CRASSULLO, Angelo Filippo (Crasullo, Crisullo, Grassullo)
Visse tra la seconda metà del XIV secolo ed i primi del XV a Taranto, dove svolse la professione di notaio: Scipione Ammirato nelle sue Famiglie nobili napoletane (II, p. 230) ricorda un codicillo rogato dal nel 1365 per Cecco Capece di Nido.
Appartenne a una famiglia di uomini di legge attivi a Taranto nella seconda metà del XIV secolo. Si conservano numerosi atti di quel periodo recanti il nome di un "notarius" o "iudex" Crassullus/Grassullus (cfr. M. Riccio, Notizie storiche tratte da 62 registri angionini dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, p. 82; V. Farella, Pergamene inedite dell'Archivio capitolare di Taranto [1350-1400]: Contributo al codice diplomatico Tarentino, Taranto 1970, pp. 21, 46 s., 55).
In latino (ricco di volgarismi strutturali e lessicali) il C. scrisse gli Annales de rebus Tarentinis, tramandati da alcuni codici sei-settecenteschi. Se ne possono elencare almeno sei: il X.B.28 (agli ultimi 10 fogli) e il Brancacciano II.A.10 (ff. 70v-76v) della Biblioteca nazionale di Napoli, il XX.D.7 (ff. 151r-165v) e il XXVIII.B.3 J. 81r-90v) della Società napoletana di storia patria, e il ms. 12 della Biblioteca provinciale di Taranto (in fondo al volume V della Istoria Tarentina di Ambrosio Merodio) e il cod. 18 del Fondo Tafuri Tozzoli della Bibl. prov. di Avellino (pp. 117r-127v). L'opera fu poi pubblicata da A. Pelliccia nella Raccolta di varie croniche, diarj e altri opuscoli così italiani come latini appartenenti alla storia del Regno di Napoli (V, Napoli 1782, pp. 111-125) sotto il nome di Filippo Crassullo. Questo particolare ed altri indizi imparentano il testo edito (il Pelliccia, subito dopo il titolo, dichiara di averlo tratto da un codice della biblioteca del convento di S. Eusebio in Roma) con quello del ms. X.B.28 della Nazionale di Napoli, il più antico dei cinque (XVIXVII sec,); mentre per altra via legati fra loro sono il Brancacciano (sec. XVII, di mano dei Tutini; a f. 76v si legge: "L'originale di questa soprascritta Cronica si conserva appresso il padre D. Pietro de Rossi Teatino tra le scritture di suo avo detto de Rubeis") e i due della Società di storia patria, i quali insieme, d'altra parte, hanno molte lezioni in comune con il X.B.28. Codex descriptus è, invece, quello della Provinciale di Taranto, trascritto nel 1732 dal ms. Brancacciano, com'è esplicitamente detto nella sottoscrizione. Purtroppo la qualità del testo offerto dalla stampa e dai manoscritti è tale che risulta oltremodo arduo stabilire sia pure approssimativi rapporti di parentela fra i testimoni noti e pervenire alla definizione e ricostruzione di uno o più subarchetipi dell'originale perduto. Ci si può limitare, pertanto, a risanare il testo del Pelliccia dei frequenti refusi e lapsus di trascrizione.
Gli Annales del C. sono una velocissima e spesso disordinata rassegna della storia del principato di Taranto dal 1352, anno in cui tornarono in patria Roberto e Filippo di Taranto (fratelli di re Luigi, marito di Giovanna I di Napoli), fatti prigionieri da Luigi d'Ungheria quando era venuto nel Regno a vendicare l'assassinio del fratello Andrea, primo marito di Giovanna, sino al 1º ott. 1415, giorno in cui Giacomo II di Borbone conte della Marca fece decapitare ed esporre sospeso per i piedi ("et postea fecit eum suspendi": Pelliccia, p. 122) il gran ciambellano del Regno Pandolfello Alopo, favorito della regina Giovanna II, che Giacomo aveva sposato il 10 agosto, quando era entrato trionfalmente in Napoli dopo essersi liberato del rivale Muzio Attendolo Sforza.
La registrazione diaristica degli avvenimenti dinastici e politici del principato di Taranto e del Regno di Napoli, così tra loro strettamente connessi, si fa più puntuale a partire dall'ultimo decennio del secolo XIV ed ha per protagonisti ed antagonisti Raimondo del Balzo Orsini principe di Taranto e Ladislao di Durazzo re di Napoli, che ne sposò poi nel 1407 la vedova Maria d'Enghien.
La Cronica del C., priva qual'è di qualsiasi pregio letterario, resta, nonostante la frettolosità e l'inesattezza di alcune notizie (che può però dipendere dalla scadente qualità della recensio), una fonte utile e attendibile per la ricostruzione delle vicende della storia di Taranto di quegli anni, e come tale fu utilizzata dagli storici ed eruditi meridionali.
Bibl.: S. Ammirato, Delle famiglie nobili napol., I, Firenze 1590, pp. 16 s.; II, ibid. 1651, pp. 19, 41, 230, 243; F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, Napoli 1641, passim; G. B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, II, 2, Napoli 1749, pp. 120 ss.; G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, I, Napoli 1753, pp. 208 s.; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie, III, Napoli 1784, p. 151; C. Minieri Riccio, Mem. stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. III; A. Potthast, Biblioteca historica Medii Aevi, II, Berlino 1896, p. 924; B. Capasso, Le fonti della storia delle provincie napol. dal 568 al 1500, a cura di O. Mastroianni, Napoli 1902, pp. 126 s.; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi, Trani 1904, p. 301; Repertorium fontium historiae Medii Aevi..., III, p. 671.