DELLA NOCE, Angelo
Nacque nel 1604 (in una lettera ad E. Gattola del 22 luglio 1690 egli stesso afferma di avere 86 anni) probabilmente a Napoli, sebbene alcuni suoi biografi lo dicano nativo di Massalubrense o di altre località.
Pur essendo autodidatta, mostrò subito sorprendente ingegno e capacità, soprattutto nello studio delle lettere. Il 2 luglio 1621 (1622 secondo il Crescimbeni) prese l'abito monastico nell'abbazia di Montecassino. Nel frattempo approfondiva la sua formazione culturale, che venne presto apprezzata e riconosciuta, tanto che gli fu richiesto di insegnare teologia a Montecassino e in altri monasteri benedettini, cosa che fece per parecchi anni. Il Gattola afferma che tenne anche delle brillanti letture pubbliche di teologia scolastica all'Archiginnasio romano della Sapienza.
Nel 1643 scrisse un elogio di Severino Fusco, abate di Montecassino dal 1640 al 1645, che venne inserito negli Elogia abbatum sacri monasteri Casinensis, Napoli 1643, pp. 280-282. In questo periodo iniziò a venire preposto alla guida di alcuni monasteri benedettini. Il Gattola riporta che fu abate di S. Angelo a Gaeta e più tardi di S. Severino a Napoli. Alla fine di marzo del 1657 fu nominato trentaseiesimo abate di Montecassino, con il favore e l'appoggio del card. Francesco Barberini, che lo annoverava tra i suoi familiari.
Il 1° ott. 1658 tenne un sinodo diocesano nella basilica dell'abbazia, mentre nel 1659 si occupò di dare una sepoltura più degna ai resti mortali di s. Benedetto e s. Scolastica, che si trovavano a Montecassino. In questo stesso anno venne stampata a Napoli l'opera Sanctissimi patriarchae Benedicti Regula... cui varias lectiones adiecit D. Paulus Augustinus de Ferrariis;in realtà, l'Armellini attribuisce al D. tale commento alla regola di s. Benedetto.
Il 16 marzo 1661 giunsero in visita al monastero i due gesuiti G. Henschen e D. Papebroch, che riportarono una descrizione di tale visita negli Acta Sanctorum... a Ioanne Bollando, nel capitolo dedicato all'ipotesi della traslazione del corpo di s. Benedetto al monastero francese di Fleury. Il D. era assente, essendosi recato a Parma dove in occasione della Pasqua si tenevano i comizi generali dell'Ordine benedettino (17 apr. 1661), ma incontrò i due gesuiti subito dopo a Roma, e si dolse di non essere stato presente durante la loro visita, perché in tal caso avrebbe aperto loro le tombe per mostrare le sacre ossa che rimanevano; aggiunse che esse non erano complete, e che riteneva possibile che una parte si trovasse altrove. Confessò inoltre che già una volta si era preoccupato di togliere un'iscrizione che asseriva la completezza delle reliquie.
Nel maggio 1661 lasciò il governo di Montecassino per essere nominato abate di S. Salvatore a Pavia. Dopo circa quattro anni, però, all'inizio del maggio 1665 tornava di nuovo a Montecassino, sempre in qualità di abate. In questo suo nuovo periodo di governo, si occupò innanzitutto di dare una fisionomia giuridica all'abbazia, e quindi di ultimare il rifacimento del monastero. Nel 1666 eseguì con grande solennità la traslazione dei corpi di s. Bertario martire, di s. Apollinare abate e di s. Vittore III papa, che si trovavano nel monastero dal 1650. Fece disporre inoltre nel chiostro numerose statue di papi, imperatori e principi che si erano resi benemeriti verso l'abbazia, aggiungendovi eleganti iscrizioni da lui stesso composte.
Nel 1668 venne data alle stampe a Parigi da Ludovico Billaine la Chronica sacri Monasterii Casinensis, auctore Leone cardinali episcopo Ostiensi, continuatore Petro diacono eiusdem coenobii monachis, ex manu scriptis codicibus summa cura, & fide, quarta hac editione, notis illustrata, primus evulgat D. Angelus de Nuce...
