ZOTTOLI, Angelo Andrea
ZOTTOLI, Angelo Andrea (Chao Deli). – Nacque ad Acerno il 21 giugno 1826, da Francesco e da Carolina Tisi, una facoltosa famiglia della provincia di Salerno.
Prese il nome dallo zio Angelo Andrea Zottoli, vescovo titolare di Anastasiopoli e vicario generale dell’arcivescovo di Salerno. Successivamente, al pronipote Angelandrea, insigne esperto di critica letteraria, venne dato lo stesso nome in onore dei due nobili antenati.
All’età di quindici anni, intraprese gli studi di retorica e filosofia presso il collegio dei gesuiti di Salerno. Durante quel periodo egli avvertì la vocazione per diventare un padre gesuita ed entrare subitamente a far parte della Compagnia di Gesù. I genitori, che speravano di vedere un erede per garantire prestigio e onore alla famiglia, e lo zio monsignor Zottoli, si opposero fermamente. Egli provò in tutti modi a convincere i suoi familiari ma, quando avvertì che non vi era alcun modo per cambiar le loro ferme intenzioni, scrisse una lettera ai genitori e fuggì dalla casa paterna per rifugiarsi, il 2 maggio 1843, a Napoli sotto la protezione del padre provinciale Francesco Manera che lo accettò nella Compagnia di Gesù per poi inviarlo, il giorno seguente, presso il collegio di Sorrento per iniziare il suo noviziato sotto la guida dei padri Enrico Borgianelli, prima, e Michele Portanova, poi. Zottoli fece i primi voti il 3 maggio 1845 per poi essere ordinato in minoribus il 18 maggio proprio da monsignor Zottoli, suo zio, che avversò duramente la sua vocazione.
Durante il suo noviziato Zottoli scrisse due poemi, uno in greco e uno in latino, che dimostrano la sua abilità nello studio delle lingue classiche (cfr. ASPI, Fondo Dente, Poesie fatte dagli scolastici nella rinnovazione dei voti prima della dispersione del 1860). Dato il suo talento, il giovane fu inviato a insegnare presso la classe del secondo ginnasio del collegio Massimo di Napoli. Durante tale periodo, oltre a insegnare, nel 1847 intraprese gli studi filosofici, che nel 1848 dovette abbandonare a causa dei moti scoppiati proprio in quell’anno a Napoli.
Rifugiatosi con altri confratelli a Malta, fu scelto insieme ad altri giovani gesuiti per rinfoltire le fila dei missionari italiani a Zi-ka-wei (Xujiahui), un villaggio a sud di Shanghai che attualmente è un quartiere della città. In occasione del suo cinquantenario come missionario in Cina, Zottoli narrò le difficoltà incontrate nel lungo viaggio da Malta fino in Cina, che vennero successivamente riportate da un suo confratello:
«Cinquant’anni fa, i commodii attuali dei viaggi marittimi erano sconosciuti ai missionarii di Cina; i capi di spedizione, avventurandosi nell’imprevisto, esponevano veramente i giovani missionari a dure traversate. Giunta al deserto de l’istmo egiziano, la schiera del P. Zottoli sentì la borsa già sensibilmente alleggerita; il Superiore si vide costretto a rimandare due Padri alla loro madre patria: i mezzi non bastavano neppure al loro nutrimento. I cavalli arabi che trasportavano la schiera di missionarii a Suez correvano con una celerità che non faceva che attivare l’appetito dei giovani religiosi. All’asciolvere, il Superiore raccomandò loro la maggiore moderazione. Figli di obedienza, i giovani guardarono i piatti più che toccarli. E qual non fu il rammarico del Superiore quando gli bisognò di pagare tutto come gli altri passeggieri che avevano fatto onore alla lauta colazione del deserto, il cui prezzo per giunta era esorbitante. Ne sui’ un provvedimento energico. A mezzogiorno si fece tappa per pranzare e il docile gruppo fu invitato ad astenersi totalmente. Poveri giovani! Fortunatamente fu loro permesso di rifarsi a cena. Da Suez a Ceylan potettero impietosire il commissario, ma da Ceylan a Hong-Kong, ridotti a vivere in una classe particolare inferiore alla terza, ebbero a felicità buscarsi croste di pane che essi mangiavano a coperta sul ponte, ma, dice il P. Zottoli, in mezzo ad una gaiezza mai interrotta [...]» (Lettere edificanti della Provincia napoletana, I-IX, Napoli 1874-1901, VIII, pp. 139 s.).
