FAVA, Angelo
Nato a Chioggia (prov. di Venezia) l'8 apr. 1808 da Gian Giacomo e da Teresa Meneghini. Trascorse gli anni giovanili a Verona, ove il padre era funzionario di polizia. Iscrittosi all'università di Padova, vi frequentò l'insegnamento filosofico e dal 1826 il corso di laurea in medicina: il 21 gennaio e l'8 ag. 1830 sostenne gli esami finali della facoltà e il 15 ag. 1830 l'esame di laurea presentando una tesi dal titolo In hodiernae medicinae statum animadversiones nonnullae (Patavii 1830). D'ingegno vivace e di sentimenti patriottici, a Padova e a Verona si legò in amicizia con giovani letterati suoi coetanei come C. Betteloni e A. Aleardi. Nell'estate del 1831 fu chiamato a far parte - con l'ungherese M. F. Steer, professore all'università di Padova e con Agostino Gera di Conegliano - dei gruppo veneto della missione di medici incaricata di recarsi in Galizia a studiare il cholera morbus, la nuova epidemia che s'avvicinava ai confini orientali d'Italia.
Il delegato provinciale di Verona, proponendolo al governo con lettera del 9 ag. 1831, ricordava com'egli avesse compiuto con lode gli studi e precisava che la sua "condotta morale e politica" era "senza macchia"; allegava anche il consenso del padre, allora commissario di polizia a Lonigo, che si diceva lusingato di poter "sacrificare me e i miei figli per l'umanità e per la patria alla quale - scriveva - in special modo appartengo anche come impiegato di S. M.tà". Il viceré Ranieri d'Asburgo Lorena con lettera 14 ag. 1831 al governatore veneto conte G. Spaur approvava le tre nomine; ma mentre il F. s'era già messo in cammino per Venezia, un rapporto del commissario superiore di polizia di Verona al direttore generale di polizia di Venezia, premesso che il giovane F. non aveva ancora dato segni "di distinta abilità nell'arte medica", segnalava ch'egli era "di principi liberali e moderni", che frequentava persone d'analogo sentire, ch'aveva dimostrato grande interesse per le rivoluzioni avvenute poco prima negli Stati italiani e ora per quella polacca e infine che il 28 aprile di quello stesso anno aveva partecipato ad una riunione a Castelrotto di Valpolicella, presenti altri liberali, nella quale egli aveva "molto parlato in favore dell'italiana indipendenza".
Subito richiamato con la semplice comunicazione che la sua missione non poteva aver luogo per "sopravvenute circostanze", continuò la professione medica a Padova, e quivi nel 1833 fu nominato assistente alla cattedra di chimica, tenuta da Francesco Ragazzini. Confermato per i tre anni successivi, il 30 ott. 1836 il F. chiedeva tuttavia la dispensa dall'assistentato per "affari urgentissimi di famiglia": fu dispensato dall'ufficio il 2 dicembre.
Non si conoscono le reali ragioni per le quali il F. abbandonasse la carriera universitaria; non è escluso che, date le sue idee e le sue amicizie, vi fosse stato un nuovo intervento della polizia, tanto è vero che il fascicolo che lo riguarda nell'Archivio dell'università presenta delle lacune. L'accenno agli "affari urgentissimi di famiglia" lascia intravedere tuttavia un'altra ragione: il F. aveva sposato la giovanissima contessa Maria Balbi Valier; il matrimonio (dal quale nacque un figlio, Alberto, morto a Ivrea, il 29 giugno 1863, sottotenente di fanteria) si concluse appunto nel 1836 con la separazione.
