FILIPPETTI, Angelo
Nacque ad Arona, in provincia di Novara, il 26 genn. 1866 da Cesare e da Giulietta Pisoni. Di famiglia agiata, aderì fin dalla giovinezza alla causa delle classi lavoratrici e fondò ad Arona un Nucleo socialista. Si laureò in medicina a Milano, dove andò a stabilirsi nel 1892 per esercitare la professione, avendo sempre "una chiara coscienza di classe e una precisa scelta di parte" come "referenze primarie dell'attività medica" (Cosmacini, Storia..., p. 415). S'impegnò nella problematica sociosanitaria di un ambiente urbano ed extraurbano in fase di industrializzazione e proletarizzazione crescenti e organizzò, insieme con S. Cattaneo e D. Rondani, il circolo socialista "Fate largo alla povera gente", che operava nei quartieri popolari di porta Genova, porta Ticinese e porta Ludovica. Il circolo e il Nucleo socialista di Arona vennero soppressi nel periodo della repressione crispina e il F. ebbe una condanna a due mesi di confino.
Il 10 dic. 1899 venne eletto al Consiglio comunale di Milano nella lista del Blocco popolare e nel 1903-1904 fu chiamato a far parte della giunta, presieduta da Giovanni Battista Barinetti, come assessore alla beneficenza. Fu tra i promotori dell'università popolare, sorta nel 1901, e membro del suo primo Consiglio direttivo; fu altresì consigliere della Società umanitaria, per la quale nel 1904 curò una approfondita inchiesta sulle Condizioni di sanità e spedalità nella provincia di Milano. Nel 1907 il F. fu nominato membro della commissione speciale di propaganda igienico rurale, che promosse la pubblicazione di opuscoli divulgativi sulla tubercolosi, il tifo addominale, l'alcoolismo, la malaria, la pellagra e sull'igiene della madre e del bambino.
Sempre nel 1907 il F. diede vita - con E. Bajla, F. Ferrari, P. Pini ed altri - alla Lega popolare milanese contro l'alcoolismo ed un riconoscimento per la meritoria attività di propaganda e di prevenzione da essa svolta venne dal XIV congresso internazionale contro l'alcoolismo, tenutosi dal 22 al 27 settembre a Milano sotto la presidenza del Filippetti. La stima professionale di cui godeva il F. ebbe una significativa sanzione nel 1912, allorché egli venne eletto presidente dell'Ordine dei medici della provincia di Milano, appena costituito.
Anche in campo politico il F. si affermava come una delle figure di spicco del socialismo milanese. Schierato sulle posizioni del riformismo transigente, il 22 genn. 1911 tornò, dopo un periodo di assenza, a sedere in Consiglio comunale nei banchi della minoranza socialista e partecipò attivamente ai lavori consiliari occupandosi in particolare di igiene e di assistenza. In seguito alla conquista della maggioranza da parte dei socialisti con le elezioni del 18 giugno 1914, divenne assessore anziano nella giunta guidata da E. Caldara, ma qualche mese dopo dovette lasciare il suo posto in quanto una sentenza della corte d'appello di Milano lo dichiarò ineleggibile essendo egli dipendente di un istituto ospedaliero cittadino. Il F. fece ricorso e nel febbraio 1917 la Corte di cassazione dispose il suo reintegro in Consiglio comunale.
Intanto nella polemica sulla partecipazione alla guerra, che agitava la vita pubblica milanese e incrinava i rapporti tra i socialisti, il F. aveva assunto una posizione risolutamente contraria all'intervento e fu perciò tra i più accesi critici dell'atteggiamento, ritenuto troppo tiepidamente neutralista, della giunta Caldara e del gruppo parlamentare socialista.
Il dissenso sempre più marcato tra l'amministrazione comunale e la gran parte del partito socialista milanese dette luogo ad un rimescolamento dei rapporti interni: mentre a sostegno della giunta si schierò Filippo Turati, il F. fece fronte comune con i rivoluzionari intransigenti.