Arrivato a Shanghai, Zottoli fu assegnato all’insegnamento della teologia mentre i suoi compagni di viaggio Francesco Adinolfi e Luigi Massa furono assegnati rispettivamente all’insegnamento della filosofia e della grammatica. Durante questo periodo scrisse la prima opera rimasta, però, manoscritta, ovvero Dissertationes theologicae ad recentiorum praesertim haereticorum conditionem (1849-52).
In questo scritto, probabilmente adoperato anche come testo scolastico per l’insegnamento della teologia, Zottoli utilizzò testi canonici aggiungendo altresì riflessioni personali e spunti critici. Il manoscritto è suddiviso in due volumi, il primo riguardante questioni teologiche su Dio, il secondo riguardante questioni dottrinali sulla Chiesa. Il testo, in latino con annotazioni in francese, italiano ed ebraico, è denso di riferimenti alle dottrine tomiste, soprattutto concernenti la creazione del cosmo e dell’uomo, e incentra la sua attenzione anche su aspetti più eterodossi come le teorie scientifiche a lui contemporanee.
Da questo momento Zottoli intraprese anche gli studi in sinologia e filosofia cinese che lo avrebbero portato, dopo anni di ricerca, a divenire un sinologo di fama mondiale. Per tale motivo, iniziò a utilizzare anche il suo nome cinese ufficiale, Chao Deli, unitamente al suo altro nome formale, Jing Zhuang, che però adottò di rado. Durante questo periodo da theologiae professor, secondo David Mungello (2015, p. 46), egli utilizzò anche il famoso libro scritto da Matteo Ricci Tianzhu Shiyi (Vero significato del Signore del Cielo), come testo didattico. Successivamente, dal 1852 fino al 1866 egli fu direttore del collegio di S. Ignazio (Collège Saint Ignace, attualmente conosciuto come Scuola secondaria del distretto di Xuhui a Shanghai) inaugurato solo due anni prima dell’inizio della sua carica, nel 1850. Secondo un’altra fonte, una lettera scritta dal padre Agnello della Corte al padre Aloisio Sica, in realtà Zottoli fu coadiuvato nel suo rettorato da un altro confratello, padre Adinolfi.
Inoltre, egli fu anche direttore dell’imponente Biblioteca di Zi-ka-wei, contenente tutt’oggi più di ottantamila volumi in oltre venti lingue diverse dal cinese, un unicum in tutta la Cina. Zottoli mantenne la sua carica dal 1862 sino al 1868. Durante questo periodo continuò strenuamente lo studio del cinese e la sua attività da docente; sono infatti di questo periodo le sue opere in cinese Shi tu zong hui (Commentario al Credo, 1863), Jing li shengxin yue (Preghiere devozionali per il mese del Sacro Cuore, 1865) e poi il successivo Jing li shengmu yue (Preghiere devozionali per il mese di Maria, 1872). Inoltre, si occupò anche dello studio del latino per gli studenti del collegio, pubblicando un valido testo scolastico in cinese: Emmanuelis Alvarez Institutio grammatica ad Sinenses alumnos accomodata (1869).
Tuttavia, l’opera che diede più lustro e fama a Zottoli è senza dubbio il Cursus litteraturae sinicae: neo-missionariis accommodatus (1879-83).