Quello stesso anno il F. entrò al servizio dei Dandolo, come medico di famiglia e precettore dei due figli di Tullio: Emilio ed Enrico. Di sentimenti antiaustriaci e di una religiosità caratterizzata da venature mistiche e riformiste, il F. impresse nell'animo di quei ragazzi - ai quali si aggiunse più tardi un altro giovane, Emilio Morosini - l'impronta patriottico religiosa che caratterizzò gran parte del moto risorgimentale sino al '48. All'inizio del 1840 si trasferì con la famiglia Dandolo a Milano, dove continuò la sua opera di precettore ed educatore, moderando gli eccessi d'una pratica religiosa formalista e rigorosa con la quale il Dandolo educava i figli. Dedicatosi a studi filologici e letterari, il F. svolse a Milano una cospicua attività di scrittore; scrisse novelle e poesie religiose e patriottiche, collaborò a L'Amico cattolico, autorevole periodico d'intonazione, almeno sino al '48, filorosminiana; fu tra i redattori della Rivista europea, dalla quale si dimise per diversità di vedute con C. Tenca; iniziò la pubblicazione di una enciclopedia della quale il governo austriaco impedì la continuazione (L'educatore di se stesso, che il F. completò a Torino dopo il '48); tradusse alcune poesie del Byron, pubblicò versioni poetiche della Bibbia.
L'attività del F. come traduttore dei libri poetici della Bibbia (Giobbe, Salmi, Cantico dei cantici) rivela da un lato una sensibilità religiosa vicina alle correnti romantiche europee e una spiritualità radicata nella lettura diretta del testo sacro abbastanza inusuale nella cultura italiana, e dall'altro una certa padronanza degli strumenti filologici in armonia con le tendenze degli studi teologici e della critica biblica che si diffondevano in Germania e in Francia: nella prefazione alla sua versione del Cantico dei cantici (La Cantica delle cantiche esposta in versi italiani con nuove interpretazioni dall'originale ebraico, Milano 1840) per la quale seguiva il testo proposto da M. Lanci, il F. asseriva come "le scoperte filologiche del tempo presente, anziché scemar pregio ai libri inspirati, abbelliscano le verità religiose di nuovo splendore e ne diradino le tenebre". Tuttavia proprio questa versione, accusata in un lungo articolo dall'Amico cattolico (I [1841], pp. 13-24, 211-240) d'inclinare al razionalismo per aver concesso troppo alla filologia e di tendere ad una lettura soggettiva del testo sacro al di fuori delle interpretazioni dei Padri, fu posta all'Indice. Il F., al quale si rimproverava in realtà un giudizio troppo critico della versione della Volgata, accolse la censura rammaricato, ma dicendosi disposto a quelle modifiche che gli fossero suggerite necessarie (L'Amico cattolico, III [1843], p. 78).
Per mezzo dei Dandolo il F. entrò in contatto con molti esponenti della gioventù liberale e del patriottismo milanese come i fratelli G. e G. Porro Lambertenghi e C. e G. D'Adda, Giulio Carcano, Cesare Giulini, Cesare Correnti; ai Dandolo e al Morosini si aggiunsero come suoi allievi i fratelli Mancini, jacopetti, Magrini, Gregoretti, alcuni dei quali ebbero contemporaneamente come insegnante al liceo ginnasio "Boselli" e al liceo di Porta Nuova un altro letterato ed educatore, Achille Mauri, amico del F. e a lui vicino per principi religiosi e patriottici. Al F. l'intransigentismo cattolico postunitario rimprovererà d'essersi fatto cospiratore e d'aver addestrato quei giovani all'uso delle armi alla vigilia del '48. Nella sua casa al ponte di S. Andrea a Porta Orientale si costituì la notte tra il 17 e il 18 marzo 1848 il quartier generale che avrebbe portato alle'Cinque giornate e alla liberazione di Milano. Con Correnti e Carcano stese il proclama ai Milanesi stampato dal tipografo Guglielmini; la mattina del 18, dopo averli raccolti in una chiesa, guidò egli stesso una trentina di giovani che aveva educato agli entusiasmi patriottici (tra cui Enrico ed Emilio Dandolo, L. Manara, Emilio Morosini) a porta Orientale per dare il via alla insurrezione, fissata per il mezzogiorno.
