COLONNA, Angelo Francesco
Nacque in Corsica, a Piedigriggio di Giovellina, sito nella parte centro-orientale dell'isola, da una nobile famiglia, che costituiva un ramo della potente casa di Omessa (precisamente quello che faceva capo ad Ambrogio Colonna, prima sposato a una Gentile e poi, dopo la morte della moglie, vescovo di Mariana nel 1389), e che vantava legami di parentela con i Colonna di Roma. Alla grande casata, di cui si sentiva parte, anche se modesta, il C. avrebbe dedicato una voluminosa opera.
Circa la data di nascita e la cronologia fondamentale, paiono del tutto attendibili i dati da lui stesso forniti in un'altra opera (Colonna'antica, sacra, eroica): visi definisce nobile corso e cittadino romano, figlio di Simone Giovanni, luogotenente delle milizie corse, e di Fiammetta Nasica, anch'essa di nobile famiglia; nato l'11 ott. 1626, fu educato alle lettere da buoni maestri nella città di Bastia e poi avviato al sacerdozio; si trasferì poi a Roma, dove compi studi di logica, di diritto civile ed ecclesiastico (fino al dottorato in utroque iure)e di morale teologica. A Roma si legò probabilmente ai potenti Colonna, sotto la cui protezione dovette compiere la carriera ecclesiastica fino a che lo stesso cardinale Girolamo Colonna, il 27 nov. 1663, lo nominò primo cappellano maggiore della cappella di S. Lucrezia in Paliano. La nomina era stata preceduta da una richiesta di referenze al vescovo Giovan Battista Imperiale, da cui il C. dipendeva: questi le aveva fornite positivamente, seppure in forma generica, in data 14 ag. 1662. Ma i suoi meriti presso i Colonna sono piuttosto da riferire al lavoro che veniva compilando sulla loro grande casata. L'opera, intitolata Memorie sulla famiglia Colonna e gente colonnese, romana, corsa, francese, spagnola, tedesca, polacca, napoletana e siciliana, anche se priva di valore storico in termini rigorosi per la evidente superficialità con cui il C. accetta aneddoti, leggende, dati incerti, risulta animata dal grande fervore dell'autore, sinceramente affascinato dalla nobiltà della grande famiglia, sulla quale raccoglie una vastissima congerie di notizie (cui, del resto, storici posteriori più rigorosi hanno potuto fare talora utilmente ricorso).
Il C. stesso dichiara di aver consegnato il manoscritto al gran connestabile Colonna nello stesso anno in cui lo aveva ultimato: il 1666. Tale diretta testimonianza è importante, poiché nei repertori bibliografici sugli scrittori corsi (Yvia Croce e Starace) l'opera figura pubblicata a Roma, per i tipi di Angelo Bernabò, nel 1626. Gli stessi repertori sono costretti a ipotizzare una retrodatazione della nascita del C. al 1600, mantenendo comunque evidente il contrasto con la pubblicazione al '26 (sempre prematura, considerata anche la voluminosità dell'opera) e aprendo uno spazio troppo ampio col resto della vita e delle opere del C., tutte datate tra il 1670 e il 1685. È evidente che la data del 1626 non può che derivare da un errore di stampa o di trascrizione, tanto più che il Bernabò risulta operante come stampatore non prima del 1655.
L'opera successiva del C., almeno come data di pubblicazione, è un manuale di Serafici e cronicali ragguagli della Provincia minore osservante di Corsica, dedicato nel 1671 a monsignor Giovanni Gregorio Ardizzone, vescovo di Ajaccio e conte di Frasso, e stampato aLucca da G. Paci. Due anni dopo, nel 1673, ripetendo la consequenzialità forse non casuale tra produzione letteraria e avanzamento nella carriera, il C. era nominato da Clemente X arcidiacono di Ajaccio. Ritornava, così, nell'isola natia, investito di una carica altissima, famoso per l'opera sui Colonna, pronto a dedicarsi alla ricerca di materiale per una nuova opera. Con il criterio elencatorio e aneddotico e la curiosità biografica già utilizzati per il Memoriale, il C. compose una Colonna antica, sacra et heroica. Cronologia degli huomini illustri di santità, dignità, nobiltà d'armi, medicina, lettere, dottrina e scienze del regno di Corsica e di altre parti del mondo. L'opera, che reca la data del 1681, nonostante l'imprimatur, rimase manoscritta (molte copie sono attualmente nelle biblioteche pubbliche e private di Corsica). Due anni dopo le fu premessa una lettera dell'autore ad Antonio Matteo Mattei, di argomento storico corso, datata Roma, 21 maggio 1683.
Sempre negli stessi anni il C. tentava un'opera più ambiziosamente storiografica, un Commentario delle glorie e prerogative del regno e dei popoli di Corsica, poi stampata a Roma da Angelo Bernabò, con dedica 10 giugno 1685. Ma anche in questo caso risulta evidente la fragilità dell'autore, incapace di distinguere tra documento e leggenda, e definitivamente confinato nei limiti di una minuziosa raccolta di dati aneddotici.
Anche se non conosciamo la data esatta, verso il 1682 il C. ritornò a Roma; la nostalgia per la città fu più forte della dignità della carica (ma nei titoli delle sue opere continuò a definirsi "già arcidiacono di Ajaccio") e degli onori ricevuti in Corsica. A Roma cercò di adeguarsi alla moda letteraria, tra temi erudito-scientifici e moralistico-dottrinali da affiancare alle opere storiche (forse seguendo ambiziosamente il modello del Bartoli), e compose due manualetti, rimasti manoscritti e il primo citato solo dall'autore nella premessa alla Colonna Sacra: il Nobile aspetto dei segreti naturali delle pietre preziose e dei minerali e i Documenti del cristiano cattolico amatore delle eroiche virtù utili a qualunque persona, citato da Yvia-Croce (p. 158). Delle senili ambizioni letterarie del C. testimonia anche la raccolta di poesie latine sotto il titolo pomposo di Pieria Carmina, tam spiritualia quam ad amicos atque dominos, pubblicata a Roma da Domenico Antonio Ercole con dedica 10 giugno 1685.
Sono brevi componimenti in esametri, che ora rievocano la Corsica secondo i moduli del Virgilio bucolico e georgico, ora esaltano personalità politiche influenti, come il principe Filippo Colonna, o amici del C., con le iperboli della letteratura encomiastica secentesca, ora propongono temi tipici della letteratura devota, come una concettosa processione dei sette sacramenti.
Dopo la pubblicazione della raccolta non si hanno più notizie del C.: è probabile che sia morto a Roma poco dopo il 1685.
Bibl.: A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum seu syllabus scriptorum Ligurum, Perusiis 1680, p. 37; G. Colonna diGiovellina, L'archidiacre C. de Giovellina, in Revue de la Corse, VI (1924), pp. 61 ss., 92 ss.; H. Yvia-Croce, Anthologie des ecrivains corses, I, Ajaccio 1929, pp. 158-164; E. Michel, Notizie di fonti e documenti, in Arch. stor. di Corsica, XII (1936), pp. 509 s.; G.Colonna di Giovellina, L'archidiacre C., poète latin, in Revue de la Corse, XVI (1935), pp. 350 ss.; C. Starace, Bibl. della Corsica, Ispi 1943, ss. 1413, 2482, 6037, 6314, 8424, 8515 ss.