ANGELO di Giovanni da Verona
Di origine bergamasca, nato nel 1437 circa, è iscritto nel 1464 alla fraglia vicentina dei muratori e scalpellini; e il 6 novembre è presente a uno strumento rogato presso un Francesco Revese. Nel 1468 appare autore dell'arca marmorea di G. B. Nievo a S. Corona a Vicenza; e poco dopo assume due lavoranti. Da un documento del 12 ott.1469 risulta come egli si obblighi a fare per il duomo di Vicenza sei statue da porsi sul fastigio della facciata eretta nel 1467. Successivi documenti attestano la sua permanenza a Vicenza nel 1471, 1472, 1473 (anno in cui si recò anche a Trento), 1477. Dal documento del 1477 si può sospeltare che egli si recasse (o intendesse recarsi), intorno al 1480, a Bruges e a Londra. Altre testimonianze della sua residenza a Vicenza danno però atti del 1479, 1481 e del 1482; in quest'ultimo anno egli si obbliga, il 7 giugno, a eseguire la base della tribuna della cattedrale, su disegno di Lorenzo da Bologna. Un'ulteriore notizia del 1482 ci mostra A. attivo alle pilastrate e agli archi delle porte del sottocoro di S. Corona. Nel 1482, 1492 e 1497 è a Verona dove il 2 ag. 1508 era già morto, forse da poco.
Prima opera sicura di A. è l'arca Nievo a S. Corona, già nella scomparsa cappella di S. Caterina, ora murata sulla parete esterna della cappella del Rosario entro una più tarda (1613) cornice architettonica.
Si tratta di una delle prime opere scultoree rinascimentali nel Veneto, quando Pietro Lombardo era ancora attivo a Padova. Se nell'arca è sensibile un'ultima concessione al gotico, nella figura del morto è una robustezza plastica di senso già rinascimentale. Ma dove la vigoria dello scultore veronese si rivela in modo inaspettato è nelle cinque statue, guastissime e mutile, superstiti delle sei eseguite, si è detto, nel 1469 per la facciata del duomo, rimosse nel 1902 dal luogo della collocazione originale e ora conservate nel chiostro di S. Lorenzo a Vicenza; esse raffigurano la Vergine Annunciata (certo accompagnata dall'Angelo, scomparso), S. Leonzio, S. Carpoforo, S. Eufemia e S. Innocenza. La sobria potenza di queste sculture, bene leggibile nelle parti risparmiate dal tempo, attesta un gusto per una modellazione oltremodo densa: i volumi si saldano l'un l'altro attraverso linee sottili determinate dai vari piani delle masse. Ma questo linearismo, mentre, da un lato, non è più affatto gotico, contribuisce dall'altro a dare a tutta la figura un'apparenza di blocco oltremodo compatto.
La precoce apparizione di queste sculture rinascimentali nel Quattrocento veneto e la loro alta qualità richiama ad analoghe opere comparse nella Val Padana (senza necessariamente postulare sempre dei contatti col nostro artista); come la prima attività di Cristoforo Mantegazza, dell'Amadeo e di Antonio Rizzo nella Certosa di Pavia (nel settimo decennio); il mortorio di Niccolò dell'Arca in S. Maria della Vita a Bologna (che crediamo fermamente del 1463); la prima operosità padovana di Pietro Lombardo: tutti esempi di una coraggiosa reazione al gotico, alimentata dai grandi modelli toscani, dal Mantegna e dai Ferraresi, che nel decennio successivo condurrà dovunque a un più sereno assestamento del linguaggio rinascimentale nell'Italia settentrionale (almeno per quanto riguarda la scultura). Per quanto poi è del gusto particolare di A., un confronto con le opere giovanili del Rizzo, pure veronese, potrà portare a una maggiore chiarificazione critica, avvalorata dalle analogie offerte dalla scultura veronese della seconda metà del Quattrocento, quasi del tutto ignorata dagli studi (l'Annunciata, l'Angelo e l'Eterno della cappella di S. Michele del duomo di Verona; la Madonna accanto alla porta di Lazise; ecc.), mentre le statue di Alberto di Antonio sulla Loggia del Consiglio veronese (del 1493) e altre ancora denunciano a Verona indubbiamente una conoscenza dei modi di Angelo.
Oltre alle opere sicure menzionate, altre si possono ritenere dello stesso artista a Vicenza. Così la potente lastra tombale del canonico Alberto Fioccardo (m. 1467) nella cripta del duomo, dove si ritrovano le stesse caratteristiche delle statue di S. Lorenzo e gli stipiti e l'arco accusano la conoscenza del Mantegna. Prossimi ad A. sono anche la mezza figura di S. Bernardino sul portale di S. Chiara a Vicenza e i resti del sepolcro Morellati in S. Corona. Il frammento di un monumento funebre in S. Maria della Scala a Verona, del 1494, può essergli ascritto.
Bibl.: A. Magrini, Maestro Rocco da Vicenza architetto e scultore, in Archivio Veneto, VI, 1(1873). p. 4; A. Mazzi, Gli estimi e le anagrafi inediti dei lapicidi veronesi del secolo XV, in Madonna Verona, VI(1912). p. 224; G. G. Zorzi, Contributo alla storia dell'arte vicentina nei secoli XV e XVI. Parte II, in Miscellanea di Storia Veneto-Tridentina, II, Venezia 1926, pp. 65-73, passim; E.Arslan, A. di Giovanni da Verona,in Wandlungen christlicher Kunst im Mittelalter, Baden Baden 1953, pp. 385-94; Id., Catalogo delle cose d'Arte e di Antichità d'Italia. Vicenza. Le Chiese, Roma 1956, pp. 23, 24, 32, 48, 53, 56, 61, 127; L. Puppi, Intorno allo scultore A. di Giovanni, in Arte Veneta, XIII-XIV (1959-60), p. 30-38 (con altre attribuzioni).