SALMOIRAGHI, Angelo Andrea Maria Luigi
– Nacque a Milano il 27 gennaio 1848, da Emanuele, originario di Lanzo d’Intelvi (Como), e da Ernesta Torta.
Si sposò il 31 ottobre 1873 con Costanza Novi (1848-1915) e, in seconde nozze, il 31 ottobre 1918 con Maria Carolina Giulia Albertini di San Marzano, con la quale ebbe un figlio, Angelo (1920-1956).
Angelo Salmoiraghi è considerato uno dei fondatori dell’ottica industriale in Italia, un imprenditore che per due terzi di secolo (dal 1873 al 1939) diede un contributo decisivo allo sviluppo dell’industria degli strumenti di precisione applicati alla topografia, alla navigazione marittima e aerea e a ogni uso civile. Fu inoltre, soprattutto nel primo ventennio del Novecento, uno dei protagonisti della vita politica e istituzionale milanese e nazionale, distinguendosi per un’attività improntata a uno schietto spirito di conciliazione nei conflitti tra capitale e lavoro.
Dopo aver frequentato l’Istituto tecnico di Santa Marta si iscrisse all’Università di Pavia, dove seguì il biennio propedeutico di studi fisico-matematici. In quegli anni strinse amicizia con Cesare Saldini, Ettore Paladini, Giovan Battista Pirelli, Bartolomeo Cabella, Alberto Riva e altri giovani di talento che – come il loro professore Giuseppe Colombo – interruppero gli studi per combattere come volontari nella campagna del 1866. Salmoiraghi militò tra le file garibaldine in Trentino. Insieme ai compagni – che come lui sarebbero stati tra i pionieri dello sviluppo tecnico e industriale – nel 1870 si laureò all’Istituto tecnico superiore (poi Politecnico) in ingegneria industriale.
Subito assunto da un’impresa costruttrice di ferrovie in Turchia, per prepararsi al meglio si rivolse a Ignazio Porro, uno dei maggiori scienziati italiani dell’Ottocento, le cui scoperte rivoluzionarono il modo di misurare e rappresentare graficamente le superfici (che chiamò celerimensura). Il contatto con Porro gli fece intuire le straordinarie potenzialità dell’ottica per lo sviluppo della meccanica di precisione; i suoi studi sedussero Salmoiraghi a tal punto da spingerlo – tra lo stupore dei compagni – a rinunciare all’impiego in Turchia per continuare l’opera di Porro e dedicare la propria vita allo sviluppo della sua scuola-officina, la Filotecnica. Iniziò a lavorare con lo scienziato e, tra il 1871 e il 1873, sostenuto tra gli altri da Francesco Brioschi, riuscì a raccogliere il capitale necessario (100.000 lire) per avviare la ditta che rilevò la Filotecnica, la Salmoiraghi, Rizzi e C., che però non ebbe vita facile, tanto che Salmoiraghi – unico titolare dal 1877 – decise di affiancarle la prima fabbrica italiana di macchine da cucire, che nel 1881 vendette alla ditta Prinetti Stucchi e C.
Nonostante la concorrenza dei forti produttori europei, la Filotecnica con il tempo si dimostrò un esempio di successo tra i fabbricatori di strumenti di precisione. Avvalendosi inizialmente della preziosa collaborazione del tecnico polacco Francesco Koristka – che dal 1879 avviò una propria ditta per strumenti di micrografia –, Salmoiraghi ampliò a mano a mano la sua impresa, realizzando svariati strumenti di geodesia, astronomia, binocoli, telemetri, termometri, cronometri, barometri, microscopi, bussole e altre apparecchiature. Queste strumentazioni di alto valore e qualità rifornivano il ministero della Guerra, l’Istituto geografico militare, osservatori e università, ma la bassa ricettività del mercato interno spinse Salmoiraghi a ricercare nuovi sbocchi all’estero, attraverso l’apertura di uffici di rappresentanza in varie città europee e delle Americhe (Città del Messico, Buenos Aires, Montevideo). Sorretto da una fiducia incrollabile nelle potenzialità delle applicazioni industriali dell’ottica, ampliò la gamma delle produzioni della Filotecnica raggiungendo un alto grado di perfezionamento attestato da numerosi premi e riconoscimenti. Ciò fu ottenuto anche grazie alla pubblicazione di varie opere che raggiunsero lo scopo di accrescere le ordinazioni dall’estero. Quando, nel 1905, fu trasformata in società in accomandita per azioni, la Filotecnica si era notevolmente ingrandita e presentava prospettive di sviluppo ragguardevoli.