La dedica è a Clemente IX. Nella prefazione, il D. scrive che durante i suoi studi aveva constatato che le edizioni precedenti della Chronica (1513, 1603, 1616)erano parecchio discordanti dall'originale, conservato nella biblioteca di Montecassino, e che quindi era stato preso dal desiderio di fornire una edizione fedele e precisa. Nell'opera, in quattro libri, è registrato quanto avvenne di più memorabile nell'Ordine benedettino e nella Chiesa dal 542al 1138.In fine vi è un'appendice con proprie note tipografiche (Romae, Ex Typographia Michaelis Herculis, 1671)rivolta principalmente contro Hugo Menard (1585-1644),benedettino, fautore dell'ipotesi della traslazione del corpo di s. Benedetto a Fleury. L. A. Muratori pubblicò la Chronica nel t. IV dei Rerum Italicarum Scriptores (Mediolani 1723, pp. 241-602), premettendo un giudizio critico nel quale afferma che il D. aveva sì annotato parecchie cose utili, ma molte altre ne aveva aggiunte di inutili "ex intemperanti scribendi prurigine" (pp. 153-183).
A Montecassino il D. lasciò anche alcuni suoi manoscritti: si ha notizia dei Commentaria in universam Philosophiam Aristotelis & S. Theologiam ad mentem D. Thomae, e di due suoi volumi di Epistolae adfamiliares.
L'Armellini attribuisce a lui anche un libello stampato a Barcellona, intitolato Dissertatio an S. Ignatius vere júerit primus Auctor Libelli Exercitiorum, che si riteneva comunemente fosse dell'abate di Montserrat Ximenez Garcia de Cisneros (1455-1510), che peraltro era vissuto prima di s. Ignazio.
Alla fine di aprile del 1669, il D. lasciò nuovamente Montecassino per assumere il governo dell'abbazia di S. Lorenzo d'Aversa. Presto però abbandonò quell'incarico e giunse a Roma, per presentare le sue opere a Clemente IX, al quale erano dedicate; il papa l'accolse benignamente e gli conferì l'incarico di esaminatore dei vescovi, oltre a quello di consultore e teologo presso la congregazione dell'Indice.
Il D., al quale Roma offriva maggiori stimoli e possibilità di esprimere la sua cultura e la sua eloquenza, pensava già di dedicarsi interamente ai suoi studi, nei quali consisteva tutta la sua ambizione, quando il papa gli offrì l'episcopato di Cagli, che si era reso vacante nel 1669. Egli rifiutò, ma non poté ricusare la successiva nomina ad arcivescovo di Rossano, conferitagli il 18 marzo 1671.
La sua permanenza alla guida della diocesi di Rossano è documentata da alcune lettere al card. Francesco Barberini, che intendeva farlo tornare a Roma perché gli venisse concessa la porpora cardinalizia, e al suo segretario (Bibl. Ap. Vaticana, Barb. lat. 7597, ff. 60-86); da esse risulta evidente che egli, pur adempiendo con coscienza ai suoi doveri, considerava Rossano un esilio da Roma, dove agognava di tornare.
Nel 1674 i suoi voti venivano esauditi, ed egli poteva tornare a Roma, dove il card. F. Barberini lo ospitò nel suo palazzo della Cancelleria apostolica. Peraltro, la sua richiesta di mantenere per qualche anno ancora la diocesi fu esaudita, perché Solo il 24 febbr. 1676 venne nominato un suo successore; egli ottenne inoltre che la diocesi gli versasse una pensione di 850 scudi.
A Roma il D. partecipò alla conferenza dei concili, che aveva iniziato a radunarsi nell'ottobre 1672 su iniziativa di G. G. Ciampini; il Fabroni (Vitae..., 6, p. 242) riporta che il D. si attribuiva la paternità dell'idea della conferenza. Egli frequentava inoltre con assiduità l'Accademia della regina Cristina di Svezia, che si teneva a palazzo Riario (oggi palazzo Corsini) dove risiedeva la regina; una lista di undici uomini di cultura del 24 giugno 1674, che potrebbe essere quella dei fondatori dell'Accademia, porta il suo nome.
