MAINE, Angelo Camillo
Nacque a Genova, da Giacomo e Maria Chiarella, il 24 dic. 1892. Precocissimo nella passione per la scultura, compì i suoi studi d'arte frequentando per breve periodo l'Accademia ligustica di belle arti e proseguendo poi la sua formazione in gran parte da autodidatta. La prima attività del M., oggi scarsamente conosciuta, è collocabile nei primi anni Venti (Testa di vecchio, ubicazione ignota; Ritratto della contessina Giulia du Vucetich, collezione privata). Iniziò a esporre sculture e oggetti in metallo tra il 1924 e il 1925, Risveglio, Danza, Viridis (ubicazione ignota), coppe d'argento, candelabri dalle forme naturalistiche: tutte opere raffinate, che risentono della coeva esperienza neosimbolista e déco sviluppata a contatto con lo scultore e pittore divisionista Pietro Albino, a cui il M. si legò per interessi e affinità artistiche. Albino aveva allestito a Quinto una fonderia sulla scogliera in cui il M. lavorò assiduamente.
Ai lavori di oreficeria e design con cui nel 1927 fu presente alla Biennale di Monza e nel 1930 alla Biennale di Venezia ("Mostra dell'Orafo", dove espose due oggetti in argento), il M. alternò opere funerarie, e in particolare, nel 1925, eseguì nel cimitero genovese di Staglieno una conturbante immagine per la tomba di famiglia, il cui stile si colloca tra simbolismo neodecadente e decorativismo déco, richiamandosi all'arte di Adolfo Wildt.
L'opera, inquietante, di tipo onirico, è giudicata dalla critica più recente (Sborgi, 1997) la chiave di lettura per la carriera artistica del M., che in seguito si concretizzò a partire dagli anni Venti del Novecento, in una vasta produzione a soggetto animalistico, frutto di studi dal vero, che si sviluppò orientandosi progressivamente nel quarto decennio verso l'osservazione della biologia marina. Fu questo il periodo nel quale il M. instaurò uno stretto rapporto di amicizia e collaborazione con il celebre biologo marino Raffaele Issel, che lo sostenne nei suoi lavori dandogli preziosi suggerimenti; e furono gli anni in cui nella sua produzione compare una natura misteriosa e surreale: esseri abitanti di abissi marini, ma anche deità animalesche, scimmie ambiguamente espressionistiche che risentono di un approccio quasi positivistico.
La critica contemporanea calcò particolarmente l'accento interpretativo dei lavori di questo periodo in termini di scultura "animalistica", avvicinando il M. agli esempi di artisti come Rembrandt, C. Bugatti o Sirio Tofanari. Issel ne colse invece una dimensione che trascendeva l'elemento naturalistico, proponendone una lettura in chiave visionaria, poi ribadita da Sborgi (1989).
Dei primi anni Trenta fanno parte le opere in bronzo intitolate Entomopsis (Agitazione), Visione marina, Mastigotheusis (Riposo) (Genova, Galleria d'arte moderna), Siamango (collezione privata), Gorilla (ubicazione ignota), presentate alla III Mostra d'arte del Sindacato regionale fascista di belle arti della Liguria del 1932. Nel 1933 il M. espose alla Intersindacale di Firenze Divinità marina (ubicazione ignota), in cui si riconosce un forte riferimento alle antiche civiltà mediterranee. Nel 1936 fu nuovamente alla Biennale di Venezia dove presentò il bronzo Stigmatotheuthis, oggi alla Galleria d'arte moderna di Genova. L'anno seguente fu premiato con una medaglia d'argento all'Esposizione universale di Parigi. Del 1937 è anche la partecipazione alla Sindacale genovese con l'opera Pesce abissale (ubicazione ignota) che si richiama al naturalismo visionario di Alfred Kubin del pesce-bue.
