BRELICH, Angelo
Nacque il 20 giugno 1913 a Budapest da Mario, originario di Fiume (oggi Rijeka), e da Emma Bercsényi, ungherese. A Budapest il B. conseguì la maturità classica iscrivendosi poi alla facoltà di filosofia di quella università.
Nel 1931 ottenne una borsa di studio che gli permise di frequentare per un anno l'università per stranieri di Perugia. A Budapest i suoi interessi furono polarizzati da András Alföldi, ordinario di archeologia, e da Károly Kerényi, allora libero docente che teneva lezioni sulla religione greca. Con l'Alfòldi preparò una tesi di laurea sugli "Aspetti della morte nelle iscrizioni sepolcrali dell'impero romano" (in italiano). La stesura della tesi fu iniziata a Roma, dove aveva avuto modo di trascorrere parte del 1935 e tutto il 1936 grazie ad una seconda borsa di studio. Nel frattempo Kerényi aveva ottenuto una cattedra all'università di Pécs: il B. decise di seguirlo per laurearsi con lui. Dovette scrivere una nuova tesi, questa volta in ungherese: "A Triumphator", sul trionfo romano. La vecchia tesi venne comunque pubblicata nella serie delle "Dissertationes Pannonicae" (Budapest 1937) diretta dall'Alföldi. Nel 1937 si laureò a Pécs.
Il lavoro sulle iscrizioni sepolcrali gli aveva dato una certa notorietà nell'ambiente romano; ne scrissero sulla terza pagina di quotidiani Adriano Tilgher e Julius Evola, e Franz Cumont in un suo soggiorno a Roma volle incontrarlo. Allorché, ottenuta un'altra borsa di studio (questa volta da parte del governo italiano), tornò a Roma nel 1938, progettò di stabilirvisi. Provvisoriamente raggiunse lo scopo grazie all'archeologo Guido Calza, che lo ingaggiò per una campagna di scavi nella necropoli dell'Isola sacra a Ostia.
Alla fine della campagna, Raffaele Pettazzoni - che, grazie all'interessamento di Kerényi, aveva avuto modo di conoscerlo ed apprezzarlo - gli offrì l'incarico di assistenté presso la sua cattedra di storia delle religioni all'università di Roma.
Nel 1939 fu chiamato a prestare servizio militare e, allorché l'Italia entrò in guerra, egli rimase sotto le armi col grado di sottotenente. Nel 1942, ottenuta la licenza necessaria, conseguì la libera docenza in storia delle religioni. L'8 sett. 1943 lo colse in Grecia dove venne catturato dai Tedeschi. Riuscì a fuggire in Ungheria, ma a Budapest venne ripreso il 19 marzo 1944. Tornò a Roma dal campo di concentramento il 27 ag. 1945.
Dopo un sessennio di forzata inattività scientifica riprese la collaborazione con la rivista, diretta dal Pettazzoni, Studi e materiali di storia delle religioni e si industriò come traduttore per le edizioni Einaudi (per i cui tipi tradusse, tra l'altro, nel 1948, l'opera di Kerényi e Carl Gustav Jung, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia). Tenne il suo primo corso di libero docente nell'anno accademico 1946-47; argomento era "L'idea di Roma" così come poteva essere ricavata dalla religione -romana. La religione di Roma antica fu il suo assiduo e pressoché esclusivo oggetto di studio dalla pubblicazione di Die geheime Schutzgottheit von Rom (La divinità tutelare segreta di Roma) e di Vesta, usciti a Zurigo nel 1949 nella collana "Albae Vigiliae" diretta dal Kerényi, fino alle Tre variazioni romane sul tema delle origini (Roma 1955). Nel frattempo era divenuto assistente di ruolo (1950), aveva tenuto un corso pareggiato di storia delle religioni (1953-54) ed aveva avuto l'incarico dell'insegnamento di storia delle religioni rimasto vacante con il pensionamento del Pettazzoni, incarico che avrebbe mantenuto fino al 1957-58. Anche se il campo della ricerca era rimasto lo stesso (la religione romana), il modo della ricerca si era andato diversificando: dalle suggestioni di impronta kereniana che caratterizzavano i due lavori in tedesco (lavori che lo avevano imposto all'attenzione internazionale, ma al tempo stesso lo avevano discostato dalle posizioni del Pettazzoni), il B. era passato all'originale impostazione delle Tre variazioni, in cui si avvertono le istanze comparativiste e storiciste proprie del metodo che Pettazzoni aveva definito "comparativismo storico".
Il comparativismo era emerso pienamente nei due corsi universitari del 1953-54 e 1954-55 sui calendari festivi, ed era ancora presente, anche se forrrialmente non in primo piano, quando, con i corsi del biennio successivo, il B. lasciò la religione romana per la greca. Il tema di questi due corsi fu l'eroe greco, tema che egli sottraeva alla filologia classica per consegnarlo alla storia delle religioni; la ricerca si tradusse in un ponderoso lavoro dal titolo Gli eroi greci. Un problema storico-religioso (Roma 1958). Egli era ormai uno storico-delle religioni degno di succedere al Pettazzoni nella prestigiosa cattedra dell'università di Roma, della quale risultò vincitore per concorso nel 1958.