Angelo Salmoiraghi fu un tipico rappresentante di quella nutrita schiera di giovani imprenditori – come Giovan Battista Pirelli e altri – che, usciti dal Politecnico, affrontarono i problemi concreti in termini rigorosi secondo i modelli del pensiero scientifico. Capaci di cogliere il valore tecnico-scientifico delle trasformazioni in corso, essi rappresentarono, nella classe dirigente milanese postunitaria, la punta avanzata della tendenza industrialista. Per loro il Risorgimento politico doveva compiersi con il risorgimento economico, il cui motore trainante sarebbero state le nuove industrie. Accomunati dal culto della macchina e dalla convinzione che fossero necessari uomini preparati per lo sviluppo del Paese, lottarono per il potenziamento della cultura tecnico-scientifica e per la formazione professionale delle maestranze in stretta connessione con le attività produttive. Con queste idee, seguendo l’esempio di Giuseppe Colombo, s’impegnarono attivamente nella vita pubblica, entrando nelle istituzioni locali e nazionali, per modernizzare le strutture urbane di Milano, per sostenere una politica industrialista e protezionista e per rafforzare le istituzioni educative a ogni livello.
Insieme agli scritti su temi tecnici, i suoi interventi sulla tariffa doganale (1882), sul sostegno al comparto dell’ottica (1887), sulla questione ferroviaria (1897) e la sua attività di consigliere comunale dal 1892 al 1904 appaiono tutti guidati dalla stessa logica di sostegno alla modernizzazione del Paese. Ma l’animatore della Filotecnica si distinse dai compagni per il suo impegno tra le file dei radicali (che a Milano coincidevano con la massoneria), i quali nel 1899, dopo quarant’anni di dominio dei moderati, assunsero la guida della città. Come gran parte della borghesia milanese considerò quasi inevitabile l’intervento repressivo del 1898, ma fu egli stesso a capeggiare l’opposizione in Comune a favore dell’amnistia per i detenuti politici. Rappresentante dell’ala più moderata e ‘industrialista’ dei radicali, fu tra i finanziatori del giornale radicale e repubblicano Il Tempo – fondato nel 1899 – e convinto che la reazione alla democrazia andasse fermata. Per riaffermare il ritorno alla vita civile e al dialogo tra i rappresentanti delle forze produttive, i radicali milanesi formarono una coalizione con i socialisti e i repubblicani che vinse le elezioni del dicembre 1899 con un programma riformatore, inaugurando un nuovo corso politico che anticipava quello nazionale. Salmoiraghi risultò il più votato, assunse la carica di assessore alle Finanze del Comune, ma si dimise entro il maggio 1900 per divergenze con il sindaco Giuseppe Mussi.
Da allora, per oltre un quarto di secolo, fu al centro del fitto intreccio di relazioni tra imprenditori, organizzazioni operaie, istituzioni amministrative, formative e politiche che caratterizzò la realtà milanese dell’età giolittiana. Nella Camera di commercio, al cui Consiglio direttivo partecipò dal 1898 e che lo vide presidente ininterrottamente dal 1900 al 1924 (e commissario governativo nel 1924-26), ebbe il ruolo di collegamento tra il partito democratico e i settori industriali e commerciali che vi erano rappresentati. Nel nuovo clima sociale e politico, la vita della Camera sarà caratterizzata da una sostanziale concordia, a differenza dei due decenni precedenti. Le recenti vicende politiche probabilmente influirono sulla decisione di Ferdinando Bocconi di affidare a elementi democratici radicali il progetto di fondare una scuola superiore di commercio (sottraendolo al moderato Giuseppe Colombo). Fu il segretario della Camera di commercio Leopoldo Sabbatini, stretto collaboratore di Salmoiraghi per quattordici anni, a predisporre la proposta definitiva che darà vita all’Università Bocconi. Sabbatini fu il primo rettore, mentre il presidente dell’istituzione camerale sedette tra i membri del Consiglio direttivo.
Sempre affiancato da Sabbatini, prese parte al comitato organizzativo dell’Esposizione universale del 1906 (inizialmente fu presidente del comitato scientifico), contribuendo a darle il suo carattere peculiare, cioè quello di rassegna attenta alle ‘scienze industriali’ così come alle ‘scienze sociali’, coinvolgendo attivamente la Società Umanitaria in quella che fu definita una grandiosa festa del lavoro; in quell’occasione il faro Salmoiraghi a proiettori parabolici fu celebrato come un esempio di affermazione trionfale della scienza e dell’industria italiana.