A partire dalla fine degli anni Trenta l'allusività antropomorfa propria di alcune opere di quel periodo venne intervallata da un ritorno dei temi specificamente animalistici con L'elefante marino (ubicazione ignota) del 1939 e da una serie di sculture aventi per soggetto le scimmie, in una sempre più forte progressione espressionistica che richiama nello stesso tempo la statuaria egizia. Seguì una fase molto articolata di intensa attività, in cui il tema della figura umana si ripropose con maggiore evidenza, attraverso la drammatizzazione di taglio espressionista, materica e informale, in linea con il precedente metamorfismo.
L'opera Madriade, esposta alla III Sindacale di Milano del 1941, e acquistata dalla Galleria d'arte moderna di Genova, assume un carattere inquietante di idolo primitivo. Negli anni della guerra realizzò il Toro (1941: ubicazione ignota), Bufalo malato (1943: ubicazione ignota) e Satyrus (ubicazione ignota) esposto alla Interprovinciale genovese del 1944.
Durante il secondo conflitto mondiale e nel decennio seguente il M. intensificò la sua attività espositiva partecipando alle Biennali veneziane del 1942, con Gorilla (ubicazione ignota), del 1948 con Testa di Cristo (Genova, collezione privata) e del 1954 con tre bronzi: Ritratto, Uomo antico e Guerriera (ubicazione ignota). Fu presente inoltre ripetutamente alle Quadriennali romane (1943, 1948, 1955, 1959, 1965).
La produzione del secondo dopoguerra, per la spiccata drammatizzazione e la progressiva indeterminatezza della materia, presenta non poche relazioni con l'espressionismo di Alberto Giacometti e, più specificamente, con la cultura informale.
Nel 1947, alla galleria del Bosco di Torino, il M. tenne una vasta personale. In quegli anni si rivolse nuovamente alla rappresentazione della figura umana in una sequenza tematica che alternava a figure di animali di accresciuta drammaticità.
Sono di questo periodo Testa di Patas (1946: ubicazione ignota), Giumenta in cammino (1947: ubicazione ignota), Testa di Terragnolo (1949: ubicazione ignota), La conversa (1949: Galleria d'arte moderna di Firenze).
Nel 1949 si recò nell'America meridionale dove espose a Buenos Aires, Córdoba, Montevideo. Nei primi anni Cinquanta accentuò il brutalismo informale in opere come Testa di guerriero (1953); Ritratto di vecchio gentiluomo (1956: Milano, Galleria d'arte moderna); Pugile (1956: Ancona, Museo civico) esposto alla Biennale di Venezia del 1956.
Queste opere sono da considerarsi fra i momenti più alti della sua vasta produzione del dopoguerra. In quegli anni espose i suoi ritratti alla galleria San Matteo (Genova, 1952) e ventotto sculture e altrettanti disegni alla personale della Strozzina di Firenze (1955). Nel 1959 la galleria dell'Ariete di Milano gli dedicò un'importante mostra che ebbe una vasta eco critica e in cui vennero esposte venticinque sculture e ventitré disegni datati 1942-58, tra cui Gallo del 1955 e Crocifisso del 1958 (ubicazioni ignote). Nel 1962 espose in un ciclo di mostre in Iugoslavia (Zagabria, Belgrado) vincendo il premio Moran's paint di Lubiana. Il progressivo evolversi di interesse per un brutalismo formale, basato stilisticamente sul sovrapporsi violento di grumi di materia, colloca lo stile del M. di quegli anni in sintonia con le ricerche espressive e informali di Jean Dubuffet.
Le ultime mostre del M. si tennero a Carrara nel 1965 e a Genova alla galleria Carlevaro (1964-67) in cui presentò anche una produzione, fino a quella data inedita, di acqueforti sempre rivolta ai temi cari all'artista: gli animali e la figura umana. Negli ultimi anni della sua vita il M. fu nominato membro dell'Accademia ligustica di belle arti di Genova e dell'Accademia del disegno di Firenze.
Il M. morì a Genova il 14 genn. 1969.
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