Dopo essere stato denunciato nel 1916 per aver gridato, durante una manifestazione, frasi "antipatriottiche", nell'agosto del 1917 il F. fu costretto a dimettersi da presidente dell'Ordine dei medici perché il suo irriducibile neutralismo era ritenuto "incompatibile con le aspirazioni patriottiche" dei medici milanesi (L'Attualità medica, VI [1917], 8, p. 401). Dopo la disfatta di Caporetto la polemica salì di tono e molti socialisti intransigenti giunsero a chiedere l'espulsione dal PSI di Caldara e degli altri membri della giunta, nonché di Turati. Fu grazie all'azione mediatrice del F. se gli intransigenti convennero infine sull'opportunità di una semplice deplorazione della giunta e del gruppo parlamentare. Quando però, il 16 giugno 1918, alla vigilia dell'offensiva austriaca sul Piave, Turati rivolse un appello alla resistenza e alla concordia nazionale, ottenendo l'adesione del gruppo parlamentare socialista, gli intransigenti insorsero. La sezione socialista milanese votò un ordine del giorno, presentato dal F., nel quale si reclamava l'espulsione di Turati dal partito, previa ratifica dell'imminente congresso nazionale. "Si trattava, nonostante le apparenze, di una formulazione moderata rispetto alle numerose richieste di espellere immediatamente Turati, che il congresso non accolse" (Punzo, La giunta..., p. 172).
Nel dopoguerra il F. fu tra i promotori della Lega dei medici socialisti, costituita nel 1919 a Milano con un programma che prevedeva, tra l'altro, la riforma dell'assistenza pubblica, la statizzatone dell'assistenza ospedaliera e del servizio farmaceutico, la riforma della legislazione del lavoro e l'istituzione di un ministero della Sanità. Dal 1º luglio 1920 al 31 marzo 1922 la Lega e la sezione sanitaria del gruppo parlamentare socialista pubblicarono il quindicinale Sanità proletaria, del quale il F. fu redattore.
In vista delle elezioni amministrative del 7 nov. 1920 i massimalisti erano ben decisi ad assumere il pieno controllo della rappresentanza consiliare, ma temevano che la totale esclusione dalla lista dei candidati di esponenti riformisti finisse per nuocere all'affermazione del PSI. Chiesero e ottennero che Caldara e tre assessori uscenti si ricandidassero in modo da assicurare una parvenza di continuità con la precedente amministrazione, mentre il F., che pure aveva fatto causa comune con i massimalisti, si presentò su posizioni distinte portando in lista un piccolo drappello di "rivoluzionari intransigenti".
I socialisti vinsero le elezioni e alla luce dei nuovi equilibri il F. venne designato alla carica di sindaco. La giunta che egli riuscì a costituire il 20 novembre, affiancando a cinque assessori uscenti, di cui tre riformisti, alcuni giovani esponenti massimalisti appariva poco compatta politicamente e inadeguata dal punto di vista delle competenze amministrative.
Nel discorso d'insediamento, pronunciato in un'aula animata dalle intemperanze del pubblico, il F. affermò che il Comune non era soltanto un organo amministrativo, ma "soprattutto un organismo politico che, fiancheggiando la classe lavoratrice guidata dai socialisti nei suoi organi politici e sindacali, muove[va] in lotta contro lo Stato borghese, strappandogli ogni giorno nuovi diritti, allargando la cerchia delle sue competenze, combattendo e, quando necessario, infrangendo le leggi limitatrici della sua azione" (Gentili Filippetti, La crisi..., p. 95). Queste parole vennero accolte dagli ambienti della borghesia milanese e dai giornali che ne interpretavano gli umori come una vera dichiarazione di guerra; da allora la giunta socialista fu oggetto di un'aspra campagna di stampa, mentre sull'attività del Comune veniva esercitato un ferreo e fiscale controllo da parte del prefetto Alfredo Lusignoli.