Eletto, nel 1903 (anno in cui fu nominato cavaliere del lavoro), rappresentante delle camere di commercio italiane al Consiglio superiore del lavoro, condivise con uomini come Augusto Osimo l’idea di un’alleanza tra i produttori in nome di valori come il lavoro, il progresso, la promozione sociale. E mentre Osimo, nel 1902, creava l’Ufficio del lavoro presso l’Umanitaria, allo scopo di condurre un’approfondita analisi statistica sull’economia e la società dell’Italia settentrionale, Salmoiraghi avviò presso l’Unione delle camere di commercio italiane (Unioncamere) iniziative analoghe, per studiare e interpretare i fenomeni economici e determinare quali fossero gli interessi veramente nazionali. Tra il 1899 e il 1928 fu anche membro del Consiglio direttivo di un’importante istituzione cittadina come la Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri.
Di fronte ai conflitti tra capitale e lavoro agì sistematicamente seguendo una linea di mediazione intesa a favorire il raggiungimento di un accordo tra le parti sociali. Nel 1900 propose un Collegio arbitrale che fosse la premessa di una ‘camera del lavoro’ di tipo nuovo, concepita come un’istituzione di utilità generale aperta anche agli industriali per trattare di comune accordo i problemi del lavoro e prevenire i conflitti. La proposta fu respinta dai socialisti, ma a Milano fu creato un Collegio arbitrale nel quale nel 1913 sarà chiamato come arbitro dopo il grande sciopero del «materiale mobile ferroviario – il “lodo Salmoiraghi”» (Milano, Camera di commercio, Archivio storico, cart. 71, f. 4.a). Sostenne idee simili presso l’Unione delle camere di commercio – di cui fu promotore, con Sabbatini, e presidente dal 1901 al 1917 –, un’istituzione che aspirava a parlare a nome dell’intero mondo economico del Paese presentandosi come una sorta di ‘parlamento commerciale’. L’Unioncamere ritenne l’istituto del Collegio dei probiviri uno strumento essenziale di equa composizione delle controversie fra industriali e operai. Lo stesso ente si occupò non solo di tariffe ferroviarie, municipalizzazione dei servizi pubblici, trattati di commercio, tariffe doganali, ma anche di legislazione sociale, sostenendo con proposte concrete il diritto al riposo settimanale per i lavoratori, la regolamentazione degli infortuni, una nuova disciplina dei contratti di lavoro. Anche su un piano più strettamente politico l’Unioncamere appariva perfettamente in linea con gli orientamenti del suo presidente (dal 1912 senatore): fu esplicitamente protezionista, approvò la guerra di Libia, aderì all’interventismo nel 1915.
La prima guerra mondiale fu un’occasione straordinaria per le officine di strumenti ottici e di precisione, che furono mobilitate per rifornire le navi della Marina, l’artiglieria e i velivoli militari in genere. Figura d’indiscusso prestigio e competenza, Salmoiraghi, con Emilio Lepetit, rappresentò gli industriali nel Comitato lombardo di mobilitazione industriale. La Filotecnica, inclusa tra gli stabilimenti ausiliari dello Stato, fu chiamata a sviluppare strumenti come i periscopi per sottomarini, binocoli prismatici, apparecchiature per il ‘volo strumentale’. Ma, nel suo caso – così come per quasi tutti gli ex compagni del Politecnico – l’adesione alla guerra non fu una semplice questione d’affari. In realtà le tendenze dell’interventismo democratico di Salmoiraghi si riallacciavano idealmente alla milizia risorgimentale e costituivano la logica conseguenza di una ‘religione della patria’ che accomunava una classe dirigente orgogliosa di aver contribuito al riscatto dallo stato d’inferiorità economica dell’Italia; erano uomini che, in quel momento, vedevano la guerra all’Austria come il compimento del Risorgimento nazionale.
