ANFILOCHIA ('Αμϕιλοχία, Anphilochia)
Regione dell'antica Grecia, a oriente del golfo d'Ambracia e ad occidente della Dolopiȧ, dalla quale la divide, almeno approssimativamente, il fiume Inaco (oggi Aspropotamo). Essa è prevalentemente montuosa e solo intorno al golfo diventa pianeggiante. Un po' all'interno si trova la città principale, Argo Anfilochio, e, più verso la costa, a settentrione Idomene, a mezzogiorno Olpe, situata proprio ad occidente di Argo. Il dialetto degli abitanti apparteneva senza dubbio al gruppo nord-occidentale, ma era talmente rozzo, che nel quinto secolo essi erano ritenuti barbari, e tali li considerava Filippo V; ma effettivamente erano greci, e il confronto con il dialetto corinzio, raffinato e letterario in Ambracia, metteva in evidenza la durezza del loro idioma. Ad Argo si sovrappose uno strato di popolazione ambraciota nel sec. V a. C., la quale soverchiò talmente l'indigena, che questa cacciò gli Ambracioti con l'aiuto degli Acarnani; sicché nel 428 si trovano gli Anfilochî talmente uniti con gli Acarnani, che a Olpe, la città anfilochia più vicina all'Acarnania, vi fu un tribunale misto di Acarnani e Anfilochî, forse per dirimere le possibili controversie. Furono naturalmente alleati d'Atene nel 428-424. Nel 390 (quasi a metà della guerra corinzia), insieme con gli Acarnani, furono alleati di Sparta. L'Anfilochia fu assoggettata probabilmente alla Macedonia, forse con una larva d'autonomia, al tempo della marcia di Filippo II contro l'Epiro nel 342. Più tardi Demetrio Poliorcete la cedette a Pirro, e prima del 229 essa entrò a far parte della lega etolica. Filippo V, durante la guerra dei Romani con Antioco, se ne impadronì nel 190, ma la tenne per poco. I Romani, terminata la guerra etolica nel 189, la lasciarono agli Etoli; ma nella sistemazione della Grecia, dopo la distruzione del regno di Macedonia nel 167, essa fu eretta a stato indipendente.
Fonti: Strabone, VI, 271; VII, 321; X, 450, Pseudo-Scilace, 34; Pseudo-Scimno, 455 segg.; Dionisio Callifonte, 46 segg.; Tolomeo, III, 14, 6; Pomponio Mela, VI, 53. Per la pretesa barbarie, Tucidide, II, 68, 5; Polibio, XVIII, 5, 8. Per le vicende politiche dal quarto secolo in poi: Tucidide, III, 105,1; Senofonte, Agesilao, II, 20; Plutarco, Pirro, 6; Polibio, XVIII, 5, 8; Livio, XXXII, 34; XXXVIII, 11; Polibio, XXI, 32; Diodoro, XXXI, 8, 6.
Bibl.: E. Oberhummer, Akarnanien, Ambrakia, Amphilochien, Leukas im Altertum, Monaco 1887; E. Meyer, Geschichte des Altertums, III, Stoccarda 1901, p. 599; IV, Stoccarda 1902, p. 355; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., III, i, Berlino 1922, p. 291; IV, i, Berlino 1925, pp. 222, 602, 637; ii, Berlino 1927, p. 385; B. Niese, Geschichte der griech. und mak. Staaten, I, Gotha 1893, p. 364; II, Gotha 1899, p. 6, n. i, e passim; III, Gotha 1903, pp. 12, 20, 184, 356.