BERARDI, Angelo
Nacque a Sant'Agata Feltria verso la seconda metà del sec. XVII, presumibilmente tra il 1627 e il 1630. Ebbe come suo "primo... precettore e paesano" di studi musicali un certo Sarti, secondo quanto egli stesso scrive nella sua Miscellanea musicale... divisa in tre parti... (Bologna, G. Monti, 1689, p. 154), ma se poi continuasse lo studio della musica a Bologna o altrove, e con quali maestri, s'ignora; così come pure rimangono sconosciuti l'anno e il luogo in cui divenne canonico. Nel proemio dei suoi Documenti armonici... (Bologna, G. Monti, 1687) il B. informa che nella sua "più florida gioventù", benché fosse canonico e "maestro di cappella in città riguardevole" (e quindi non certo sprovveduto di scienza musicale), si sottomise "intieramente alla Scuola e alla direzzione" di Marco Scacchi (il quale, musicista e maestro insigne, era ritornato da Varsavia nel 1649 a Gallese, suo paese natale presso Viterbo, e si era dedicato ad un insegnamento musicale di alto livello). Dalle parole del B. si può supporre con sufficiente attendibilità ch'egli dovette essere allievo dello Scacchi forse sulla trentina o poco più, cioè intorno al 1660 o 1662, poiché il B. era appunto nel 1662 maestro di cappella a Montefiascone, cittadina notevole in provincia di Viterbo.
Tuttavia, nella già citata Miscellanea musicale, il B. accenna ad un insegnamento dello Scacchi impartitogli "in diversi tempi", e ciò induce a credere che, non soltanto in gioventù, ma anche nella maturità il B. continuasse a valersi dei magistero dello Scacchi. Inoltre, la grande stima e l'affetto nutriti dal B. per il suo maestro sono rilevabili dai frequenti ricordi ed esempi musicali dello Scacchi inseriti nelle sue opere, e soprattutto dall'aver egli proseguito, sul piano teoretico e pratico, i principi musicali del venerato maestro, illuminandoli e affinandoli secondo le esigenze dei tempi nuovi.
Nel 1663 apparve stampata a Roma una sua Missa pro Defunctis. Cum Sequentia & Responsorio Libera me Domine. Quinque vocibus (J. de Lazaris), nella cui dedica a Maria d'Elci Patrizi marchesa Paganici il B. si dimostrava scontento del suo stato e quasi turbato da un'avversa fortuna. Nel 1668 ottenne la carica di maestro di cappella nel duomo di Viterbo, città che gli era particolarmente cara. Qui scrisse, secondo la sua stessa testimonianza, le Sinfonie a violino solo. Libro primo. Opera settima (Bologna, G. Monti 1670; in realtà, si tratta di sei Canzoni invece che di Sinfonie)e disegnò una vignetta (con i versi di uno sconosciuto poeta sulla solmisazione) che fece porre sul frontespizio di questa e di altre opere.
Nei Ragionamenti musicali... (Bologna, G. Monti, 1681) il B. fa esplicito accenno (p. 20) anche a certi Discorsi musicali, stampati a Viterbo nel 1670, quando appunto egli era maestro di cappella del duomo, opera che è da identificare probabilmente con le Dicerie musicali - più volte citate nei Ragionamenti stessi (pp. 25, 45, 59 e 89) -specie di trattatello introduttivo a carattere elementare, che è andato perduto.