Nel dopoguerra, di fronte alla crisi economica, sociale, politica e istituzionale, si distinse per il tentativo di rilanciare una prospettiva di conciliazione che, nelle mutate condizioni, andava persino oltre il riformismo dell’età giolittiana. In occasione delle elezioni del 1919, sul Corriere della sera del 28 ottobre, insieme ai suoi colleghi senatori – industriali e ‘politecnici’ – Cesare Saldini, Ettore Conti, Lodovico Gavazzi, Luca Beltrami, Emanuele Greppi, Luigi Mangiagalli, firmò un manifesto-programma di largo respiro, che però presupponeva nelle classi dirigenti «una elevata concezione dei propri doveri» (Lacaita, 1990, p. 246), per attuarlo sulla base di una larga convergenza di forze del lavoro e riformiste. Pur difendendo il significato della guerra e della vittoria e pur contrapponendosi al collettivismo in nome dello spirito d’intrapresa, Salmoiraghi e i senatori democratici giunsero ad ammettere che persino la proprietà privata poteva essere contenuta entro certi limiti nell’interesse della società. Soprattutto, proposero un vasto programma di riforme: diffusione di cultura ed educazione, estensione della piccola proprietà contadina, case popolari, sicurezza sociale, opere pubbliche e altri investimenti da finanziare con imposte patrimoniali, sul reddito e sulle successioni. «È giuocoforza – si legge nel manifesto – che quanti nella guerra hanno acquistato ricchezze invece di incontrare sacrifici avvertano l’immoralità della posizione loro e si adattino ai maggiori prelievi che lo stato dovrà fare ai loro beni» (ibid.).
Nell’agosto 1920, nei primi giorni dell’‘ostruzionismo’ dei metallurgici che avrebbe condotto all’occupazione delle fabbriche, pubblicò sul Sole una lettera in cui ribadì la sua idea che l’industria andava considerata in quel momento «come una vera funzione sociale» e, pur escludendo di far partecipare i dipendenti alla direzione tecnica e amministrativa, essi avrebbero dovuto essere cointeressati alla sua riuscita. Propose di istituire «una commissione mista dotata dei poteri necessari» ad agire in modo equo e salvaguardare tutti gli interessi in conflitto, che «controllasse la amministrazione delle varie unità industriali così da intervenire, con norme prestabilite, alla partizione degli utili» tra capitale e lavoratori (La grave vertenza dei metallurgici. La proposta del senatore Salmoiraghi, in Il Sole, 22 agosto 1920).
Negli anni successivi proseguì la sua opera presso la Camera di commercio di Milano, la quale, nel quarto di secolo della sua presidenza, oltre a collaborare strettamente con le altre istituzioni cittadine, riorganizzò gli uffici sistemando la sede dell’antico palazzo dei Giureconsulti e diede un contributo attivo allo studio dei problemi dei trasporti e delle comunicazioni interne. Salmoiraghi fu membro della giunta esecutiva del Comitato italiano per il valico ferroviario dello Spluga, della commissione economico-finanziaria nel Comitato promotore della linea navigabile Milano-Venezia e del Consorzio per la navigazione interna della Valpadana. Nel 1913 collaborò con il governo nella Commissione per il rinnovo dei trattati di commercio. Nel 1920 ebbe l’incarico di commissario governativo per l’organizzazione della Fiera campionaria di Milano.
Tra il 1922 e il 1925 la Camera milanese assunse come segretario un giovane di talento come Raffaele Mattioli (1895-1973), il futuro banchiere antifascista che proprio nel 1925 passerà alla Banca commerciale italiana, di cui sarà amministratore delegato dal 1933 e presidente dal 1960 al 1971. Nel periodo in cui fu segretario Mattioli (che definì Salmoiraghi suo maestro di vita e di lavoro) la Camera elaborò uno schema di legge per l’ordinamento delle borse, progettò la costituzione di un ente per promuovere le esportazioni, acquistò il nuovo Palazzo della borsa, istituì la Borsa merci, avviò i consorzi per l’istruzione tecnica e professionale, collaborò alla fondazione dell’Università degli studi di Milano.
Salmoiraghi dedicò i suoi ultimi anni all’ottica – fondando, nel 1928, la Scuola professionale di ottica – e alla Filotecnica, che produceva ormai una gamma di strumenti straordinariamente vasta, compresi gli apparecchi fotografici, cinematografici e di proiezione, lenti per occhiali ecc. Instancabile, nel 1931, a 83 anni, fondò la rivista La Filotecnica, il cui scopo era di sostenere un’industria che aveva ulteriormente ampliato le sue applicazioni industriali, civili e militari. Non sorprende che il fascismo la considerasse un settore strategico, promuovendo (1928) il Regio istituto di ottica, che sarà poi al servizio della politica autarchica. Nel 1935 La Filotecnica fu inglobata nell’IRI.
