ANFITRIONE ('Αμϕιτρύων, Amphitryon e Amphitruo)
Anfitrione, il "molto provato, tribolato" (nome allusivo alle fatiche del figlio putativo Eracle), è figliuolo del Perseide Alceo, re di Tirinto, e di Astidamia, figliuola di Pelope, o dell'altra figlia di Pelope Lisidice. Ippotoe figlia dell'altro Perseide Mestore diviene sposa di Posidone, al quale essa dà Tafio, che si stabilisce in una delle Echinadi, Tafo, e chiama Tafî o Teleboi i suoi sudditi. Figlio di Tafio è Pterelao, i cui sei figliuoli si recano coi Tafî nell'Argolide, e ad Elettrione, signore di Micene, chiedono di partecipare all'eredità di Mestore. Elettrione rifiuta: quelli allora portano via gli armenti. Gli otto figli di Elettrione inseguono quelli di Pterelao, ma cadono tutti nella zuffa: anche i figli di Pterelao restano tutti morti, salvo Evere, rimasto a guardia delle navi. I Tafî, che scampano alla strage, consegnano gli armenti a Polisseno, re degli Elei, dal quale A. li ricompra, riportandoli ad Elettrione. Ma questi anela a vendicare la morte dei proprî figli e si appresta a muovere contro i Tafî. Al momento di partire affida il proprio regno e la propria figli a Alcmena ad A.; ma ecco che uno dei buoi si sbanda; A. gli lancia la propria mazza, e questa, ripercossa dalle corna del bue, va a ferire mortalmente Elettrione. Di ciò approfitta Stenelo, altro fratello d'Elettrione, per cacciare A. dall'Argolide, e impadronirsi di Micene e di Tirinto. Alcmena persuasa dell'innocenza di A., lo segue nell'esilio: essi trovano rifugio in Tebe, il cui re Creonte purifica Anfitrione. Ma A. vuole compiere sui Tafî la vendetta bramata da Elettrione, anche per divenire lo sposo d'Alcmena. Chiede pertanto l'aiuto di Creonte, e l'ottiene, ma soltanto dopo aver liberato, coll'appoggio dell'ateniese Cefalo, Tebe dalla volpe teumessia. A. muove, con Creonte, Cefalo, Eleo d'Argo e Panopeo, contro Pterelao. Ma questi aveva ottenuto da Posidone un capello aureo che lo rendeva immortale, e finché Pterelao viveva, Tafo non poteva cadere. Però la figlia di Pterelao, Cometo, s'innamora d'A., e per far piacere a lui, sorpreso il padre nel sonno, gli toglie l'aureo capello. Cosi Pterelao muore, e il regno suo è conquistato. A., lo distribuisce fra Eleo e Cefalo, e torna a Tebe, dove frattanto Zeus ha visitato sotto le forme di lui Alcmena, rendendola madre di Eracle (cfr. l'Anfitrione di Plauto). Di A. Alcmena mette alla luce Ificle, che sarà il padre di Iolao, il fedelissimo compagno d'Eracle. A. muore più tardi combattendo contro i Minî d'Orcomeno.
Bibl.: Cfr. Stoll, in Roscher, Lexik. d. griech. u. röm. Myth., I, i, coll. 321 segg.; Escher, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 1967 segg.