Dopo aver preso parte ai combattimenti delle Cinque giornate e avvenuta la liberazione di Milano, fu vicino alle posizioni del gruppo moderato di G. Casati e dal governo provvisorio fu nominato presidente del Comitato di pubblica sicurezza: compito che svolse fra non poche difficoltà, specialmente in occasione della manifestazione antigovernativa del 29 maggio, promossa dalle correnti avverse alla fusione con il Piemonte: i provvedimenti adottati allora dal governo provvisorio e notizie di stampa sul ventilato governo d'opposizione portarono ad una vivace reazione di C. Cattaneo nella sede del Comitato, che ebbe come conseguenza la sua esclusione dal corpo degli ufficiali di pace, una specie di milizia che aveva il compito di mantenere la tranquillità pubblica. L'episodio fu l'inizio di una lunga e irriducibile avversione del Cattaneo per il F., dimostratosi tra i più fervidi fautori della fusione con il Piemonte e avverso alle correnti democratiche.
Con la caduta di Milano e il ritorno degli Austriaci il F. si rifugiò dapprima, con altri esponenti del governo provvisorio, nel Canton Ticino, poi presso il conte Vitafiano Borromeo, sul lago Maggiore, dove furono gettate le basi della Consulta straordinaria di Lombardia, ed infine a Torino, ove con altri esuli lombardi collaborò a dar vita al Comitato di soccorso in favore degli emigrati. Escluso dall'amnistia, ebbe dal governo la cittadinanza sarda e con decreto 16 ott. 1848 veniva nominato ispettore generale delle scuole elementari e normali (con l'annuo stipendio di 3.000 lire; di 4.000 dal 13 sett. 1857), svolgendo un'importante opera per la diffusione dell'istruzione primaria.
In una circolare del 18 nov. 1848 agli intendenti sottolineava vigorosamente la necessità di una migliore preparazione dei maestri affinché la scuola potesse svolgere una vera educazione intellettuale e civile del popolo.
Divenuto presidente del Consiglio generale per le scuole elementari e magistrali, si adoprò a migliorare le scuole normali e ad evitare l'inasprirsi dei rapporti Stato-Chiesa che la laicizzazione dello Stato dopo il '48 e la perdita del monopolio dell'istruzione da parte della Chiesa faceva profilare. Avendo il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione biasimato la condotta di molti ispettori delle scuole ele, mentari, il F. faceva osservare che si era trattato per lo più di pochi ecclesiastici che avevano mostrato "di considerare l'ufficio ispettorile come una specie di emancipazione dagli antecedenti loro doveri", facendosi banditori "di massime irreligiose, persecutori di parrochi, seminatori di zizzanie e scrittori anonimi di riprovevoli articoli di giornali politici"; che si erano rivelati spesso "poco operosi" nei loro compiti e soprattutto "poco conciliativi specialmente nelle frequenti occasioni di conflitto con l'autorità ecclesiastica, la quale, se qualche volta si mostrò troppo gelosa difenditrice di ciò che reputava esser di suo diritto, convien pur dire che molte altre volte fuor di ragione fu inasprita da modi poco rispettosi e dalla condotta non troppo esemplare di certi ispettori" (rapporto confidenziale del 12 ag. 1854 al ministro L. Cibrario).
Il F. confermava in tal modo i principi moderati cui si ispirava ma anche una posizione equidistante fra le inclinazioni laicizzatrici di taluni politici e il conservatorismo d'altri. A Torino ebbe contatti con M. d'Azeglio, C. Balbo, S. Pellico, A. Rosmini (anche a motivo dell'ufficio che rivestiva nell'amministrazione della Pubblica Istruzione) e con il mondo dell'emigrazione lombarda, senza però avervi un ruolo politico di rilievo (all'inizio del '59 commemorò con Mauri la morte di Emilio Dandolo); notevole fu invece la sua attività in campo editoriale: diresse per G. Pomba la Libreria del popolo italiano, compilò per Favale un Dizionario storico mitologico geografico, completò l'enciclopedia iniziata a Milano, L'educatore di se stesso.
