Angelo di Paolo
Marmoraro romano figlio di Paolo, capostipite della più antica famiglia di Cosmati di cui sia rimasta testimonianza. È noto per aver realizzato nel 1148 il ciborio della basilica di S. Lorenzo f.l.m. a Roma, assieme ai fratelli Giovanni, Pietro e Sasso, come attesta l'iscrizione sul verso degli architravi (dal lato della navata e del presbiterio) del primo ordine (" + Anno Domini MCXLVIII. Ego Hugo humilis abbas hoc opus fieri feci / + Johannes Petrus Angelus et Sasso filii Pauli marmorarii huius operis magistri fuerunt"). È inoltre probabile si debba attribuire alla stessa bottega l'altare, i cui capitellini somigliano a quelli d'angolo del primo ordine della copertura del ciborio, e forse anche il sottostante pavimento, diverso da quello duecentesco della restante zona presbiteriale.
Il nome dei quattro fratelli marmorari ricorreva nei cibori, ora perduti, di altre chiese romane: quello di Santa Croce in Gerusalemme (riferibile al 1144-1148 ca., quando il cardinale Uberto, committente dell'opera, era titolare di Santa Croce; Claussen, 1987, p. 15), del quale rimangono le colonne di spoglio reimpiegate nel ciborio settecentesco (Besozzi, 1750) e alcuni frammenti di lastre marmoree che, come a S. Lorenzo, ne rivestivano l'originario pavimento (ora murati nel vano di accesso alle cappelle della Pietà e di S. Elena); quello dei Ss. Cosma e Damiano (eseguito anteriormente al 1149, data di morte del cardinale Guido, committente dell'opera), menzionato nell'iscrizione già ritenuta perduta, ma identificata accanto all'ingresso del 'Presepe' (Claussen, 1987, p. 17); e quello di S. Marco (epigraficamente datato 1154; De Rossi, 1891, p. 77 ss.), al quale appartenevano forse le colonne di spoglio reimpiegate nel presbiterio (Hermanin, 1932, p. 26) e dieci colonnine già pertinenti ai tre ordini della copertura (ora murate nella parete sinistra del nartece).
Sembra che A. e i suoi collaboratori siano stati gli inventori, o almento tra i maggiori divulgatori, di un tipo di ciborio poi ampiamente diffuso in ambito romano: un tipo, documentato dall'esempio di S. Lorenzo f.l.m. (nel quale bisogna tuttavia tener conto del ripristino ottocentesco, peraltro assai verosimile, dei due ordini superiori; Muñoz, 1944, pubblica la testimonianza iconografica di Ciampini, 1693) che, sostituendo quello in uso nell'Alto Medioevo, recupera nella struttura architravata e nella forma a gabbia della copertura un modello quasi certamente romano d'età paleocristiana (Giovannoni, 1904, p. 4).
Non esistono documenti epigrafici né termini di confronto stilistico per assegnare ai figli di Paolo la responsabilità di quanto rimane dei pavimenti delle chiese di Santa Croce e dei Ss. Cosma e Damiano, che, pur dubitativamente, in ragione delle reciproche affinità tipologiche e per contiguità cronologica con i menzionati cibori, sono stati classificati (Glass, 1980, pp. 9 ss., 86, 89) all'interno di un ipotetico gruppo di pavimenti eseguiti dalla famiglia di Paolo.
A., che dal modo in cui il suo nome compare nelle iscrizioni dovette essere il terzogenito di Paolo, fu padre di Nicola marmoraro del quale una serie di opere rimaste o attribuitegli fa presumere una diffusa notorietà.
Bibliografia
Fonti:
G. Ciampini, Vetera monumenta, I, Roma 1690, tav. IV.
id., De sacris aedificiis a Constantino Magno constructis, Roma 1693, p. 116, tav. XXVI.
R. Besozzi, La storia della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, Roma 1750, p. 31 ss.
Letteratura critica:
C. Promis, Notizie epigrafiche degli artefici marmorarii romani dal X al XV secolo, Torino 1836, pp. 8, 11.
V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edificii di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, 14 voll., Roma 1869-1884: IV, p. 64 nr. 146, p. 345 nr. 818; VIII, p. 186 nr. 499; XII, p. 510 nr. 565.
G. B. De Rossi, Raccolta di iscrizioni romane relative ad artisti ed alle loro opere nel Medio Evo compilata alla fine del secolo XVI, BAC, s. V, 9, 1891, pp. 73-101.
A. Giovannoni, Drudus de Trivio marmorario romano, in Miscellanea per nozze Hermanin-Hausmann, Roma 1904, pp. 1-10.
G. Biasiotti, Ph. B. Whitehead, La chiesa dei SS. Cosma e Damiano al Foro Romano e gli edifici preesistenti, RendPARA 3, 1924-1925, pp. 83-122: 122.
F. Hermanin, San Marco (Le chiese di Roma illustrate, 30), Roma [1932], pp. 8, 22, 26.
A. Muñoz, La basilica di S. Lorenzo fuori le mura, Roma 1944, p. 51 ss.
F. Hermanin, L'arte in Roma dal sec. VIII al XIV (Storia di Roma, 27), Bologna 1945, pp. 62, 143.
E. Hutton, The Cosmati, London 1950, pp. 7, 33, 47.
G. Matthiae, s.v. Cosmati, in EUA, III, 1958, coll. 837-843: 839.
id., SS. Cosma e Damiano (Le chiese di Roma illustrate, 49), Roma [1960], p. 19 ss.
id., S. Lorenzo fuori le mura (Le chiese di Roma illustrate, 89), Roma 1966, pp. 102, 105.
D. F. Glass, Studies on Cosmatesque Pavements (BAR. International Series, 82), Oxford 1980.
P. C. Claussen, Magistri Doctissimi Romani. Die römischen Marmorkünstler des Mittelalters (Corpus Cosmatorum, 1), Stuttgart 1987, pp. 13-19, 41, 46, 117, 139, 145 (con bibl.).