La maturazione scientifica del B. può venire descritta come un progressivo distacco dalle suggestioni del Kerènyi ed un appropriamento del comparativismo storico pettazzoniano. Il distacco dal Kerényi comportò una vera e propria rottura dei rapporti a partire da una recensione del 1956 nella quale il B. chiariva la propria distanza dalle posizioni dell'ex maestro. Quanto all'appropriamento del metodo pettazzoniano, si può affermare che il comparativismo storico nel passare dal Pettazzoni al B. acquistava in chiarezza ed originalità. L'attenzione veniva decisamente spostata dai presupposti rilevabili per mezzo della comparazione ai fatti storici denunciati dalla trasformazione di quei presupposti da parte delle singole culture studiate. Lo specifico religioso si risolveva conclusivamente nel "culturale" quale unico oggetto di ricerca storica. Questa pertanto - pur rigorosamente rispettosa dei dettaglio (esemplare è al riguardo Paides e parthenoi, Roma 1969) - assumeva per il B. uno "sfondo immenso, la formazione stessa dell'intera civiltà umana".
Per chiarire il valore di questo approdo, va rimarcato come esso traesse origine dal complesso travaglio, teorico ed esistenziale, che colse il B. alla fine degli anni Quaranta, allorché egli aveva rimesso in discussione sia la possibilità di una definizione storica dell'umanità, sia il proprio ruolo quale storico delle religioni. In effetti, le due questioni risultarono interdipendenti: chiarita la prima, risolse anche come avrebbe dovuto fare storia delle religioni.
Di questo duplice chiarimento testimonia un libro pubblicato postumo, Il cammino dell'umanità (Roma 1985): era destinato alla "collana viola" Einaudi, nella quale non trovò spazio dopo la morte di Cesare Pavese che glielo aveva commissionato. Questo lavoro lo impegnò in un'originale ricerca su problemi di ordine storico: la non tradizionale soluzione di questi avrebbe costituito la base della metodologia storico-religiosa dell'ulteriore attività scientifica e didattica del Brelich.
Le sue ricerche sul politeismo, sulla mitologia, sulle iniziazioni, per citare soltanto i principali argomenti di studio, ne accrebbero la notorietà in Italia e all'estero, ma ciò che di lui soprattutto andava emergendo era l'importanza del contributo all'edificazione della disciplina storico-religiosa. Può ricavarsi la misura di tale contributo dall'Introduzione alla storia delle religioni (Roma 1966), scritta "per far comprendere il genere dei problemi e il metodo della storia delle religioni", e dai Prolégomènes à une histoire des religions, che introducono il primo volume dell'"Encyclopédie de la Pléiade" (Histoire des religions, Paris 1970, pp. 3-59).
Alla morte del Pettazzoni (1959) fu eletto presidente della Società italiana per la storia delle religioni; e al Pettazzoni successe anche nella direzione degli Studi e materiali di storia delle religioni. Dopo un periodo di direzione collegiale si adoperò per rinnovare la rivista con un'impostazione unitaria e rigorosamente storico-religiosa (il rinnovamento comportò anche un nuovo titolo: Religioni e civiltà): In seguito, nel 1967, sia per sopraggiunti motivi di insofferenza personale, sia - come scrisse nell'autobiografia (p. 95) - per "il carattere poco serio dell'attività della Società, contro la cui inerzia ogni mio tentativo di rinnovamento si era infranto regolarmente", diede le dimissioni da presidente e socio. Si avviò così decisamente sulla strada di un isolamento accademico la cui giustificazione gli parve poi di ricavare dalla contestazione studentesca alle istituzioni universitarie. Ma di questo isolamento non risentirono né la ricerca né l'attività didattica. A ostacolare l'una e l'altra furono invece due operazioni per cateratta (1971 e 1972) e, infine, nel 1975. il cancro alla gola.
Il B. morì a Roma il 1° ott. 1977.
Fonti e Bibl.: La bibliografia delle opere del B. trovasi in M. Massenzio, Per conoscere A. B., in Culture, 1977, n. 2, pp. 111 s., e in V. Lanternari-M. Massenzio-D. Sabbatucci, Introduzione a Religioni e civiltà. Scritti in memoria di A. B., Bari 1982, senza indicazione di pagine. Sul B. sono inoltre da vedere: A. Brelich, Verità e scienza. Una vita, in Storia delle religioni: perché?, Napoli 1979, pp. 21-115 (autobiografia); V. Lantemari, Introduzione, ibid., pp. 11-18; D. Sabbatucci, Prefazione a Il cammino dell'umanità, Roma 1985, pp. IX s.; M. Massenzio, Prefazione a A. Brelich, I Greci e gli dei, Napoli 1985, pp. 9-11; V. Lantemari, Introduzione, ibid., pp. 13-19.