CINICO, Angelo (in arte Cinico Angelini)
Nacque a Crescentino (Vercelli) il 12 nov. 1901 da Giuseppe e da Margherita Seprè. Di famiglia di modeste condizioni (il padre era calzolaio), manifestò precocemente un grande interesse per la musica. Rimasto orfano in tenera età, poté tuttavia dedicarsi allo studio del violino che, appena dodicenne, suonava già discretamente. Iniziò quindi a recarsi a Torino per approfondire la tecnica dello strumento e per entrare negli ambienti della musica leggera dai quali si sentiva particolarmente attratto. Nel 1918 riusc! ad inserirsi come violinista in una piccola formazione che si esibiva in una sala alla periferia del capoluogo piemontese; l'anno successivo passò alle serate nei caffè concerto e fonnò poi un'orchestra che fu subito scritturata alla sala Balakowsky, ove poté mettere in luce le sue particolari capacità di arrangiatore. Nel 1923 ebbe finalmente l'opportunità di esibirsi in un prestigioso locale di Torino, la sala Gay dove si riuniva la ricca borghesia piemontese, attirata dai nuovi ritmi sincopati che l'Italia del primo dopoguerra aveva conosciuto dalle orchestre americane approdate sul continente europeo. In questo periodo divenne il direttore preferito da Umberto di Savoia e fu spesso invitato a suonare con la sua orchestra durante i ricevimenti che si tenevano a palazzo reale. Nel 1925 il C., divenuto in seguito per gli amici Cinico Angelini, poi assunto come nome d'arte, compì una tournée negli Stati Uniti dove affinò la tecnica orchestrale e venne a contatto con gli ambienti musicali dove si praticava lo stile jazz e il particolare swing che avrebbe contraddistinto il suo stile esecutivo e guidato la scelta del suo repertorio. Dopo il rientro in Italia si presentò al pubblico nel 1930 dirigendo alla sala Gay la Jazz Orchestra Chiappo e poi la Perroquet Royal jazz, che si impose all'attenzione generale affiancandosi alla più nota formazione di Pippo Barzizza, negli anni successivi suo diretto rivale sia all'EIAR sia poi alla RAI del secondo dopoguerra. Successivamente fondò una propria orchestra che assunse il nome di orchestra Angelini e ottenne un contratto alla sala Gay. Avviò nel contempo una serie di contatti con i dirigenti dell'EIAR e nel 1933 i suoi sforzi furono premiati: fu infatti la prima orchestra da ballo italiana che dai locali di una sala pubblica trasmise in diretta alla radio programmi di musica leggera. Per diverse ore al giorno i programmi del maestro piemontese vennero diffusi su tutto il territorio nazionale. La popolarità dell'orchestra da ballo Afigelini crebbe a tal punto che ogni cantante aspirò a partecipare alle sue trasmissioni. Nel settembre del 1939 l'orchestra dell'EIAR, diretta dal musicista piemontese, compì una tournée sul territorio nazionale insieme con l'orchestra Cetra di P. Barzizza; la trasferta musicale venne registrata per la trasmissione radiofonica "Viva la radio" di Marchesi e Metz.
Non sempre i rapporti con l'ente radiofonico di Stato furono facili; accusato di esterofilia (sebbene il suo stile, diversamente da quello di Barzizza, di gusto decisamente jazzistico, fosse più tradizionale), le sue canzoni parvero talvolta allontanarsi dai canoni della tradizione italiana per seguire i modelli americani. Accadde così che il C. fu costretto a sostituire la sigla della sua formazione, la celeberrima Where and when dello statunitense Richard Rodgers, con la più banale ma melodicamente più italiana C'è una chiesetta di G. Raspoldi ed E. Cantoni.
Nei primi anni Quaranta il C. continuò ad esibirsi nonostante l'incalzare degli eventi bellici e portò la sua orchestra attraverso l'Italia suonando in caserme, ospedali e teatri spesso di fortuna. Con il céssare delle ostilità ed il susseguente cambiamento della situazione politica, i teatri e i locali pubblici ripresero la loro attività; nel generale clima di ripresa della vita artistica, favorita dal nascente consumismo e dal desiderio d'evasione, il C. operò un rapido aggiornamento del repertorio, ispirato per lo più ai modelli d'oltreoceano. Nacquero i festival musicali diffusi dalla RAI che ebbero nel C. l'esponente più rappresentativo insieme con una schiera di cantanti tra cui emersero N. Pizzi, A. Togliani, G. Latilla, C. Boni, tutti lanciati dal C. e divenuti in breve tempo i protagonisti assoluti della canzone all'italiana. Il 29 genn. 1951 dal salone delle Feste del Casinò di Sanremo si inaugurò il I Festival della canzone italiana, uno degli avvenimenti più importanti nel mondo della musica leggera a livello internazionale; al C. fu affidato l'incarico di aprire la manifestazione curando l'orchestrazione e l'arrangiamento dei brani da lui stesso diretti. Il successo favorì il suo rientro nei circuiti musicali italiani e poi, nel 1955, il suo definitivo reinserimento nell'ambiente della RAI: la nuova gestione radiotelevisiva infatti, aveva inizialmente considerato il repertorio del direttore ormai superato e troppo tradizionale rispetto a quello dei nuovi astri emergenti; l'occasione arrivò con il Festival internazionale di musica leggera di Venezia, in particolare con l'interpretazione della canzone Vecchia Europa, vincitrice della manifestazione. Due anni dopo, nel 1957, vinse la "Madonnina d'oro", ambito premio destinato al personaggio più popolare dei momento. La sua attività continuò a ritmo sostenuto sino al 1964, anno in cui decise di ritirarsi parzialmente dalla scena, mantenendo contatti saltuari con il mondo della musica leggera e dello spettacolo. Nel novembre 1973 Turi Golino, già tromba della formazione del, C., organizzò una prestigiosa serata al Du Parc di Torino: per l'occasione furono convocati i maggiori nomi della musica leggera degli anni precedenti e al C. venne affidata la direzione dell'orchestra. Nel 1975 fu ospite al Festival di Sanremo, dove venne accolto trionfalmente dal pubblico e contribuì ad alleggerire il clima polemico creatosi tra gli organizzatori e i cantanti di quella contest ' ata edizione. Chiuse definitivamente la sua attività artistica nel luglio del 1977 interpretando con la sua orchestra grandi successi del passato nei locali di Bussola domani di Viareggio.
