afflusso sanguigno e favorire la coagulazione del sangue in essa.
I progressi della chirurgia asettica e conservativa hanno naturalmente modificato la tecnica, ed è merito di Matas di avere proposto una serie d'interventi, che hanno lo scopo di ridurre la sacca aneurismatica senza interrompere la continuità del lume vasale. Così negli aneurismi sacciformi, nei quali la comunicazione col vaso è relativamente piccola, si può pensare a resecare il sacco e chiudere con alcuni punti di sutura, applicati con le cautele richieste dalla sutura vasale, la comunicazione della sacca col vaso. Negli aneurismi fusati si praticherà la endoaneurismorafia, la quale consiste nel ridurre la sacca con due o tre ordini di suture a capitonnage, fino a restituire al vaso il suo lume normale.
Non si deve dimenticare che un aneurisma può anche guarire spontaneamente quando il sangue si coaguli nella cavità ed i coagulí si organizzino. I metodi di cura conservativa hanno il loro fondamento appunto nella conoscenza di questa tendenza. Essi consistono nella compressione praticata sia col dito sia con speciali strumenti, esercitata, sia intermittentemente, sia continuamente. Vi è poi tutta una serie di mezzi tendenti ad ottenere la coagulazione, che vanno dall'applicazione di ghiaccio, all'iniezione di sostanze coagulanti e all'introduzione di corpi estranei nella sacca: aghi, molle da orologio, ecc. (Baccelli). L'introduzione può venir fatta attraverso alla pelle per gli aneunsmi che affiorano, come accade talvolta per gli aneurismi dell'aorta, che hanno logorato lo sterno, oppure dopo lo scoprimento chirurgico della sacca, quando, per l'importanza del vaso, si reputi troppo grave l'applicazione dei metodi radicali surricordati, come spesso è stato proposto per l'aorta addominale. Va ricordata ancora tra i metodi conservativi l'elettropuntura, che può in casi eccezionalissimi trovare indicazione ancora oggi.
Speciale menzione merita il cosiddetto aneurisma arterovenoso, o meglio fistola arterovenosa e l'aneurisma cirsoideo, che, per avere quasi sempre il carattere di una neoformazione, viene più correttamente detto angioma arterioso racemoso.
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