CUCCOLI, Angelo
Figlio di Filippo e di Maria Gasperini, nacque a Bologna il 12 ott. 1834. Poco dotato per il mestiere paterno di burattinaio (aveva una voce timida ed incerta), il C. lavorò come garzone di bottega presso un tabaccaio e un vinaio. Seguì quindi un certo Angelo Serleo, proprietario di un teatrino meccanico che rappresentava la passione di Cristo, e con lui peregrinò per vari anni nei paesi della provincia, dando spettacoli ai crocicchi delle strade e nelle piazze. Tornò infine a Bologna, dove debuttò l'8 sett. 1857 nel casotto del padre. Gli inizi non furono facili neppure per il C.; non accetto ad un pubblico abitudinario, diffidente di fronte ad ogni novità, egli fu spesso sul punto di cambiare mestiere: "Il pubblico avvezzo alle cariche trovate e alle spiritose salaci frasi del vecchio, mal sopportava la voce timida del figlio. Ed ecco i fischi, le invettive, i suoni articolati coi quali veniva accolta ogni frase del nuovo venuto" (Ricci, 1888, p. 245). Data l'impossibilità di competere con il padre nella maschera di Sandrone, il C. recuperò quella di Faggiolino su cui il padre si era inutilmente cimentato e che sembrava ormai dimenticata. Egli seppe adattare quella maschera al teatro paterno (facendone il figlio di Sandrone) e alle sue possibilità vocali, mettendo in evidenza l'arguzia e la finezza del personaggio.
Monello privo di mezzi e ricco di appetito, sempre pronto a trarsi d'impaccio con spirito, prontezza e coraggio, ridendo della stupidità umana, Faggiolino divenne ben presto un beniamino popolare fino a scalzare, alla morte di Filippo, il vecchio Sandrone. L'origine della maschera di Faggiolino è molto antica (il suo nome si ritrova tra gli zanni del Seicento), ma la caratterizzazione posteriore è legata al teatro dei burattini prima con il Cavallazzi e quindi con i Cuccoli. La sua popolarità si estese con il C. oltre le mura cittadine ed è proprio grazie a questa maschera che "la fama della dinastia dei Cuccoli ha varcato la cinta daziaria e il casotto dei burattini ha preso posto tra le rarità bolognesi" (Ri Bi, Il teatro di Cuccoli, in Il Resto del Carlino, 25 apr. 1874).
Dopo aver lavorato per circa quindici anni in collaborazione con il padre, egli rifondò, alla morte di questo, il repertorio sul solo personaggio di Faggiolino ispirandosi ad una materia teatrale estremamente composita: il C. eredità da Filippo Pinteresse per la commedia all'improvviso e per le tradizioni dello spettacolo dialettale, ma seppe integrarvi "tutte le più vivaci ed originali leggende e storie del teatro italiano e francese" (A. Sorbelli, p. 219), adattandole al gusto e ai desideri del popolo bolognese.
Accanto a Faggiolino agivano altre maschere: oltre a quelle del "panierone" paterno, i personaggi inventati dai suoi collaboratori (Andrea Ludergnani con Giuppino e Tartaglia e Augusto Galli con Meneghino, Tonin Bonagrazia e Sgnapino Posapiano) e dallo stesso C. (Ghittera Spadacc, Pulidora Beccafichi, Brisabella), davano vita a forme spettacolari che, saldamente radicate nella tradizione, riuscivano ad esprimere le tensioni del mondo moderno. Che non si trattasse di un semplice recupero di stereotipi tradizionali lo dimostra la campagna di stampa del 1884 contro il trasferimento del casotto dei C. dal voltone del Podestà a piazza S. Francesco, in cui si sosteneva il valore artistico degli spettacoli di burattini del C. e la loro funzione educativa. Il trasferimento, che ebbe comunque luogo, segnò la decadenza del teatro del C. con la marginalizzazione, anche fisica, dal tessuto urbano tradizionale. Le difficoltà vennero accresciute dal precario stato di salute del C. che fu costretto, negli ultimi anni, a lavorare, al chiuso, nel teatrino di via dell'Oro e in quello della Nosadella, continuando la serie dei "burattini in persona" iniziata da Filippo.
Nel 1904 diede vita nel teatro della Nosadella ad una compagnia dialettale "La Compagnia Felsinea" con Giuseppe Mazzoni, Gaetano Chinelato, Giovannina Benfenati, Ada Mancinelli, ma le sue condizioni di salute sempre più precarie lo costrinsero a ritirarsi.
Continuatore accorto del lavoro del padre, il C. non spiccò tanto per originalità quanto per la grande serietà professionale e per l'intelligenza con cui riusciva a collegare esperienze teatrali diverse tra loro. Come ricorda il Testoni, il C. considerava il suo mestiere una missione e prendeva tanto alla lettera il mótto paterno "Arte scherzo istruzione diletto" da rifiutare per il suo teatro canovacci stupidi o contrari alla morale e da interrompere lo spettacolo ogni volta che il pubblico non sembrava seguirlo con sufficiente attenzione.
La stessa serietà si ritrova nei canovacci del C. acquistati dal comune di Bologna nel 1935: vi sono tra le carte dei C. alcune commedie complete (Maria la bresciana; Delitti, arresto e morte del terribile assassino della Romagna Stefano Pelloni detto il Passatore e Guerrino detto il Meschino, pubblicato da Franco Cristofani su Il Carlino Sera del 25apr. 1963), circa trecento scenari e una raccolta di narcisate tratte probabilmente dal repertorio paterno. Testimonianza della sua attività di scrittore è inoltre nei riassunti del Sorbelli e nei canovacci dialogati da A. Galli, O. Trebbi e A. Massone per l'editore Brugnoli (I due dottori, 1913; I due anelli magici, 1918; L'eredità di Faggiolino, 1930; Faggiolino in cuccagna, 1930).
Il C. morì a Bologna il 9 febbr. 1905.
Fonti e Bibl.: Oltre alle opere relative alla vita e alla attività dei padre, vedi C. Ricci, Teatri di Bologna nei secc. XVII e XVIII, Bologna 1888, pp. 242 s.; Id., A. C., in Il Resto del Carlino, 1°apr. 1901; A. Testoni, Bologna che scompare, Bologna 1905, pp. 143-150; Id., Figurine bolognesi: A. C., in Il Resto del Carlino, 10-11febbr. 1905; A. Sorbelli, A. C. e le sue commedie, in L'Archiginnasio, IV (1909), 6, pp. 217-240; A. Pandolfini Barberi, Burattini e burattinai bolognesi, Bologna 1923, pp. 37-70; A. Cervellati, Storia di burattini e di burattinai bolognesi, Bologna 1964, pp. 244-250.