A questo primo periodo viterbese appartengono anche i precedenti Salmi concertati a tre voci. Libro secondo. Opera quinta (Bologna, G. Monti, 1668; vi è inserito anche il salmo Domine probasti me di un suo allievo, Gio. Gasparo Probstat) e Sacri concentus binis, ternis, quaternis quinisque vocibus concinendi una cum Missa sex vocibus... Liber secundus. 0pus sextum (Bononiae, typis J. Montij, 1669). Il 21 sett. 1673 il B., già conosciuto e affermato compositore e contrappuntista, assunse il posto di organista e maestro di cappella del card. Marcello Santacroce nel duomo di Tivoli, dove rimase fino al 3 nov. 1679, data in cui fu nominato maestro di cappella nel duomo di Spoleto. L'8 novembre il B. prese servizio, e la sua permanenza a Spoleto, fino al 31 marzo 1683, fu caratterizzata da un'attività feconda di opere assai significative, dovuta anche, come egli scrive nei suoi Ragionamenti musicali, "alla benevolenza e allo sprone del card. Fachenetti e alla virtù dei Cantori e Musici del Duomo" (p. 151). Quattro anni dopo, nel 1687, il B. tornò a Viterbo come canonico della collegiata di S. Angelo e "nell'Otio del Canonicato", non avendo "altro trastullo che lo studio", scrisse quelle importanti opere storico-teoriche, che sono i Documenti armonici, nelli quali con varii Discorsi, regole et Essempii si dimostrano gli studii arteficiosi della Musica, oltre il modo di usare le ligature, e d'intendere il valore di ciascheduna figura sotto qual si sia segno, e la Miscellanea musicale, divisa in tre parti, dove con dottrine si discorre delle materie più curiose della Musica: con regole ed Essempii si tratta di tutto il Contrapunto con l'intreccio di bellissimi segreti per li Professori armonici, già citati, e gli Arcani musicali svelati dalla vera Amicitia ne' quali appariscono diversi Studij artificiosi, molte osservazioni, e Regole concernentialla tessitura de Componimenti armonici, con modo facilissimo per sonare trasportato. Dialogo... (Bologna, G. Monti. 1690).
Il suo "otio" viterbese, comunque, non fu di lunga durata: nel 1693, infatti, lo si trova maestro di cappella nella basilica di S. Maria in Trastevere a Roma e questo importante ufficio romano, insieme con la pubblicazione nello stesso anno 1693 dell'opera IlPerché musicale overo Staffetta Armonica nella quale la Ragione scioglie le difficoltà, e gli Esempi dimostrano il modo d'isfuggire gli errori, e di tessere con artificio i Componimenti musicali (Bologna, P. M. Monti), veniva ad accrescere ancor più il prestigio e la fama del Berardi. Doveva, inoltre, sembrare al B. una degna quanto gradita conclusione della sua carriera svolgere il suo magistero proprio nella città di Roma, il cui stile musicale ecclesiastico tanto egli ammirava da paragonare la "Cappella Ponteficia" a "simbolo di quella Sacrosanta... del Paradiso" (Ragionamenti musicali, p. 170), mentre la sua attività storico-letteraria trovava "ultimo compimento" nel suo originale Perché musicale. Dopo il 1693 non si ha più alcuna notizia del B. e se ne ignorano la data e il luogo di morte, sebbene si possa pensarlo morto forse poco dopo il 1693 o tra la fine del secolo XVII e i primi anni del XVIII.
Il B. viene considerato giustamente uno dei maggiori maestri di composizione del suo tempo e il primo che abbia esposto con sufficiente metodo nelle sue opere teoriche i principi e il meccanismo del perfezionamento del contrappunto doppio e della nuova arte (tonale) della fuga, concretizzandoli poi nelle sue composizioni, specie quelle della maturità, quali Psalmi vespertini quatuor vocibus concinendi cum organo ad libitum. Una cum Missa ad organi sonum accomodata. Opus octavum, Romae, typis Io. A. Mutij, 1675; Psalmi vespertini ternis, quaternis, quinis senisque vocibus concinendi ad organi sonum accomodati una cum Missa quinque vocibus. Opus nonum, Bonoriiae, typis I. Montij, 1682, e Musiche diverse variamente concertate per camera a due, tre e quattro voci. Opera XIII, Bologna, P. M. Monti, 1689 (comprendenti madrigali, canzonette, cantate e dialoghi). Ma se le opere teoriche del B. testimoniano con precisione il nuovo gusto musicale dei tempo, e la prassi componistica relativa, offrono anche, di pari passo, un riferimento costante alla tradizione del contrappunto semplice - secondo "lo stile antico", more vetero, o "prima prattica" -, che torna ad acquistare valore, attraverso l'insegnamento e la trattazione del B., non soltanto fontale, ma di perenne vitalità. Nei Ragionamenti musicali, in forma di pacato dialogo fra un dotto e un presunto ignorante, o discepolo, il B. espone quella che si potrebbe chiamare la sua poetica musicale, le sue idee sulla musica, di cui difende "la nobiltà, e decoro... à confusione di quelli, che con le dissonanze de' loro