La giunta si trovò presto a far fronte ad una gravissima situazione finanziaria, della quale era essa stessa in parte responsabile: la mancanza crescente di fondi nonostante l'aumento delle imposte, i gravi bisogni del dopoguerra, lo stato deplorevole dei servizi pubblici, l'incapacità amministrativa dei reggitori del Comune la costrinsero "ad un affannoso tentativo di provvedere alle più urgenti necessità del momento senza permettere di svolgere un piano razionale di risanamento delle finanze e di riorganizzazione dei servizi cittadini" (Superti Furga, L'attività..., p. 217). Il conseguente disagio della cittadinanza e dei dipendenti comunali, pagati in ritardo e solo in parte, venne sfruttato da nazionalisti e fascisti. Il 3 ag. 1922, al termine dello sciopero "legalitario", le squadre fasciste occuparono la sede municipale, reclamando lo scioglimento dell'amministrazione civica. Cosa che avvenne il giorno seguente, allorché il prefetto affidò ad un commissario il governo della città. Estromesso in tale modo dalla carica di sindaco, il F. condusse da allora una vita appartata, rimanendo sempre fedele ai suoi ideali di medico socialista.
Morì a Milano il 10 ott. 1936.
Fonti e Bibl.: Le carte Filippetti sono conservate presso la signora Giulia Gentili Filippetti, Milano; Roma, Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, busta 2061, fasc. 1354; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, a cura di F. Pedone, I, III, IV, V, Torino 1977, ad Indices; Sessant'anni di socialismo a Milano, Milano 1952, pp. 11, 14, 38 s., 105, 107; N. Gutierrez, La Cassa di risparmio, in Storia di Milano, XV,Milano 1962, p. 967; G. Gentili Filippetti, La crisi del comune socialista di Milano, in Fascismo e antifascismo (1918-1936). Lezioni e testimonianze, Milano 1962, pp. 92-98; S. Turone, Cronache del socialismo milanese (1914-1924 e 1945-1949), Milano 1963, ad Indicem;F. Nasi, Il peso della carta. Giornali, sindaci e qualche altra cosa di Milano dall'Unità al fascismo, Bologna 1966, ad Indicem; D. Veneruso, La vigilia del fascismo, Bologna 1968, ad Indicem;L. Cortesi, Il socialismo italiano tra riforme e rivoluzione 1892/1921, Bari 1969, ad Indicem; I. Superti Furga, L'attività del Consiglio comunale e della Giunta municipale di Milano dal1910 al 1922, in Il Comune di Milano, Milano 1970, pp. 198, 206, 208, 213 s., 216; M. Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cinque anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze 1979, ad Indicem; Il socialismo riformista a Milano agli inizi del secolo, a cura di A. Riosa, Milano 1981, pp. 218 n., 228 n.; La cultura milanese e l'Università popolare negli anni 1901-1927, Milano 1983, pp. 17, 35, 41 s., 45, 106; G. Cosmacini, Scienza e ideologia nella medicina del Novecento. Dalla scienza egemone alla scienza ancillare, in Annali della storia d'Italia, VII, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino 1984, ad Indicem;M. Soresina, Dall'Ordine al sindacato. L'organizzazione professionale dei medici dal liberalismo al fascismo, in Cultura e società negli anni del fascismo, Milano 1987, p. 183; M. Punzo, La giunta Caldara. L'amministrazione comunale di Milano negli anni 1914-1920, Bari-Milano 1987, ad Indicem;G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia, Bari 1987, ad Indicem;Id., Medicina e sanità in Italia nel ventesimo secolo, Dalla "spagnola" alla 2ªguerra mondiale, Bari 1989, ad Indicem; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico (1853-1943), a cura di F. Andreucci e T. Detti, II, ad vocem.