BARGONI, Angelo
Nacque a Cremona da modesta famiglia il 26 maggio 1829. Poté iniziare gli studi giuridici all'università di Pavia grazie ad un sussidio raccolto dalla nobildonna Antonietta Scotti Robolotti. Prima manifestazione di fede liberale fu un suo modesto inno popolare, scritto in occasione della concessione dello statuto di Carlo Alberto e musicato dal maestro R. Manna. Scoppiata la guerra, il B. accorse, ai primi di maggio del 1848, a Milano e, arruolatosi nel battaglione degli studenti, partecipò al combattimento di Pietole. Sciolto il battaglione, si portò con altri a Venezia e di qui fu inviato a Chioggia, ove però cadde ammalato. Ristabilitosi, nel maggio del 1849 era a Roma, ma caduta ben presto la Repubblica romana, tornava a Cremona beneficiando dell'amnistia concessa dal governo austriaco. Poté allora ultimare gli studi, laureandosi con una dissertazione poi pubblicata (Dell'educazione del popolo, Cremona 1851), nella quale sosteneva l'obbligatorietà della scuola primaria, l'istituzione di asili gratuiti e una adeguata istruzione della donna, diretta a preparare quest'ultima ai suoi compiti di educatrice nella famiglia e nella società.
Già sospettato dalla polizia per le attività svolte durante gli avvenimenti del 1848-49, dopo i fatti di Milano del febbraio 1853 il B., che era in contatto con G. Piolti de' Bianchi, dovette fuggire da Cremona.
Rifugiatosi a Genova, il B. poté entrare in relazione con numerosi emigrati, in prevalenza mazziniani, fra i quali A. Mordini, R. Pilo, S. Calvino, e rinsaldare vecchie amicizie con G. Cadolini, F. Rebessi e G. Pezzini. Allo scoppio dell'effidemia di colera nell'estate 1854 egli fu tra i promotori di una associazione fra emigrati italiani per l'assistenza a quelli fra essi colpiti dal morbo: l'associazione raccolse un centinaio di patrioti e della sua attività il B. redasse nel successivo ottobre una precisa relazione. Finita l'epidemia, restavano validi i motivi di fondo che avevano indotto gli emigrati a tenersi uniti; sorse cosi, a continuazione della precedente, una società di mutua assistenza (10 dic. 1854), della quale il B. fu uno degli organizzatori ed a cui dette appunto il nome di "La solidarietà per il bene, assocíazione mutua fra emigrati politici". Essa ebbe fra l'altro un gabinetto di lettura fornito di oltre cento giornali.
Gli intenti di educazione e di istruzione erano perseguiti dal B. anche attraverso l'attività giomalistica, da lui iniziata nel 1855 assumendo la direzione del settimanale La Donna, il cui primo numero usciva il 4 agosto di quell'anno: il giornale era espressione del gruppo mazziniano genovese degli emigrati ed ebbe a collaboratori O. Regnoli, E. Donatelli, G. Cadolini, A. Bertani e altri. Il B. lasciò poi nel 1857 la direzione a L. Mercantini, dovendosi recare spesso a Torino per ragioni di lavoro: aveva infatti accettato un posto di legale nella compagnia di assicurazioni The Gresham.
A Torino e a Genova mantenne intensi rapporti con patrioti lombardi, ma la sua attenzione era anche rivolta alle possibilità di azione nel Regno borbonico, in Sicilia in particolare. Le sue tendenze radicali come le sue convinzioni repubblicane ed unitarie - la sua corrispondenza genovese attesta una decisa avversione al movimento murattiano - non gli impedirono, dopo il congresso di Parigi, di approvare la politica cavouriana, anche se in termini meno recisi dell'amico Piolti de' Bianchi, e di assumere un atteggiamento possibilista, se non proprio di collaborazione, verso il governo sardo. Tra la fine del 1858 e il 1859, accettando il piano napoleonico di guerra all'Austria come un fatto non soddisfacente ma concreto, si adoperò per agevolare la raccolta dei volontari negli stati sardi e dei disertori lombardi e toscani. Non partecipò alla guerra a causa delle sue condizioni di salute e delle necessità economiche della famiglia.
Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia il B. cercò di aiutare l'impresa col raccogliere fondi per le spedizioni successive e col fungere con O. Regnoli, da tramite, nel giugno, fra A. Bertani e il governo piemontese, benché in questa azione non avesse successo. Quando il Depretis andò a Palermo prodittatore volle ben presto chiamare il B. come segretario ad aiutarlo nella organizzazione amministrativa dell'isola: arrivato il 10 agosto il B. ebbe, soprattutto, il compito di procedere alla preparazione delle leggi, alla semplificazione e applicazione di quelle vigenti. Egli continuò, con maggiore entusiasmo, la sua attività a fianco del Mordíni, del quale era oltre che arnico, sincero ammiratore, quando questi il 17 settembre succedette al Depretis nella prodittatura. Con la fine del governo di Mordini terminò anche la permanenza del B. a Palermo: rientrato a Torino, dove dagli inizi del 1860 si era trasferita la famiglia, assumeva il 2 apr. 1861 la direzione del giornale Il Diritto,che tenne sino al 10 giugno 1863.
Il quotidiano di opposizione assumeva col numero del 2 aprile il sottotitolo "Foglio politico quotidiano della democrazia italiana* e recava, oltre alla solita firma del gerente, quella del direttore. Con un articolo di fondo dedicato a chiarire il concetto di opposizione, quale era inteso dalla direzione, non veniva posto nessun nuovo programma: in realtà un programma il B. lo aveva formulato nelle trattative col Bertani, che aveva una parte di rilievo nell'amministrazione del quotidiano. Si trattava sostanzialmente di un piano di lavoro ispirantesi alla tradizione del partito d'azione, moderato però e attenuato dalla sia pur movimentata collaborazione col governo piemontese nel '58-'60 e dal personale carattere del B., portato alla transazione e all'equilibrio. In politica estera difesa dei principi di indipendenza e libertà delle nazioni, amicizia con la Francia e alleanza con l'Inghilterra, un vagheggiamento infine di futuri Stati Uniti d'Europa; in politica interna unità, ma decentramento (se non le regioni del Minghetti, qualche cosa di simile con garanzie per la saldezza del nuovo Stato), unificazione legislativa ma varietà negli ordinamenti locali, libertà d'insegnamento. Roma e Venezia, naturalmente, questione all'ordine del giomo, da risolversi coi fatti e non con la diplomazia. Ed i fatti del 1862 misero particolarmente alla prova l'attività giornalistica del Bargoni.
Nei mesi che precedettero la vicenda di Aspromonte e nel periodo dell'iinpresa garibaldina, Il Diritto ebbe un ruolo di primo piano nell'orientare l'opinione pubblica sulla vera portata degli avvenimenti e nel dare al partito garibaldino, del quale era considerato l'espressione, una chiara ma prudente linea di indirizzo. Il B., conoscitore delle cose di Sicilia, era personalmente informato da amici che si trovavano con Garibaldi nell'isola sul movimento: le notizie che il giornale pubblicò allora furono tuttavia ispirate a una netta critica della politica di Rattazzi, giudicata incerta e non utile al paese, ma non tesero a eccitare il moto. Il B. era sostanzialmente favorevole alla tesi del gruppo di deputati garibaldini che ritenevano necessario attendere lo scoppio di una insurrezione a Roma: tesi che Mordini espose il 27 luglio alla Camera, riscuotendo il favore del Diritto,e che lui stesso, Fabrizi, Calvino e Cadolini cercarono, come è noto, di far prevalere presso Garibaldi. L'arresto dei primi tre e lo stesso scontro di Aspromonte, del quale il giornale fu il primo a dare notizia, furono misuratamente commentati dal Bargoni. Il Diritto ebbe tuttavia a subire parecchi sequestri sebbene il B., anche in questo momento assai penoso della vita italiana, dimostrasse un raro equilibrio nel giudicare sia il governo sia le azioni di Garibaldi.
Il 10 marzo del 1863, in occasione di elezioni suppletive per la VIII legislatura, per invito di Garibaldi, accettò la carica di deputato per Corleone; entrò così alla Camera dove prese parte alle lotte parlamentari, schierandosi con la sinistra garibaldina. Si batté per migliorare le condizioni economiche della Sicilia, partecipò alle polemiche per le franchigíe postali e si dichiarò contrario all'accettazione delle dimissioni di Garibaldi da parte del Parlamento. Quando, nel 1864, si parlava dell'opportunità di trasferire la capitale da Torino a Firenze, il B. ribadiva "la inviolabilità del diritto italiano a Roma".
La sua attività politica continuò anche nelle legislature seguenti IX (1865-67) e X (1867-70), per le quali fu eletto deputato di Casalmaggiore. In una lettera al fratello Giulio, del 15 ag. 1866, esprimeva la sua delusione per l'armistizio, che, ponendo fine alla guerra contro l'Austria imponeva all'Italia la rinuncia al Trentino già conquistato.
