CESI, Angelo
Nacque a Roma nel 1530 da Venanzio Chiappino o da Filippa Uffreduzzi, nobile di Todi. Appartenne al ramo dei Cesi discendenti da Pier Donato, figlio del capostipite Pietro. Nel 1554 fu nominato avvocato concistoriale, al posto di un cugino di suo padre, Vespasiano Cesi. Rinunciò a questa carica nel 1566, quando venne nominato chierico di camera ed eletto vescovo di Todi: questo seggio episcopale era occupato ininterrottamente dal 1523 da membri della sua famiglia.
Nel gennaio del 1568 il C. celebrò il sinodo diocesano per pubblicare i decreti del concilio di Trento. Ma oltre a ciò non sembra che egli nei primi anni del suo ministero abbia fatto molto per applicarli.
Infatti quando nel 1574 venne il vescovo Pietro Camaiani in qualità di visitatore apostolico trovò la diocesi in cattive condizioni, molte chiese impoverite, cadenti e non officiate, i parroci non residenti, il clero in gran parte semianalfabeta e ignorante dei principî elementari della dottrina cristiana. Il Camaiani lasciò di questa visita una interessante relazione lunga oltre mille pagine (Arch. Segr. Vat., S. Congr. Concilii, Visit. Ap. 34), alla fine della quale, pur riconoscendo le qualità morali e intellettuali del C., ne biasimava senza mezzi termini l'inefficenza e lo scarso impegno pastorale.
Da allora il C. si occupò più a fondo della sua diocesi. Due anni dopo curò la pubblicazione delle costituzioni sinodali: Constitutiones synodales ecclesiae Tudertinae. Tam antiquae sub D. Andrea,& aliis vetustioribus Episcopis:quam novae sub Perillustri,& Reverendiss. D. Angelo Caesio Episcopo Tudertino promulgatae..., Perusiae 1576. Prese a convocare ogni anno, a Pentecoste, tutto il clero diocesano nella cattedrale: poi nel 1597, constatando la persistente ignoranza del clero, stabilì che tali riunioni si facessero una volta al mese in tutti i vicariati della diocesi, e che in tali occasioni uno degli intervenuti dovesse leggere e commentare una lezione del catechismo romano e fare un'omelia, e che insieme si discutessero alcuni casi di coscienza. Nel 1596 curò la traslazione solenne dei corpi di cinque santi cittadini, Cassiano, Calisto, Fortunato, Romana e Degna, nella chiesa di S. Fortunato insieme alle spoglie di Iacopone.
Nel 1586 il granduca di Toscano Francesco de' Medici raccomandò inutilmente a Sisto V la nomina del C. a cardinale.
Dotato di un cospicuo patrimonio personale, che secondo alcune stime gli avrebbe fruttato una rendita di 80.000, scudi annui, il C. ne dedicò buona parte ad opere pubbliche. Fece restaurare la cattedrale di Todi, per la quale commissionò al Faenzone un grande affresco sul Giudizio universale, spendendovi 10.000 scudi. Altri 30.000 scudi spese nella costruzione del palazzo vescovile. Aprì a Todi una via e una piazza con una fontana che portano il suo nome. Destinò anche somme cospicue per sussidi dotali. Insieme al fratello Pier Donato fu il principale finanziatore della chiesa di S. Maria in Vallicella a Roma, voluta da s. Filippo Neri, per la quale spese 35.000 scudi.
I suoi rapporti con le autorità comunali di Todi furono in genere molto buoni. In particolare nel 1599 stipulò una transazione col Comune in base alla quale il clero, dopo una lunga controversia sul diritto all'esenzione fiscale, si impegnava a pagare ogni anno globalmente 5.000 ducati per imposte e sussidi vari, esclusi i beni familiari posseduti dai singoli ecclesiastici, sui quali sarebbero ricadute le normali imposte comunali.
Per questi suoi meriti i Priori di Todi gli dedicarono nel maggio del 1606 una lapide sulla facciata del palazzo comunale, ed alla sua morte, avvenuta a Todi il 30 nov. 1606, gli decretarono esequie solenni nella cattedrale, a spese pubbliche.
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