Il C. morì a Roma il 7 luglio 1983.
Egli fu per circa trent'anni uno dei più popolari rappresentanti della canzone italiana alla guida di un'orchestra che con varie formazioni riscosse sempre i consensi di un pubblico numerosissimo prima radiofonico e poi televisivo. Il segreto del suo successo risiedeva soprattutto nella scelta delle voci abilinente inserite nell'impasto strumentale: ottenne cosi una particolare qualità di suono che lo distinse sempre dalle formazioni rivali sia per la personalissima orchestrazione sia per gli arrangiamenti che lo resero inconfondibile.
Un altro segreto della sua lunga fortuna risiedeva nella immediatezza del linguaggio espressivo che riusciva ad arrivare al pubblico con l'efficacia delle cose semplici, anche se presentate in una veste spesso ricercata ed elegante. Il C. lavorò sempre pensando al suo pubblico e gli diede quello che esso desiderava: canzoni semplici, talvolta anche belle, ma comunque rispondenti alle richieste della platea popolare che egli ben conosceva avendo visitato anche come violinista le sale da ballo di tutta Italia in cui si dava convegno una eterogenea e varia umanità in cerca di un'ora di spensieratezza. Il suo repertorio comprendeva poche canzoni dalla melodia lineare e immediata che già al primo ascolto diventavano familiari.
Abile scopritore di talenti, molti personaggi della musica leggera e dello spettacolo furono da lui introdotti nel mondo artistico e gli furono debitori di successo e popolarità; si ricordano, oltre a quelli già citati: il Trio Lescano, Alfredo Clerici, Oscar Carboni, Alberto Rabagliati, il Duo Fasano, Silvana Fioresi, Dea Garbaccio, Norma Bruni e tanti altri, divenuti poi famosi anche con altre orchestre. La carriera del C. fu contraddistinta da un estremo rigore professionale e il musicista fu accusato di essere troppo rigido e di assumere con i cantanti atteggiamenti quasi dittatoriali. Numerosi personaggi dello spettacolo, tra cui il divo della canzone napoletana del dopoguerra Amedeo Pariante e lo stesso Alberto Rabagliati, vengono ricordati per le "disavventure" verificatesi durante la direzione del C. che non tollerava esibizionismi ed atteggiamenti divistici.
Rispetto allo stile dei colleghi suoi rivali, quello del C. appare più elegante e misurato il suo sound, pur influenzato dall'esperienza americana del jazz, rimase sempre personalissimo e seppe temperare gli influssi jazzistici con una melodia di taglio mediterraneo. Il suono era, nel complesso, pieno e vellutato, sincopato ma mai violento: melodia e swing si fondevano in un giusto equilibrio che affascinò diverse generazioni di italiani. Tra i successi arrangiati e diretti dal C. si ricordano in particolare: Per voi signora, C'è una chiesetta, Maria la O, Oi Marì, Luce lontana, Mambo gitano, Crescendo in swing, Occhi languidi, Non aspetto nessuno e Grazie dei fior. Incise vari dischi per la Columbia, La Voce del padrone, Odeon, Parlophon Cetra (attuale Fonit Cetra).
Fonti e Bibl.: Sono stati utilizzati la collezione discografica ed archivio del sig. Claudio Avenali di Roma e la documentazione privata del maestro Achille Togliani (per la cronologia dei concerti e delle manifestazioni di Sanremo e di Torino); G. Speroni, Ecco il liscio di Angelini, in Domenica delCorriere, 9 dic. 1973; Le canzoni più belle, Milano 1973, I, p. 55; III, p. 625; G. Franchi, Angelini e la sua orchestra, in La canzone italiana, Milano 1982, pp. 73-84; G. Giannetti, Nessuno saprà che sono morto, in Domenica del Corriere, 30 luglio 1983; C. Gagliardi, 60 anni di radio, cronistoria dalle origini, 1924-1984, in Storia della RAI, II, Torino 1984, p. 137; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Bari 1985, pp. 48, 80 s., 101, 103, 107, 127, 129. V. inoltre Enc. dello spett., I, Roma, 1954, col. 614.