L’opera monumentale, in cinque volumi, raccoglie moltissimi testi in cinese tradotti in latino dal medesimo autore volti allo studio della lingua e della cultura cinese, dalla retorica alla letteratura, dalla filosofia sino alla cosmologia. Data la vastità dell’opera, per l’interpretazione dei testi Zottoli si affidò a diversi classici e autori della storia del pensiero cinese. Il principale autore di riferimento fu senza dubbio il famoso filosofo cinese di epoca Song Zhu Xi (1130-1200), che, come ricorda Nicholas M. Williams (2015, p. 344), era apprezzato da Zottoli dal punto di vista filologico ma non filosofico. In generale, per Zottoli, Zhu Xi rappresentava un esempio di chiarezza e saggezza nella spiegazione dei classici cinesi. Una caratteristica fondamentale del Cursus è, infatti, non solamente il progressivo insegnamento della lingua cinese ma anche l’uso dei testi classici, in lingua originale e traduzione latina a fronte, per il miglioramento delle competenze linguistiche ma anche delle conoscenze filosofiche e culturali dello studente. Tuttavia, le traduzioni dei classici non passarono inosservate agli occhi dei sinologi del tempo con giudizi contrastanti. Da un lato grandi sinologi come James Legge acclamarono i suoi scritti come eredi degli antichi fasti della Compagnia di Gesù in Cina durante la tarda epoca Ming, e dall’altro lato sinologi come Herbert Allen Giles criticarono aspramente le versioni latine definendole null’altro che rivisitazioni superficiali delle traduzioni fatte in precedenza dallo stesso Legge, in inglese. Al di là dei dibattiti accademici e specialistici, però, il Cursus venne utilizzato da molti missionari per migliorare le loro conoscenze della lingua cinese e al tempo stesso per prepararsi alle missioni in territorio cinese. Il testo offrì dunque ai giovani missionari la possibilità d’immergersi nello studio della lingua cinese e, al contempo, carpirne l’essenza del pensiero e della cultura.
Oltre al Cursus, in questi anni Zottoli scrisse ai suoi confratelli in Italia esprimendo anche le sue idee politiche e dottrinali. Una lettera, per esempio, scritta al padre generale della Compagnia di Gesù, si sofferma sulla annosa questione dei riti, e soprattutto sulla critica al culto degli antenati come non compatibile con la fede cristiana, ove Zottoli sembra a favore della decisione presa da Benedetto XIV nelle bolle Ex quo singulari (1742) e Omnium sollicitudinum (1744) di non accettare i riti e di non ricominciare il dibattito su tali questioni (cfr. ARSI, Sin-1005, 0698 [Sin. 5, VI, 5]). In altre lettere si evincono le idee politiche di Zottoli, che fu evidentemente vicino alla comunità locale di Zi-ka-wei, ma molto distante dagli intellettuali confuciani che riteneva inadatti a ricoprire i loro prestigiosi incarichi per l’Impero cinese sotto la dinastia Qing.
A questo riguardo, parlando della morte di un padre gesuita egli scrisse al padre Bonaventura Pinto in una lettera datata 6 giugno 1895: «[...] Amava bensì la Cina, vi si era sacrificato tutto; ma ne detestava la genia de’ letterati, ai quali attribuiva tutto il male onde quest’impero è guasto. Avea poi torto? Credo che no; giacché difatti quanto è buono il popolo cinese, specialmente nelle campagne, sobrio oltre ogni credere, laborioso, docile, tranquillo, tanto è maligno lo sciame de’ letterati, donde deve uscire tutto l’ordine de’ mandarini» (cfr. Lettere edificanti, cit., VII, pp. 57 s.).
Al contempo, anche le testimonianze cinesi ci mostrano il profondo rispetto di Zottoli verso la comunità cinese. Per esempio il suo illustre alunno Ma Xiangbo soleva ricordare quanto egli fosse grato al popolo cinese esaltandone spesso la generosità, come riportato da Li Tiangang (1996, p. 1242).
