CANOVA, Angelo
Nacque a Torino nell'ottobre del 1781 secondo il Regli (ma nel verbale della requisitoria Salvotti gli è attribuita l'età di 44 anni nel 1821). Dopo essersi ritirato dal commercio al quale era stato avviato dal padre negoziante, si dedicò al teatro dove, ignaro di scuola, ebbe successo quasi immediato per la sua particolare attitudine a interpretare personaggi aristocratici, dalla dizione grave e dal portamento solenne. Nel 1805 era primo attore giovane nella compagnia Consoli-Zuccato, accanto al generico L. Vestri che sotto la sua guida si esercitò a rappresentare i ruoli di tiranno e di padre. Presumibilmente dal 1814 fece parte della compagnia Marchionni-Belloni, una delle migliori del tempo, che ebbe accoglienze entusiastiche da parte di un pubblico che prediligeva, accanto alle opere alfieriane e goldoniane, i drammi lacrimosi e sentimentali scritti da abili traduttori e manipolatori dal repertorio francese (tra i lavori più rappresentati, la festeggiatissima Francesca da Rimini di S.Pellico, a intervalli, per una o qualche sera, Mirra di V. Alfieri, Gli innamorati e la trilogia, in sintesi, de Gli amori di Zelinda e Lindoro di C. Goldoni, La lusinghiera di A. Nota, la dilogia Chiara di Rosemberg di L. Marchionni, Bianca e Fernando di F. A. Avelloni). Conosciuta la prima donna Angela Bruni (Siena 1780 c. - Torino 1835 c.) della compagnia del teatro dei Fiorentini di Napoli, se ne innamorò e la sposò più tardi, prima del 13 marzo 1821.
Chiusa la stagione estiva con la terza replica della novità Carlotta Vanford di C. Roti (anfiteatro della Stadera di Milano, 13-16 luglio 1820), la compagnia si era sciolta; il 24 agosto successivo il C. era stato aggregato alla carboneria da P. Maroncelli, direttore musicale della formazione, quasi per giuoco e senza una chiara visione delle conseguenze cui andava incontro, e, in casa Marchionni, aveva scambiato i saluti di rito col Pellico, a cui era stato presentato già il 31 maggio da S. Marchisio.
Poiché doveva recarsi a Bologna a far visita alla fidanzata, fu incaricato dal Maroncelli di recapitare due lettere, una al fratello di lui Francesco e l'altra a L. Zuboli, uno dei capi della carboneria romagnola. La prima fu incautamente restituita al mittente perché il C. non era riuscito a trovare il Maroncelli, ma, sequestrata dalla polizia austriaca, rivelò, tra l'altro, un inciso gravemente compromettente per lo Zuboli. L'attore, che non fece in tempo a conoscere la notificazione del governo di Milano contro i carbonari, pubblicata dalla Gazzetta di Milano il 1º settembre, quattro giorni dopo la sua partenza (questa è così documentata dall'elenco dei partiti da Milano il 28 agosto della Gazzetta di Milano del 30 successivo: "Canova, possid., per Bologna", ed è pertanto da correggere lievemente la cronologia del Luzio), non parve esposto a pericoli fino a quando il Maroncelli ammise che egli avrebbe indovinato lo scopo delle due lettere "al tronco linguaggio e al muto favellare degli occhi".
Il C. fu pertanto arrestato a Vicenza prima del 13 marzo 1821, e gli furono sequestrati "documenti pornografici", emblemi massonici e lettere di attori; trasferito a Venezia, divenne facile preda degli inquirenti, dal primo esame effettuato da L. De Roner il 15 marzo, via via fino alla confessione dei dettagli più impensati (e alla patetica asserzione che egli avrebbe visto con piacere tutta l'Italia riunita sia pure sotto il dominio austriaco), nei costituti dell'11 e 14 aprile che, con le deposizioni del Maroncelli, indussero il Pellico, il 17 successivo, a capitolare ai suoi giudici.