concetti, uniti alla durezza della malignità, rendono un suono sconcertato intorno a questa nobil scienza" (proemio, p. 8). A tale scopo, egli registra "nel fine una particella di quegli Autori, c'hanno impiegato, tanto in teorica, quanto in prattica le loro dottissime penne à favore della Musica", e fra i tanti citati si notano i nomi di Pitagora, di S. Calvisius, di J. A. Herbst, di A. Kircher, di M. Mersenne (questi due ultimi sono gli storici forse più a lui affini), di G. M. Bononcini, di M. Scacchi e del "divino" Palestrina, per il quale egli nutre profonda venerazione e di cui conosce la Messa di papa Marcello "piùvolte cantata à otto [voci] con l'Organo, à sei à Cappella, e poi ridotta à quattro dall'Anerio" (p. 77). Nel terzo dialogo, la parte più interessante di tutta l'operetta, il B. inizia quell'esposizione simbolica della musica, quella continua allegoria negli elementi del mondo e nei segni musicali, quella "maravigliosa consonanza" fra l'ordine divino ed umano del mondo che, più volte tratteggiata nel corso delle sue opere, troverà bellezza pura d'accenti nel nobile proemio dei Documenti armonici, dove "la mole immensa e visibile" del mondo è considerata "una Musica di Dio... che operò da perfettissimo Musico" (p. 10). Suggestiva è anche l'interpretazione simbolica della musica dell'inferno, descritta con icastica semplicità (p. 126). A questa segue la classificazione degli stili musicali secondo la chiesa, la camera e il teatro (data, invero, per primo dallo Scacchi) con la varietà delle rispettive forme struttive. La diversità degli stili, sorta in seguito alle differenti funzioni sociali e conseguenti tecniche musicali adeguate, formava la base del contrasto, chiaramente delineato dal B., fra i vecchi compositori rinascimentali e i "moderni" maestri a lui coevi. Per il B. la musica del Rinascimento aveva, infatti, un solo stile e una pratica sola, mentre la musica del Seicento (dopo l'avvento della monodia accompagnata, il cui accompagnamento è inteso in valore sintattico-armonistico, e le innovazioni introdotte da C. Moriteverdi nel contrappunto) era pervenuta alla divisione dei tre stili e all'uso di due pratiche: la prima, o "antica", la seconda, o "moderna". Alla prima pratica rinascimentale corrispondeva il concetto platonico dell'"armonia signora e padrona dell'oratione", alla seconda pratica quello inverso (già riconosciuto e dichiarato dal Monteverdi) dell'"oratione padrona e signora dell'armonia". Secondo il B. e il suo maestro Scacchi, la differenza fondamentale delle due pratiche era appunto nel cambiamento del rapporto esistente fra musica e parola, mentre in realtà lo stesso principio della cosiddetta "rappresentazione" o "espressione" della parola aveva animato tanto la musica rinascimentale, quanto la musica secentesca, ma con diversa applicazione: controllata, misurata, sobria la rappresentazione della parola nel Rinascimento; singolarmente spinta agli estremi degli "affetti", all'assolutismo testuale nel Seicento (Bukofzer). L'essenziale differenza fra le due pratiche, il vero contrasto stilistico è invece nel diverso trattamento della dissonanza, che il B. illustra in special modo nel terzo libro dei Documenti armonici e nella seconda parte della Miscellanea musicale. Dal trattamento assai più libero e frequente della dissonanza, applicato tutto al risalto della "perfettione della melodia" (significativo a questo proposito l'uso delle dissonanze di ritardo, o legature, e la loro risoluzione nei Documenti armonici: "Onde dico assolutamente che se li prattici armonici non havessero inventato il modo di adoperare le dissonanze, sarebbe la scienza della musica insensibile, per non dire infelice, poiché per le cadenze sono mirabili e per esprimere l'orationi meste, e dogliose sono ottime. Le legature sono il condimento, e l'anima delle composizioni armoniche, con queste habbiamo le cadenze, quali sono di grandissimo gusto al senso, essendo il periodo dell'oratione": pp. 134 s.), si possono comprendere la concezione dell'armonia non più intesa d'intervallo, come nell'epoca rinascimentale, ma, all'opposto, cordale, il trapasso del contrappunto modale al contrappunto tonale e il perfezionarsi del doppio contrappunto, e infine lo svilupparsi nel maturo Seicento della fuga tonale, libera (modulata per la mutazione della risposta al soggetto) dalla rinascimentale fuga di stretta imitazione canonica (reale). Il trattamento della dissonanza rinascimentale fu conservato nella musica secentesca soltanto nel campo dello "stile antico" e da quando questo rimase legato con la musica da chiesa, l'assenza del moderno trattamento della dissonanza venne interpretata dai musicisti del maturo Seicento come tipica dello "stile sacro" (Bukofzer).