Altro testo fondamentale per comprendere i suoi interessi non solo in campo sinologico e filosofico ma anche teologico è il catechismo in cinese denominato Qu pi xun meng (1869-70). La traduzione del titolo risulta molto complessa poiché implica diversi concetti filosofici; si possono seguire dunque almeno due interpretazioni principali: la traduzione in latino fornita dallo stesso Zottoli come «Catechismo illustrato con esempi» oppure, letteralmente, come suggerisce Williams, «Utilizzare parabole per istruire coloro che ignorano».
In quest’opera Zottoli ricostruisce diverse idee sulla fede cattolica adattandola al suo contesto di riferimento, includendo anche la tradizione confuciana. Una caratteristica fondamentale di questo testo, oltre all’uso costante di metafore e analogie legate, a volte, al contesto culturale cinese, è lo sforzo intellettuale di Zottoli di adottare una terminologia innovativa. Un esempio concreto, che si riscontra soprattutto nel quinto e sesto capitolo del libro, è l’uso del termine hua cheng nel tradurre il concetto di creazione ex nihilo. Tale termine, infatti, fu adottato nel contesto cosmologico confuciano e neoconfuciano nel senso più immediato di completamento di una trasformazione e si trova ad avere un senso diverso nel contesto teologico del volume. Da ciò si evince, dunque, l’interesse di Zottoli non solo nell’insegnare ai suoi confratelli i concetti fondamentali della cultura cinese, ma anche, nella sua missione, di creare un catechismo adatto ai suoi studenti cinesi che includesse termini e idee a loro più familiari. Egli, inoltre, adoperò una terminologia che era già stata adottata dai gesuiti durante le loro missioni tra la fine della dinastia Ming e l’inizio della dinastia Qing.
In tal senso, un altro testo fondamentale rimasto manoscritto è l’Ascetica nomenclatio (1877). Si tratta di un indice di diversi termini della spiritualità ignaziana e cattolica che sono tradotti dal latino al cinese. Vi vengono forniti sia i caratteri sia una loro forma romanizzata. Altri testi che mostrano l’interesse per la spiritualità ignaziana e al contempo per l’insegnamento della dottrina cristiana in Cina sono il Catechismi ad usum Vicariatus Nankinensis (1882) e l’Explicatio regulorum Societatis Iesu (1888-89). Il primo testo è un catechismo, in latino e cinese (in versione romanizzata) per l’uso della comunità religiosa di Nanchino ed è un dialogo tra un sacerdote e un fedele diviso in due parti, battesimo e confessione. Il secondo, invece, è una spiegazione delle regole della comunità dei gesuiti di Zi-ka-wei che include anche preghiere in cinese, latino e francese.
Dopo anni di fatica e studio, Zottoli iniziò ad avvertire il peso della sua missione e non riuscì più a sopportare tali fatiche. Morì a Zi-ka-wei il 9 novembre 1902.
Opere. A Shanghai, Biblioteca di Zi-ka-wei, sono conservati i seguenti manoscritti: Dissertationes theologicae ad recentiorum praesertim haereticorum conditionem (1849-52), I-II; Ascetica nomenclatio (1877); Explicatio regulorum Societatis Iesu (1888-89; trascritto da padre Stephanus Tsang); il manoscritto Catechismi ad usum Vicariatus Nankinensis (1882), è conservato a presso la biblioteca del USF Ricci Institute a San Francisco (Cal.). Opere a stampa: Jiaoli jianyue(Catechismi historici et dogmatici mnemosynon), Shanghai 1858; Dashe li jie (Tractatus de Indulgentiis), Shanghai 1863; Shi tu zong hui (Commentario al Credo), Shanghai 1863; Jing li shengxin yue (Preghiere devozionali per il mese del Sacro Cuore), Shanghai 1865; Emmanuelis Alvarez Institutio grammatica ad Sinenses alumnos accomodata, Shanghai 1869; Qu pi xun meng (Utilizzare parabole per istruire coloro che ignorano), I-III, Shanghai 1869-1870; Jing li shengmu yue (Preghiere devozionali per il mese di Maria), Shanghai 1872; Zhenjiao zizheng (Tractatus de vera religione), Shanghai 1872; Cursus litteraturae sinicae neo-missionariis accommodatus, I-V, Shanghai 1879-1882. Lettere, in Lettere edificanti, cit., VII, pp. 49, 52-56, VIII, pp. 139-140. Per la lista delle opere in latino e cinese di Zottoli pubblicate sino al 1882, v. Catalogus librorum venalium in Orphanotrophio Tou-Sai-Wai, Zikawei 1882.