Nel ms. Ottob. lat. 1744 della Bibl. Ap. Vaticana è documentata parte dell'attività del D. in tale Accademia; il 6 dic. 1674 vi tenne un discorso intitolato "Le ingiuste querele della Virtù contro la Fortuna" (f. 21r); il 25 febbr. 1675 un altro avente per titolo "Difesa sofistica dell'Astrologia giudiziaria in risposta alle precedenti accuse" (f. 117r); il 18 nov. 1675 intervenne di nuovo con una "Invettiva contro Scevola, in risposta alle lodi precedenti" (f. 196r). In data ignota, infine, presentò una dissertazione con la quale intendeva dimostrare che s. Tommaso fu benedettino prima di entrare nell'Ordine dei predicatori.
Nel 1675 venne pubblicata la prima edizione del commento all'opera di s. Leone Magno dell'oratoriano Pasquier Quesnel, sul quale il D., per incarico del card. F. Barberini, scrisse una censura. Il cardinale la spedì a Quesnel, che il 7 maggio 1677, in una lettera ad Antonio Magliabechi, bibliotecario di Cosimo III duca di Toscana, scrisse di aver ricevuto le osservazioni dell'arcivescovo di Rossano, ma aggiunse che esse lo avevano piuttosto confermato nella giustezza delle sue tesi.
Il papa Innocenzo XI, che teneva in grande considerazione il D. e pensava di nominarlo cardinale, lo annoverò tra i dotti da lui delegati a confutare le quattro proposizioni del clero gallicano, che Luigi XIV aveva fatto votare nel 1682 dall'assemblea del clero di Francia per ottenere una parziale autonomia della Chiesa francese dal Papato e una sua maggiore dipendenza dal re. La censura del D. venne considerata la più sintetica e al tempo stesso la più valida. Una copia di essa si trovava a Montecassino con il titolo: Censura Ill. mi ac Rev.mi Angeli de Nuce Archiepiscopi Rossanensis super quatuor Propositioúes Cleri Gallicani in Conventu Parisiensi anno 1682 pro Congr. Em.orum Cardinalium & novem Theologorum a Sanctissimo Domino nostroInnocentio XI specialiter deputata eodem anno, mense Augusti. Tale censura presentava però delle ambiguità, o forse venne presentata come tale da qualche malevolo; fatto sta che il papa cambiò rapidamente l'opinione che si era formata del D. e giunse alla conclusione che egli era già troppo avanti negli anni per concedergli la porpora cardinalizia.
Il 10 dic. 1679 era morto il principale protettore del D., il card. Francesco Barberini, ed egli si vide inoltre privato della pensione che riceveva dalla diocesi di Rossano. Si sarebbe ridotto alla miseria, anche perché era solito fare numerose elemosine, se non lo avessero aiutato alcuni suoi fedeli e potenti amici: i Barberini, il card. Gian Francesco Albani (poi Clemente XI) e la regina Cristina di Svezia.
A di questi anni la permanenza romana di Jean Mabillon e dei suoi amici della Congregazione di S. Mauro. Dalla corrispondenza e dalle opere del Mabillon riguardanti il viaggio in Italia risultano frequenti visite e contatti coi Della Noce. In una del 26 giugno 1685 l'ex arcivescovo espose a lui e al suo fedele compagno di viaggi Michel il racconto della sua vita; al termine dell'incontro i due ricevettero dal D. l'indice dei codici della biblioteca di Montecassino.
Negli ultimi anni di vita, il D. entrò in grande intimità ed amicizia con Erasmo Gattola, benedettino, e venne accolto tra gli arcadi col nome di Ismenio Langiano.
Morì a Roma l'8 luglio 1691, e i suoi funerali si svolsero a S. Lorenzo in Damaso, dove fu sepolto. Gli arcadi lo commemorarono in un'adunanza generale con un'egloga di Leonardo Gerardi, mentre in una ulteriore adunanza Marcello Severoli, che lo conosceva bene, dettò una lapide in sua memoria.
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