Nella composizione del terzo ministero Menabrea (13 maggio-14 dic. 1869), il B., che si era intanto andato avvicinando alle posizioni moderate di centro, venne chiamato a reggere il dicastero della Pubblica Istruzione. In questa carica egli si adoperò, seguendo una linea già iniziata nel settore pubblicistico, per attuare quelle riforme che riteneva utili al miglioramento degli studi e al progresso della cultura.
Fondò l'Istituto di antropologia di Firenze, chiamandovi a direttore il senatore P. Mantegazza. Riordinò le biblioteche del Regno, istituendo l'obbligo per gli editori dell'invio di una copia di ogni libro stampato alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Si interessò per il trasferimento delle ceneri di Ugo Foscolo in Santa Croce. Si adoperò per l'istituzione di nuove scuole femminili in varie città d'Italia.
Nel 1870 fu nominato direttore del quotidiano fiorentino L'Italia Nuova a tendenza moderata, che ebbe breve e stentata vita. Fu nuovamente deputato negli anni 1870-71, nel collegio di Chioggia, ma dovette dare le dimissioni per le impellenti necessità della famiglia e accettare la carica di prefetto a Pavia. In questa città le relazioni tra prefetto e cittadinanza erano state in precedenza assai tese, ma il B., con il suo operato, riuscì ben presto a guadagnarsi la generale stima e simpatia.
Salita al potere la Sinistra, il Depretis lo destinò alla prefettura di Torino; sul finire del 1877 fu nominato ministro dei Tesoro. Caduto il ministero Depretis, il B. ritornò alla prefettura di Torino e subito dopo fu inviato a quella di Napoli. Sul finire dell'anno, in occasione di una visita dei reali a Napoli, l'attentato del Passanante lo amareggiò tanto che non esitò a dare le dimissioni. Divenne segretario dirigente delle Assicurazioni Generali di Venezia e, trasferitosi in questa città, pur vivendo come privato cittadino, non si tenne mai del tutto lontano dalla vita politica; pronunciò apprezzati discorsi, come la commemorazione, a Venezia nel 1882, di Garibaldi e quello, a Bologna, di Vittorio Emanuele II. Rifiutò invece alcune cariche, come quella di consigliere comunale, e i portafogli offertigli sia dal Depretis, sia dallo Zanardelli. Date le dimissioni dalle Assicurazioni Generali si stabilì a Roma nel 1892; sul finire dell'anno fu nominato consigliere di Stato e nel 1894 vice presidente del consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Egli -tenne tale carica con molta passione, e venne riconfermato per un altro triennio. Vivendo a Roma potè: partecipare assiduamente alle sedute del Senato di cui faceva parte dal 1:6 nov. 1876: fu relatore di progetti di legge a favore degli impiegati negli ospizi e degli insegnanti pensionati; sostenne alcuni provvedimenti di carattere commerciale e di politica estera. Ha lasciato delle memorie pubblicate poi dal figlio Attilio col titolo Memorie di A.B., Milano 1911.
Morì a Roma il 25 giugno 1901.
Fonti e Bibl.: Una cospicua corrispondenza del B. è conservata a Roma nel Museo Centrale del Risorgimento; quattro sue lettere relative al giornale La Donna con altri document; ad esso attinenti trovansi nell'Arch. dell'Istituto Mazziniano di Genova, cart. 5; lettere, minute di discorsi ed opuscoli del B. sono nell'Arch. di Stato di Cremona, Arch. Stor. Com., Esequie, acque, miscellanea, IX-A-4; diverse lettere del B. sono infine conservate nelle Carte A. Bertani nel Museo del Risorgimento di Milano. C. Arrighi, I 450 deputati del Presente e i deputati dell'avvenire, VII, Milano 1865, pp. 117-122, n. 362; T. Sarti, Il parlamento italiano nel cinquantenario dello Statuto, Roma 1898, pp. 61-63; M. Rosi, I fatti d'Aspromonte ed un giornalista patriota, in Rivista di Roma, X (1906), pp. 427 s.; G. Cadolini, Memorie del Risorgimento dal 1848 al 1862, Milano 1911, pp.210-13, 251 s., 374 s., 499-501; D. Mack Smith, Cavour and Garibaldi, 1860. A study in Political conflict, Cambridge 1954, pp. 106, 188, 193, 262, 305; E. Passerin d'Entrèves, L'ultima battaglia politica del conte di Cavour, Torino 1954, pp. 278-279, nota 14, 361-366; G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino 1956, p. 64s nota i; L. L. Barberis, Dal moto di Milano del febbraio 1853 all'impresa di Sapri, in L'emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857, III, Modena 1957, vedi Indice; M. Rosi, Dizionario del Risorgimento naz., II, pp. 180 s.