Fonti e Bibl.: Molte delle fonti utilizzate provengono da tre diversi archivi: Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI); Roma, Archivio gesuitico della Provincia d’Italia (ASPI); Shanghai, Biblioteca di Zi-ka-wei. La maggior parte delle fonti biografiche sono dedotte dalle Lettere edificanti della Provincia napoletana, I-IX, Napoli 1874-1901.
Biografie su Zottoli: H. Cordier, A. Z., S. J., 晁德蒞 Tch’ao Té-li, in T’oung Pao, 1902, vol. 3, pp. 338 s.; Memorie della vita del padre A.A. Z., S. I., missionario della Cina…, Napoli 1903; G.M. Peluso, Padre A. Z. S.I., in Le missioni della compagnia di Gesù, II (1916), pp. 383 s.; F. Bortone, Lotte e trionfi in Cina. I gesuiti nel Ciannan, nel Celì e nel Cuantun. Dal loro ritorno in Cina alla divisione del Ciannan in tre Missioni indipendenti (1842-1922), Frosinone 1975, pp. 755 s.; Fang Hao, Zhongguo tianzhujiao shiren wuchuan (Biografie dei padri cattolici cinesi deceduti), Beijing 1988, pp. 260-262. Si veda inoltre L. Pfister, La compagnie de Jésus en Chine. Le Kiang-Nan en 1869; relation historique et descriptive, Paris 1870, pp. 54, 305 e passim; J. de La Servière, Histoire de la mission du Kiang-nan. Jésuites de la province de France (Paris) 1840-1899, I-II, Shanghai 1915, I, pp. 160, 209, 219, 264-265, 329, 337 e passim; J. Legge, Introduction, in The I Ching (Yijing), a cura e traduzione di J. Legge, London 1963, p. XVII; Li Tiangang, Xinyangyuchuantong-maxiangbodezongjiaoshengya (Fede e tradizione: la carriera religiosa di Ma Xiangbo), Shanghai 1996, pp. 1237, 1242 e passim; V. Alleton, The migration of grammar through languages: The Chinese case, in Mapping meanings: the field of New learning in late Qing China, a cura di M. Lackner - N. Vittinghoff, Boston 2004, pp. 211-238; J. Considine, Webs of words: new studies in historical lexicology, Cambridge 2010, pp. 101 s.; Zhang Wei, Xi feng dong jian: wan Qing Min chu Shanghai yi wen jie (Il vento d’Occidente che si muove verso Oriente: i circoli intellettuali ed artistici a Shanghai tra la fine della dinastia Qing ed il primo periodo repubblicano), Taibeishi 2013, pp. 19, 46; D.E. Mungello, The Catholic invasion of China: remaking Chinese Christianity, London 2015, pp. 46 s. e passim; N.M. Williams, A. Z.’s Cursus litteraturae sinicae as propedeutic to Chinese classical tradition, in Monumenta Serica, 2015, vol. 63, n. 2, pp. 327-359; SI, Jia, Chao de li yu qing dai “sheng yu guang xun” de ladingwen yi ben (Angelo Zottoli e la traduzione Latina dell’Amplificazione del sacro editto durante la dinastia Qing), in Fudan Journal (Social Sciences Edition), 2016, n. 2, pp. 65-72.