Collaborò alla redazione del progetto di legge per il riordinamento della Pubblica Istruzione presentato in Parlamento dal ministro L. Cibrario il 6 marzo 1854 e, caduto questo progetto, al disegno di legge sul riordinamento dell'amministrazione centrale della Pubblica Istruzione presentato il 15 dic. 1855 dal nuovo ministro G. Lanza. Dopo le dimissoni di Cavour nel luglio del '59, Rattazzi offrì al F. il ministero della Pubblica Istruzione affidato, dopo il suo rifiuto, a G. Casati. Nominato segretario generale ad interim del ministero della Pubblica Istruzione con decreto 21 luglio 1859 e dal 10 settembre anche ispettore generale dell'istruzione universitaria, il 30 ott. 1859 il F. fu nominato segretario generale del ministero della Pubblica Istruzione e in questa veste collaborò, con D. Berti e L.A. Melegari, alla redazione della legge 13 nov. 1859, la ben nota legge Casati, che sarebbe rimasta sino alla riforma Gentile del 1923 la legge fondamentale sull'istruzione pubblica in Italia.
Con la fine del ministero LamarmoraRattazzi e l'uscita di Casati dal governo, il F. riassunse l'ufficio di ispettore delle scuole primarie, magistrali e tecniche (decreto 6 febbr. 1860) e in questa veste curò in particolare il riordinamento dell'istruzione primaria e secondaria in Sicilia. Nel marzo del 1862 veniva nominato referendario al Consiglio di Stato, ove rimase per più di dieci anni, sinché chiese ed ottenne, per ragioni di salute, d'essere collocato a riposo (11 marzo 1873). Fu membro straordinario del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione dal novembre 1870 al dicembre 1872 (Il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione 1847-1928, a cura di G. Ciampi-C. Santangeli, Roma 1994, p. 280). Nominato membro dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, continuò in quegli anni studi e versioni della Bibbia; partecipò negli anni '70 agli incontri e alle discussioni per la formazione di un partito conservatore nazionale di cui fu anima Stefano Jacini.
Afflitto da una quasi completa cecità, ospite negli ultimi anni della sorella dell'antico suo alunno Emilio Morosini, la contessa Giuseppina Morosini Negroni Prati, che nel mondo milanese e lombardo rappresentava la tradizione più illustre del Risorgimento, morì a Milano il 5 ott. 1881 e fu sepolto nella tomba stessa del Morosini e di Enrico Dandolo a Vezia sopra Lugano.
Scritti. Sue poesie sono sparse in varie sedi: strenne, periodici, numeri unici; da ricordare almeno il componimento poetico Il mare. Carme a G. Giacopo Fava, in Non ti scordar di me. Strenna per il 1838, Milano 1838, pp. 89-95, rievocazione del padre e degli anni giovanili. Manca pure un censimento degli articoli, pubblicati in varie riviste e giornali milanesi, torinesi e toscani. L'educatore di se stesso, ossia Studi elementari di scienze, lettere ed arti raccolti ed ordinati sulle migliori opere italiane e straniere è una specie di enciclopedia monografica divisa in 6 parti: letteratura, scienze matematico-fisiche, scienze naturali, scienze storiche, scienze filosofiche e sociali, belle arti. Annunciata nel 1847, fu pubblicata a dispense dall'editore C. Turati; le prime tre parti apparvero nel 1848, il testo intero nel 1862; ma nel frattempo alcune parti erano state pubblicate come singole monografie (La terra e le sue meraviglie. Cenni..., Torino 1850; Prime linee di scienza commerciale, ibid. 1853; Fede e ragione. Guida alla dottrina religiosa pei giovani studenti di filosofia, Napoli 1855). Altre versioni poetiche della Bibbia, oltre a quella già ricordata: I salmi. Nuova versione poetica, Firenze 1870 e Poesie bibliche voltate in versi italiani (Il libro di Giobbe, i Salmi, Cantici scritturali), Milano 1876. Infine La Riviera di San Giulio, Orta e Gozzano, Torino 1850.