Salmoiraghi fu inoltre presidente di varie società per azioni – Case e industrie (Ceisa), Società anonima fabbriche fiammiferi ed affini (SAFFA), Schmid (Fabbriche stoffe per mobili ed affini), Società anonima fosforo e derivati, Consorzio industrie fiammiferi – vicepresidente della S. A. Marconi e della Società italiana radio marittima e consigliere del Credito commerciale di Cremona, della Riunione adriatica di sicurtà e della Assicuratrice d’Italia.
Morì a Milano il 3 febbraio 1939, assistito dalla moglie e dal figlio Angelo.
Opere. Tra i numerosi scritti segnaliamo: Alcune riflessioni sugli strumenti di geometria pratica presentati all’Esposizione nazionale di Milano, Milano 1871; Discorso pronunziato dall’ing. Angelo Salmoiraghi sulla tomba del prof. cav. Ignazio Porro, in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, 1875, vol. 7, n. 11; Sull’industria della meccanica di precisione e dell’ottica, Milano 1875; La tariffa doganale e lo sviluppo dell’industria nazionale, in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, 1882, vol. 14, nn. 1-4, 6-7, 9-10; La questione ferroviaria, Milano 1883; Istrumenti e metodi moderni di geometria applicata, Milano 1884; La manifattura degli istrumenti ottici e la revisione della tariffa doganale, Milano 1887; Guide pratique du géomètre moderne, Milano 1888; Il nuovo valico ferroviario del Sempione e gli interessi del Comune di Milano, Milano 1897; Per la riforma della legge 15 giugno 1893 n. 295 sui Collegi dei probi-viri, Roma 1904; Il rinascimento dell’ottica in Italia, Milano 1927. Articoli in ogni numero della Filotecnica, rivista bimestrale, 1931-1939.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Notarile u.v., notaio Augusto Porro, atto 3 gennaio 1878, n. 9465, c. 5214 e notaio Augusto Carganico, atto 10 ottobre 1879; Milano, Camera di commercio, Archivio storico: cart. 194, f. 1.c, cart. 224, f. 5.a, cart. 345, f. 8.i, cart. 1442, f. 4.8.b.1; Incarto relativo al lodo arbitrale emesso dal sen. ing. A. Salmoiraghi ecc., 16 ottobre 1913, cart. 71, f. 4.a; Archivio Ditte, c. 663, 676; Milano, Archivio storico Museo nazionale della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci, Raccolta documentaria dei Primati scientifici italiani, Serie Autori, cart. 996, Serie Soggetti, cart. 164; Roma, Archivio storico Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro, f. A. Salmoiraghi; Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Archivio Luigi Luzzatti, Corrispondenza, c. 3532; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/ web/senregno.nsf/3b06b7313c966b4dc125711400599aa3/3c4e5ffe18a180df4125646f005f4b8e?OpenDocument. Comune di Milano, Atti del Municipio di Milano, Milano 1884-1899 (poi Atti del Comune di Milano, Milano 1900-1904); Atti della Camera di commercio di Milano 1898-1924; Bollettino ufficiale della Unione delle camere di commercio, Roma 1904-1906 (poi Bollettino ufficiale dell’Unione delle camere di commercio italiane, Roma 1906-1914).
U. B., Necrologia di A. S., in La Filotecnica, 1939, n. 1, pp. 1-4; F. Nasi, Storia dell’amministrazione comunale. Da Mussi a Mangiagalli 1899-1926, Milano 1969, passim; M. Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cinque anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze 1979, ad ind.; C.G. Lacaita, Il Politecnico e il fascismo, in Il fascismo in Lombardia. Politica, economia, società, a cura di M.L. Betri et al., Milano 1989, pp. 399-417; C.G. Lacaita, L’intelligenza produttiva. Imprenditori, tecnici e operai nella Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri di Milano. 1838-1988, Milano 1990, ad ind.; L’Università commerciale Luigi Bocconi dalle origini al 1914, a cura di M. Cattini et al., Milano 1992, ad ind.; M.A. Romani, Costruire le istituzioni: Leopoldo Sabbatini (1860-1914), Soveria Mannelli 1997, ad ind.; Storia dell’Unione italiana delle camere di commercio (1862-1994), a cura di G. Sapelli, Soveria Mannelli 1997, ad indicem.