In fondo ai costituti fu tracciato dai giudici un interessante ritratto psicologico dell'attore, nel quale si notava che il carattere era docile, il tratto cortese, con sul viso i segni della commozione, anziché di quell'agitazione che solitamente contraddistingueva i veri colpevoli.
Durante la seduta del 9-10 agosto la requisitoria dell'assessore d'appello A. Salvotti si concluse con la richiesta della condanna a morte per il C. reo del delitto di alto tradimento; ma il 10 venne prosciolto con sentenza consultiva della Commissione di prima istanza con 3 voti contro 2. La Commissione d'appello con sentenza consultiva del 9 settembre confermò l'assoluzione, ma, inaspettatamente, il Senato lombardo veneto, a Verona, con sentenza del 6 dicembre, condannò il C. alla pena capitale, condonata dall'imperatore Francesco I con risoluzione del 6 febbr. 1822; il 21 successivo il Senato pronunciò la sentenza definitiva che lo condannava, sulla falsariga della grazia sovrana, a 5 anni di carcere duro da scontarsi nel castello di Lubiana; notificata il 22, essa fu letta pubblicamente in piazzetta S. Marco il 23 in presenza sua e degli altri compagni di pena.
Il Pellico, ne Le mie prigioni, ricordò, tra l'altro, di aver letto da una finestra della prigione di S. Michele di Murano, in due sere, l'Ester d'Engaddi e l'Iginia d'Asti al C., ad A. Rezia e a G. C. Armari, di aver iniziato il viaggio da Fusina, la notte dal 25 al 26 marzo, con due carrozze, e di essere stato definitivamente separato dai primi due a Lubiana. G. B. Canonici, compagno di prigionia del C., raccontò che questi intratteneva i detenuti con la recitazione di brani di tragedie classiche.
Il Pellico, in una lettera a L. Gonzaga datata da Torino il 29 genn. 1829, era in grado d'informarlo che l'attore era stato liberato dopo due anni e mezzo e che aveva raggiunto subito Torino. A Roma, nel 1830, fu pubblicato il suo primo lavoro drammatico, La pace per rappresaglia in 3 atti; la commedia, dall'intreccio lieve e dal dialogo umoroso, era stata rappresentata a Napoli con "unanime consentimento e ripetutamente onorata" (Raspi). Nell'anno successivo, pure a Roma, fu stampata La felicità coniugale in 5 atti, seguita da Notizie storico-critiche sulla commedia La felicità coniugale dettate da G. Ferretti in cui si dà notizia di altre commedie tenute in serbo dal C. e lo si esorta a pubblicarle, anche in considerazione del loro contenuto morale. Non si sa con precisione quando abbia ripreso a recitare, ma, a un certo momento, era di nuovo sulla breccia, tanto da essere citato dal Maroncelli nelle sue Addizioni, edite nel luglio 1833, con sicuro riferimento all'attività recente, come "direttore delle rappresentazioni sceniche di parecchi grandi teatri in Italia".
In una lettera del C. datata da Napoli l'11 settembre dello stesso anno e indirizzata all'attore S. Riolo è annotata la Comica compagnia lombarda, da lui diretta, con l'elenco completo degli attori (tra gli altri, Elisabetta e Candido Checchi): prima piazza, Cosenza dal novembre alla quaresima dell'anno successivo, in progetto le rappresentazioni de Il benefattore e l'orfana e Il filosofo celibe di A. Nota, Filippo di V. Alfieri, Il momento della punizione di G. C. Cosenza, L'abate de l'Epée di J. N. Bouilly, Il barbiere di Gheldria di F. A. Avelloni, e di altri lavori del repertorio romantico più corrivo. Primo attore caratterista nella commedia e primo attore nella tragedia, si distinse come padre e come tiranno e talune sue parti furono citate dai memorialisti più attenti: l'abate ne L'abate de l'Epée, il signor Massimo ne Il tutore e la pupilla di A. von Kotzebue, mastro Paolo in Un odio ereditario di G. C. Cosenza, don Luigi Gonzales in Lauretta Gonzales di A. Sografi, i protagonisti in titolo nel Filippo e nel Saul, Cosimo I de' Medici in Don Garzia di V. Alfieri. L. Rasi ricordò che il C., rappresentando in serata d'onore, a Lucca, il Galeotto Manfredi con la compagnia Pelzet (parte di Ubaldo degli Accarisi) il 6 dic. 1836, si rivolse al pubblico poco numeroso, invitandolo ad onorare debitamente l'arte di V. Monti, ed A. Colomberti che nel carnevale del 1841 interpretò per più sere la parte di Antonio degli Adimari ne Il duca d'Atene di G. B. Cioni-Fortuna al teatro Nuovo di Firenze.