Fonti e Bibl.: Padova, Archivio storico dell'Univ. di Padova, Matricole degli studenti, fasc. Fava Angelo; Archivio di Stato di Venezia, Commissione governativa sul cholera, a. 1831, busta 1, fasc. III/2; Archivio di Stato di Torino, Misc. 225/A, mazzo n. 33, fasc. b/c; Roma, Arch. centrale dello Stato, Consiglio di Stato, matricole del Personale, fasc. 101; Tutte le opere di C. Cattaneo, a cura di L. Ambrosoli, IV, "L'insurrection de Milan" e gli altri scritti dal 1848 al 1852, Milano 1967, pp. 282, 320, 563-564, 578, 580-581, 672-673; Archivio triennale delle cose d'Italia I-II, Milano 1974, pp. 84, 1093, 1493, 1561-1562, 1796, 2353, 2355; Epistolario di Carlo Cattaneo, a cura di R. Caddeo, I, Firenze 1949, pp. 237, 255 s., 357; II, ibid. 1952, pp. 53, 246; III, ibid. 1954, pp. 109, 164; IV, ibid. 1956, p. 217; T. Dandolo, Ricordi biogr. dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio Dandolo, Milano 1861, passim; Index librorum prohibitorum S.mi D.N. Gregorii XVI P.M. iussu editus, Neapoli 1862, p. 184; A. Verga, A. F., in La Perseveranza, 9 ott. 1881; B. Biondelli, A. F., in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, cl. di lettere, sc. morali e polit., s. 2, XIV (1881), pp. 716 s.; A. Stoppani, A. F., in La Rassegna nazionale, marzo 1882, pp. 621-654; R. Barbiera, Il salotto della contessa Maffei e la società milanese (1834-1886), Milano 1895, pp. 50-51, 57; Id., Il salotto della contessa Maffei e Camillo di Cavour, Milano 1901, pp. 189-190; Id., Passioni del Risorgimento, Milano 1903, pp. 155 ss.; C. Pagani, Milano e la Lombardia nel 1859, Milano 1909, p. 445; A. Adolfo, Le scuole elementari nel Comune di Alba dal 1694 al 1861, Alba 1911; S. Minocchi, Versions italiennes de la Bible, in Dictionnaire de la Bible, a cura di F. Vigouroux, III, Paris 1912, col. 1037; G. Biadego, Letteratura e patria negli anni della dominazione austriaca, Città di Castello 1913, pp. 63-64, 199-203; G. Capasso, Dandolo, Morosini e il primo battaglione dei bersaglieri lombardi nel 1848-49, Milano 1914, pp. 6 ss.; A. M. Cornelio, A. F. ed Emilio Morosini, in Strenna 1916 a beneficio della Pensione benefica per giovani lavoratrici in Milano, Milano 1915, pp. 89-95; G. Vidari, L'educazione in Italia. Dall'Umanesimo al Risorgimento, Roma 1930, pp. 378-384; E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, Milano 1939, p. 193; G. Casati, L'Indice dei libri proibiti. Saggi e commenti, III, Milano-Roma 1939, p. 131; V. Adami, La guardia nazionale di Milano nel 1848, in Arch. stor. lomb., n. s., V (1940), p. 180; L. Marchetti, 1848. Il Governo provvisorio della Lombardia attraverso i processi verbali delle sedute del Consiglio, Verona 1948; A. Monti, Il 1848 e le Cinque giornate di Milano, Milano 1948, p. 166; L. Amibrosoli, La "Rivista europea" nel triennio conclusivo, in La Martinella di Milano, IX (1955), pp. 382-387; M. A. Scuderi, A. F., in I problemi della Pedagogia, V (1959), pp. 244-247; L. Marchetti, Il decennio di resistenza, in Storia di Milano, XIV, Milano 1960, pp. 199 s., 331, 352, 357, 363, 446, 490; G. Bognetti, Nella libertà e per la libertà (1859-1873), ibid., XV, Milano 1962, p. 10; L. Ambrosoli, Profilo del movimento cattolico milanese, in Riv. stor. del socialismo, III (1960), pp. 677-724; Diz. del Risorg. ital., III, p. 47.