Così che lo stesso B. usa questo criterio per giudicare inferiori i compositori rinascimentali, i quali avevano "un medemo stile & una Scola commune nell'adoperare le consonanze e dissonanze" (Miscellanea musicale, p. 40) e di conseguenza vi era, ad esempio, "poca differenza... fra i Madrigali e i Motetti" del Palestrina "in quanto alla variatione dello stile" (ibid.). Se l'affermazione a riguardo della dissonanza è giusta, egli non vide tuttavia che proprio l'unità di stile nella musica rinascimentale era il segreto della sua forza e non la sua debolezza, mentre si originava in tal modo l'errata concezione (ancor oggi non del tutto superata) di un certo stile in sé più adatto alla musica da chiesa (Bukofzer). Ai tempi del B. era peraltro ancora usato da alcuni compositori e da lui stesso lo stretto rigore componistico per le "Messe, Salmi e Motetti a più voci, more vetero, come [erano] quelle di Giovanni Murone [de Muris], Morales, Giosquino [Josquin Deprez], Adriano [Willaert] e del divino Palestrina", dal quale se ne prendeva la norma perché "unico in questa sorte di cantilene" (Ragionamenti musicali, pp. 133, 142), mentre il nuovo gusto si era ormai completamente rivolto alla policoralità e ai suoi effetti meravigliosi e si dilettava della sottile tecnica di quegli "artificiosi" contrappunti, la cui esemplificazione è data proprio nelle opere del B.: contrappunti "alla zoppa" (cioè sincopati), "perfidiati" (in cui un passo era continuato a capriccio del compositore), "d'un sol passo" (contrappunti che replicavano sempre lo stesso passo, ma sopra differenti corde), ecc. Sia per la divisione della materia, sia per la scelta appropriata e sapiente degli esempi e degli autori citati, i tre libri uniti dei Ragionamenti musicali, dei Documenti armonici e della Miscellanea musicale esponevano - secondo lo stesso B. - veramente "per ordine tutto il contrappunto", e ancor oggi possono essere fonte d'interesse e di utilità. Il tocco finale a questa piccola summa del B., o come egli stesso la definisce "trattato della Musica Prattica, e Speculativa", viene dato con le tredici lettere in risposta a diverse questioni di musica a lui poste che costituiscono il Perché musicale. Non tutte le lettere, scritte da Viterbo, da Spoleto e da Roma, ma senza data, sono della stessa importanza; le più notevoli sono quelle indirizzate ad Antimo Liberati (Roma), a Giuseppe Orsolini (Napoli), a Gasparo Vischer (Freising), all'abate Benedetto Stella (Roma) e a monsignor Giulio Marzi (Tivoli), nelle quali sono ripetuti e perfezionati i suoi insegnamenti e le sue idee. Quanto alle composizioni del B., risulterebbero perdute le opere prima, seconda, terza e quarta (quest'ultima si suppone possa essere il primo libro dei Salmi concertati a tre voci, Bologna, G. Monti, forse 1668), come pure la decima, l'undecima e la dodicesima. Il Baini citava inoltre Libri tre di Mottetti a 2, 3 e 4 voci, Bologna, G. Monti, 1665, e Due libri di Offertori concertati a 2 e 3 voci, Bologna, G. Monti, 1680, di cui, però, non si ha finora notizia di conservazione in alcun luogo.
Bibl.: G. Baini, Mem. Stor.-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, II, Roma 1828, p. 57 e nota 503; F. J. Fétis, A. B., in Revue musicale, II (1830), pp. 249-251; N. Bennati, Musicisti ferraresi, in Atti della Deputaz. ferrarese di storia patria, XIII. (1901), pp. 298 s.; G. Radiciotti, L'arte musicale in Tivoli nei secc. XVI, XVII e XVIII, Tivoli 1907, p. 38; L. Fausti, La Cappella musicale del Duomo di Spoleto, Perugia 1916, p. 44; M. F. Bukofzer, Music in the Baroque Era, New York 1947, pp. 4, 9 s., 33, 383, 393; F. Blume, B. A., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, I, Kassel u. Basel 1949-1951, coll. 1670-1674; G. Bertini, Diz. storico-critico degli scrittori di musica..., I, Palermo 1814, pp. 100 s.; F. J. Fétis, Biographie univ. des musiciens, I, Paris 1860, pp. 348 L; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, I, pp. 451 s.; Enciclopedia della Musica Ricordi, I, p. 237.