Nel 1839 l'attore pubblicò a Torino le Lettere sopra l'arte d'imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorelli-Pellandi (24 lettere scritte nel 1829) con introduzione di I. Ferretti e 2 lettere conclusive di A. M. Ricci e V. Folcari, suoi ammiratori.
Il C., trattando dell'arte drammatica, afferma la necessità che questa non venga vincolata da canoni assurdi e si sofferma sui più svariati argomenti, dalla mimica alla dizione, dal costume all'acconciatura; alla castigatezza degli autori e degli interpreti sono dedicate le ultime otto lettere che costituiscono una rapida sintesi di storia del teatro all'insegna degli ideali oraziani del buon gusto e della raffinatezza, stravolti a sostenere la sua convinzione che l'arte vera è morale e che la sua decadenza è sempre dovuta al rilassamento dei costumi.
Nel 1844 il C. fu ammesso nell'Accademia filodrammatica torinese per insegnarvi declamazione; vi rimase fino alla morte, avvenuta la sera del 28 apr. 1854 nella sua città natale.
Fonti e Bibl.: Necrologio, in Gazzetta piemontese (Torino), 29 apr. 1854; Il Pirata (Torino), 4 maggio 1854; Roma, Bibl. teatrale del Burcardo, G. A. Canova, Lettera a S. Riolo; Ibid., A. Colomberti, Notizie su attori italiani ovvero Dizionario biografico dei comici nostri; Gazzetta di Milano del 13, 16 luglio, 30 agosto 1820; S. Pellico, Epistolario, a cura di G. Stefani, Firenze 1856, p. 53; Id., Le mie prigioni, Milano 1933, capp. LI, LII, LIV, LV, LVI; Id., Lettere milanesi (1815-'21), a cura di M. Scotti, pp. 429, 435; Museo drammatico ital. e straniero, a cura di L. Raspi, II, Roma 1830, p. 78; Nuova biblioteca drammatica. Anno II, Roma 1830, pp. 111 s.; F. Scifoni, Biografia di Luigi Vestri, Firenze 1841, pp. 11 s.; A. Pierantoni, I carbonari dello Stato pontificio, I, Roma 1910, costituti del C.: pp. 2-7, 87; F. Regli, Diz.biogr. dei più celebri poeti ed artisti..., Torino 1860, pp. 107 s.; C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio austriaco, I, Torino-Roma 1892, pp. 361 s.; L. Rasi, I comici ital., Firenze 1897, pp. 567-569; A. Luzio, Il processo Pellico-Maroncelli secondo gli atti ufficiali segreti, Milano 1903, pp. 56, 59, 111-116, 163-165, 188-191, 350, 364 s., 377 ss., 427, 459, 487; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'unità d'Italia, I, Milano 1933, p. 838; II, ibid. 1934, pp. 12 s., 18, 24-26; Enc. Ital., VIII, p. 767; N. Leonelli, Attori tragici. Attori comici, I, Milano 1940, pp. 199 s.; Enc. dello Spett., II, Roma 1954, coll. 1647 s.